CCP

martedì 29 settembre 2009

Resoconto 100° Compleanno di Amelia Bighelli

Domenica 28 settembre, la comunità umana della destra milanese ha festeggiato il 100° Compleanno di Amelia Bighelli, Ausiliaria (Capo Nucleo) del S.A.F. (Servizio Ausiliario Femminile) della R.S.I. (Repubblica Sociale Italiana) e storica militante del M.S.I. (Movimento Sociale Italiano).
Alla vispa Amelia, lucidissima, dotata di una buona memoria e di una ottima vista (legge ancora senza occhiali), hanno fatto gli auguri, fra gli altri: la commilitona Ausiliaria Maria Grazia Miccoli (di “soli” 88 anni), l’On.Paola Frassinetti (Deputata del Popolo della Libertà), Attilio Carelli (Segretario Regionale della Fiamma Tricolore), Flavio Nucci (per DestraFuturo), Alessandro Todisco (capo di Cuore Nero–Casa Pound Milano), Roberto Jonghi Lavarini e Lorenzo Castello (per Destra per Milano), Vittorio Barberi (già vice-Federale del MSI milanese), Rita Cosenza (già dirigente di AN) e la giovanissima Runa Malerba che ha letto un significativo messaggio del 1980, di Giorgio Almirante alla “Sue Ausiliarie”.

Ad Amelia sono giunti gli auguri anche del Sen.Alfredo Mantica (Sottosegretario agli Esteri del Governo Belusconi), di Umberto Maerna (vice Presidente della Provincia di Milano), del Sen.Franco Servello (ora a capo dei Seniores del PDL), del Sen.Ajmone Finestra (Presidente Nazionale della Unione Combattenti della RSI), del Principe Alessandro Comneno d’Otranto (già Volontario nella Divisione SS della RSI), del Conte Fernando Crociani Baglioni (Presidente del Centro Studi Patria e Libertà), di Marco Battarra (dello Spazio Edizioni Ritter), di Dario Casorati, di Luca Cassani, del Conte Alessandro Romei Longhena, Franco Polver, Michele Puccinelli, Luigi Tabone, Marco Valle, Dario Vermi e di decine di altri dirigenti e semplici militanti della destra lombarda ed italiana.

Venerdì 25, data del compleanno, Amelia ha ricevuto l’Ambrogino d’Oro del Comune di Milano dal vice-Sindaco Sen. Riccardo De Corato, accompagnato dal Presidente di Zona 3, Pietro Viola. Nella stessa giornata, Amelia ha ricevuto visite, auguri ed attestati di stima, affetto e riconoscenza dalle Sue vecchie camerate della benemerita Associazione Ausiliarie SAF-RSI e dalla gloriosa A.N.A.I. (Associazione Nazionale Arditi d’Italia), rappresentata dal suo Presidente Nazionale, Pierpaolo Silvesti, e dal Capitano Francesco Lauri.








giovedì 24 settembre 2009

Con DESTRAFUTURO nel POPOLO della LIBERTA'


“PORTEREMO CON NOI NEL NUOVO PARTITO CHE ANDIAMO A COSTRUIRE, IL PdL, TUTTI I NOSTRI VALORI. NESSUNO ESCLUSO."


“In un momento di grande tensione politica e – sovente – di personale smarrimento che molti dei militanti dell’ex Alleanza Nazionale attraversano, questa è stata l’assicurazione ed il viatico che a suo tempo hanno consentito l’accettazione di una svolta difficile da accettare quale la fusione di AN e FI. Destrafuturo nasce per arricchire e al tempo stesso tracciare insieme, nel PdL, il cammino della tradizione autentica. I nostri valori, emersi e affinati in tanti anni di battaglia politica, anche in condizioni difficili, sono quelli espressi nelle mozioni finali: del Congresso di Fiuggi, in quello di Bologna, nella Conferenza Programmatica di Verona e in quella di Napoli.Il loro abbandono, o addirittura il loro capovolgimento, crea situazioni di sofferenza e astensione dall’impegno politico da parte della militanza e allontanamento dell’elettorato che proviene dalla Destra, o che si sente di Destra. Alcune affermazioni e dichiarazioni, particolarmente quando provenienti dal mondo che era di AN, hanno generato preoccupazione e sconcerto, non solo all’interno del PdL, ma anche nella maggioranza parlamentare, da tutti noi votata, e quindi per il Governo espressione della stessa.Se alcuni dei nostri attuali valori sono da riesaminare e aggiornare discutiamone in sede politica, quali sezioni, circoli, associazioni, militanti, e le relative conclusioni siano condizionanti per tutti, qualsiasi livello occupino, nessuno escluso. L’evolversi del pensiero può portare alcuni a non riconoscersi più nelle linee politiche definite e concordate; nuovi momenti di discussione potranno fare emergere nuove tesi e opinioni presentate e illustrate come proposte da iscritti, indipendentemente dalle posizioni occupate all’interno del Partito, e non subite perché affermate da cariche apicali. Legittimo per chiunque cambiare parere e opinione, ma non è lecito mantenere posizioni ottenute con premesse e promesse successivamente non rispettate. Vogliamo dare voce all’anima che ha sempre caratterizzato la Destra tradizionale, anche nel grande partito di maggioranza scelto dal popolo italiano, e confrontare le nostre opinioni, per dare opportunità e mezzi paritari a chi ha voglia e capacità di fare e non di subire.


Il Comitato Promotore di Destrafuturo


Carlo Brignolo

Antonio De Simone

Roberto Jonghi Lavarini

Francesco Marotta

Flavio Nucci

Michele Puccinelli

Dario Vermi

Informazioni ed adesioni:

venerdì 11 settembre 2009

100° Compleanno Amelia Bighelli


Domenica 27 settembre 2009
100° Compleanno di AMELIA BIGHELLI

Ausiliaria (Capo Nucleo) della Repubblica Sociale Italiana e
storica militante del Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale
Cento anni di Onore, Fedeltà ed Amore per la Patria

La comunità umana e politica della "destra milanese" festeggerà la carissima Amelia con un pranzo che si terrà a Milano, in Zona Lambrate-Rubattino. Si tratta di una occasione, unica ed irripetibile, di festa, solidarietà, cameratismo e passaggio del testimone ideale.
Il costo sarà di 20,00 € a persona (partecipazione gratuita per bambini ed ex combattenti).
La prenotazione è assolutamente obbligatoria. Informazioni e prenotazioni:

Marcello Dell'Utri a Casa Pound


Evento eccezionale che, da tempo, avevo previsto e sostenuto, fra le risa e le critiche dei più, ora, dopo le "marziane" Daniela Santanchè e Stefania Craxi, anche il Senatore Marcello Dell'Utri, esponente di spicco del Popolo della Libertà e presidente dei Circoli del Buongoverno (ai quali sono iscritto), si confronterà con gli esponenti della "destra radicale" a Casa Pound, a Roma, in un dibattito storico sui "Diari di Mussolini". Era nella logica delle cose: un libero confronto poltico e culturale, assolutamente trasversale, a 360 gradi, con tutti gli uomini liberi. Gianluca Iannone ed il Suo movimento si confermano, ancora una volta, forza di vera avanguardia e punta di diamante del necessario rinnovamento e rilancio della destra italiana.
Roberto Jonghi Lavarini

Manifesto del Futurismo

Manifesto del futurismo

1. Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerità.

2. Il coraggio, l'audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia.

3. La letteratura esaltò fino ad oggi l'immobilità pensosa, l'estasi e il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno.

4. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall'alito esplosivo... un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, pi bello della Vittoria di Samotracia.

5. Noi vogliamo inneggiare all'uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita.

6, Bisogna che il poeta si prodighi, con ardore, sfarzo e munificenza, per aumentare l'entusiastico fervore degli elementi primordiali.

7. Non vè' più bellezza, se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo puo essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all'uomo.

8. Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!... Perchè dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell'Impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo gi nell'assoluto, poichè abbiamo gi creata l'eterna velocità onnipresente.

9. Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene del mondo - il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.

10. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d'ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica o utilitaria.

11. Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le maree multicolori o polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano; le officine appese alle nuvole pei contorti fili dei loro fumi; i ponti simili a ginnasti giganti che scavalcano i fiumi, balenanti al sole con un luccichio di coltelli; i piroscafi avventurosi che fiutano l'orizzonte, le locomotive dall'ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d'acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta.

E' dall'Italia, che noi lanciamo pel mondo questo nostro manifesto di violenza travolgente e incendiaria, col quale fondiamo oggi il "Futurismo", perchè vogliamo liberare questo paese dalla sua fetida cancrena di professori, d'archeologhi, di ciceroni e d'antiquarii. Gi per troppo tempo l'Italia stata un mercato di rigattieri. Noi vogliamo liberarla dagl'innumerevoli musei che la coprono tutta di cimiteri innumerevoli.Musei: cimiteri!... Identici, veramente, per la sinistra promiscuità di tanti corpi che non si conoscono. Musei: dormitori pubblici in cui si riposa per sempre accanto ad esseri odiati o ignoti! Musei: assurdi macelli di pittori e scultori che varino trucidandosi ferocemente a colpi di colori e di linee, lungo le pareti contese!Che ci si vada in pellegrinaggio, una volta all'anno, come si va al Camposanto nel giorno dei morti... ve lo concedo. Che una volta all'anno sia deposto un omaggio di fiori davanti alla Gioconda, ve lo concedo... Ma non ammetto che si conducano quotidianamente a passeggio per i musei le nostre tristezze, il nostro fragile coraggio, la nostra morbosa inquietudine. Perchè volersi avvelenare? Perchè volere imputridire?E che mai si può vedere, in un vecchio quadro, se non la faticosa contorsione dell'artista, che si sforza di infrangere le insuperabili barriere opposte al desiderio di esprimere interamente il suo sogno?... Ammirare un quadro antico equivale a versare la nostra sensibilità in un'urna funeraria, invece di proiettarla lontano, in violenti getti di creazione e di azione.Volete dunque sprecare tutte le forze migliori, in questa eterna ed inutile ammirazione del passato, da cui uscite fatalmente esausti, diminuiti e calpesti?In verità io vi dichiaro che la frequentazione quotidiana dei musei, delle biblioteche e delle accademie (cimiteri di sforzi vani, calvarii di sogni crocifissi, registri di slanci troncati! ... ) , per gli artisti, altrettanto dannosa che la tutela prolungata dei parenti per certi giovani ebbri del loro ingegno e della loro volontà ambiziosa. Per i moribondi, per gl'infermi, pei prigionieri, sia pure: - l'ammirabile passato forse un balsamo ai loro mali, poichè per essi l'avvenire sbarrato... Ma noi non vogliamo pi saperne, del passato, noi, giovani e forti futuristi!E vengano dunque, gli allegri incendiarii dalle dita carbonizzate! Eccoli! Eccoli!... Suvvia! date fuoco agli scaffali delle biblioteche!... Sviate il corso dei canali, per inondare i musei!... Oh, la gioia di veder galleggiare alla deriva, lacere e stinte su quelle acque, le vecchie tele gloriose!... Impugnate i picconi, le scuri, i martelli e demolite senza pietà le città venerate!I più anziani fra noi, hanno trent'anni: ci rimane dunque almeno un decennio, per compier l'opera nostra. Quando avremo quarant'anni, altri uomini pi giovani e pi validi di noi, ci gettino pure nel cestino, come manoscritti inutili. Noi lo desideriamo!Verranno contro di noi, i nostri successori; verranno di lontano, da ogni parte, danzando su la cadenza alata dei loro primi canti, protendendo dita adunche di predatori, e fiutando caninamente, alle porte delle accademie, il buon odore delle nostre menti in putrefazione, gi promesse alle catacombe delle biblioteche.Ma noi non saremo l... Essi ci troveranno alfine - una notte d'inverno - in aperta campagna, sotto una triste tettoia tamburellata da una pioggia monotona, e ci vedranno accoccolati accanto ai nostri aeroplani trepidanti e nell'atto di scaldarci le mani al fuocherello meschino che daranno i nostri libri d'oggi fiammeggiando sotto il volo delle nostre immagini.Essi tumultueranno intorno a noi, ansando per angoscia e per dispetto, e tutti, esasperati dal nostro superbo, instancabile ardire, si avventeranno per ucciderci, spinti da un odio tanto pi implacabile in quanto che i loro cuori saranno ebbri di amore e di ammirazione per noi.La forte e sana Ingiustizia scoppierà radiosa nei loro occhi. - L'arte, infatti, non può essere che violenza, crudeltà ed ingiustizia.I pi anziani fra noi hanno trent'anni: eppure, noi abbiamo gi sperperati tesori, mille tesori di forza, di amore, d'audacia, d'astuzia e di rude volontà; li abbiamo gettati via impazientemente, in furia, senza contare, senza mai esitare, senza riposarci mai, a perdifiato... Guardateci! Non siamo ancora spossati! I nostri cuori non sentono alcuna stanchezza, poichè sono nutriti di fuoco, di odio e di velocità!... Ve ne stupite?... E logico, poichè voi non vi ricordate nemmeno di aver vissuto! Ritti sulla cima del mondo, noi scagliamo una volta ancora, la nostra sfida alle stelle!Ci opponete delle obiezioni?... Basta! Basta! Le conosciamo... Abbiamo capito!... La nostra bella e mendace intelligenza ci afferma che noi siamo il riassunto e il prolungamento degli avi nostri. - Forse!... Sia pure!... Ma che importa? Non vogliamo intendere!... Guai a chi ci ripeter queste parole infami!...Alzare la testa!...Ritti sulla cima del mondo, noi scagliamo, una volta ancora, la nostra sfida alle stelle!...

Documento Politico: "A destra nel PDL"

“PORTEREMO CON NOI, NEL NUOVO PARTITO CHE ANDIAMO A COSTRUIRE, IL PDL, TUTTI I NOSTRI VALORI, NESSUNO ESCLUSO”


Questa affermazione, insieme all’urgenza indotta dalle circostanze, ha fatto si che l’auspicata unificazione nel “Popolo della Libertà”, sia avvenuta in modo quasi notarile, con poco spazio al dibattito, essendo fra l’altro esclusi emendamenti o modifiche alla mozione congressuale. Peraltro anche alle consultazioni di quest’anno (europee e amministrative) si è giunti senza una piattaforma politica che tenesse conto delle tradizioni e la specificità della Destra politica italiana.

Occorre colmare tale “vuoto” ideale, che limita e confina i nostri valori nel Partito unitario e che, probabilmente, ha contribuito ad una affermazione elettorale inferiore alle sue potenzialità. Lavoreremo per riaffermare nel nuovo soggetto politico, il PdL, i valori e principi irrinunciabili della Destra italiana, quali emersi e affinati in tanti anni di battaglia politica, pena il ripetersi di situazioni di sofferenza, astensione e rifiuto da parte della militanza e dell’elettorato che proviene dalla Destra, che ha vissuto nella Destra e che si sente di Destra. Contribuiremo,oltre che con l’idee, anche con una proposta di qualificata presenza della Destra nella classe dirigente del nuovo Partito quale riferimento indispensabile di valori, di esperienze, di capacità, di militanza.

Anche se l’attuale situazione politica non sembra preoccupante, la sconfitta della sinistra non è certo definitiva, specie se al nostro interno ci si mostra disponibili a condividere con questa opinioni e ipotesi in vista di inaccettabili accordi di potere o, peggio, per meschino opportunismo. A titolo esemplificativo, anche se non esaustivo, ricordiamo quelli che sono i nostri valori di riferimento e inalienabili:

- l’affermazione del diritto naturale insito nell’uomo dalla nascita alla morte naturale
- l’affermazione dell’idea nazionale con la corretta rivisitazione della storia italiana degli ultimi 150 anni
- la difesa dell’identità del nostro popolo senza facili concessioni di cittadinanza e diritto di voto
- la tutela dell’istituto della famiglia anche con incentivazioni alla procreazione e lasciando allo stesso piena libertà di educazione scolastica

Nell’intento di rafforzare il nostro Partito proponendo alcune azioni da dibattere e concordare all’interno dello stesso e non fuori e tanto meno contro, suggeriamo:

- il coinvolgimento degli iscritti alla formazione dei costituendi organi statutari, o al rafforzamento degli stessi quando già costituiti, anche con l’indicazione di candidature e incarichi
- capillare proselitismo anche con la valorizzazione di tutti i Circoli attivi all’atto dello scioglimento dei partiti fondatori del PdL, meglio se affiancati da nuove forme associative quali previste all’art. 24 e 50 dello statuto del Popolo della Libertà. Ricordiamo che questi strumenti sono la necessaria cinghia di trasmissione fra gli iscritti e i dirigenti del Partito
- maggiore disponibilità alle istanze popolari e degli elettori da parte degli eletti, per conservare il consenso dell’elettorato. La presenza fra la gente è stata una dei pilastri portanti di A.N., che ha permesso la sua sopravvivenza e quindi il radicamento anche in momenti difficili. I partiti che la hanno attualmente praticata sono stati abbondantemente premiati nelle ultime consultazioni elettorali

Sono questi alcuni spunti che poniamo all’attenzione di iscritti al PdL e amici che, con la voglia di Destra, desiderano riproporre i propri valori all’interno del nuovo Partito, rivendicando spazio, progettualità e visibilità.

Vogliamo portare con noi nel nuovo partito che andiamo a costruire, il PdL, tutti i nostri valori nessuno escluso!


Milano, 26 giugno 2009

Per il Comitato Promotore:

Carlo Brignolo
Fernando Crociani Baglioni
Antonio De Simone
Roberto Jonghi Lavarini
Flavio Nucci
Michele Puccinelli
Dario Vermi

La Carta dei Valori del Popolo della Libertà

Il "Popolo della Libertà" è nato dalla libertà, nella libertà e per la libertà, perché l’Italia sia sempre più moderna, libera, giusta, prospera, autenticamente solidale

Noi, Popolo della Libertà, donne ed uomini d’Italia, siamo orgogliosi di essere cittadini di uno dei Paesi più avanzati del mondo. Siamo orgogliosi di appartenere ad una civiltà millenaria, una civiltà che ha dato all’umanità conquiste tra le più importanti.
Per questo vogliamo che l’Italia progredisca nel solco della sua tradizione, sempre più europea ed occidentale.
Le radici giudaico-cristiane dell’Europa e la sua comune eredità culturale classica ed umanistica, insieme con la parte migliore dell’illuminismo, sono le fondamenta della nostra visione della società.
I valori nei quali ci riconosciamo sono in specie quelli condivisi dalla grande famiglia politica del Partito Popolare Europeo: la dignità della persona, la libertà e la responsabilità, l’eguaglianza, la giustizia, la legalità, la solidarietà e la sussidiarietà.
Questi sono i valori comuni alle grandi democrazie occidentali, fondate sul pluralismo democratico, sullo Stato di diritto, sulla non discriminazione, sulla tolleranza, sulla proprietà privata, sull’economia sociale di mercato.
Noi pensiamo che la politica debba essere al servizio dei cittadini, non i cittadini al servizio della politica e che essa debba essere fondata più sui valori che sugli interessi.
Noi crediamo che la persona - con i suoi valori ed i suoi principi, con la sua morale e la sua ragione di esistere e di migliorarsi - sia il principio ed il fine di ogni comunità politica, la sola fonte della sua legittimità.
E che non possano esistere un’autentica giustizia ed una autentica solidarietà, se la libertà di ogni singola persona non viene riconosciuta come condizione essenziale dallo Stato.
La nostra concezione della persona ripudia tanto ogni forma di collettivismo, quanto l’individualismo egoistico.
Ogni persona appartiene ad una comunità e deve subordinare il proprio interesse all’autorità legittima della comunità stessa, accettando i vincoli che sono necessari per la protezione dei diritti fondamentali e della libertà degli altri.
Senza legge e ordine non ci può essere libertà.
Noi crediamo che la vera libertà significhi autonomia congiunta con la responsabilità, non irresponsabile indipendenza.
La vera libertà rende ogni persona responsabile delle proprie azioni in accordo con la propria coscienza di fronte alla comunità a cui appartiene ed alle generazioni future.
Noi pensiamo che le generazioni future debbano essere poste nelle condizioni di vivere in armonia con l’ambiente naturale. Ogni essere umano è chiamato ad amministrare i beni naturali con saggezza e non sulla base dei suoi specifici interessi.
Le persone, le famiglie, i gruppi sociali, le comunità, i popoli, le nazioni e gli Stati devono quindi rendere conto delle loro azioni davanti ad ogni singolo essere umano, di oggi e del futuro.
Noi crediamo che la società e lo Stato debbano servire la persona ed il bene comune.
Le persone e le comunità devono avere il diritto di realizzare ciò che possono grazie alla loro iniziativa.
Ciò che le organizzazioni di dimensioni più piccole non sono in grado di realizzare deve essere affidato ad organizzazioni di livello più alto: gli Enti locali, la Regione, lo Stato, le Organizzazioni sopranazionali.
La sussidiarietà è la formula base del decentramento,
del federalismo, e dell’integrazione europea. Ogni attività sociale è per sua natura sussidiaria.
Noi crediamo che la politica abbia il compito di sostenere la vita e l’attività delle persone, delle famiglie, e delle comunità intermedie, non di distruggerle o di assorbirle.
Noi crediamo che il tempo in cui viviamo imponga un cambiamento di rotta. Se non cambiamo, e in fretta, sarà infatti la realtà a cambiarci in peggio.
Noi ci richiamiamo alla più grande forza politica europea, il Partito dei Popoli europei (The European People’s Party), e con essa condividiamo un’idea spirituale dell’Europa: l’idea dei padri fondatori, che è all’origine stessa dell’Europa.
Abbiamo un lungo cammino davanti a noi. Un cammino di impegno civile, in cui diritti e doveri si ricongiungono come facce di una stessa medaglia.
Chiediamo il sostegno di tutti gli italiani, di tutte le donne e di tutti gli uomini che amano la libertà e che vogliono restare liberi, chiediamo il loro voto per garantire questi valori e per realizzare il nostro programma.
Noi vogliamo una società che si prenda veramente cura dei più poveri e dei più deboli. Noi non vogliamo una società divisa tra ricchi e poveri, tra forti e deboli.
Noi vogliamo una società nella quale tutti possano godere di un livello di vita adeguato.
Noi crediamo che le persone abbiano il dovere di provvedere a se stessi e secondo il principio morale della responsabilità, ma che in base a questa debbano anche
aiutare il prossimo in difficoltà.
Crediamo che sia dovere fondamentale, sia della società che dello Stato, aiutare coloro che non raggiungono questo obiettivo.
Noi pensiamo in particolare che siano necessarie forti azioni positive per assicurare l’effettiva parità tra uomo e donna, per accrescere l’accesso delle donne all’istruzione, al lavoro e ai posti di più alta responsabilità nel mondo pubblico e privato.
Una maggiore eguaglianza effettiva tra uomo e donna renderà il nostro Paese non solo più giusto ma anche più prospero.
Noi pensiamo che la famiglia sia il nucleo fondamentale della nostra società. Oggi le famiglie e la società sono sempre più frammentate.
Noi pensiamo che sia invece necessario riconoscere chiaramente il ruolo attivo della famiglia, nella consapevolezza che questa non può essere sostituita da altre figure sociali.
In una situazione difficile come quella attuale, le famiglie sono anche un prezioso elemento di stabilità sociale ed economica perché si affiancano alle strutture pubbliche compensandone i limiti nell’attuazione delle politiche sociali.
Non possiamo ignorare che molte famiglie non riescono più ad avere "una tranquilla e quieta vita, in piena dignità".
La famiglia va dunque difesa, anche perché è fonda-
mentale per le persone più deboli, per gli anziani, per i diversamente abili, per i giovani senza lavoro.
Non solo. Noi crediamo che la famiglia abbia il dovere ed il compito insostituibile di educare i bambini e gli adolescenti.
In questa prospettiva noi pensiamo che buoni risultati possano essere conseguiti riducendo il carico fiscale per le famiglie in rapporto al numero dei familiari, a partire dai bambini.
Noi sappiamo che i valori umanistici e cristiani si confrontano con i risultati del progresso scientifico, in particolare in ambito biomedico.
Tale progresso ha contribuito in maniera straordinaria alla salute ed al benessere di tutti i cittadini. Lo vogliamo affermare con forza.
Noi pensiamo che la libertà e il progresso della ricerca biomedica vadano quindi salvaguardati e per questo debbano essere coniugati con i principi della protezione e della promozione della dignità umana, con il diritto alla vita, l’unicità di ogni vita umana, l’eguaglianza di tutti gli esseri umani, la tutela della salute.
Riconoscersi nel principio della dignità della persona umana comporta infatti che la scienza debba sempre essere al servizio della persona, ed esclude che la persona possa essere al servizio della scienza.
Noi pensiamo che la politica internazionale debba basarsi sul valore della libertà, e sul fondamentale rapporto tra pace, libertà e diritti. È ciò che abbiamo fatto, ciò che abbiamo finora difeso e promosso, ed è ciò che riteniamo faccia parte delle aspirazioni e delle possibilità di tutti i popoli.
In un mondo sfidato dal terrorismo e attraversato dal rischio dello scontro tra le civiltà, noi poniamo la costruzione della pace e il dialogo tra i popoli come fondamentale dovere della nostra politica internazionale.
A questo dovere sono ancorate le nostre alleanze e relazioni, le nostre missioni all’estero e più in generale la strategia del nostro Paese sullo scacchiere mondiale.
In questo contesto restano fondamentali le scelte europeiste ed atlantiche.
È su questo confine, tra passato, presente e futuro, che si staglia la differenza tra due visioni della vita e del mondo. La visione della sinistra e la nostra visione.
Noi pensiamo che si debba aggiungere alla libertà un altro valore, ad essa complementare: la sicurezza della nostra identità davanti all’immigrazione.
Proprio per questo dobbiamo e possiamo aprire al nuovo, ma senza rinunciare a noi stessi, rafforzando insieme le nostre tradizioni, la nostra identità, la nostra libertà.
Perché solo conservando i valori oltre la crisi dei valori, si conservano l’identità e la sicurezza e si vive la libertà.
In questa strategia lo Stato nazionale e federale, somma dei nostri valori comuni e sede del nostro comune destino, ha un ruolo fondamentale. Un ruolo sussidiario e riequilibratore tra passato e futuro, tra interno ed esterno.
Questo è il cuore del nostro programma.
Questo è il centro del nostro disegno, tanto sul lato
politico quanto sul lato economico, tanto in Italia quanto in Europa: la difesa dei principi morali e dei valori, civili e religiosi, la difesa della famiglia e delle nostre radici,
l’impegno a rispettare la nostra civiltà da parte di chi entra, la difesa delle nostre imprese, del nostro lavoro.
Il "Popolo della Libertà" è nato dalla libertà, nella libertà e per la libertà, perché l’Italia sia sempre più moderna, libera, giusta, prospera, autenticamente solidale.
Noi sappiamo che i nostri valori sono radicati nella migliore tradizione politica del nostro Paese e della nostra società. Nel "Popolo della Libertà" si riconoscono infatti laici e cattolici, operai ed imprenditori, giovani e anziani. Si riconoscono donne ed uomini del nord, del centro e del sud.
Siamo orgogliosi di questo nostro carattere popolare, perché ci conferma nel nostro disegno, che è quello di unire la società italiana, e di condurla tutta insieme verso un futuro migliore.
Noi proponiamo agli italiani una società fatta di libertà, di sviluppo economico, di solidarietà. Proponiamo una società basata sui valori liberali e cristiani, sulla famiglia naturale fondata sul matrimonio, formata dall’unione di un uomo e di una donna, nella quale far nascere, crescere ed educare i figli.
Proponiamo un’Italia rispettata e forte nel mondo.
Proponiamo una Patria nella quale tutti gli italiani si riconoscono e che tutti amano, perché è la casa comune di tutti, senza distinzioni.
All’opposto la sinistra ha sempre dato all’Italia incertezza, divisioni, odio sociale, povertà. La sinistra fa politiche che distruggono la famiglia, e che non rispettano i valori morali del popolo italiano, i valori della nostra tradizione.
Per quello che è sempre stata ed è nel suo profondo, la sinistra vuole dividere i lavoratori dagli imprenditori, gli uomini dalle donne, i padri dai figli, i giovani dagli anziani, gli italiani del nord dagli italiani del sud.
La sinistra vede nemici ovunque. Noi vediamo ovunque dei simili, come noi.
Pur affrontando difficoltà enormi, ci siamo sempre preoccupati del benessere di tutti gli italiani, senza distinzioni tra destra e sinistra.
Perché il governo è il governo di tutti gli italiani, non soltanto di chi lo ha votato. Questa è la vera moralità della politica.
Noi vogliamo un’Italia di persone libere e responsabili, in grado di prendere in mano il loro futuro, di potersi scegliere un buon lavoro, di far crescere i figli secondo i propri valori e le proprie idee.
Noi vogliamo una società nella quale tutti i giovani, senza distinzione di ceto sociale, vadano a scuola per conseguire un diploma o una laurea di qualità. Vogliamo una società nella quale i giovani abbiano un lavoro, che permetta loro di essere subito indipendenti e di formarsi una famiglia.
Noi vogliamo una società nella quale nessuno rimanga indietro. Perché ogni persona ha un valore inestimabile, e perché il benessere di ogni cittadino significa il benessere di tutti i cittadini, il benessere di tutta la società.
Noi vogliamo una economia forte e vitale, fondata su imprese moderne ed efficienti, sulla creatività e sull’innovazione, perché senza crescita economica non si possono risolvere i problemi sociali e non si possono garantire a tutti i cittadini i servizi ai quali hanno diritto.
Noi crediamo che il tempo in cui viviamo imponga un cambiamento di rotta. Se non cambiamo, e in fretta, sarà infatti la realtà a cambiarci in peggio.
Noi ci richiamiamo alla più grande forza politica europea, il Partito dei Popoli europei (The European People’s Party), e con essa condividiamo un’idea spirituale dell’Europa: l’idea dei padri fondatori, che è all’origine stessa dell’Europa.
Abbiamo un lungo cammino davanti a noi. Un cammino di impegno civile, in cui diritti e doveri si ricongiungono come facce di una stessa medaglia.
Chiediamo il sostegno di tutti gli italiani, di tutte le donne e di tutti gli uomini che amano la libertà e che vogliono restare liberi, chiediamo il loro voto per garantire questi valori e per realizzare il nostro programma.

"L'Agorà possibile" (di Marco Valle)

L’AGORA’ POSSIBILE.
UN LABORATORIO PER LA CULTURA LIBERATA
Ipotesi di lavoro per la Fondazione

UN PASSAGGIO EPOCALE

Stiamo vivendo un tempo complesso, ambiguo. In tutto il mondo, Italia compresa, si stanno affermando con forza tre fenomeni differenti e contraddittori ma, tra loro, sinergici: il “turbocapitalismo”, la nuova rivoluzione tecno-scientifica, il (ri)sorgere del “pensiero antipolitico”. Questa triplice combinazione forma la base di quel complesso di fattori che definiamo la “globalizzazione liberista”.

Un passo indietro. Con la fine del bipolarismo Est-Ovest sono andate definitivamente in crisi sia le vecchie economie fordiste che i “piani” socialisti. Finanza, tecnica e scienza liberi dagli obblighi di schieramento, hanno potuto dispiegare le loro enormi potenzialità. Con l’esaurimento degli schemi della “guerra fredda” (innestati, in ogni caso, su logiche, sempre politiche) si sono dischiusi nuovi scenari, paesaggi che la Politica non ha saputo più leggere e, tanto meno, dominare.


IL TRAMONTO DELLA POLITICA

In questi ultimi anni la Politica sembra destinata a spegnersi nell’amministrazione dell’esistente. Il “turbocapitalismo”, forte delle immense risorse tecnologiche ormai prive di controlli, tende ad assorbire la politica nell’economia e a modificare le regole, le garanzie sociali basiche e, persino, le strutture statuali. Ad ogni latitudine. Si tratta di un brutale meccanismo d’esproprio delle sovranità nazionali e popolari a cui, con differenti sfumature, il “pensiero antipolitico” offre un raffinato alibi culturale ed una copertura teorica articolata.

Il “pensiero antipolitico” è trasversale e ad interpretarlo non sono solo gli apologeti di Karl Popper e Ludwig von Mises o le fondazioni create dalle multinazionali. Assieme a loro si agitano, in nome dell’internazionalismo o dell’ecumenismo, gli epigoni delle culture marxiste, gli esponenti del peggior cristianesimo progressista (protestanti o cattolici, poco importa…) e, talvolta, anche gli esegeti del localismo più esasperato. Al di là delle contrapposizioni apparenti e dei diversi mezzi impiegati (le guerre “umanitarie” o i disordini di piazza), le radici sono le medesime (il Calvinismo, l’Inghilterra seicentesca, l’Illuminismo, il 1789, il 1917…) come identici sono gli schemi valoriali (il mito del progresso, l’egualitarismo, i “diritti umani”, il multiculturalismo) e gli obiettivi ultimi (il governo planetario, la pace universale, il “paradiso” in terra).

In Occidente l’affermarsi di questo processo ha determinato una forte gerarchizzazione delle ricchezze e della loro gestione ed una sempre più rigida oligarchicizzazione dei poteri e dei livelli decisionali pratici. Nelle democrazie avanzate questo meccanismo sottrae sempre più spazio alla politica, demotivandone il controllo da parte degli elettorati attivi e restringendo sempre più le capacità decisionali fino a concentrarle nelle mani di pochi ambienti ad alta qualificazione tecnologica e finanziaria. E’, in sintesi, il modello post-democratico anglo-sassone, per cui il declino della Politica non soltanto segna il tramonto dello Stato, di qualsiasi idea di Stato, ma significa la stessa “fine della Storia”.

Lo straordinario patrimonio tecnologico e mediatico, la forza militare, l’omogeneità linguistica, la comune base culturale (ricordiamo, a proposito, Max Weber e i suoi lavori sul protestantesimo come base del moderno capitalismo) fanno degli Stati Uniti e dell’intera area anglo-sassone, l’agente principale dei processi di mercantilizzazione del pianeta e di depoliticizzazione delle società. Ma non si tratta di passaggio “dolce” pacifico, accettato. Ovunque si odono squilli di rivolta, rullano i tamburi di guerra, nuove battaglie si annunciano. Prenderne atto, valutando tutte le implicazioni, è un atto di necessario realismo politico.


IL RE E’ NUDO

La critica alla globalizzazione liberistica non è monopolio delle sinistre. Anzi. Da tempo studiosi anticonformisti (per esempio, il premio Nobel Joseph Stiglitz e, poi, Edward Luttwak, Peter Singer, Sergio Romano, Geminello Alvi, Stefano Zecchi, Marcello Veneziani, Franco Cardini, Alain de Benoist, Incisa di Camerana, Virgilio Ilari e tanti altri), sottolineano i limiti del processo in atto. Del resto, basta scorrere la cronaca per comprendere che ovunque, dall’Indonesia alla Russia, dall’Argentina agli stessi USA, le ricette del liberalismo selvaggio sono fallite. Come nell’antica favola, il “re è nudo”, eppure pochi hanno il coraggio di gridarlo…

Non è quindi un caso che il “pensiero unico” liberista incontri notevoli difficoltà ad imporsi su quel “paesaggio plurale” ed incredibilmente differenziato che è l’Europa. Il Vecchio Continente, con le sue tradizioni politiche, il suo potenziale economico, i suoi giacimenti culturali e le possibili risorse militari, non solo sarà il principale concorrente del blocco anglo-statunitense ma già oggi rappresenta, con il suo senso profondo della Polis e dell’Agorà, un’alternativa realistica alla mitologia mondialista.

La nostra non è una battaglia di retroguardia. L’Europa che noi amiamo affonda le sue radici nel mito di Prometeo e di Ulisse. La Tecnica, la scienza, lo sviluppo, la ricerca, la curiosità non ci spaventano. Anzi. Noi, come italiani ed europei, siamo figli ed eredi di una civiltà di scoperte,“globale” ed imperiale. Ma, a differenza degli statunitensi, nessun fatalismo può indurci ad affermare che alla globalizzazione dell’economia e della tecnica debba corrispondere la globalizzazione della cultura e il tramonto del Politico. Siamo ancora convinti che, nonostante tutte le delusioni, la guida della Polis spetti al Politico. Al mago, all’alchimista, al mercante, al predicatore, sono riservati altri ruoli.

Lo scontro è culturale e va affrontato con fantasia e realismo, senza alcuna concessione a nostalgie bucoliche ma con il dovuto orgoglio intellettuale. Rifiutare un mondo organizzato sulla base di criteri unificati, omologanti e sostenere che esistano differenti vie allo sviluppo e alla modernità non è utopismo; Criticare l’avvento di un mercato planetario privo di regole, denunciare l’imposizione di un pensiero universalista, non è sinonimo di vuoto massimalismo; opporsi allo smantellamento di ogni schema statuale e di tutte le forme sociali e comunitarie non basate sul profitto, non significa temere o rifiutare la Tecnica o sognare impossibili arcadie.


QUALI RISPOSTE?

Questo panorama in continua evoluzione impone a chi crede nella Politica analisi innovative e decisioni coraggiose. Partendo proprio da una visione “forte” dell’Europa la Destra può offrire un disegno complesso che si contrapponga al modello utilitarista ed economicista oggi proposto (o imposto…). Tutto è possibile. Basta crederci e ri-fissare un progetto storico nell’attualità. Per farlo è indispensabile superare subito le mediocrità del tatticismo, della “navigazione a vista”. Archiviamo perciò l’obsoleto, il vecchio e affrontiamo il nuovo.

Su questa “linea di frontiera” la Destra non è sola. Ad affermare il primato della Politica e della decisione, a difendere l’idea di Stato (nelle sue tante declinazioni e sfumature), a proporre visioni identitarie e una differente idea di sviluppo, vi è anche un’area composita, magari non immediatamente riducibile negli schemi politici attuali. Pensiamo a spezzoni del mondo cattolico (C.L in primis), a settori della diaspora socialista, agli intellettuali e giornalisti anticonformisti (da Romano a Socci, da Feltri a Fini, da Alberoni a Zecchi o ai gruppi di Ideazione e Limes) e ad imprenditori coraggiosi come Armani, Missoni, Ferragamo. Spetta alla Destra politica dialogare con tutti questi soggetti e assieme ad essi creare (in modo trasversale e coinvolgente) gli strumenti per rispondere alle sfide della modernità.


UN LABORATORIO E TANTI PUNTI D’OSSERVAZIONE

Bisogna da subito fissare dei punti di coagulo, delle “zone franche” su cui, alla luce del mutamento epocale in atto, creare lavoro politico e culturale, dibattiti e sinergie inattese. Ecco l’urgenza di organizzare un laboratorio aperto sotto forma di Fondazione, strutturato in più osservatori settoriali o locali. In questa prima fase abbiamo individuato alcuni temi principali su cui operare. Eccoli.

A. Tecnica e Patria

Con un’intensità imprevista e una velocità vertiginosa, il cambiamento tecno-scientifico sta mutando in profondità la quotidianità d’ognuno di noi. Libere da ogni controllo etico e politico, le nuove scienze –– la cibernetica, l’informatica, la genetica, etc. –– stanno scrivendo il nostro futuro. Ogni giorno. A questo riguardo il silenzio della Politica è assordante. Abbandonare questo terreno di scontro, magari in nome di una presunta “neutralità” della scienza, è semplicemente imperdonabile.

L’assenza o il silenzio della Politica apre spazi ad altri soggetti critici; pensiamo alla Chiesa cattolica, agli ecologisti o alle varie sette pseudospiritualiste. Una forza politica che si vuole storica ha il dovere di studiare, capire e guidare la trasformazione tecno-scientifica. In nome dell’interesse nazionale. E’ perciò indispensabile la realizzazione di uno spazio pensante (ed operante) che, nel segno dell’intelligenza italiana, coaguli le tante energie intellettuali disperse nelle università o nel mondo del lavoro e s’imponga come un interlocutore credibile per quella parte del mondo scientifico nazionale che non ha ancora deciso d’emigrare oltreoceano (e, una volta laggiù, vincere qualche Nobel…).

B. Geoeconomia e sistema Italia

La “morte annunciata” della Fiat s’interseca con il più generale processo di deindustrializzazione del nostro Paese. Il limitato peso dell’ormai unica industria automobilistica italiana (il “peso” dell’auto sul PIL è stimato, indotto compreso, tra l’0,4 e lo 0,6 %) non può consolarci: a causa di scelte socio-economiche sbagliate, una delle poche industrie simbolo italiane (la FIAT figurava, assieme a sole altre otto aziende nazionali, nella lista delle 500 imprese globali del pianeta) rischia di scomparire. Il prezzo della crisi torinese rischia d’essere terribilmente alto per l’intero sistema Italia.

Al di là della cronaca politica e sindacale, la Nazione rischia di diventare tra breve una colonia economica dei paesi più forti. E’ perciò necessario avviare, alla luce delle parallele esperienze britanniche, francesi e tedesche, un ragionamento serrato e freddo sulle ragioni sui troppi ritardi e le tante incapacità strutturali del sistema industriale italiano (purtroppo ancora imperniato sul trinomio Mediobanca-IFI-Tesoro). La Fondazione può essere il luogo d’incontro adatto.

Ma accanto al tramonto di quella che un tempo potevamo definire la nostra “industria-potenza”, vi è un 92% del tessuto imprenditoriale costituito da piccole e medie imprese. Si tratta di un patrimonio importante e prestigioso (pensiamo alla filiera dell’eccellenza, al settore agro-alimentare o a quello farmaceutico), eppure, per molti motivi, incapace di competere pienamente sui mercati internazionali. Ai tanti imprenditori locali (distribuiti su quasi cento distretti) che con armi impari combattono in un mondo globalizzato, la Destra di governo può e deve dare rappresentanza e voce.

C. Istituzioni e Politica

Ricostruire un’idea dignitosa di sistema Italia significa anche ricostruire un’idea di Stato. Mezzo secolo d’eclisse dei valori nazionali, causati dall’egemonia catto-comunista e poi dall’attuale ondata tecno-scientifica, hanno indebolito la già scarsa coscienza civica degli italiani. Come ricordava De Rita nel suo ultimo saggio, gli italiani si stanno sempre più distanziando dalle Istituzioni (e dalla politica) e si rinchiudono in un nuovo individualismo (le c.d moltitudini). Pensare di invertire il processo agitando la bandiera del centralismo è folle. E’ invece compito della Destra costruire un nuovo equilibrio istituzionale in cui far incontrare le esigenze regionalistiche, la fedeltà allo Stato nazionale, la speranza europea.

Dobbiamo perciò creare un laboratorio d’ingegneria istituzionale che elabori, al di là delle necessità tattiche del momento, un progetto statuale “alto” ma realistico. Nel tracciarlo dobbiamo tenere conto delle tante potenzialità nazionali ma anche delle debolezze storiche dell’Italia. Il nostro Paese assomiglia ad “un’arcipelago, segnato com’è da un grande policentrismo di soggetti, di situazioni territoriali e di poteri. E’ quindi del tutto inadatto al verticalizzato paradigma piramidale della nostra tradizione istituzionale, sia esso interpretato dallo Stato Nazionale che da venti piccole piramidi di governo regionale” (G. De Rita).

D. Un nuovo patriottismo

Ma, nonostante le tante criticità ricordate, l’identità nazionale resta per la grande maggioranza dei nostri connazionali un’esigenza centrale. Oggi più che mai. Come ricorda l’ultima ricerca del Sole 24 Ore (Tendenze 2003): “i fatti dell’11 settembre hanno ulteriormente acuito il nostro bisogno identitario, come antidoto all’incertezza dei tempi in cui viviamo, come condizione indispensabile per accedere a risorse di trascendenza che ci aiutino a ridurre l’ansia di fronte all’idea della nostra morte, ma anche come reazione a civiltà, come quella islamica, connotate da identità sociali estremamente solide, dalle quali ci sentiamo minacciati, ma verso le quali, al contempo, proviamo una sottile ammirazione, se non altro perché ci rendiamo conto della sostanziale debolezza delle nostre appartenenze sociali, per le quali difficilmente riusciremmo a sacrificarci. Dopo l’11 settembre, pertanto, si è affermata una forte spinta a ritrovare sia i fondamenti storici dell’unità nazionale, sia i tratti antropologici e psicologici dell’”italianità”.

Senza dimenticare (o rimuovere) il nostro passato è perciò arrivato il tempo di ricreare un nuovo e moderno orgoglio nazionale. Immaginiamo un osservatorio che riunisca memoria e futuro, costruisca ricerca storica e, al tempo stesso, dialoghi con gli operatori dell’eccellenza italiana. Pensiamo ad un’isola di “cultura liberata” in cui far incontrare i reduci di El Alamein e gli artefici del Made in Italy (un nome chiave potrebbe essere Ottavio Missoni), gli studiosi del Risorgimento e (nonostante gli Agnelli) le energie vive dell’industria automobilistica italiana. E poi, ad un tavolo di lavoro attorno a cui dialogare sia con gli operatori enogastronomici sia con i tanti tecnici costretti a lavorare all’estero; vorremmo uno spazio in cui siano di casa i soldati che partono per le missioni oltremare e gli imprenditori (vedi Armani, Ferragamo, etc.) che esportano, inventano, rischiano. Tutti in nome dell’Italia. Questa è la “Patria del terzo millennio”.

E. L’Italia globale

Su queste coordinate (speriamo condivise…) l’interesse nazionale torna ad essere un dato centrale. Bisogna difendere duramente gli interessi dell’Italia in Europa (soprattutto nella prospettiva del prossimo semestre italiano) e nel Mediterraneo. L’antica debolezza internazionale (d’ordine psicologico prima che sostanziale) dell’Italia può e deve essere superata. Per farlo bisogna combattere la cultura rinunciataria e provinciale che ancor oggi alberga nelle menti dei gruppi dirigenti del Paese e ricordare a molti che, oltre ad essere una meta turistica, l’Italia è una delle principali potenze industriali del pianeta capace (come hanno dimostrato uomini come Beneduce, Mattei e tanti “piccoli” imprenditori) d’iniziative autonome e vincenti.

La particolarità geografica dell’Italia c’impone uno sguardo originale verso l’altra sponda dell’ex Mare Nostrum. Leggere le attuali tensioni con le lenti di Samuel Hungtinton è pericoloso ed inutile. Gli odierni conflitti in Medio Oriente e in Asia Centrale, hanno ragioni più profonde (e inquietanti) che quelle elencate dall’autore dello “Scontro delle Civiltà” o da Oriana Fallaci. In ogni caso, prima di impegnarci in una qualsiasi avventura militare (magari in nome di una nuova Lepanto) è il caso di chiederci, senza remore o insopportabili subalternità, dove effettivamente risiedano gli interessi del nostro Paese. Su queste linee è ipotizzabile un incontro con un mondo intellettuale non allineato.

F. Lo sguardo sulla città

Accanto a questi osservatori settoriali é importante costituire osservatori cittadini dedicati allo studio delle problematiche del territorio. Come ricorda De Rita, è sempre più diffusa nella società (e le dinamiche elettorali, dopo l’avvento del sistema uninominale, lo confermano) la logica localista; ciò non solo “per effetto della crescente importanza del territorio, ma anche dalla propensione dei cittadini a riscoprire la vita comunitaria, dalle loro crescenti aspirazioni alla qualità della vita, dalla crescente domanda di servizi a scala locale, dalla conseguente aumentata gamma di responsabilità delle autorità locali, in un crescente processo di articolazione diffusa dei poteri”.

Per rispondere alle tante esigenze del territorio gli attuali schemi meramente amministrativi ed efficientisti non bastano. L’attuale sforzo di governo delle realtà locali risulterà alla lunga vano se non sapremo ripensare la città per liberarla dalla cinquantennale dittatura della bruttezza, del provvisorio o del nonsenso. Il risultato di questa lunghissima egemonia antiestetica è sotto i nostri occhi: quartieri dormitorio, zone a villette prive d’anima, periferie grigie, interminabili centri commerciali che sfigurano l’ingresso delle città, proliferazione dei “non luoghi” anonimi che si rivolgono ad utenti frettolosi, centri storici desertificati o abbandonati ai servizi commerciali, edifici privi di uno stile comune, di un senso estetico…

Riprendendo, per esempio, gli studi del Touring Club e le provocazioni di Stefano Zecchi sul destino dell’urbanistica, gli osservatori locali della fondazione possono essere i promotori di tanti “manifesti per la città nuova”, una serie di documenti programmatici cui sviluppare nel tempo una diversa azione di governo locale. Gli spunti di riflessione non mancano: pensiamo alla riabilitazione dei quartieri storici, la riqualificazione progressiva delle zone-dormitorio e delle concentrazioni strettamente commerciali, la diversificazione dei mezzi di trasporto, il rilancio del trasporto su rotaia, la revisione radicale dell’arredo urbano e il contenimento dell’inquinamento visivo e acustico.


IN CONCLUSIONE

Lo schema di lavoro presentato è certamente incompleto e necessita di notevoli approfondimenti. Lo sappiamo. Era però importante, ed è il senso di questa proposta, fissare un possibile punto di partenza e immaginare possibili approdi. Lo abbiamo fatto sulla base di due convinzioni profonde. In primis, che per la Destra non esistono leggi naturali nella Storia. Nemmeno le cosiddette leggi del mercato lo sono. Esse, in ultima analisi, sono i semplici risultati di condizioni esterne, ma soprattutto di scelte.
Al tempo stesso, riteniamo che mai come in questi tempi d’eclisse della politica e di primato dell’economia le categorie del politico sono apparse così primarie, necessarie. Politica, dunque, come volontà regolatrice del vivere associato e come prassi attuativa di tale vivere; anche le scelte e le leggi economiche sono un fatto politico. Come ci avvertiva Carl Schmitt è sempre e solo la decisione che conta. E la Destra è cultura della decisione.

MARCO VALLE