venerdì 28 settembre 2012
Milano e Monza: il risveglio de La Destra...
MASSIMILIANO RUSSO (segretario provinciale de La Destra di Milano). Chi sono - i miei VALORI
Sono un architetto di 44 anni con una cultura familiare orientata ai valori e al rispetto.
Ho scelto di IMPEGNARMI nella politica perché ritengo che sia arrivato il momento per ognuno di noi di pretendere che il nostro Paese torni ad essere un luogo in cui vivere serenamente, dove i diritti (specialmente dei più deboli) siano un diritto inalienabile e dove casa e lavoro non vengano messi in pericolo da un’economia incerta.
I valori e i principi in cui credo fermamente e che animano il mio spirito di partecipazione alla vita politica sono:
la Libertà, un concreto esercizio di Diritti della persona, delle comunità, dei popoli nel pieno rispetto delle leggi che sono e devono essere a favore di tutti i cittadini e non di pochi eletti.
la Famiglia, come spina dorsale di un Paese sano e democratico e cellula fondamentale del più vasto corpo sociale
la Politica per il popolo, con il popolo e non per il potere, che identifica i linguaggi e gli strumenti più adatti a ricostruire un dialogo politico con i cittadini che è oramai scomparso
il Dialogo interreligioso e interraziale, che non getta benzina sul fuoco dello scontro di civiltà ma pretende un rispetto per le leggi del nostro Paese che sono valide e uguali per tutti
il Lavoro, che riporta le persone, i lavoratori, al centro dei processi economici e produttivi, con la consapevolezza che ogni prodotto è comunque e sempre frutto del lavoro umano
I punti principali del mio programma politico sono:
SOVRANITA': priorità nazionale
SICUREZZA: città sicura
LOTTA ALLA CASTA: spending rewiew
MUTUO SOCIALE: una casa per tutti
PMI: made in italy
SVILUPPO E SUPPORTO ALLE IMPRESE: incubatoi d'impresa
Per conoscermi meglio, inviarmi tutte le vostre idee, i vostri suggerimenti e le vostre domande:
Massimiliano Russo tel. 346.2167476 mail: massimiliano@massimilianorusso.org
Pagina Facebook: Massimiliano Russo - politico
Twitter:@starkrusso
1.SOVRANITA'.
Padroni a casa nostra. Con l'aumento dell'immigrazione sempre più risorse economiche e servizi vengono destinati alle popolazioni straniere, riducendoli di conseguenza ai cittadini milanesi. Case popolari, posti di lavoro, scuole, carceri, sono sempre più affollate da stranieri. E' necessario pertanto rivalutare i criteri di assegnazione e di uso dei servizi in base ad un punteggio che privilegi i cittadini milanesi.
2.SICUREZZA.
300.000 Reati a Milano nel 2011 con un aumento rispetto all'anno precedente del 7%. Milano risulta oggi essere la città meno sicura in Italia. E' necessario rafforzare la presenza sul territorio delle forze dell'ordine e adottare come in passato l'uso dell'esercito per presidiare zone particolarmente a rischio. Aumento dei controlli nelle zone della movida e nei locali per prevenire lo spaccio di sostanze stupefacenti. Controlli notturni nella metropolitana, in stazione e nei mezzi pubblici da parte delle forze di polizia.
3.LOTTA ALLA CASTA.
215 milioni in più rispetto al 2011. Consulenze esterne, assunzioni straordinarie, spese per iniziative culturali varie. In un momento di spending rewiew la giunta Pisapia aumenta le spese del Comune. Immediati tagli: stipendi, personale inutile (da impiegare dove risulta esserci mancanza di organico), consulenze esterne, auto blu, viaggi e spese di rappresentanza. Limite temporale al mandato per sindaco, consiglieri ed assessori. Eliminazione di tutte le società create ad arte per generare nuovi posti di lavoro e clientelismo.
4.MUTUO SOCIALE
dare la possibilità a tutti di diventare proprietari di casa, sia con redditi bassi che con lavoro precario. Concessione di un mutuo garantito da un ente pubblico al tasso del 1% che sarà pagato con una quota non superiore al 20% del reddito prodotto, protraendolo nel tempo.
5.PMI
Le PMI e le microimprese rappresentano il 94,8% del tessuto imprenditoriale italiano.
Nell'attuale situazione economica generale anche le imprese milanesi, gli artigiani, i commercianti si trovano in grande difficoltà e numerose sono le chiusure sul nostro territorio. E' necessario un piano di aiuti immediati che partano dalla riduzione alla rateizzazione delle imposte comunali, incentivi all'apertura di nuove imprese, garanzie al credito, incentivi all'assunzione di personale italiano, compensazione debiti/crediti con la PA, riduzione della burocrazia, tutela del “Made In Italy” e controllo ai commercianti stranieri sulla provenienza e qualità dei prodotti, dazio sulle importazioni dalla cina.
6.SVILUPPO E SUPPORTO ALLE IMPRESE
Realizzazione di “incubatoi d'impresa” per favorire la nascita e la crescita di nuove imprese sul territorio tramite la creazione di spazi “protetti” a costi ridotti e con l'ausilio di professionisti dei vari settori che controllano ed aiutano le nuove imprese nei primi anni di vita, i più difficili. Lo stesso è da utilizzare per aiutare le imprese che gravano in difficoltà e rischiano la chiusura.
7.AREA C BLOCCO DEL TRAFFICO
Contrastare le attuali iniziative del Comune di Milano che prevedono l'accesso al centro cittadino pagando una “gabella” sia per chi vi entra, sia per chi ci vive. Questa iniziativa ha ridotto l'afflusso al centro mettendo ancora più in difficoltà i commercianti, i parcheggiatori e tutti coloro che vivono in funzione del flusso di persone in entrata/uscita dal centro. Oltre ad essere inutile in termini di congestione e inquinamento, limita la libertà dell'individuo e mina l'economia delle imprese. Lo stesso dicasi per le domeniche a piedi con funzione di “educare alla città”. E' assolutamente impensabile che un residente di Milano non posa nel corso della giornata, muoversi con un proprio mezzo nemmeno per uscire dalla città. E' un coprifuoco forzato che impedisce di fatto lo svolgimento della libertà di ciascun individuo di muoversi sul territorio.
giovedì 27 settembre 2012
"Fermare il declino"...
Oggi scrivo non da convinto militante politico di destra ma da attento osservatore e studioso della politica italiana. Ieri sono andato, al Teatro Dal Verme di Milano, a vedere la presentazione del nuovo movimento "Fermare il declino" del simpatico giornalista-economista Oscar Giannino. La cosa veramente straordinaria, in questo momento di profondo disgusto e distacco della gente dalla vecchia politica, è stata, nonostante la scarsa propaganda fatta all'evento, la spontanea ed entusiasta partecipazione di oltre duemila milanesi (cinqucento rimaste fuori dal teatro), sopratutto piccola e media sana borghesia produttiva (imprenditori, professionisti, commercianti e dirigenti) ma anche tanti studenti universitari e-o giovani lavoratori. Almeno il 70% dei presenti erano delusi del centro-destra, del PDL e di Berlusconi che nel nuovo movimento (alleato di Italia Futura e, quindi, di Luca Cordero di Montezemolo) hanno trovato una seria e valida alternativa, autenticamente liberale e meritocratica, alla attuale classe politica. Da tempo non vedevo tanto entusiasmo, partecipazione, militanza gratuita e disinteressata, raccolta di fondi e di adesioni. ROBERTO JONGHI LAVARINI
La catastrofe morale della Regione Lazio e l’evidenza del mangia-mangia diffuso nella maggioranza delle Regioni italiane è un lavacro salutare. E se i vecchi partiti – a cominciare ovviamente dal centrodestra che offre la galleria di comportamenti piu’ nauseanti, ma in realtà riguarda tutti, l’acquiescenza alla delibera dell’ufficio di presidenza per la quale i denari dei gruppi andavano in tasca ai consiglieri pro-capite – credono ancora volta di uscirne con la recita dello scaricabarile, ebbene s’illudono. Ci sono almeno tre questioni investite da questa colata di fango. La prima, ovviamente, è etica. La seconda, istituzionale. La terza, il rimedio alla seconda.
Della prima, c’ e’ solo una cosa da dire. Circa metà degli italiani continuano nei sondaggi a esprimere l’ incertezza non verso il voto alle prossime politiche, ma verso quale sia la scelta migliore per esprimere la loro più netta e decisa manifestazione di averne le tasche piene. Quando abbiamo scritto nel primo punto di “fermare il declino” che il ceto politico della seconda repubblica, con pochissime eccezioni, ha fallito realizzando una bancarotta finanziaria e morale, alcuni hanno storto il muso pensando fosse un’espressione antipolitica. Al contrario, l’antipolitica sono er Batman e i suoi degni compari sugli scranni laziali, la Minetti che sfila e si tiene il vitalizio, i Lusi e i Belsito, e via continuando ogni giorno che Dio manda in terra. O cambia con regole ferree il meccanismo di selezione dei politici a ogni livello, oppure è difficile spiegare al cittadino medio che non deve scegliere la protesta più dura a costo anche che sia demagogica, senza star troppo a sottilizzare su programmi, euro e compatibilità economiche. Per il Pdl, di certo, è un altro campanone funebre. Ma non so dire né se qualcuno ne trarrà le conseguenze, né se del resto abbia un qualche senso ormai pensare di salvarsi l’anima, dopo aver taciuto o osservato compiaciuti per anni quanti figuranti e ribaldi assiepassero gli scranni.
C’ e’ poi la questione istituzionale, cioè il pingue caravanserraglio della spesa delle Regioni, un paio di centinaia di miliardi di euro l’anno. Non desidero generalizzare, ma grazie a quella schifezza che fu la riforma del Titolo V della Costituzione abbiamo avuto il trionfo del fai da te e di sprecopoli. Finalmente oggi Bersani – la riforma la volle la sinistra – lo ammette oggi sul Messaggero, ma è tardi. Perché in Val d’Aosta ci deve essere un consigliere ogni 3.618 abitanti mentre in Lombardia uno ogni 122mila, per 19mila in Sardegna, per 30mila nell’Umbria, per 87mila in Emilia, e uno ogni 10.660 in Molise? Perché in Abruzzo sono saliti dai 40 consiglieri originari a 45, in Calabria da 40 a 50, nel Lazio da 60 a 71, in Puglia da 60 a 70, in Toscana da 50 a 55 ed erano arrivati anche a 65? Perché al di là degli scandalosi vitalizi – per lo più corretti poco prima o poco dopo la riforma Fornero, ma a cominciare in media dal 2015, e che restano quasi sempre molto generosi rispetto ai contributi versati – nel più delle Regioni resta in vigore la regalia al consigliere uscente dopo una sola legislatura, fino a un massimo di 39.499 euro in Basilicata, 56.580 in Calabria, 54 mila in Campania e Puglia, 46 mila in Sardegna e Sicilia? Ve lo ricordate che cosa avvenne quando nell’estate 2011 il governo ormai alla disperata e tardiva ricerca di risparmi provò a eliminare 333 degli oltre 1100 consiglieri? Undici Regioni si sono rivolte alla Corte Costituzionale, questo è avvenuto. Sulla base del famigerato Titolo V della Costituzione, dell’articolo 123 per il quale la Regione che attraverso il proprio statuto «determina… i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento», e il 122 che attribuisce sempre alle Regioni il potere di stabilire il sistema di elezione.
Di qui la conclusione. Non basterà nemmeno una strage di politici ladri e di frusti simboli elettorali, nelle urne. Personalmente, sono per un nuovo referendum contro il finanziamento pubblico ai partiti. So che il primo è stato aggirato e ignorato dai partiti, ma proprio per questo serve un’altra spallata per aprire davvero a un sistema di autofinanziamento incentivato fiscalmente. Ma occorrerà poi rimettere mano con serietà a ciò che davvero si è rivelato il Titolo V della Carta fondamentale. Altro che primo passo verso il federalismo, ne sono derivati solo veti insuperabili locali su ogni politica che deve restare ferreamente nazionale – poche ma decisive , come quella energetica e delle infrastrutture – sommati al fai da te del magna-magna a ripetizione. E’ un andazzo che oscura i risultati di chi ha speso meglio. E che affama i Comuni, che bisogna invece rimettere al centro delle Autonomie e di un disegno organico di accorpamento massiccio, e di maggiore indipendenza di entrate rispetto a bisogni primari che devono affrontare secondo il principio di sussidiarietà.
C’e’ un ma, pero’, almeno per chi la pensa come me. Ci sono due modi per smontare il Titolo V. Il primo è quello dello statalismo centralista, che vedo risorgere e che io combatterò sempre, tranne sulle due materie che ho citato. Il secondo è quello di un passo vero verso macroregioni che indirizzino di più, a fortissima autonomia e con modelli anche molto diversi tra loro, ma con un limite preciso: che gestiscano sempre meno. OSCAR GIANNINO - http://www.fermareildeclino.it/
Legnano: Fiamma ancora in piazza!
Fiamma Tricolore sempre più vivace nelle sue iniziative locali.
Domani sera, giovedì 27, Francesco Pannilini – Coordinatore Regione Lombardia Gioventù della Fiamma – e Carlo Lasi – Coordinatore Provincia di Milano Gioventù della Fiamma – hanno indetto infatti un nuovo presidio a S.Paolo.
L’avv. Gabriele Leccisi – segretario provinciale della Fiamma Tricolore ha invece inviato una lettera aperta al sindaco di Legnano. Nel documento, l’avv. Leccisi propone, tra l’altro, la nomina di un assessore alla sicurezza e di affidare l’incarico a un esponente della Fiamma Tricolore in quanto, scrive l’esponente della Fiamma Tricolore, ”posso assicurarle che nel giro di una settimana l’ordine sarebbe garantito in città”.
Di seguito i loro comunicati.
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Si comunica che Giovedì 27 Settembre dalle ore 20.00 i militanti della Gioventù della Fiamma saranno presenti con una propria delegazione al presidio organizzato dalla Fiamma che si terrà in Via Ponzella (angolo Via Romagna), a Legnano. Ancora una volta noi ragazzi del Movimento Sociale manifesteremo a Legnano in difesa dei cittadini residenti nel quartiere San Paolo, che purtroppo da troppi anni sono costretti a subire un clima di disagio, che spesso si trasforma in terrore, causato da alcuni criminali di etnia Rom. Diversamente da come taluna gente ci definisce, non non siamo razzisti o xenofobi: pretendiamo semplicemente che gli stranieri residenti in Italia rispettino le nostre leggi.
Cogliamo l’occasione per comunicare ai lettori che Giovedì, prima della manifestazione, alcuni ragazzi della Fiamma cancelleranno le ingiurie che ignoti si sono divertiti a scrivere su diversi muri del quartiere San Paolo, di Legnano.
Invitiamo tutti i residenti di Legnano a scendere in piazza con noi, per far valere i diritti della cittadinanza.
Inoltre rendiamo noto che Gabriele Leccisi e Carlo Lasi, accompagnati da altri militanti, parteciperanno al consiglio comunale di Legnano che si svolgerà in contemporanea alla manifestazione.
Ci auguriamo che per il bene della di Legnano e dei suoi abitanti i nostri avversari politici si astengano dal provocarci.
Francesco Pannilini – Coordinatore Regione Lombardia Gioventù della Fiamma
Carlo Lasi – Coordinatore Provincia di Milano Gioventù della Fiamma
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Egregio signor Sindaco, registro suoni di tamburi di guerra dai soliti noti antifascisti.
E’ noto che la Fiamma Tricolore il 27 settembre 2012 terrà un presidio fisso dalle ore 20,00 fino alle ore 22,30 in Legnano via Ponzella ang. Via Romagna sui problemi della sicurezza e del lavoro.
Avrei piacere di confrontarmi con lei in un civile e democratico confronto pubblico da tenersi in occasione della riunione del consiglio comunale che si terrà quella stessa sera. Se accettasse le chiederei qualche minuto per conoscere le ragioni dell’esclusione dall’ordine del giorno dei lavori del problema della sicurezza, dell’ordine pubblico sistematicamente violato e del crescendo di atti vandalici in una città ove non dovrebbe essere difficile garantire idonea sorveglianza. Le suggerirei sul punto di nominare assessore un esponente della Fiamma Tricolore in quanto posso assicurarle che nel giro di una settimana l’ordine sarebbe garantito in città. Le chiederei anche quale sarà la sorte degli operai della Tosi nel 2013 e di altre aziende in crisi e vorrei conoscere cosa si sta facendo concretamente per i nuovi poveri di Legnano. Se rifiutasse il confronto rivelerebbe, a mio avviso, di essere un falso democratico e ghettizzatore professionista nei confronti della nostra area politica, le suggerirei, in questo caso, di dimettersi senza nascondersi dietro i soliti slogan antifascisti che ormai non impressionano più nessuno.
Si ricordi che attaccare ciò che noi ci onoriamo di rappresentare significa offendere milioni di famiglie italiane che in anni lontani ed anche recenti hanno dato tutto alla Patria senza nulla chiedere in cambio.
Il segretario provinciale – avv. Gabriele Leccisi
In difesa della natura e della vita: sempre!
GIORNATA PER L'ABORTO: ATTO D'INCIVILTÀ SUPREMA. RIPARIAMO SUBITO!
Venerdì 28 settembre verrà celebrato il "Global Day of Action for Access to Safe and Legal Abortion": si manifesterà pubblicamente, cioè, per chiedere che le norme giuridiche che nel mondo già consentono la soppressione della vita umana innocente quando essa è ancora nel grembo della madre vengano ulteriormente liberalizzate.
L’iniziativa giunge in concomitanza con le nuove direttive tecniche riguardanti l’aborto emanate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che punta al medesimo obiettivo. Il documento, intitolato “Safe abortion: technical and policy guidance for health systems” (“Aborto sicuro: guida tecnica e politica per il sistema sanitario”) afferma tra le altre cose:
“(…) I professionisti sanitari che invocano l’obiezione di coscienza devono avviare la donna ad un altro professionista con buona formazione e disposto a fare l’intervento, lavorando nello stesso centro sanitario o in un altro centro d’accesso facile autorizzato alla pratica secondo la legislazione nazionale. Quando questo avvio non è possibile, il professionista sanitario che ha delle obiezioni sull’aborto deve praticarlo lui stesso per salvare la vita della donna o per evitare danni alla sua salute”.
Di fronte all’invecchiare dei propri militanti, alla mancanza di entusiasmo delle femministe odierne e alla riduzione dei medici che praticano l’aborto, le lobby pro-morte utilizzeranno l’ imposizione dell’aborto “sempre e comunque” per far avanzare la cultura pro morte.
Venerdî 28 settembre si svolgeranno così manifestazioni a favore dell'aborto in più di 30 Paesi del mondo, con il prevedibile vasto e ricco appoggio di stampa, forze politiche, organizzazioni attivistiche.
Si tratterà, cioè, di un'autentica GIORNATA PER L'ABORTO. Vale a dire una vera e propria celebrazione della CULTURA DELLA MORTE!
Occorre dunque REAGIRE ADESSO! Marco Respinti (Campagna Voglio Vivere).
mercoledì 26 settembre 2012
DIO-PATRIA-FAMIGLIA, dopo il declino, il ritorno alla Tradizione. Il nuovo libro di Marcello Veneziani: Manifesto del Progetto Itaca.
Dio, patria e famiglia sono tramontati. Un declino graduale, lungo la modernità, accelerato nel Novecento, esploso nei nostri anni. Sono stati il fondamento ideale e morale, storico e pratico della vita umana e di ogni civiltà.
Il crollo di un muro, due torri e tre principi è alle origini della nostra epoca. Con il muro di Berlino cadde il comunismo, sorse l'Europa e dilagò la globalizzazione. Con le due Torri gemelle cadde la supremazia inviolata degli Stati Uniti e riemerse la storia dal fanatismo. Ma col declino di religione, patria e famiglia si spegne la civiltà e si ridisegna radicalmente la condizione umana.
Di tale crisi di solito non ci diamo pensiero, ma ne scontiamo gli effetti ogni giorno. Ereditiamo il vuoto e la perdita di questi tre cardini con la stessa naturale passività con cui i nostri padri ereditarono la fede e la loro osservanza.
In queste pagine Marcello Veneziani non esorta a barricarsi tra le rovine, fingendo che nulla sia accaduto, non coltiva illusioni. Ma cerca di capire i motivi della loro caduta, ne osserva l'assenza nel mondo presente, riflette su cosa ci siamo persi e cosa abbiamo guadagnato, cosa c'è al loro posto e da cosa oggi si può ripartire per rifondare la vita. Un viaggio che si dipana tra filosofia ed esperienza individuale, pensieri dell'anima e sguardi sul nostro tempo. L'incontro con Dio, patria e famiglia avviene seguendo un percorso originario e originale.
"Vorrei parlarvi di Dio, patria e famiglia non attraverso i luoghi comuni, quelli più antichi di chi li elogia e quelli più recenti di chi li disprezza.
Non voglio tesserne l'elogio funebre o il necrologio onesto. Io vorrei capire quale molla spinse ad aggrapparsi così a lungo a quei tre cardini, come fu intenso e corposo il loro amalgama uno e trino, quale molla ha poi spinto ad affossarli, e cosa resta ora, oltre il rimpianto e la maledizione della loro ombra.
E intravedere cosa può sorgere oltre la loro presenza e il loro declino."
Il suo pensiero è scandito su quattro punti fermi a cui corrispondono quattro parole chiave:
la filosofia del ritorno, come nostalgia delle origini e ricordo amoroso nella lontananza;
l'amore inquieto per la tradizione, in cui confluisce anche la sua passione di rivoluzionario conservatore;
la preferenza per la comunità rispetto all'individualismo e al nichilismo sociale;
L'amor fati, l'accettazione della vita alla luce sacra del destino.
Il Ritorno è l’espressione chiave del pensiero e dell’opera di Marcello Veneziani. La visione dell’esistenza come un viaggio curioso e tormentato verso l’origine: la vocazione umana non è la stabilità, che riguarda gli dei e le pietre, né il puro andare, che riguarda le macchine e gli automi, ma il tornare, come il maturo ricomporsi della vita con la sua fonte; l’inquietudine del viandante è la nostalgia della Casa. Il ritorno è il filo conduttore letterario e filosofico ma anche sentimentale e perfino civile, di Veneziani. Nella filosofia del ritorno Veneziani ritrova in coerente sequenza i suoi “quattro autori”, Platone e Plotino, Vico e Nietzsche. Teoria e fenomenologia, amore e disperazione del ritorno. E alle spalle la grande letteratura del ritorno, da Omero a Dante, da Leopardi a Proust. Veneziani non ricerca la novità di una teoria originale ma un sapere originario a cui collegarsi, espresso nella sensibilità e nel linguaggio del proprio tempo, pur non racchiudendosi in esso. Egli non pretende di scoprire verità che nessuno finora aveva mai pensato o conosciuto, ma aspira a far tornare in mente un sapere metafisico che giace addormentato e trascurato, dentro e fuori di noi. Il pensiero tornante si sviluppa nella sua opera nel ritorno al passato ancor vivo che chiama Tradizione, connessione comunitaria e senso della continuità selettiva; e nell’apertura al futuro che definisce Amor fati, accoglienza dell’accadere e conversione del divenire nelle braccia dell’essere da cui origina; guidato nel transito dalla sposa invisibile, la metafisica. In questa luce, la letteratura è nostalgia della vita che scorre, la filosofia è teoria del ritorno, la teologia è ritorno all’Uno, la metafisica è senso del destino, come intelligenza della vita e del mondo.
Dio, patria e famiglia servono ancora.
Religione, comunità e "sangue": tre valori su cui si sono fondate le civiltà. Ma che da tempo sono pesantemente in crisi. Eppure più necessari che mai
Il suo pensiero è scandito su quattro punti fermi a cui corrispondono quattro parole chiave:
la filosofia del ritorno, come nostalgia delle origini e ricordo amoroso nella lontananza;
l'amore inquieto per la tradizione, in cui confluisce anche la sua passione di rivoluzionario conservatore;
la preferenza per la comunità rispetto all'individualismo e al nichilismo sociale;
L'amor fati, l'accettazione della vita alla luce sacra del destino.
Il Ritorno è l’espressione chiave del pensiero e dell’opera di Marcello Veneziani. La visione dell’esistenza come un viaggio curioso e tormentato verso l’origine: la vocazione umana non è la stabilità, che riguarda gli dei e le pietre, né il puro andare, che riguarda le macchine e gli automi, ma il tornare, come il maturo ricomporsi della vita con la sua fonte; l’inquietudine del viandante è la nostalgia della Casa. Il ritorno è il filo conduttore letterario e filosofico ma anche sentimentale e perfino civile, di Veneziani. Nella filosofia del ritorno Veneziani ritrova in coerente sequenza i suoi “quattro autori”, Platone e Plotino, Vico e Nietzsche. Teoria e fenomenologia, amore e disperazione del ritorno. E alle spalle la grande letteratura del ritorno, da Omero a Dante, da Leopardi a Proust. Veneziani non ricerca la novità di una teoria originale ma un sapere originario a cui collegarsi, espresso nella sensibilità e nel linguaggio del proprio tempo, pur non racchiudendosi in esso. Egli non pretende di scoprire verità che nessuno finora aveva mai pensato o conosciuto, ma aspira a far tornare in mente un sapere metafisico che giace addormentato e trascurato, dentro e fuori di noi. Il pensiero tornante si sviluppa nella sua opera nel ritorno al passato ancor vivo che chiama Tradizione, connessione comunitaria e senso della continuità selettiva; e nell’apertura al futuro che definisce Amor fati, accoglienza dell’accadere e conversione del divenire nelle braccia dell’essere da cui origina; guidato nel transito dalla sposa invisibile, la metafisica. In questa luce, la letteratura è nostalgia della vita che scorre, la filosofia è teoria del ritorno, la teologia è ritorno all’Uno, la metafisica è senso del destino, come intelligenza della vita e del mondo.
Berlusconi ed il PDL ostaggi del "porno cerchio magico"...
"La politica italiana sta veramente andando a puttane: Berlusconi ed il PDL ostaggi del porno cerchio magico..." Ieri Silvio Berlusconi è arrivato a Roma in treno, accompagnato dal suo nuovo "consigliere politico"... Chi è? Gianni Letta o quale altra eccellenza culturale, professionale, universitaria italiana? Niente di tutto questo, si tratta della "Minetti di Napoli", l'Onorevole Maria Rosaria Rossi, la sua amichetta-badante (una specie di Rosy Mauro berlusconiana), la stessa che, insieme ad Emilio Fede e Lele Mora, organizzava le famose allegre serate del presidente! Ed è lei che consiglia ed influenza il presidente sul futuro nome, simbolo e candidati del PDL alle prossime elezioni politiche!!! Ma i vertici del PDL, Alfano ed i vari ex AN, come Gasparri e La Russa, perchè non intervengono, liberando definitivamente Sivio e la politica italiana da questo porno "cerchio magico"? Dove è finita la loro dignità di uomini, prima che di militanti e di capi partito? E menomale che ieri, Berlusconi ha parlato di rinnovamento e nuova classe dirigente del PDL: mi verrebba da ridere per questo boccaccesco epilogo da fine impero, se non ci fosse di mezzo il futuro del centro-destra e del'Italia Intera, quindi prevale il disgusto e la rabbia di chi, come noi, la Politica l'ha sempre fatta con coerenza, coraggio, fede e passione e non intende più sostenere un partito gestito, come un bordello, da puttane e puttanieri che si fanno beatamente i cacchi loro, alla faccia della crisi e del popolo italiano La mia dignità ed il mio onore valgono più di qualsiasi carriera, poltrona e prebenda: questo PDL fa veramente schifo e deve essere raso al suolo per costruire un nuovo centro destra secondo rigorosi criteri di rinnovamento, partecipazione, trasparenza e meritocrazia! Chi non si oppone a questo sistema: o è veramente stupido perchè non se ne è ancora accorto o è un servile opportunista o, ancora peggio, un complice o una comparsa di questa penosa tragicommedia! Noi non ci stiamo! Non siamo ipocriti moralisti e confermiamo quanto detto in tempi non sospetti: anche a noi piace la figa ma la Politica è un'latra cosa! F.to La Comunità Militante di Destra per Milano
martedì 25 settembre 2012
"La democrazia nell'arte? Fiorì durante il Fascismo"
"La democrazia nell'arte? Fiorì durante il Fascismo" (articolo di Francesca Amè sul Il Giornale). Classicismo, futurismo, espressionismo, astrattismo: il massimo di libertà in ambito culturale si ebbe quando il regime era all'apice. Formidabili, gli anni Trenta. Nel decennio in cui si passa dal consenso al regime fascista alle leggi razziali per poi precipitare nella Seconda Guerra Mondiale, nell'arte si combattono vivaci battaglie.
Nascono il design e la comunicazione di massa, mentre pittura, scultura, architettura si cimentano in tutto e nel suo contrario. La via italiana alla modernità, che oggi chiamiamo made in Italy, viene aperta allora, in un sapiente mix di innovazione e tradizione. A Firenze, Palazzo Strozzi celebra con la mostra «Anni Trenta. Arti in Italia oltre il fascismo» (da domani al 27 gennaio, www.palazzostrozzi.org) la complessità di un decennio dominato da una debordante creatività. Difficile trovare un collante alle diverse espressioni: la ricerca dell'essenzialità, la purezza della forma e l'innovazione, certamente. Tuttavia, se l'icona dell'esposizione fiorentina è, a buon diritto, la splendida Donna al caffè di Antonio Donghi (1931), forse va considerato il fatto che la via italiana alla modernità passa anche da quegli occhi, enigmatici e inquieti.
Un centinaio di dipinti, sculture e oggetti ci raccontano di un periodo in cui le arti ebbero una prodigiosa fioritura se solo si è capaci di apprezzarla liberandosi dal pregiudizio per cui la cultura è pedissequo specchio del momento politico in cui nasce. Durante i fascisti Anni Trenta convivono (complice un Mussolini meno monocorde di Hitler) gli stili più svariati: dal classicismo allineato ai rigidi dettami nazisti al futurismo più sperimentatore, dall'espressionismo più carico all'astrattismo più cerebrale, dall'arte monumentale a quella bon-ton da salotto. E non è dunque un caso che la mostra curata da Antonello Negri con Silvia Bignami, Paolo Rusconi, Giorgio Zanchetti e Susanna Ragionieri si apre con una carrellata sulle tante «scuole» dell'epoca (la Milano di Martini e Carrà, la Firenze di Rosai e Lega, la Roma di Donghi e Mafai, la Torino di Casorati).
Gli anni Trenta sono plurali in tutto, anche nella geografia culturale. Sono un decennio durante il quale i giovani scommettono sull'arte, in cui non si teme il confronto con l'estero (De Pisis e Savinio a chi guardano, se non alla scena culturale di Parigi?), in cui dalla cultura si attendono risposte. E sì, anche propaganda ideologica, ma non solo quello. L'arte pubblica e il muralismo - esemplari, a questo proposito, i grandi disegni di Mario Sironi in mostra - comunicano l'ideologia fascista alle masse, ma negli stessi anni l'arte «tascabile» (il design), la radio e il cinegiornale fanno compiere al Paese un balzo in avanti verso la modernità. La mostra, forte di un allestimento coinvolgente anche per i non addetti ai lavori, suggerisce l'atmosfera dell'epoca con oggetti quali le lampade di Albini o di Baldessari che dialogano con fotografie vintage e spezzoni cinematografici coevi.
Suddivisa in sette sezioni, di cui l'ultima dedicata a Firenze, città di Soffici, Rosai, Viani, centro delle riviste e degli eventi culturali (nasce allora il Maggio Fiorentino), l'esposizione ha il suo fulcro nella sezione «Contrasti», una doppia sala dove avanguardia e tradizione fanno a pugni, nutrendosi però l'una dell'altra. Il visitatore osserva i nudi ariani, perfetti e inquietanti, de I quattro elementi di Adolf Ziegler, quadro mai esposto prima in Italia ma celeberrimo all'epoca, visto che Hitler se lo teneva sul camino del salotto di casa e che sue riproduzioni erano ovunque, persino sulle scatole dei fiammiferi. Accanto alla tela di Ziegler, le stravaganti sculture di Lucio Fontana, le pennellate espressioniste di Birolli, i disegni razionali delle architetture di Terragni.
Tutto e il suo contrario, e tutto negli stessi anni. Da una parte i disegni della Crocifissione di Renato Guttuso, che con il suo martirio molto contemporaneo, quasi irriverente, vinse nel '42 il Premio Bergamo (sponsor: Giuseppe Bottai), dall'altra Il grano di Pietro Gaudenzi, esaltazione in perfetto stile fascista delle fatiche nei campi, che due anni prima valse all'artista il più reazionario Premio Cremona. C'era voglia di comunicare, di fare, di esplorare, di dettare legge e di violarla. Formidabili gli Anni Trenta, che tutto furono tranne che irregimentati.
http://www.ilgiornale.it/news/cultura/democrazia-nellarte-fior-sotto-fascismo-839348.html
Un'altra Destra per una buona Politica!
Come comunità umana, prima che politica, abbiamo il dovere di fare una seria autocritica perché nell’attuale, e sempre più evidente, degrado della partitocrazia, tante, troppe, mele marce, purtroppo, provengono dalla destra, da AN e dal MSI. Troppi “vecchi camerati” di un tempo hanno sbagliato, perdendo la bussola e la strada, facendosi ammagliare dalle sirene del sistema, del potere e del denaro. Ma non è affatto vero che “tutti i politici sono uguali e fanno schifo”! Rivendico, con forza e con orgoglio, l’esistenza di un’altra Destra e di una buona Politica, fatta, con passione e disinteresse, per senso civico del dovere, per idee ed ideali, per amore del nostro popolo e della nostra nazione. Mi sono iscritto, a soli 14 anni, al Fronte della Gioventù del Movimento Sociale Italiano di Via Mancini a Milano, e ho sempre militato a destra, con coerenza e coraggio, rimanendo, come tantissimi altri amici di allora, uomo libero, senza padroni e senza padrini. Solo per questo, perché ho sempre detto quello che pensavo e ritenevo giusto ed ho sempre cercato di fare quello che dicevo, non ho fatto carriera, quando, senza falsa modestia, avrei potuto tranquillamente essere deputato o assessore. E’ da anni, prima in AN e poi nel PDL, che, insieme ai miei amici di Destra per Milano, mi batto per un vero rinnovamento della politica, chiedendo maggiore partecipazione, trasparenza e meritocrazia nella selezione della classe dirigente; lottando apertamente contro il nepotismo ed il cumulo di mandati, incarichi e prebende. Ma i vertici nazionali del PDL, invece di ascoltare i nostri consigli, intelligenti e disinteressati, hanno preferito creare e consolidare una vera e propria casta di mestieranti della politica, complessivamente mediocri e servili, molto spesso incapaci e immeritevoli, a volte persino ladri e prostitute. Ora si vedono i risultati, nel Lazio come in Lombardia, ed il PDL sta crollando su se stesso e, da questa crisi inevitabile non si risolleverà più. Non possiamo però consegnare la nostra sovranità, la nostra libertà ed il nostro futuro alla sinistra comunista e giacobina, al pagliaccio santone Grillo o, peggio, alla plutocrazia dei tecnocrati mondialisti. Per questo dobbiamo costruire un nuovo centro-destra (PDL e Lega ripuliti + destra + Montezemolo e Giannino), un fronte di salvezza nazionale, per cambiare radicalmente il nostro sistema politico in partecipativo, presidenziale e federale, dimezzando i costi del suo funzionamento. E di questo schieramento, la destra italiana dovrebbe esserne la punta di diamante, la guida morale prima che politica. Per questo sono impegnato nel “Ritorno ad Itaca” (ovvero il Laboratorio Politico per la Rinascita Italiana, promosso da Marcello Veneziani) e spero ancora in una lista unitaria Destra-Fiamma-ex AN alle prossime elezioni politiche. F.to ROBERTO JONGHI LAVARINI - robertojonghi@gmail.com
lunedì 24 settembre 2012
Nè poltrone, nè privilegi ma una buona Politica!
Né POLTRONE Né PRIVILEGI, I GIOVANI VOGLIONO LA BUONA POLITICA
di Ruggero Razza
C’è un rischio sulla strada, anzi sulla rotta, verso Itaca. È il rischio, attuale e concreto (direbbero i giuristi) di interrompere la rotta (o neppure iniziarla) perché alcuni marinai paiono riottosi a spiegare le vele, vuoi per eccesso di disfattismo (o per l’abitudine, tutta italiana, a temporeggiare in attesa di non si sa bene cosa), vuoi per incapacità a cogliere il senso di questo viaggio.
Si tratta di due reazioni comprensibili e allo stesso tempo fuori contesto. L’una, quella che spinge al disfattismo temporeggiatore, è interpretata da una particolare species di marinaio, potremmo definirlo il marinaio-intellettuale, che talvolta compie tre passi avanti, riflette e torna (quando va bene) di uno indietro. Ben inteso: non si può iniziare la difficile rotta verso Itaca senza il marinaio-intellettuale, pena il compiere un percorso destinato ad apparire vuoto e a ‘Fini-re’ come quello che dai marosi del pensiero irrilevante si è ormai inabissato, dopo esser stato attirato dalle sirene della maga Circe.
Ha più di una ragione il marinaio-intellettuale per mostrare diffidenza. Per il mondo politico della Destra post-missina divenuta Alleanza nazionale il rapporto con l’universo culturale di riferimento ha segnato punti bassissimi (basterebbe passare zona Rai...). E se una ragione va ascritta alla paradossale irrilevanza della Destra al governo, essa sta proprio nell’assenza di un progetto culturale, e quindi politico, da realizzare nella riforma delle istituzioni e delle prassi di governo.
L’altra reazione, quella che fa perno sull’incapacità di compiere scelte coraggiose, è legata a un’altraspecies di marinaio, il marinaio-politico (o meglio mestierante della politica): più pernicioso del marinaio-intellettuale, giacchè mosso da motivi assai meno nobili, il marinaio-politico oggi è portato a temere iniziative altrui, sia perché non si sente nelle condizioni di determinarle, sia perché - abituato com’è a scegliere la logica del contingente e a preferirla alle sfide più ardue a realizzarsi - al momento sta lì sulla riva ad attendere i “tempi giusti”, che poi non coincidono con il senso del giusto, ma si limitano alla ricerca dell’opportuno.
Il rischio, insomma, è quello di veder perdere smalto a un’iniziativa che, oggi come non mai, sembra esser tanto attesa, quanto criticata.
Come uscirne?
Ad Ascoli Marcello Veneziani e Renato Besana hanno promosso una prima occasione d’incontro per manifestare opinioni e avanzare proposte.
Ma, al di là del dibattito in sé e fuori da ogni ‘tatticismo critico’ (e su Libero di oggi troviamo un buon esempio), prima ancora di analizzare il senso della proposta di Veneziani e ben prima di derubricarla a “provocazione intelligente e stralunata di un intellettuale meridionale” (è un’accusa la meridionalità? Tutti a dimenticare il valore di Roma e Sicilia, di Napoli e della Puglia e della Calabria nella sopravvivenza del Msi alle stagioni più difficili?), occorrerebbe chiedersi: chi rappresenta la Destra politica nelle istituzioni italiane? In concreto: chi nel parlamento italiano propugna l’idea di un’Europa non suddita delle banche? Chi il ritorno a una rappresentanza dei valori tradizionali della società italiana? Chi si oppone al governo d’occupazione che, sotto le mentite spoglie di un esecutivo tecnico, tiene gli interessi del popolo sottoposti alle logiche dell’economia finanziaria? Chi afferma la visione strategica del Mediterraneo come luogo geopolitico sul quale proiettare gli interessi nazionali? Chi invoca la sovranità italiana?
A fronte di questa evidente assenza di rappresentanza politica nelle sedi istituzionali, oggi trova difficoltà ad emergere una ‘grande Destra politica’ pronta a incontrare il consenso popolare.
In politica quando si determina un vuoto c’è sempre qualcuno o qualcosa pronto ad occuparne lo spazio. Nel caso della Destra, tormentata dalle sue divisioni, questo spazio è stato occupato un po’ da Berlusconi, un po’ da Bossi e anche da Di Pietro, ieri, e Grillo oggi. Per non parlare della Lega in molte zone del Nord...
Ecco perché l’invito di Veneziani non può cadere nel vuoto. Ed ecco perché la vera questione da affrontare non è «con chi?», ma «come?». Figuriamoci se, come pure mi è capitato di leggere, ci si può permettere di fermarsi al «cui prodest?».
Né si può minimizzare e buttarla in politica, chiedendosi se la riaggregazione di una forza di Destra possa esser scialuppa di salvataggio per qualcuno. Basterebbe guardare, nel tempo dei social network, come la lettera di Pietrangelo Buttafuoco all’assemblea di Assisi sia stata rilanciata da migliaia di persone. E lo stesso è accaduto per tutti i contributi pubblicati da Totalità, a partire dagli interventi di Veneziani e Besana.
Se migliaia di persone oggi manifestano attenzione e interesse verso un progetto dai contorni ancora non definiti è perché il progetto stesso è espressione di un’intuizione che sembra aver colto nel segno.
E se tentativo va compiuto non può esser nella direzione di dar vita a una fondazione nella quale – quasi autoassolvendosi – sarebbero inevitabilmente coinvolti anche coloro che non escludono di dar vita alla grande coalizione, magari sempre con Monti, nella prossima legislatura.
Serve all’Italia un movimento politico che cerchi consenso e si faccia portatore di idee nuove e antiche al tempo stesso.
Questo movimento può nascere (avendo già un nucleo organizzativo – se lo si riterrà – ne La Destra e potendosi aprire a ogni contributo, senza alcuna rendita di posizione, se necessario anche introducendo significativi elementi di novità) se non ci si incarterà nella logica dei veti, del «cui prodest?» paralizzante, dell’eterna attesa del momento giusto.
Ecco quindi la proposta, di cui potranno, se lo riterranno, farsi promotori Besana, Buttafuoco e Veneziani, e con loro quei tanti giovani impegnati nelle istituzioni (alcuni dei quali presenti ad Ascoli) che nel tempo, a prescindere dalla loro attuale collocazione, hanno mostrato di non esser casta e di guardare alla militanza e non alla poltrona: si fissi per il mese di settembre una data, una piazza, un luogo fisico d’incontro e si rivolga a tutti un appello ad esserci, numerosi e convinti.
Se Destra sarà che riparta dalla piazza, là dove da sempre c'è la nostra Itaca.
Gabriele Adinolfi: "Grillismo in nero"...
Adinolfi: dalle stalle alle stelle (riflessioni su di un eventuale grillismo in nero)
Cesare Massimo Ruggeri ha deciso di lanciare di una provocazione, che il 20 settembre abbiamo pubblicato su noreporter. Propone una partecipazione di noi figli del sangue all’ondata Grillo.In sostanza Cesare dice: facciamola finita di supportare questo o quel candidato postfascista, ma usciamo pure dal ridicolo masturbatorio della destra terminale e contribuiamo attivamente a far cadere le teste. Smettiamola di farci portatori d’acqua oppure mitomani da vetrina ma non limitiamoci a guardare, siamo protagonisti, coprotagonisti anche minoritari, di una svolta.
Grillo, Murdoch & coMolte le riflessioni che s’intrecciano sulla questione e, immagino, anche molte le obiezioni e le storture di naso. A cominciare dal valore di Grillo e del Cinque Stelle che per molti più che un fenomeno extrasistema, sarebbe un giullarismo che lo supporta.Grillo poi è sostenuto da Murdoch, la sua struttura informatica viene curata da società che sono nell’orbita dell’alta finanza.Inoltre il fenomeno grillino si nutre in gran parte di astensioni recuperate al voto (dunque alla fin fine è sistemico) e soprattutto del voto populista deluso e arrabbiato che, spostato dalla destra vacua verso il qualunquismo comico, diventa ancor più sterile e, per logica compensativa, va a stabilizzare lo stesso centro tecnocratico che vorrebbe abbattere.Perché, se non intervengono contraccolpi e novità di rilievo, l’evoluzione politica sembra avviata all’imposizione di questo genere di soggetti: un centro tecnocratico, una rappresentanza di sindacalismo civico che di questo centro si farebbe il mediatore (e qui si candida Renzi) ed un qualunquismo comico che consente d’insultare il centro ma senza sfidarlo mai (Grillo e/o Di Pietro).
Ma usciamo una buona volta dall’equivoco democraticoParliamoci chiaro: quando si va a guardare le carte non vi è dubbio che non esista, e che non potrà mai esistere nell’attuale congiuntura sociopolitica, una rappresentanza partitica che non sia servile se non è ridicola; al massimo potrà essere servile e ridicola come ha dimostrato la destra terminale quando ha incontrato le sirenelle.E dunque bisogna porsi di fronte alle suggestioni elettorali sempre e comunque con occhio clinico, chirurgico, distaccato e tattico.Oppure ci si limita a non votare e a vomitare, che male non fa.Personalmente non voto e vomito da sempre, poiché però siamo nel mondo, nella società e – almeno c’illudiamo – nella politica, è con le spinte quotidiane della gente, ivi compresa di quella che si pretenderebbe differenziata, che bisogna confrontarsi, cogliendole come sono e non come ci piacerebbe che fossero e che non sono mai.Sicché non si può ignorare la politica elettorale ma, se ci si pone come soggetti politici radicali, sarebbe criminale considerarla con una logica che non sia strumentale. La questione è: strumentale per i beati cavoli propri (come avviene quasi sempre) o per un cambiamento?Se una scelta è strumentale per un cambiamento e non per una propria soddisfazione, allora non ci si deve porre mai in termini d’identificazione o di rappresentatività. Se una scelta è strumentale in una prospettiva rivoluzionaria è sulle dinamiche, sugli effetti, sui contrasti interni, sui conflitti relativi, sugli scenari conseguenti, che essa deve maturare e non sul grado di potabilità o di simpatia dei candidati.In sostanza: visto che sono comunque estraneo a tutti loro, non m’interessa di definire in che misura mi riconosco nelle posizioni di Tizio o se la distanza tra le sue e le mie è accettabile, mi preme quello che Tizio fa e cosa deriverà da quello che fa Tizio. O magari Caio. Che si chiami Bossi o Grillo. Nell’assoluta intercambiabilità tra i soggetti perché per me questo e quello pari sono.Ed è la ragione per la quale, forse qualcuno lo rammenterà, nel 2008 quando Grillo iniziò a costituire le liste civiche mi ero espresso a favore del tentativo ipotetico, totalmente disatteso, di parteciparvi.E su questo quindi mi trovavo d’accordo con Cesare già da allora.
Quattro anni dopoQuattro anni dopo la situazione è evoluta e non ravvedo più la stessa potenzialità..Vedo oggi come prospettiva imminente (ma si noterà che vi ho puntato sempre e senza soluzione di continuità) quella di procedere a una ricomposizione sociale e politica delle fasce orfane di rappresentanza, in un ipotetico caleidoscopio trasversale di stampo peronista.Ed è soprattutto nel mondo del lavoro e della produzione che identifico gli elementi da cui muovere per questa sintesi.Si tratta, una volta di più, di una scelta non propriamente elettoralistica, in qualche modo di una scelta extraparlamentare.Rispetto all’elettoralismo continuo a pormi nella duplice veste dallo schifo individuale e del pragmatismo impersonale. Sulla base del quale la domanda giusta da porre alla provocazione di Cesare è se e quanto una nostra partecipazione al populismo grillino e all’eventuale macelleria dei secondorepubblicani ci aiuterebbe a stringere rapporti trasversali e a favorire dinamiche peroniste. Il dibattito, in materia, è aperto. Tutto il resto sull’argomento a me non interessa più di tanto.
“Mandimaoli a casa noi”Potremmo chiuderla lì ma questo significherebbe ignorare un elemento non di poco conto della provocazione di Cesare: il “mandiamoli a casa noi” che si riferisce ai notabili di An travolti da scandali e rinnegamenti e, soprattutto, ormai senza alcuna prospettiva politica visto, che continuano rovinosamente a sostenere lo sceriffo di Montingham, l’usura internazionale, lo smantellamento sociale e nazionale provando a spiegarci il tutto con l’impegno per il ritorno a elezioni con le preferenze: il che, a sentir loro, segnerebbe nientedimeno che il cambio della politica!Il fallimento totale degli sceicchi senza più il petrolio-Berlusconi è imbarazzante.Comprendo il desiderio di riscossa e in qualche modo di rivalsa di un intero mondo che si è mantenuto, suo malgrado, in un difficile equilibrio compromissorio e che vistosi tradito soprattutto dall’inadeguatezza dei suoi terminali vuole liberarsene con una risata. E come ridere meglio se non liberandosene con Grillo?Un impulso condivisibile ma umano.Politicamente però tutto questo non conta. Così come non conta il nostro apporto alla difesa o alla caduta dei “colonnelli” perché ciò che resta di una classe politica postfascista fallimentare ha i giorni contati a meno che:a) non intervenga ancora una volta Berlusconi a salvare baracca e burattini in senso neppur più figurato;b) alcuni colonnelli siano cooptati nel novero dei portaborse di Monti e Passera.Altrimenti è chiaro che tutta la parabola di An è ormai entrata in un’agonia senza guarigione possibile.Lo scenario più probabile è che i suoi membri cercheranno in qualche modo di contenere i danni restando uniti per le prossime elezioni che verosimilmente si salderanno in una sconfitta cocente da cui dovrebbe partire l’implosione del centrodestra. Il rischio che la crisi si aggravi e si acceleri sta poi nell’esito delle comunali al Campidoglio per le quali, a meno di sorprese sconvolgenti, non sembra esserci gara, al punto che per il sindaco uscente ipotizzare di perdere al ballottaggio e non direttamente al primo turno sembra poco meno di un miraggio.Di lì le componenti organizzate capillarmente, ma prive di guide, programmi e base elettorale, cercheranno di confluire in nuovi contenitori.Chi ci riuscirà finirà nei mediatori tra sudditi e tecnocrazia, collocandosi più o meno alla destra di Renzi o di colui che lo brucerà sul traguardo della candidatura a maniscalco italico. Le altre componenti cercheranno collocazioni al di fuori che risulteranno sempre più isolate, irrisorie e incidenti, come ha ampiamente scoperto e comprovato Storace.Tra queste, qualcuna, forse, si orienterà verso il crocevia peronista dove troverà altri soggetti di tutte le provenienze.Insomma non c’è bisogno di noi per mandarli a casa; l’unico problema che hanno è di trovarla una casa.
Il valore della provocazione di CesareLa provocazione di Cesare, tuttavia, ha comunque valore sia come gesto di rottura, sia per uscire dai riflessi condizionati che hanno fatto di molti figli del sangue portatori d’acqua e muli di chi da una parte piazza camerati in posti di lavoro pubblici (che tutto sommato è una cattiva abitudine di tutti, da sempre, ma di cui per la prima volta ha potuto beneficiare qualche dannato della terra) ma dall’altra spara bordate insultanti su tutta la storia da cui proviene senza lesinare di partecipare attivamente e spensieratamente all’attuale operazione di tradimento nazionale e di disgregazione sociale attuata dall’oligarchia cosmopolita e dalla banda tecnocratica dello sceriffo di Montingham che tutto lo stato maggiore del centrodestra sostiene come se nulla fosse.Un valore la proposta di Cesare l’ha poi nella possibile apertura di credito al di fuori dall’establishment de’ noantri e verso il fluire sociale.E qui torniamo al nocciolo della questione: individuare chi e è opportuno avvicinare nella direzione di un’aggregazione peronista e come farlo.Alla fin fine è solo in questa prospettiva che a me interessa il dibattito che si aprirà – se mai si aprirà – sulla provocazione di Cesare che, per essere onesti fino in fondo, ho seguito in tutta la sua elaborazione e con la quale ho interagito positivamente.I cui principali pregi, prescindendo dalle eventuali aperture di credito fuori dall’ambito ristretto, sono quelli di dare uno schiaffo a menti troppo allineate su schemi oramai desueti e d’introdurre concetti innovatori.Per il resto, se ci si attiene alla polemica interna che sono certo sarà la sola che interesserà i più, visto lo stato del paziente, insistervi è un po’ come sparare sulla croce rossa.E’ superfluo ma ammetto che è gustoso.
GABRIELE ADINOLFI
Pietrangelo Buttafuoco: "Fasci sfasciati"...
Fascisti sfaciati - Buttafuoco incendia il cameratismo
FASCI SFASCIATI - BUTTAFUOCO INCENDIA IL CAMERATISMO FIORITO E PASCIUTO NEI FESTINI: “SI SONO IMPROVVISATI ANTIFASCISTI CON QUESTE MINCHIATE DA COMMEDIA ALL’ITALIANA. NEL MSI C’ERANO GALANTUOMINI ADESSO GUARDA CHI CAZZO VA A QUESTE FESTE! - SI SALVA SOLO GASPARRI: È RIMASTO SE STESSO, NON HA MAI CAMBIATO NUMERO DI TELEFONO”…
Non potendo fare il soluto romano hanno dovuto ricreare una Roma di cartapesta». Davanti ai party cafoni di Renata Polverni, Pietrangelo Buttafuoco («Non scrivete che sono un intellettuale di destra, se no partono due querele: una per "intellettuale "e l'altro per "di destra») si abbandona in una analisi mesta e un po ' rassegnata.
Le parrucche bionde, i calzari posticci, le corone di alloro, le doghe slavate e le maschere da maiali, secondo lo scrittore, nato e cresciuto nella cultura del Msi, nascono da una rimozione: «Questa destra si è improvvisata antifascista e non ha potuto che sostituire l'estetica tardo-classica del ventennio con queste minchiate". Per lui, lo ripete fino allo sfinimento, il problema è tutto culturale.
Quelle foto ti hanno amareggiato.
"È un Satyricon venuto male, all'Oratorio lo farebbero meglio. Mi chiedo anche: chi cazzo ci vai mai a queste feste? Vorrei vederli, conoscerli".
Umanità varia...
C'era una di queste signorine con la le unghie laccate di un blu opaco: un'immagine che grida vendetta. Mi ricorda un aneddoto.
Su chi?
Filippo Anfuso, l'ultimo ambasciatore a Berlino della Repubblica di Salò.
Perché lui? Quando tornò dalla prigionia si presentò al cancello di casa, ma era così lacero e malconcio che il maggiordomo non lo riconobbe. Quando finalmente capì chi era, lo fece entrare e gli disse: "Ma voi proprio con gli italiani vi dovevate mettere?".
Una destra arcitialiana.
Esatto, viene da chiedersi: ma proprio con questa destra vi dovevate mettere? Invece di incarnare la politica hanno imperniato la peggiore commedia all'italiana. Non hanno investito sulla fatica della militanza, ma sulla battuta greve che avendo superato Alberto Sordi è arrivata ad Alvaro Vitali.
Di quel mondo del Movimento sociale al quale eri tanto affezionato non è rimasto nulla?
Ho 50 anni e per una serie di vicissitudini familiari ho avuto l'occasione di nascere in un esperienza politica particolare che si chiama movimento sociale.
Poi hai lasciato perdere la politica.
Quando l'Msi diventò altro sì, ma quel mondo lo conosco bene.
Com 'era? Era fatto da fior di personalità, di protagonisti e di personaggi che erano consapevoli della loro sconfitta nella tragedia del secolo, ma che conservano un impasto di scienza, dignità, che ti dava anche il lusso di incontrare nelle cattedre di storia un Gioacchino Volpe, tra gli artisti Giorgio De Chirico, nella letteratura fior fior di nomi ostracizzati dalla cultura antifascista. Era un generazione che si era nutrita nella serietà degli studi, nella capacità di scavare nel genio e nella creatività.
Anche in Sicilia?
Nella mia Sicilia i deputati missini erano professionisti, operai, persone con identità precisa e non con il mestiere della politica
Come si arrivata poi alla seconda generazione? I La Russa, i Buontempo, gli Storace?
Attraverso l'emarginazione. Tomaso Staiti di Cuddia lo spiega benissimo: da quando l'Msi venne indicato come luogo di emarginazione, tutti gli emarginati arrivarono lì. Da quando il movimento sociale è stato criminalizzato e demonizzato, tutti gli aspiranti criminali, i demoni, i reietti della società, si sono prenotati lì.
Una bocciatura senza appello.
Dobbiamo dirlo chiaramente: la cosiddetta destra, accettando l'emarginazione, si è accontentata di una comodità di rendita, sacrificando quelle che potevano essere le specificità culturali. Nel vecchio Msi invece l'inno era stato scelto tra le pagine di Mascagni.
Negli anni novanta la destra andava a tirare le monetine all'Hotel Raphael, raccoglieva firme per Di Pietro. Ma già allora non c'era più niente: pescavano nelle occasioni senza elaborare un progetto. Va di moda andare addosso a Craxi? Andiamo addosso a Craxi. Va di moda andare addosso agli immigrati? Facciamolo. Puro dilettantismo.
E poi è arrivato Berlusconi. E a questo punto quelli di sinistra si aspettavano nel berlusconismo entrasse il germe nidificante del movimento sociale, una politica ancora radicata, con tanta gente per bene. La stessa Polverini che veniva dal sindacato, una realtà sudata, era il personaggio che rappresentava questa saldatura possibile
Perché a tutto ciò non si è arrivati?
Tutti hanno pensato solo ad accreditarsi con Berlusconi, è stata una tragedia culturale, una catastrofe estetica.
Fini?
L'ansia sociale l'ha rovinato: teneva solo a farsi accettare senza mai elaborare un'analisi, uno studio, una riflessione.
C'è qualcuno che si è salvato? Maurizio Gasparri, che nella politica ci ha messo sempre fatica, entusiasmo, buona fede. Non ha mai cambiato numero di telefono da quando era giornalista a quando diventato ministro. Se domani una storico dovrà studiare la destra in Italia durante il berlusconismo, avrà più spunti nella sim di Gasparri che nel dito alzato di Fini
Ora che rimane?
La Polverini e quelle foto che abbiamo visto: una crapulopoli imbarazzante. Stamattina ho avuto difficoltà serie con mio padre. Mi ha chiesto: "Ma stì scandali che su,democristiani?". E non ho avuto il coraggio di dirgli la verità.
Federico Mello per "Pubblico" (Dagospia.com)
Marcello Veneziani: "Tagliamo le regioni"...
Mille ragioni per tagliare le Regioni (di Marcello Veneziani)
Per colpire la casta e i costi esagerati del settore pubblico manca il coraggio civile e radicale di abolire le Regioni.
Per colpire la casta e i costi esagerati del settore pubblico manca il coraggio civile e radicale di abolire le Regioni. Lo scrivo da tempo. Sono la vergogna d’Italia, persino più del Parlamento (da dimezzare). Il marcio emerso ora è solo la cresta, il costo vero è il raddoppio di tutto: ci permettiamo il lusso di mantenere un doppio Stato, uno centrale e uno federale.
Le Regioni costano l’ira di Dio, moltiplicano il ceto politico e il finanziamento pubblico ai partiti, dispongono di poteri esagerati, divorano risorse, duplicano la burocrazia statale. Anziché accanirsi con gli spiccioli delle Province, è lì che bisogna tagliare.
L’inizio del declino italiano,del suo indebitamento e della crescita vertiginosa della partitocrazia, coincide con la nascita delle Regioni, 1970. Se si vuol risanare il Paese, restituite sovranità e competenze allo Stato, anche in materia di sanità e pubblica istruzione, ripristinate il ruolo delle prefetture, magari adottando sistemi selettivi più rigorosi istituendo una scuola superiore dei dirigenti amministrativi e prefettizi. Tra lo Stato e i Comuni basta un solo ente intermedio: le Province regionali. Ce ne sono in Italia meno di una cinquantina e corrispondono alla storia e alla fisionomia del nostro territorio. Sostituirebbero Province e Regioni con strutture più incisive e snelle, con compiti delimitati.
Una riforma necessaria, risparmiosa e ragionevole, perciò non si farà mai. Non sono in grado di farla né i partiti né i tecnici.
E allora chi? Chi? La domanda risuona nel vuoto. (Il Giornale)
Fiorito che vergogna... Facciamo autocritica!
Gli antifascisti gongolano: «Non siete più migliori di noi» (di Marcello De Angelis)
L’affaire Pdl-Lazio ha dato la stura a una cloaca di fango. E non intendo quella della gestione allegra dei fondi del gruppo, ma quella che viene riversata addosso a un mondo umano che per mezzo secolo ha incarnato dei valori veri. Un mondo unico nella storia d’Italia, con politici che non si arricchivano, giornalisti che non mentivano e ragazzi che si facevano ammazzare per tenere alta una bandiera. Filippo Ceccarelli, su “Repubblica”, ostenta una ironica soddisfazione per il fatto che «finalmente», proprio quelle persone da lui e dai suoi profondamente odiate, ma anche forse invidiate perché al contrario di tutti dei valori li avevano, siano ora legittimo oggetto di sputi e pubblico ludibrio. «Sono cresciuti con il mito della patria, dell’ordine, della gerarchia, dell’onore, della tradizione…», scrive Ceccarelli, per poi esprimere quasi delusione per il fatto che persino “loro”, gli ex-missini, siano finiti per razzolare nel trologo del magna-magna. Forse ricorderà Ceccarelli anche i decenni in cui le persone che crescevano in quei valori, proprio per quello venivano coperti di sputi e esposti al ludibrio con cartelli al collo con scritto “fascista”. È continuato ad accadere fino agli anni ’80. E perché credevano nell’onore venivano ammazzati e giornali come “Repubblica” inventavano faide interne per depistare le indagini. Il problema vero è che la soddisfazione che esprime Ceccarelli – condivisa oggi da decine di giornalisti – è nel vedere quelli che persino i nemici in cuor loro dovevano ammettere essere “migliori” finalmente essere diventati “come tutti gli altri”. Come i magistrati che vendono i processi, i giornalisti pagati per mentire, i politici bugiardi, i cialtroni che si buttano nell’amministrazione per poter vivere come nei cinepanettoni senza bisogno di lavorare. In fin dei conti – ahimé – è l’ambizione di un gran numero di italiani, a cui è stato insegnato che la politica serve a questo. Anzi, “solo” a questo. Sì, è vero, ce lo siamo meritato. E io sono l’ultimo che si può permettere di parlare perché – come ricordano i vari Ceccarelli – non ho mai rubato un centesimo ma ho fatto tre anni di carcere “per banda armata”, anche se nella sentenza c’è scritto che non ho mai commesso alcun atto illegale o posseduto fosse anche solo una pallottola… Ma i Ceccarelli lo sanno, come sanno che per quattro veri o presunti ex-missini finalmente presi con le mani nella torta, ce ne sono centinaia, anche bene in vista, su cui andrebbero scritti articoli con altrettano rilievo interrogandosi su come abbiano fatto a passare anche per alti incarichi senza mettersi un euro in tasca e al termine dell’esperienza avere ancora lo stesso tenore di vita che avevano prima. Il fatto è che questi altri sono quelli che veramente fanno paura, perché ora che non puoi più ucciderli sostenendo che “non è reato” e non puoi metterli alla gogna, né come fascisti né come ladri, ti ricordano con la loro stessa esistenza che si può anche vivere con onore, servire la Patria anziché servirsene, illudersi che dei valori ancora abbiano senso. E allora uno poi dovrebbe farsi una domandina – anch’essa non del tutto innocente – anche su se stesso. (Secolo D'Italia)
2013: incubo Monti...
DestraMente - Crisi, ancora bugie da Monti: il 2013 sarà da incubo.
Mario Monti – politicamente parlando, solo e semplicemente un delinquente e un bugiardo – ancora l’altro giorno parlava di possibile ripresa nel 2013. Si è già spiegato come quelle parole fossero campate per aria, non sorrette da nulla, in termini economici. In particolare, si è notato come il Documento di economia e finanza, reso pubblico da Palazzo Chigi, illustrasse esattamente dati che inducono a riflessioni esattamente opposte a quelle sviluppate da questo leader di se stesso. Non si sapevano tutti i dati, però. L’Ansa, infatti, dopo aver deliziato gli italiani con le notizie sulle disastrose previsioni sul Pil 2012 e su quello del 2013, oggi sottolinea che la capacità di spesa delle famiglie si è contratta quest’anno del 3.3% e che il prossimo diminuirà di un ulteriore mezzo punto. Poi, giusto per non farsi mancare nulla, si prevede facilmente un ulteriore punto d’incremento del tasso di disoccupazione. Insomma, ci saranno meno italiani in grado di spendere e quelli che potranno lo faranno in misura minore. Nessuno, per altro, può sapere gli effetti concreti che avranno, sulle dinamiche economiche, il Fiscal compact, oppure l’idiotissimo e delinquenziale provvedimento che costringerà tutti a pagare col bancomat le spese superiori a 50 euro, con tanta soddisfazione delle banche. Però, il governo assicura che le cose cambieranno nel… 2014! Una ridicolaggine, il cui unico fondo di verità possibile sta nell’amara certezza che, se non altro, Monti e la sua accozzaglia di rapaci miliardari non ci saranno più. Infatti – e sono sempre dati del governo – le famiglie italiane, sempre che non ci siano altri scossoni, tra due anni potrebbero ricominciare a spendere uno 0.6% in più rispetto a quanto faranno da gennaio gennaio. In altre parole, nel 2014 le spese degli italiani potrebbero tornare ai livelli del 2012, cioè, molto più deboli del 2011. Tutta teoria, però. In pratica, le difficoltà in cui la gente versa e verserà di qui in avanti, se non ci sarà uno scatto in avanti della politica, un radicale cambiamento di rotta, saranno destinate ad aumentare, col rischio di una crisi sociale senza precedenti. E, forse, è proprio questo che deve accadere, perché si smetta di pensare al benessere degli istituti di credito: un po’, anzi, un bel po’ di persone nelle strade. Neanche tanto pacifiche.
Massimiliano Mazzanti
La FIAMMA "incendia" LEGNANO.
La Fiamma è passata anche a Legnano
Si è svolta ieri sera nel quartiere San Paolo di Legnano (MI) la manifestazione organizzata dal Movimento Sociale Fiamma Tricolore e dalla Gioventù della Fiamma in seguito ai forti disagi di ordine pubblico provocati da alcuni nomadi di origine Rom, residenti abusivamente nel quartiere da oltre dieci anni. L’incontro dei manifestanti era stato fissato per le ore 18 in Via Liguria, da dove circa un quarto d’ora dopo un corteo di oltre sessanta persone, formato per la maggior parte da residenti, è partito come da programma. La manifestazione è stata presidiata per tutto l’arco della sua durata, e anche oltre, da un cordone di agenti in tenuta antisommossa, per evitare scontri fisici tra coloro che civilmente marciavano contro il degrado del quartiere e quelli che hanno tentato fino all’ultimo di negargli la libertà d’espressione. A guidare la marcia sono stati l’Avv. Gabriele Leccisi e Carlo Lasi, rispettivamente coordinatori Provinciali di Milano per la Fiamma e per la Gioventù, che si sono scambiati il megafono diverse volte durante la durata del corteo, che si è concluso ai giardinetti di Via Sondrio circa un'ora dopo, dove ha preso vita un comizio durante il quale sono intervenuti, oltre Leccisi e Lasi, Giampiero Castelli (commissario federale di Varese), Francesco Pannilini (coordinatore regionale giovanile) ed Andrea Bernasconi (segretario cittadino di Legnano). Checché ne dica taluna stampa rivale il corteo ha infiammato il cuore della popolazione, in particolare quelli della gioventù, che finalmente trova una figura con cui lottare; si ringrazia quindi il fronte antagonista quando ci descrive come "forza non presente sul territorio", sicché dimostra come la monopolizzazione di altre forze abbia causato lo scempio che oggi noi tutti vediamo, e gli si ricorda, ai nostri cari amici, che per "essere presenti sul territorio" ci vuole tempo e lavoro, pertanto è stato un vero e proprio miracolo che a soli sette giorni dalla fondazione della sezione cittadina si sia riusciti a portare in strada oltre 60 persone. Cogliamo l’occasione per ringraziare di cuore coloro che non hanno avuto paura ad esporsi e sono scesi in strada con noi.
Francesco Pannilini - Coord. regione Lombardia Gioventù della Fiamma
Carlo Lasi - Coord. provincia di Milano Gioventù della Fiamma
Numerose le donne e tantissimi i giovani e giovanissimi con la Fiamma!
MOVIMENTO SOCIALE FIAMMA TRICOLORE
FEDERAZIONE DI MILANO
Egregio Signor Direttore:
a proposito della lettera aperta “IL FASCISMO E’ SEMPRE LO STESSO”
preciso che ho letto con interesse quanto pubblicato sul Vostro giornale a firma del prof. Giancarlo Restelli. Desidero intervenire sull’argomento limitando la trattazione ai soli periodi storici cui ha fatto riferimento il firmatario del documento.
Ritengo che il professore abbia dimenticato d’inquadrare il clima politico in cui sono maturati i fatti del 1922.
A parte la questione di Fiume la Nazione era funestata nei primi mesi del 22 da scioperi selvaggi che nel luglio ed agosto raggiungevano livelli tali da produrre effetti devastanti per la Nazione.
In quel periodo i social-comunisti si contrappongono ai fascisti con le squadre di combattimento degli arditi del popolo e con falsi nomi di associazioni combattenti commettono le stragi di Bergiola (Carrara) ove vengono uccisi i fratelli Picciati, studenti universitari ed un operaio a Prato. Gli arditi del popolo seminano ovunque morti e feriti fascisti da Trieste dove uccidono Boscarolli ed Olivares a Novara dove massacrano a colpi di accetta il fascista Tovaglioli Natale. L’elenco è lunghissimo e se si vuole posso fornirlo a chiunque ne faccia richiesta. Tutti i giorni si scoprono arsenali di armi, munizioni e bombe in diversi centri d’Italia. Maggio: attentato a Mussolini nella sede del Popolo d’Italia; 24 maggio i comunisti fanno un’imboscata contro il corteo che trasportava la salma di Enrico Toti tornata dal fronte; morti, feriti e scioperissimo! Agosto: sciopero definito legalitario dai social-comunisti e sulle strade d’Italia continua a scorre il sangue dei fascisti come nelle cinque giornate di Parma, a Milano dove cadono Crespi, Melloni e Tonoli. Basta con la rassegna dell’orrore! A morire erano fascisti appartenenti alle diverse classi sociali.
Il 3 agosto 22 durante le giornate dello sciopero a Milano i fascisti fanno funzionare i tram ed i treni. Palazzo Marino, ove ha sede il Comune è una delle centrali di quelli che allora si chiamavano i bolscevichi i cui “baroni rossi” vengono cacciati dai fascisti con in testa Gabriele D’Annunzio che, da una ringhiera, arringando la folla, tra l’altro dirà: “a questa ringhiera per troppo tempo fu muto il tricolore.” Il fascista Crespi Edoardo viene ucciso”, per tutta risposta il 5 agosto i fascisti assaltano e distruggono la libreria dell’Avanti in via Dogana e nel conflitto a fuoco moriranno tre fascisti e due “sovversivi”. Di questo passo si arriverà alla marcia su Roma. Il prof. Restelli intona il logoro ritornello dei fascisti al servizio della classe dirigente del tempo e dimentica che proprio quella classe dirigente vile, imbelle ed incapace, era il principale bersaglio dei fascisti; un esempio: con chi se la prende D’Annunzio con l’impresa fiumana? Il biennio rosso fu soltanto una terribile stagione di sopraffazione e morte; Le conquiste sociali gli italiani le ottennero solo durante il vituperato ventennio! Il prof. Restelli, a mio avviso, dovrebbe aggiornarsi sui libri scritti da storici come Renzo De Felice o i viventi Giuseppe Parlato, Emilio Gentile, Perfetti e tanti, tanti altri che hanno reso Giustizia alla Storia eliminando le logore strumentalizzazioni ideologiche dei marxisti su questi temi. Non discuto la onestà intellettuale del prof. Restelli che ringrazio per avere ricordato che durante il fascismo le varie anime o componenti esistenti al proprio interno avevano pieno diritto di cittadinanza tanto che nel 27 i lavoratori hanno potuto scioperare senza subire alcuna conseguenza e proprio esponenti fascisti, uno dei quali citato dal professore, ha potuto denunciare determinate carenze. Sia detto per inciso che lo sciopero non sarà più legittimo una volta introdotto lo Stato Corporativo che farà a sua volta un salto qualitativo durante la Repubblica Sociale Italiana con l’introduzione e l’attuazione del programma di socializzazione delle imprese e ciò in quanto il fascismo riuscì a debellare la lotta di classe tanto cara ai marxisti realizzando la piena collaborazione tra le categorie produttive.
Non voglio entrare nel merito di quanto accaduto tra il 1943, 44 ed oltre in quanto si tratta di ferite tuttora sanguinanti e la pacificazione nazionale appare lontana ma un concetto desidero esprimere ed è il seguente: Il primo sciopero in piena Repubblica Sociale lo organizzò un fascista di provata fede che si chiamava Domenico Leccisi. Lui, alla testa degli operai ed impiegati marciò sino alla Prefettura per chiedere condizioni di vita più tollerabili per le masse lavoratrici cui la guerra aveva imposto gravosi sacrifici mentre taluni facevano incetta di generi alimentari e quant’altro ed avevano magazzini pieni di derrate sottratte alla popolazione.
Voglia cortesemente leggere il prof. Restelli il libro scritto da Domenico Leccisi, mio padre, “con Mussolini prima e dopo piazzale Loreto” cui gli fa riscontro il libro scritto dal federale dell’epoca Costa che dovette prodigarsi non poco per nascondere il Leccisi dai tedeschi e non solo quelli, che volevano arrestarlo. Onore a quei lavoratori che realmente sfidarono le mitragliatrici tedesche per scioperare!
La lettera del professore conclude affermando che il fascismo è sempre lo stesso ebbene mi auguro che non tornino gli anni terribili del terrorismo e della violenza ma se al nostro partito risorgente dalle sue ceneri come l’araba fenice che una banda di traditori vendette per posti di governo si cercherà di impedire di partecipare nella legalità come sempre abbiamo fatto alla vita socio-politica della Nazione, ognuno dovrà assumersi la responsabilità delle proprie azioni in quanto noi certamente non arretreremo mai!
A proposito: giovedì prossimo saremo presenti in piazza durante la riunione del consiglio comunale di Legnano. Mi auguro che non si ricorra al mezzuccio di fare pressioni per vietare i nostri incontri con la cittadinanza visto che “i padroni del vapore” di Legnano ed i loro finti oppositori non sembrano avere il coraggio di confrontarsi con noi in un pubblico e civile dibattito.
Milano, 23 settembre 2012
Il segretario provinciale di Milano
Avv. Gabriele Leccisi
Il Federale di Milano, Avv. Gabriele Leccisi con il vulcanico Segretario Giovanile, Carletto Lasi.
Il mitico Camerata Paracadutista "Cento Battaglie" Dario Casorati distribuisce la bandiere con la gloriosa ed antica Fiamma Tricolore del Movimento Sociale Italiano.
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