venerdì 28 giugno 2013
Convegno della Fondazione Giorgio Almirante a Roma.
Una
delegazione della Fiamma guidata da Luca Romagnoli, e composta da Lamberto
Iacobelli, Alfio Di Marco, Remo Balzerano, Marco Martinelli, Fabrizio Sonaglia,
ha partecipato al Convegno “Almirante il Riformatore”, organizzato
dalla “Fondazione Giorgio Almirante” presso la “Auletta della Camera dei
Deputati, in via del Campo Marzio 78, “Almirante il Riformatore”. Numerosi gli
interventi moderati dal Direttore RAI Massimo Magliaro, tra il quale quello
appassionato e carismatico di Luca Romagnoli che ha introdotto il suo
intervento affermando che con questo convegno si chiude una personale
“settimana della commozione” iniziata con la celebrazione del VI Congresso
Nazionale MSFT e proseguita con l’iniziativa della Fondazione, che sente non
solo come celebrativa ma che auspica sia evocativa e ispiratrice di una nuova
sintesi. Romagnoli ha
iniziato ringraziando la Fondazione Almirante, Giuliana de Medici e Donna
Assunta e i presenti per l’iniziativa, auspicando che sia un primo
passo e non un semplice re-incontro. “Qualcuno ha
notato che che il nastro della storia non si può riavvolgere…, per la
Fiamma che tanto ha preteso da se stessa in questi anni considerandosi erede
del MSI, il filo della storia, certo non si deve riavvolgere, ma può essere
riallacciato”. Romagnoli,
un po’ per l’età, qualche anno in meno degli altri che sono intervenuti, e
soprattutto per un percorso personale di semplice militanza fino alla fine
degli anni ‘Ottanta, ha avuto con Almirante sporadici incontri, da militante e
non da dirigente dell’allora Partito, ma ricorda gli incontri con il “Grande
Segretario” in alcune Sezioni storiche di Roma, quando per difendere il
territorio e riaffermare il diritto appunto democratico all’esistenza delle
nostre sedi Almirante era sempre attivamente presente. Romagnoli ha
quindi proseguito: ”Se da altri ho imparato un approccio particolare,
culturalmente ed intellettualmente necessario e propedeutico all’attività
politica, da Almirante voglio credere di avere appreso, almeno un po’ del suo
stile di vita, del suo comportamento da dirigente/militante”. Infine ha
concluso “se le nostre s! trade si sono separate 18 anni fa c’erano motivi
importanti, differenze fondanti. oggi ci sono urgenze nazionali e una comunità
politica, sociale, umana, che ha stringente necessità di ritrovare un’unità
d’azione e un piano valoriale condiviso. ho concluso la mia recente
mozione congressuale proprio con l’urgenza di una riforma costituzionale.
Un caso, rispetto a quanto abbiamo sentito e ricordato oggi su Almirante
riformatore e le sue proposte in tema; un insegnamento antico, un caso, o i
fili della storia che si potrebbero riallacciare, o forse fili che non si sono
mai interrotti”.
Ha concluso il dibattito Marcello Veneziani il quale si è augura che
sorga una “terza destra” per la terza Repubblica, una strada sulla quale c’è
molto da lavorare. C’è da ricercare un leader, certo, ma c’è soprattutto da
impostare una destra che cavalchi i temi di riferimento per il futuro che
poggiano sulla stringente necessità di affermare la sovranità. Insomma mettere
insieme i cocci della destra italiana, questo è il tentativo per una
riunificazione
Inedita alleanza Buttafuoco-Salvini per l'Europa dei Popoli...
Non c’è leghista più
leghista di un terrone, o di un mussulmano. Questa, provocazione ma non tanto,
la sintesi dell’officina politica messa in campo mercoledì sera a Milano, con
l’incontro tra Matteo Salvini e il giornalista Pietrangelo Buttafuoco
organizzato dal circolo culturale Il Talebano. La convergenza ideologica tra i
due protagonisti era inaspettata ai più, ma in realtà un esito naturale e
inevitabile.
Il termine chiave è
“Identità”, in nome della quale è ora di ripensare a chi e cosa sono i veri
nemici da combattere. Non c’è politica senza geografia, spiega Buttafuoco, per
cui non si può ideare un progetto di costruzione della propria società senza
fare i conti con ciò che ci circonda. Ma il confronto con l’esterno spaventa e
viene vissuto come pericolo da chi è debole. Da qui la bomba lanciata dal
segretario della Lega Lombarda: il vero nemico non è l’Islam, siamo noi stessi.
E’ un Occidente svuotato di valori e significati per essere asservito alle
logiche finanziarie, che teme di essere distrutto dall’avvento di un tipo di
società invece fortemente identitaria.
L’obiettivo non è
dunque annientare lo spirito di appartenenza degli altri. L’Islam (o chi per
esso) può anzi paradossalmente rivelarsi un alleato, nel processo di
distruzione dell’Europa che oggi conosciamo, quella del denaro. L’obiettivo è
semmai ricostruire la nostra appartenenza, rimediando al fatale errore commesso
dall’Occidente che – come sottolineato da Salvini – ha sostituito il cittadino
con il consumatore, destituendolo di ogni vitalismo. Compito nostro è batterci
per un’Europa che ritrasformi i propri uomini e le proprie donne in cittadini,
ristabilendo il senso della comunità. Una comunità fatta, appunto, di identità
e Tradizione, che recuperi la memoria della propria storia e delle proprie
culture, che riparta dalle sue radici per disegnare il futuro che le spetta.
Soltanto un’Europa siffatta, forte delle specificità e dei patrimoni dei tanti
popoli che la compongono, può diventare punto di riferimento nel panorama
internazionale, senza porsi al giogo di nessuna forza straniera e dialogando
con tutte le altre civiltà senza paura di finire annientata.
Questo l’humus di
pensiero che ha condotto Salvini e Buttafuoco, apparentemente così distanti ed
in realtà così vicini, a delineare insieme la missione politica da qui in
avanti. La politica necessita di geografia e quest’ultima ormai snobba i
confini nazionali – resi obsoleti dalla perdita di sovranità – per estendersi a
quelli europei. Lì, a Bruxelles, è la vera guerra santa da combattere e la Lega
Nord, unico movimento identitario presente in Italia, ha la possibilità e la
responsabilità di porsi alla guida di tutti coloro (di destra e di sinistra)
che vogliono l’Europa vera, quella dei Popoli. Chiamando a raccolta tutte le
altre forze identitarie europee per la costruzione di un modello di società
alternativo a quello del Dio Mercato. Un padano ed un siciliano che lanciano
insieme la sfida alle stelle.
Vincenzo Sofo
giovedì 27 giugno 2013
L'impegno sociale concreto dei militanti di "Lealtà e Azione".
Anche quest’anno siamo riusciti a far arrivare il nostro contributo alla lotta contro la pedofilia, nonostante le forze notevoli che sono state, incomprensibilmente, dispiegate per impedire una raccolta fondi a sostegno della “Caramella Buona”, ONLUS che da anni combatte contro quest’orrenda piaga.
Per la buona riuscita della manifestazione abbiamo scelto di rimuovere il nostro logo dalla locandina, ma le polemiche dei giorni precedenti sono sembrate veramente una cosa piccola e meschina quando domenica il campo sportivo si è riempito dei giocatori, adulti e bambini, impegnati nel torneo, e i tanti piccoli presenti hanno cominciato a scorrazzare per il centro sportivo presi dalle tante attività ludiche organizzate per loro. Le tante famiglie che han partecipato alla manifestazione hanno trascorso un piacevolissimo pomeriggio tra sport, altre attività ludiche, spazi espositivi ed informativi. Più di trecento persone hanno portato il loro sostegno alla causa della lotta alla pedofilia, con i picchi di presenza durante gli interventi informativi giuridico-psicologici e nel corso dell’intervento della “Caramella Buona”.
Nell’occasione, i rappresentanti della ONLUS e l’organizzazione del torneo hanno ribadito la reciproca stima, andata crescendo nel corso di questi anni di collaborazione. Il Presidente della “Caramella Buona” ha poi tracciato un sunto delle numerose attività in cui essa impegnata, riscuotendo successi: proprio quest’anno le condanne ottenute dal pool legale della ONLUS hanno superato un totale di cento anni. Ha poi accolto la donazione dei proventi della giornata, duemilacinquecento euro, cifra che ogni anno cresce nonostante la crisi, e che servirà a finanziare le attività delle “case buone”, case di accoglienza per le vittime delle violenze.
Prima di concludere, è doveroso ringraziare quanti hanno reso possibile questa giornata, mettendosi in gioco in prima persona.
In primis la gestione del centro sportivo che ha ospitato l’evento, anch’essa convinta non solo della liceità dell’iniziativa – cosa che ci pare incredibile dover sottolineare – ma anche dell’urgenza e dell’importanza della difesa dei nostri bambini.
Grazie, per aver resisto nonostante i modi con cui si è esercitata la pressione del Comune di Milano, in chiara confusione su quelle che sono le priorità per la città.
Poi tutti gli sponsor che hanno, nonostante la situazione in cui versa la Nazione, dato il loro contributo economico.
Un ringraziamento speciale non può non andare a chi, nelle istituzioni, invece di ostacolarci, ha preso vigorosamente posizione in favore dell’iniziativa: Roberta Capotosti e Max Bastoni, che con la loro presenza all’evento hanno mostrato come questi temi possano (e debbano!) essere motivo d’unione, e non pretesti per la cura del proprio orticello elettorale. Infine un ringraziamento alla Provincia di Milano e ad Umberto Maerna, che ha trovato la definizione giusta per le polemiche dei giorni scorsi: desolanti.
Ma da quella desolazione è sbocciato, domenica, un bel fiore sano e robusto.
Alle prossime iniziative: c’è ancora molto da fare per difendere i nostri bambini!
mercoledì 26 giugno 2013
Serata identitaria, in birreria, con Mario Borghezio...
LUNEDI 8 LUGLIO – ORE 20.30
Birreria Bavarese Kapuziner Platz
Viale
Lazio – Viale Montenero, MILANO
SERATA
IDENTITARIA NAZIONALPOPOLARE
(Piatto Unico Bavarese + Birra a volontà = 9,50€)
Incontro
con l’Eurodeputato
MARIO
BORGHEZIO
Intervengono
:
Diego
Martino Zoia (vice
Presidente Fondazione Europa dei Popoli)
Massimiliano
Bastoni (Consigliere
Comunale Lega Nord di Milano)
Rita
Cosenza (consigliere
circoscrizionale di Destra Civica)
Pier
Franco Bruschi
(già delegato di “Jeune Europe” per l’Italia)
Alessandro
Romei Longhena
(già Sindaco di Noviglio)
Roberto
Jonghi Lavarini (presidente
comitato Destra per Milano)
Informazioni e
prenotazioni:
martedì 25 giugno 2013
Meglio Berlusconi delle "toghe rosse"!
Non condividiamo molte scelte e comportamenti politici di
Silvio Berlusconi ma non ci interessa minimamente la sua vita privata
(tantomeno i boccacceschi e tragicomici aspetti sessuali) e, soprattutto, non
ci piace e non ci fidiamo di questa magistratura, sinistra e faziosa, comunista
e giacobina, che perde tutto il tempo ad inseguire qualche puttanella, invece
di perseguire i veri criminali che compiono reati gravi, infami e violenti,
compresi quelli finanziari che hanno causato questa crisi economica e sociale.
Noi non stiamo né con Berlusconi, tantomeno con le "toghe rosse" ma
con il nostro Popolo, in difesa della giustizia sociale e della sovranità
nazionale.
lunedì 24 giugno 2013
Battaglia per la Sovranità Monetaria: Firma anche Tu!
Leggi Il Manifesto!
Innanzitutto la SOVRANITÀ MONETARIA
SENZA SOVRANITÀ MONETARIA CI PUÒ SOLO ESSERE LA RESA INCONDIZIONATA
ALLA DITTATURA DEL POTERE FINANZIARIO
La crisi economica che si è abbattuta sul popolo italiano è stata creata dalla speculazione finanziaria internazionale. Ciò nonostante la gestione del governo e dell’economia è stata sinora affidata proprio ai rappresentanti di quella speculazione, che hanno tutelato il sistema bancario facendo pagare il conto ai cittadini e trasformando un fenomeno finanziario internazionale in una grave recessione nazionale.
Inoltre, l’aver piazzato metà del debito pubblico sul mercato internazionale espone l’Italia ad ogni tipo di ricatto da parte del sistema bancario, delle agenzie di rating e della BCE, un’istituzione la cui proprietà, in grande maggioranza, è in mano alle banche private.
L’euro, una moneta imposta dall’alto, senza passare attraverso un referendum popolare, è uno strumento finanziario controllato non dalle nazioni europee, ma da banche private che, per loro natura, agiscono mirando ai propri interessi e non al benessere dei popoli.
Anche la Banca d’Italia è un’istituzione di proprietà delle banche private: solo il 5,67% delle sue azioni attualmente appartengono a enti di Stato.
Per tutto questo nessuna riforma economica, nessun provvedimento di governo, nessun risultato elettorale, nessun referendum sull’euro, può risultare efficace se non si ottiene innanzitutto la SOVRANITÀ MONETARIA.
Chiediamo quindi:
- Abrogazione degli accordi del luglio 1981 tra l’allora ministro del Tesoro Nino Andreatta e il governatore Carlo Azeglio Ciampi. In base ad essi fu sancito il diritto della Banca d’Italia a non sottoscrivere – sia parzialmente che in toto – i titoli emessi dallo Stato, costringendo il governo a mettersi nelle mani del mercato internazionale. Con quegli accordi la Banca d’Italia smise il ruolo di prestatore di ultima istanza dello Stato italiano e il nostro debito pubblico cominciò a crescere dal 57% del PIL fino all’attuale 129%.
- Abrogazione della Legge Carli, n. 35 del febbraio 1992, con la quale si attribuì alla Banca d’Italia la facoltà di variare il tasso ufficiale di sconto senza doverlo concordare col governo. Con ciò fu trasferita la decisionalità su tutta la politica monetaria ad un ente che di lì a poco, grazie alle privatizzazioni, sarebbe divenuto di proprietà del sistema bancario privato.
- Immediata applicazione della Legge a tutela del risparmio e per la disciplina dei mercati finanziari, n. 262 del 28 dicembre 2005. Al punto 10 dell’articolo 19, essa disponeva che entro il gennaio 2009 tutte le quote di partecipazione al capitale della Banca d’Italia dovevano essere trasferite dai soggetti privati ad enti di Stato. Tale disposizione, a seguito della mancata realizzazione dei previsti regolamenti attuativi, fino ad oggi è rimasta lettera morta.
- Ridiscussione di tutte le norme monetarie europee, a partire dal Trattato di Maastricht, nell’ottica del riacquisto della sovranità finanziaria e monetaria.
Senza la riconquista di una completa e operativa sovranità monetaria e di un ricollocamento del debito pubblico all’interno dell’economia italiana, qualsiasi tentativo di uscire dalla crisi è destinato al fallimento. Qualsiasi alternativa, qualsiasi cambiamento non può avere efficacia. Senza sovranità monetaria ci può essere solo la resa incondizionata alla dittatura del potere finanziario.
Comitato per l'Assemblea Costituente.
PRESENZE
ED ADERENTI ALL’INIZIATIVA
Hanno
preso la parola: il Presidente del CESI, prof. Gaetano
Rasi, che ha svolto l’introduzione; il Vicepresidente del CESI, prof. Tamassia,
che ha svolto la relazione illustrativa del volume, il Segretario del CESI,
dott. Marco C. de’ Medici e poi alcuni esperti (presenti al tavolo della
presidenza): dott. Gabriele Adinolfi, dott. Ettore Rivabella, prof. Riccardo
Scarpa, prof. Angelo Scognamiglio, prof. Carlo Vivaldi Forti, prof. Lucio
Zichella ed on. dott. Carlo Ciccioli. Ciascuno di essi ha brevemente trattato
alcuni aspetti delle tematiche affrontate nel volume.
Presenti
in Sala del Tempio di Adriano, fra il numeroso
pubblico, sono stati notati (scusandoci per le eventuali omissioni): Donna
Assunta Almirante, dott. Carlo Alberto Biggini,
avv. Italo Centaro, dott.
Giovanni Cinque, dott. Innocenzo Cruciani, dott. Marcello De Angelis, dott.
Enea Franza, on. dott. Maurizio Gasparri, sen. Domenico Gramazio, dott. Gian
Piero Joime, on. Mario Landolfi, dott. Alessandro Luciano, ing. Claudio
Manganelli, avv. Marcella Mariani, on. dott. Nicola Marmo, dott. Claudio Rasi,
dott. Cristiano Rasi, on. Luciano Schifone, dott. Anna Vanni Teodorani. Va
segnalata in particolare la presenza del Gruppo di giovani studiosi
universitari, o di recente laurea, coordinati dal dottor Giovanni Cinque: Alessandro
Cinque, Jacopo Colella, Gianluca D’Angelo, Andrea Tuscano.
Hanno
inviato messaggi di adesione: on. Roberta Angelilli, on. Gianni Alemanno, sen. Domenico Benedetti Valentini, dott. Mario Bozzi Sentieri, on.
Stefania Craxi,on. Liborio Ferrari, dott.
Roberto Jonghi Lavarini, dott. Laura Lodigiani, dott. Paolo Lucci Chiarissi,
on. Gennaro Malgieri, on.
Ignazio La Russa, on. Altero Matteoli, on. Silvano Moffa, dott. Nazzareno
Mollicone, sen. Franco Mugnai, sen. Mario Palombo, dott. Antonio Pezzolo, on.
Adriana Poli Bortone, on. Eugenio Riccio, prof. Stefano Rodotà, dott. Armando
Siri, prof. Agostino Scaramuzzino, on. Francesco Storace, dott. Claudio
Tedeschi, ing. Alberto Tognoli, dott. Simone Turini, prof. Piero Vassallo, ing.
Franco Velonà, dott. Marcello Veneziani, on. Pasquale Viespoli, on. Marco
Zacchera.
Manifesto per la Costituente.
1. La situazione
attuale.
La situazione politica dell’Italia,
interna ed esterna, sotto ogni profilo istituzionale, economico e culturale è
bloccata. Anche coloro che cercano, costruttivamente e con sincera volontà di
far uscire il Paese dallo stallo, al di là delle dichiarazioni ufficiali, sentono
che ciò non è più possibile.
1.1. Fine di un ciclo
storico
Tutti si rendono conto che la
spiegazione della situazione si trova nella impossibilità del Sistema
giuridico-politico di continuare a funzionare.
Non si tratta di criticare o condannare
un sistema costituzionale che per molti versi ha bene meritato della Nazione,
per il suo equilibrio, per la capacità di conciliare valori in sé assoluti,
come l’individuo, il corpo sociale intermedio e la collettività dello Stato
nazionale, per le potenzialità interpretative che lo hanno reso duttile alle
esigenze dei tempi.
Ciononostante quel principio di
filosofia della storia detto della eterogenesi
dei fini, per il quale qualsiasi sistema politico e istituzionale ha un suo
ciclo vitale, nasce, ha un’acme e si esaurisce storicamente, non ammette
eccezioni. I tempi possono essere storicamente più o meno lunghi ma alla fine
tutto ha un termine.
Anche le norme di revisione di un testo
costituzionale hanno una loro storicità, alla fine del ciclo non sono più
funzionali.
1.2. Le soluzioni
parziali.
Le soluzioni di riforma parziale non
sono pertanto più in grado di fornire strumenti funzionali ad uscire dallo
stallo politico e istituzionale. L’ultimo tentativo di nominare una Commissione
di giuristi con funzioni di consulenza costituzionale sta destando molti
interrogativi e perplessità e pochi entusiasmi. Il nodo sta nella
rappresentatività di chi dovrebbe elaborare le riforme: l’attuale Parlamento
non rappresenta, a causa della legge elettorale, la società italiana, e questo
deficit di rappresentatività si riflette nella stessa scelta dei consulenti il
cui equilibrio di orientamento nella Commissione non fa che riflettere criteri
e misure della classe politica in Parlamento. Criteri e misure che a loro volta
renderanno problematico il lavoro del Comitato dei Quaranta che dovrebbe elaborare
i testi.
Un’altra dimostrazione della
impossibilità di risolvere i problemi con questi strumenti lo dimostra il fatto
che nell’attuale bipolarismo sussistono temi intoccabili. Mentre il Capo dello
Stato, nel ricevimento al Quirinale dei magistrati di nuova nomina, afferma che
bisogna rivedere “gli assetti” del nostro sistema (il che significa forma di
Governo), temi come il presidenzialismo continuano a mantenere divergenze
insanabili fra gli schieramenti del sistema che dovrebbe autoriformarsi. Quando
Epifani, Segretario del PD, sostiene la necessità “di fermarsi un attimo e
discutere seriamente nelle sedi competenti con gli argomenti giusti, con tempi
giusti e nell’ordine giusto”, o dice una cosa ovvia e inutile oppure ammonisce
che le sedi attuali, gli argomenti attuali i tempi e l’ordine non sono giusti [1].
Tre costituzionalisti, Antonio D’Andrea,
Aldo Lo Iodice e Andrea Morrone, sono stati intervistati in merito da “il Fatto
quotidiano”. Secondo D’Andrea l’impegnare Governo e Camere sulle riforme è una
“patetica scusa” per non impegnarsi nelle questioni di indirizzo politico; non
di “spirito costituente” si può parlare in questi momenti ma di “compulsione
riformista” che si risolverebbe in un “inganno deprecabile per la comunità
politica”; in sintesi si tratterebbe di una truffa “che copre il vuoto di un
sistema politico da ricostruire totalmente”. Secondo Lo Iodice non sussiste “un
effettivo spirito costituente tale da ribaltare l’intero costrutto
costituzionale”. Secondo Morrone infine le riforme sono richieste sia dal Paese
sia dal Capo dello Stato ma non possono essere “fatte da una classe dirigente
dimostratasi non all’altezza della situazione” come dimostra la debolezza delle
politiche nazionali fin qui adottate. Alla fine dell’intervista Morrone
conclude che non si deve “continuare a illudere i cittadini che tutto ciò che
abbiamo è (ancora) ‘la costituzione più bella del mondo” [2].
Inoltre alcuni dei costituzionalisti
della stessa Commissione per le riforme sono addirittura contrari alle riforme,
per quanto riguarda sia la Presidenza della Repubblica sia la forma di governo,
come la Carlassare che, dichiarandosi pronta a dimettersi, conclude: “Cambi alla
forma di governo assolutamente no, perché non si possono scaricare sulla
Costituzione le incapacità della classe politica, i partiti hanno perso la
bussola …” [3].
Tuttavia, se consideriamo in sintesi le
avversioni di una parte delle classi intellettuali e politiche ad una revisione
totale, e anche parziale, dell’attuale ordinamento costituzionale possiamo
scorgere una intima contraddizione; da un lato si riconosce l’inadeguatezza
della attuale classe politica espressa dall’attuale sistema, dall’altra si teme
che proprio questa classe politica peggiori il sistema allontanandolo dalle
originarie basi democratiche e pluralistiche per avviarsi alle derive
leaderistiche, già in atto, di concentrazione del potere.
In altri termini si riconosce la natura
dilemmatica del problema di fondo: l’attuale sistema produce una classe
politica incapace di difendere il sistema stesso. In effetti le ultime riforme
costituzionali hanno dato luogo ad un sistema poliarchico e liederistico insieme
che ha esautorato progressivamente lo stesso Parlamento e ha lasciato
degenerare i tradizionali protagonisti della politica: i partiti politici. Le
conseguenze si sono immediatamente riverberate sull’economia e sul lavoro.
Di qui la proposta di Costituente.
2. La proposta di
Costituente
La Costituente, come tutti sanno ma non
tengono presente, è una fonte giuridica intrinsecamente extra ordinem, cioè è una fonte che trae la legittimazione non dai
poteri costituiti in atto ma direttamente dalla base sociale, dalla costituzione materiale in atto.
Se si vogliono difendere quei principi
che stavano alla base della Costituzione del 1948, in quanto fondamenti
metastorici della natura Repubblicana dello Stato in sé, allora occorre tornare
veramente alle origini, ma in senso procedurale, cioè costituente. Qualche
studioso riconosce che l’attuale situazione italiana è analoga, e forse
peggiore, di quella di Weimar dalla quale nacque quel che nacque.
3. Caratteri della
proposta
Eccoci dunque al nostro Manifesto. Si
tratta di un complesso di analisi e di proposte insieme che cercano di
riportare gli italiani ad un dialogo di fondo quale forse, nella storia della
Nazione italiana, quella nata nel I secolo avanti l’Era volgare, con l’incontro
di Roma e delle popolazioni italiche in un programma comune e unitario di
civiltà, non si verificò più dalla caduta dell’Impero romano.
Un dialogo di fondo, un dialogo che
sappia relativizzare le eterne polarità (guelfi e ghibellini, sinistra e
destra) e strapparle alla assolutizzazione assurda che rende le componenti di
un popolo impossibilitate a pervenire a conclusioni condivise sui problemi
della propria sussistenza e della propria esistenza.
Per questo nella prima parte del
Manifesto che presentiamo ci si interroga sulle definizioni di concetti e
nozioni fondamentali, come per esempio Stato, ordinamento giuridico e politico,
Nazione, classe politica, classe dirigente, classe sociale, ceto, attività politica,
attività amministrativa, cultura, lavoro.
In una seconda parte si propongono i
valori di principio sui quali dovrebbe fondarsi un nuovo ordinamento, partendo
dall’esperienza della crisi in atto.
3.1. I Principio:
l’Unità
Il primo principio è dato dall’unità
dello Stato Nazione proiettato verso l’unità dell’Europa come momento dell’unità
della famiglia umana. Corollari dell’Unità sono l’eliminazione della poliarchia
autonomistica in senso politico che impedisce al governo di programmare la vita
della Comunità. Come si constata in Europa e fuori le autonomie hanno
dimensioni solo amministrative, cioè inerenti ai mezzi e non politiche, cioè inerenti
ai fini. Le autonomie politiche producono la superfetazione di classi politiche
infrastatuali che portano direttamente al secessionismo.
Un altro corollario è costituito
dall’elezione diretta del Capo dello Stato, il cosiddetto, tanto temuto presidenzialismo. La nostra proposta
mantiene la figura del Capo dello Stato come organo super partes chiamato a fornire gli indirizzi fondamentali alla Nazione
ma distinto dal Capo del governo.
La sua legittimazione popolare serve
solo a fornirgli quella autorevolezza e quella forza di intervento nei momenti
di crisi che gli attuali Capi dello Stato italiani derivano solo dalla
inefficienza degli altri ordini di poteri fondamentali anziché dalle loro
effettive funzioni formali.
Pericoli di liderismo? A parte il fatto che ogni istituto con il tempo può
degenerare, teniamo presente che una delle piaghe che il sistema costituzionale
attuale non ha evitato è proprio il liderismo
che caratterizza i partiti e che ha finito per esautorare proprio quel
Parlamento che i timorosi di una riforma basilare del sistema vogliono
difendere. Il Capo dello Stato eletto dalla base sociale non comporta una concentrazione di potere ma un
riferimento ultimo e puntuale della base sociale per difendersi dalle
degenerazioni oligarchiche nella loro manifestazione peggiore costituita dalla
poliarchia territoriale. È la degenerazione del Partito che porta i leader al
populismo demagogico.
3.2. II Principio: la
Partecipazione
Il secondo Principio è costituito dalla
partecipazione della base sociale alla gestione della politica nazionale intesa
non solo e non tanto come un diritto
di tutti e di ciascuno ma come un dovere
di tutti e di ciascuno a partecipare.
Questo principio assolve innanzitutto
una funzione culturale pedagogica che riconcilia l’individuo con la politica,
che attenua le contrapposizioni, che agevola il ricambio sociale e limita le
differenze e gli squilibri economici e sociali. Partecipando si impara, si
comprendono i problemi nella loro reale portata, ci si immunizza contro la
demagogia e contro l’incomprensione fra i gradi di potere, perché gli individui
sono messi in grado di percorrerli.
3.3. III Principio:
la Rappresentanza politica pluralistica.
Il terzo principio è costituito dalla
pluralità della rappresentanza politica. L’attuale Costituzione, all’art. 49
recita: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti
per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Si
dice dunque: concorrere, concorrere
significa correre insieme, si presuppongono pertanto più soggetti titolari del
potere politico. Ma chi sono gli altri soggetti oltre i Partiti? La Costituzione
attuale non lo dice. Noi proponiamo le categorie produttive, quelle mortificate
attualmente nel Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, istituzione della
quale il sistema partitico ha voluto bloccare quella che sarebbe stata la sua
naturale evoluzione.
Il sistema bicamerale attuale è
universalmente condannato per l’identità di funzioni. In realtà non è
l’identità di funzioni che rende sterile l’attuale bicameralismo ma l’identità
di rappresentatività. La soluzione che si offre alla discussione è che il pluralismo
partitico mentre da un lato viene salvato nella sua funzione di far politica
sulla base di scelte di valore, dall’altro viene decondizionato dai problemi di
natura tecnica e scientifica per i quali i rappresentanti della produzione, sia
economica che culturale, si assumono le loro debite responsabilità anch’esse
politiche.
Come si vede, se a qualcuno venisse in
mente la restaurazione della Camera dei Fasci e delle Corporazioni, può
constatare che nulla è più lontano dal sistema caratterizzato dal Partito unico
e dall’autocrazia come la nostra proposta.
L’altro carattere che si propone per un
nuovo Parlamento è la relativizzazione dello schieramento bipolare. Destra e
Sinistra sono nella loro ultima sostanza delle differenti accentuazioni di
valori che non possono essere contrapposti e istituzionalizzati formalmente in
formazioni sociali, quali i Partiti, i quali per giustificare la propria
esistenza si sono contrapposti anziché rendersi complementari in nome
dell’interesse della Nazione.
Ultimo corollario della riforma della
rappresentanza politica è la riscoperta dell’art. 67 dell’attuale Costituzione:
“Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni
senza vincolo di mandato”. Si tratta di ridimensionare da un lato la cosiddetta
disciplina di partito e dall’altro la natura formalistica dei gruppi parlamentari.
4.
Appello
all’unione
Come credo di aver evidenziato, una
assemblea Costituente si rende indispensabile anche per salvare i valori e
quegli istituti che del presente ordinamento debbono e possono essere salvati.
Il presente ordinamento ha prodotto gli esiti negativi ai quali esso non può
rimediare. La situazione, ripeto, è dilemmatica. Il dilemma è un problema che
presenta due soluzioni alternative ciascuna delle quali non risolve ma aggrava
il problema portandolo alle ultime conseguenze.
Il caso del Movimento a 5Stelle è
paradigmatico. Questo movimento, che costituisce la più recente disperata
creazione del sistema attuale, si trova nel dilemma: o disapplicare al proprio
interno quei principi per il quale è nato e ha ricevuto il consenso e insieme
rinnegare perciò se stesso; oppure applicare al proprio interno quei principi
per il quale è nato e ha ricevuto il consenso e perdere quella capacità operativa
con la quale ha conquistato il consenso e che gli sarebbe indispensabile per
attuare la sua strategia di palingenesi.
5.
Il
momento internazionale
Cari amici che avete raccolto il nostro
invito ciò che noi proponiamo è un itinerario imposto dalla situazione in atto
e dalla natura delle cose. Ci rivolgiamo non soltanto alla base sociale
indifferenziata, al mondo della produzione e della cultura che in questa situazione
non è più in grado di operare né economicamente né culturalmente, né scientificamente,
per cui stanno riprendendo alla grande sia le dislocazioni delle aziende sia la
fuga dei cervelli, non ci rivolgiamo soltanto ai cittadini che non vanno a
votare e ai disoccupati senza programmi esistenziali.
Ci rivolgiamo anche alla classe politica
e dirigente, ai Partiti sia dentro che fuori il Parlamento. Una Assemblea
costituente, come tale può essere porsi solo fuori degli attuali poteri
costituiti, se no non sarebbe costituente,
ma anche i partiti attuali, come quelli nuovi che potrebbero formarsi o riformarsi,
sono chiamati ad inserirsi nel movimento rigeneratore per acquisire quella
legittimazione necessaria che adesso non hanno e che l’attuale sistema non
potrà più loro conferire.
È cosa saggia per essi partecipare ad un
movimento che si rafforzerà tanto più quanto più lo si avverserà. È meglio
partecipare subito. Il nostro messaggio sta ricevendo sempre più adesione dagli
esclusi del sistema, tanto più pericolosi in quanto si tratta di autoesclusi. Assenteismo
elettorale e disoccupazione costituiscono una miscela micidiale che purtroppo
le classi politiche giunte al capolinea continuano a sottovalutare credendo che
più o meno tutto continuerà come prima.
Un richiamo storico: quando in Francia,
nel 1789, il Terzo stato lasciò l’Assemblea degli Stati Generali e si
autoproclamò Assemblea Costituente, gli altri due Stati, visto che il Terzo
Stato faceva sul serio si decisero a entrare nella nuova Assemblea per una
nuova legittimazione.
Vedete, tutte le fasi costituenti si
verificano in contesti differenti e in situazioni differenti, ma hanno anche
dei denominatori comuni: incoscienza della classe politica al potere, distacco
profondo della base sociale dalla politica, disoccupazione che della crisi
economica costituisce la dimensione più tragica perché costituisce il massimo
dell’esclusione.
6.
Conclusione.
Quello che, concludendo, mi preme fare
presente e non solo a chi fa politica e a chi non la fa, non solo a chi si
trova in grave sofferenza economica e di ogni altro genere, ma a chi sente
preoccupazione per il destino dell’Italia, della Nazione italiana, dello Stato
nazionale italiano, per la sua esistenza. Il pericolo peggiore non è la guerra
civile cruenta, c’è di peggio. Al tempo della cruentissima e feroce guerra
civile della fine della Seconda Guerra Mondiale le parti contrapposte degli
italiani si combattevano senza negare l’Italia ma rivendicandola ciascuna a sé.
Il pericolo più grave, in questi
drammatici momenti, è la scissione del nostro Stato nato dal Risorgimento, con
il sangue di tanti eroi, per tornare un aggregato di popolazioni divise e
conflittuali e sottomesse a qualche potenza d’oltralpe che attende la nostra
deflagrazione per tornare a dominarci in modo più duro e irreversibile di
quanto non abbia fatto nei secoli passati.
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