giovedì 18 ottobre 2012
Tangentopoli e plutocrazia.
Tutto inizia 30 anni fa, esattamente il 17 febbraio 1992, quando Mario Chiesa, dirigente del Psi milanese, venne colto in flagrante mentre accettava una tangente; si trattò del primo arresto dell’inchiesta di Mani Pulite che sfociò in Tangentopoli. Un’operazione rappresentata, soprattutto mediaticamente, da un sostituto procuratore della Repubblica fino ad allora sconosciuto, di ritorno da un viaggio negli Stati Uniti, non certo per piacere, un certo Antonio Di Pietro.
Iniziano così ad emergere i rapporti simbiotici tra esponenti politici e mondo degli appalti, e l’Italia intera, grazie anche e soprattutto alla propaganda incessante di tv e giornali, inizia a prendere le distanze dagli esponenti della cosiddetta prima Repubblica; improvvisamente tutti diventano corrotti e i partiti iniziano a squagliarsi come neve al sole mentre qualcuno inizia ad auspicare e legittimare una ventata di aria nuova che consentisse di spazzar via il vecchio Caf (Craxi-Andreotti-Forlani), improntato sull’asse Dc-Psi, che aveva governato il paese fino a quel momento.
Ma dietro le quinte, nelle stanze dei bottoni, l’obiettivo autentico era un altro, non certamente solo quello moralizzatore; l’operazione Tangentopoli doveva servire a consentire un ricambio della classe politica che, quanto meno, fino ad allora, aveva cercato di salvaguardare gli interessi nazionali, tutelare le partecipazioni statali e l’intero sistema economico-produttivo nazionale. Era la stessa classe politica che non avrebbe mai consentito lo smantellamento e la svendita dell’IRI, la classe politica rappresentata da quel Craxi che ha tenuto testa agli americani nella vicenda dell’Achille Lauro e che ha inviato i carabinieri a Sigonella; lo stesso Craxi che, guarda caso, dovette dare le dimissioni nel febbraio del 1993.
Questo perché doveva lasciare il passo ai tecnici, ai funzionari delle banche private angloamericane, agli emissari di Banca Mondiale e Fmi, pronte a comprarsi i migliori bocconi del sistema produttivo nazionale.
In quello stesso anno, nel 1992, tutto viene deciso, esattamente il 2 giugno, a bordo del Britannia, il panfilo della casa reale inglese dove, al cospetto dei sacerdoti della Goldman Sachs, della Warburg, della Salomon Brother e compagnia, si andarono a prostrare il sig. Mario Draghi, allora direttore generale del Tesoro e Carlo Azeglio Ciampi, governatore della privatissima Bankitalia s.p.a.
Quasi simultaneamente Giuliano Amato, insediatosi a Palazzo Chigi, varò il decreto n. 333 dell’11-7-1992 che trasformava in s.p.a. IRI, ENI,INA ed ENEL, mentre l’attuale governatore della B.C.E. preparava la famigerata legge Draghi, entrata in vigore nel 1998 con il governo Prodi, già nefasto presidente dell’Iri, che consentiva la trattativa privata nella cessione dei beni pubblici.
A questo servì in realtà Tangentopoli, ad espletare i dettami provenienti dalle centrali finanziarie e dalla cupola bancaria.
Così come oggi la demonizzazione della politica, il via libera all’antipolitica, la spettacolarizzazione del malaffare, della corruzione, della casta, Fiorito in testa, servono a demolire ulteriormente le già precarie immagini di un mondo che non risulta abbastanza celere, affidabile ed efficiente per assecondare i dettami provenienti da Bruxelles e soprattutto da Francoforte.
I partiti sono da rottamare, i politici sono tutti corrotti, la politica è marcia; questo è il messaggio che deve passare e che soprattutto deve assuefare il cittadino italiano, rassegnato ad accettare supinamente i tecnici, come se non vi fosse alcuna alternativa, ed in particolare un Monti bis o comunque un esecutivo nel segno della continuità con l’affamatore della Bocconi.
Ma non tutta la politica è marcia, non tutti i politici sono corrotti; è per il ritorno della buona politica che dobbiamo batterci, per la salvaguardia di quel poco che è rimasto di sovranità nazionale e per il rilancio del sociale che sicuramente non potranno assicurarci i tassassini alla Monti o gli emissari della Banda Centrale Europea.
La linea è già demarcata; da un parte il popolo sempre più vessato e martoriato e dall’altra la cupola bancaria con i suoi lacchè, dai maggiordomi in livrea alla Monti fino ai camerieri del servizio di catering ABC (Alfano, Bersani e Casini).
Mentre nel mezzo sta nascendo, in crescita come un fiume in piena, come nella scena finale dell’immortale capolavoro di Sergio Leone "Per qualche dollaro in più..", una vera forza nazionale popolare e sociale.
Non sentite già la carezzevole musica del carillon…
MANUEL NEGRI (PROGETTO NAZIONALE - LA DESTRA)
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