venerdì 27 aprile 2012
Ajmone Finestra: Presente!
LUTTO: è morto il Senatore Ajmone Finestra, Presidente Nazionale della Unione Nazionale Combattenti della Repubblica Sociale Italiana, già Sindaco di Latina-Littoria e storico dirigente del Movimento Sociale Italiano - Destra Nazionale. Camerata Ajmone Finestra: Presente!
giovedì 26 aprile 2012
Ci siamo e sempre ci saremo!
Come tutti gli anni, noi ricordiamo ed onoriamo, in maniera assolutamente serena e pacifica, i nostri caduti: il giovane Sergio Ramelli ma anche il Consigliere Provinciale Enrico Pedenovi e la Medaglia d'Oro, ceco di guerra, Carlo Borsani senior, tre diverse generazioni di militanti politici "di destra" vigliaccamente uccisi dai comunisti, solo per avere espresso e difeso le loro idee.
Gli eredi politici del terrore comunista presenti nel Consiglio Provinciale di Milano (PRC-PDCI e SEL), sono "figli e nipoti" politici di coloro che hanno assassinato i nostri Camerati ed ora vogliono impedirci, non solo di raccontare l'acclarata verità storica di quei tragici fatti di sangue ma persino di ricordare ed onorare i nostri morti.
Non mi meraviglio di loro ma di coloro (PD, IDV ed UDC) sedicenti democratici che continuano a sostenere questo assurdo ed odioso razzismo ideologico. Comunque sia, non saranno certamente questi, fastidiosi quanto inefficaci, ragli e grugniti antifascisti, ad impedirci di fare il nostro dovere morale, prima che culturale, storico e politico. Ci siamo e sempre ci saremo!
martedì 24 aprile 2012
Analisi politica: "società, democrazie e welfare"
Società, Democrazia e Welfare
ABSTRACT
Gli ultimi 30 anni hanno visto un metodico smantellamento delle conquiste sociali postbelliche. Dalla crisi del '29 si uscì con più democrazia mentre oggi prevale un mercatismo autoreferenziale. La ragione?
I ceti medi non fanno le rivoluzioni; e le élites, purtroppo, lo sanno.
Dagli anni '80 in poi i mercati dei capitali e quelli finanziari in generale si sono sviluppati ovunque a un ritmo senza precedenti nella storia economica, legando il mondo in una ragnatela di scambi finanziari che, grazie alle tecnologie esistenti, vengono svolti nell'arco delle 24 ore in tempo reale.
Con questi presupposti, una nuova parola d'ordine si è diffusa fra gli operatori economici e i manager d'impresa: creare valore per gli azionisti. Dal raggiungimento di tale obiettivo dipendono ormai le decisioni d'investimento e l'operato di tutte le strutture che producono beni e servizi.
Le fluttuazioni delle Borse, infatti, sono oggetto dell'attenzione universale e l'andamento degli indici genera preoccupazione nelle classi dirigenti dei vari paesi in quanto gli ultimi 30 anni hanno visto succedersi molteplici crisi caratterizzate da scandali finanziari: i junk bonds (titoli spazzatura) e il fallimento delle casse di risparmio statunitensi; Enron e altri casi di manipolazione contabile; la crisi della finanza derivata (e gli scandali ad essa imputabili) emersi dal 2008 in poi.
La crescita del settore finanziario ha avuto 3 principali caratteristiche:
• è stata molto più rapida di quella dell'economia reale, penetrando in tutti i comparti della vita economica;
• è aumentata la sua complessità, con l'esplosione dei derivati e la costruzione di prodotti strutturati che hanno reso la finanza un settore esoterico;
• ha visto l'elaborazione, da parte di molti economisti, di una teoria che postula l'esistenza di mercati finanziari efficienti, giustificando la crescita continua dell'attività finanziaria con l'affermazione che essa avrebbe aumentato la crescita rendendo l'economia mondiale meno rischiosa.
La crisi dell'autunno 2008, così, ha dimostrato il carattere assolutamente a-scientifìco e l'inutilità di queste teorie, che sono valse il Nobel ad alcuni dei loro fautori.
L'aumento del peso della Finanza, infatti, ha consentito ai settori e ai ceti sociali operanti in tale ambito solo d'imporre alla collettività il proprio interesse particolare, che spesso (per non dire quasi sempre) vive di operazioni speculative economicamente destabilizzanti, e fa pagare le conseguenze del proprio operato al lavoro dipendente e alla classe media in termini di reddito, occupazione, contrazione (per non dire minimizzazione) del welfare e delle prospettive di aumento del tenore o della qualità di vita.
L'egemonia culturale della sfera finanziaria è molto forte; eppure ha quasi dell'incredibile, dal momento che si è consolidata malgrado la crisi borsistica dell'87, lo scandalo del Long Term Capital Investment, lo scoppio della bolla informatica (i titoli dotcom) e la crisi dei mutui subprime. L'ironia della situazione attuale, comunque, è che il settore finanziario, composto dalle Società di rating, dalle Banche d'affari e dai grandi istituti, continua a dettare la linea delle misure anticrisi malgrado il ruolo decisivo svolto nel determinare la crisi stessa!
Una conseguenza assai preoccupante del dominio della Finanza, tuttavia (al di là del fatto puramente economico e materiale) è il continuo svuotamento delle istituzioni democratiche, particolarmente visibile nei paesi mediterranei e periferici dell'Unione Europea, dove gli squilibri causati dalla crisi del 2008 sono più forti.
Per le sue caratteristiche costitutive e per mantenere una posizione d'egemonia, infatti, la Finanza ha bisogno che la politica economica sia attuata in tempi brevi: dalle richieste dei mercati finanziari (espresse con variazioni degli indici di Borsa) ai provvedimenti dei singoli governi, deve passare pochissimo tempo. Il tempo della Finanza è il tempo di Internet mentre i tempi della produzione e della vita reale sono molto più lunghi...
L'Europa è il luogo dei punti dove lo svuotamento delle istituzioni democratiche è più evidente: la Banca centrale europea (BCE) e la Commissione, istituzioni non legittimate dalla sovranità popolare, determinano con i loro provvedimenti il quadro reale e concettuale in cui l'aggiustamento deve avvenire: i Parlamenti nazionali, così, possono solo ratificare tali misure (di norma assolutamente impopolari) perché sconvolgono gli equilibri economici e sociali dei paesi che devono applicarle.
Volendo citare un momento chiave illuminante (ormai passato alla Storia) è dalla primavera del 2010 che la crisi del debito greco ha reso chiara la fragilità della costruzione europea, svelando i rapporti di forza tra Finanza e governi nazionali, senza che alcuno, da Bruxelles, intervenisse a chiarire realmente la situazione e le sue cause.
Esiste una gradazione, chiaramente, nello svuotamento delle istituzioni democratiche, ma il maggior esproprio lo si è osservato nei paesi dove le forze politiche sono di fatto commissariate da una sorta di bonapartismo tecnocratico autoincoronato: Grecia, Italia, Spagna.
La sostanza, oggi colta molto più chiaramente, è l'avvenuta istituzione di un filo diretto tra i mercati finanziari e i governi (con questi ultimi in posizione di subordinazione), passando per la BCE e la Commissione. I provvedimenti presi dai Parlamenti, così, vengono vagliati dai mercati che possono promuoverli o bocciarli senza interferenze dove la possibilità di mediazione dei singoli esecutivi è praticamente nulla di fronte a un crollo di Borsa, un aumento dello spread o un innalzamento del saggio d'interesse.
Gli attori di questa commedia (ben noti) sono persone che per lavoro hanno avuto a che fare con il settore finanziario, del quale pertanto conoscono bene il modo di operare, gli interessi, la forza e la pericolosità. Draghi, Monti e e il premier greco Papademos, infatti, non sono degli sconosciuti agli occhi delle grandi banche d'investimento, con cui hanno avuto molteplici rapporti professionali.
Parlando dei governi dei paesi capitalistici, Marx diceva che erano il consiglio d'amministrazione della borghesia e che quindi la sfera politica era distinta da quella economica, e tuttavia non avrebbe mai immaginato che la sfera politica sarebbe sparita e che gli interessi economico-fìnanziari avrebbero espresso direttamente i loro rappresentanti al governo dei singoli paesi.
Ci si può chiedere come mai l'establishment economico pensi di poter fare a meno della mediazione politica visto che neppure nell'Inghilterra imperiale dell'800 si era arrivati a tanto.
La risposta (molto probabile) è che, soddisfatte le necessità di governo, queste classi dirigenti non temono le conseguenze di una sostanziale riduzione del benessere e della democrazia; e ciò appare tanto più evidente confrontando il comportamento delle élites politiche mondiali di fronte all'esplodere di questa crisi economica con quello tenuto dopo la crisi del '29.
In quell'anno, infatti, si chiudeva, col famoso crack di Borsa, la fase espansiva sregolata degli anni '20 negli USA mentre la crisi si propagava sia agli altri paesi industrializzati sia a quelli meno sviluppati. La reazione immediata suona familiare: troppa speculazione, troppi debiti, le banche hanno creato troppa moneta; e poi, bisogna ricondurre l'economia a uno stato di finanza sana, unica premessa di una ripresa. Così si comportarono il Presidente americano Hoover (fino al 1932) il ministro delle Finanze inglese Snowden e, purtroppo, il cancelliere tedesco Brüning, le cui misure precipitarono la Germania nella depressione che favorì l'avvento del Nazionalsocialismo.
Inutilmente, nei primi anni '30, Keynes cercò di mettere in guardia contro queste Teorie della crisi. Fin dal '19, infatti, aveva sostenuto, contro l'opinione dei politici, che le popolazioni non erano più disposte ad accettare i penosi aggiustamenti che il gold standard (il sistema di parità aurea) rendeva di volta in volta necessari.
In linguaggio economico, Keynes diceva che la deflazione è pericolosa come l'inflazione: in tal modo contrastava la visione ortodossa che vedeva nella seconda l'unico, vero pericolo, in quanto sovverte la base proprietaria della società. Di conseguenza aveva criticato sia le (assurde) riparazioni imposte alla Germania col Trattato di Versailles del '19, sia la rivalutazione della sterlina di cui si era cominciato a discutere nei primi anni '20 e che fu attuata successivamente da Churchill.
Qual era il pericolo? Il conflitto tra reazione e rivoluzione, secondo Keynes.
Ma prima del fatale 1933 l'unico vero pericolo era la presenza di un'URSS bolscevica e la relativa minaccia di propagazione del sovvertimento comunista mentre nessuno poteva prevedere Hitler e le sue scelte obbligate; di sicuro né Roosevelt né Keynes. Il New Deal, infatti, oltre a essere mosso (tra i vari interessi) da un senso di responsabilità verso il paese, aveva come motivo implicito e sostanziale quello d'impedire il contagio della minaccia sovietica...
Va sottolineato, comunque, che tra le misure del New Deal ci fu un maggior riconoscimento dell'attività sindacale, fatto che avrebbe contribuito, nel dopoguerra, a quella crescita costante della massa salariale dei lavoratori americani che ne fece un pilastro della domanda interna.
Riassumendo, si può affermare che l'uscita rooseveltiana dalla crisi del '29 configurò un ampliamento dello spazio democratico grazie all'accoglimento delle critiche, elaborate da Keynes, verso la Teoria tradizionale.
Quella teoria, infatti, presa a base delle politiche economiche in Inghilterra e Germania, aveva provocato solo danni, quando non disastri; e tuttavia viene riproposta oggi come salvifica!
Dopo la 2a guerra mondiale il pericolo assunse la forma di un confronto mondiale tra due blocchi guidati rispettivamente da USA e URSS.
A partire dall'Inghilterra, con il Piano Beveridge del '43, si costruì un nuovo patto sociale tra governanti e governati, con l'impegno dei primi a ridurre l'incertezza economica e sociale dei secondi. Una prima misura furono le politiche di stimolo del pieno impiego, a tal punto efficaci che negli anni '60 gli economisti si chiedevano se il ciclo economico classico (fasi di crescita e di riduzione del reddito nazionale) esistesse ancora, in quanto il reddito cresceva di più o di meno, ma continuamente.
Il secondo insieme di misure fu quello che viene chiamato sinteticamente Stato sociale.
La massa di risorse da impiegare per garantire sistemi assistenziali atti allo scopo era così ingente che solo politiche ispirate alla nuova teoria che Keynes aveva portato a compimento nel '36 potevano gestirla. Questa è la base del trentennio di crescita del reddito nazionale e del benessere di ampi strati di popolazione iniziato alla fine della guerra.
Negli anni '70, con la spinta demografica, il sistema va in crisi: alta inflazione e bassa crescita materializzano il fantasma della stagnazione (stagnazione+inflazione). Agli inizi degli anni '80, le economie mondiali furono, così, mandate in recessione col duplice scopo di raffreddare l'inflazione e di chiudere l'epoca delle politiche keynesiane, con correlata crescita salariale. Il saggio, scritto alcuni anni fa dall'attuale presidente della Federal Reserve (FED) Bernanke, è fin dal titolo (La grande moderazione) un bollettino della vittoria: moderazione dei prezzi, diceva Bernanke, ma intendeva moderazione dei salari.
Non è questa l'occasione per ricostruire le grandi trasformazioni delle economie mondiali da allora a oggi, ma, tuttavia, non v'è dubbio che in quella svolta si annidavano i germi che avrebbero portato alla bolla finanziaria, la cui esplosione tra il 2007 e il 2008 ha innescato la crisi attuale coi suoi aspetti salienti:
• lentezza e andamento altalenante della ripresa;
• politiche di consolidamento fiscale che strozzano gli incipienti recuperi;
• crisi dei debiti sovrani (come ultima configurazione di quella crisi finanziaria mai domata, né curata realmente).
Si può partire da qui per un confronto con la Grande Depressione.
Gli USA, ma anche l'Italia Fascista nel 1936, individuarono nella sregolatezza finanziaria uno dei fattori d'instabilità che avevano provocato e acuito la crisi. La terapia fu quella riforma dei sistemi bancari rimasta in vigore fino agli anni '90, con la separazione tra banche commerciali (che gestiscono i depositi) e banche d'investimento.
Il governo Amato (coperto da boiardi e speculatori anche grazie alla "distrazione" posta in atto dall'avvio del ballon Tangentopoli) revocò la riforma nel 1992, Clinton la smantellò nel 1999, contribuendo alla formazione della bolla successiva.
Stavolta, dopo la crisi, ci sono state solo chiacchiere, riunioni, documenti ma nessuna vera riforma che ripristinasse la separazione dei due rami dell'attività bancaria. Addirittura i dirigenti di grandissime banche (salvate con soldi pubblici) si sono attribuiti nuovamente bonus enormi, come prima della crisi mentre proposte moderate, come quelle di una commissione inglese e dell'ex presidente della FED Volcker, tese ad allentare i legami tra le due attività, non hanno avuto seguito.
Quest'assenza di riforme del sistema bancario e finanziario è sintomatica.
Diversamente dal New Deal, la politica oggi non può e non vuole rimettere ordine nel settore.
Va ricordato che il primo discorso del caminetto di Roosevelt fu dedicato proprio alla riforma del sistema bancario. Oggi Ben Bernanke prima, Draghi poi, hanno agito energicamente per salvare il sistema finanziario da un collasso che avrebbe travolto tutti, ma di riforme del settore neppure l'ombra. Questo è il vero scandalo, non gli interessi di favore che la BCE di Draghi pratica alle banche europee!
Le cose non vanno meglio sul fronte del mercato dei beni e del lavoro. Tra il 2008 e il 2009, la caduta mondiale della produzione e degli scambi commerciali è stata più rapida che non all'inizio della Grande Depressione. Ma grazie all'intervento tempestivo e massiccio degli USA, a quello tardivo e limitato dell'Europa, e al fortissimo intervento reflattivo interno della Cina, la caduta si è arrestata, lasciando, come ovvio strascico, una crescita dei deficit statali.
Del resto, con un PIL in contrazione, una raccolta fiscale calante e sussidi di vario tipo in aumento, non poteva essere altrimenti.
Il buonsenso (ma anche Keynes e i premi Nobel Krugman e Stiglitz) suggeriva di aspettare il consolidamento della ripresa prima di ridurre i deficit; invece, dalle due parti dell'Atlantico (soprattutto da questa) è partita una violenta campagna guidata dalla Germania volta ad azzerare nel più breve tempo possibile i disavanzi statali e culminata nell'assurdo inserimento del vincolo al pareggio di bilancio nelle costituzioni dei paesi dell'Eurozona (tra cui la ns. recentissima, menata a vanto dal Governo Monti...).
Questo risultato è stato ottenuto agitando la minaccia di lasciar fallire i paesi che necessitano di aiuto per far fronte alla crisi dei propri debiti sovrani.
Ovviamente, il vincolo al deficit implica una politica di tagli alla spesa sociale invece che alla spesa pubblico-politica.
Questa è la linea esposta dal presidente della BCE Draghi in una recente intervista: meno Stato sociale e meno garanzie contrattuali ai lavoratori. Linea rigorosamente seguita dall'attuale governo italiano ed esattamente opposta a quanto fatto negli Usa per uscire dalla crisi del '29.
La ripresa, tuttavia, è debole, mentre tagliare le spese sociali minaccia la coesione sociale e induce recessione.
Nessuno si preoccupa delle conseguenze? Queste non riguardano solo gli strati più poveri della popolazione,ma vaste platee di lavoratori appartenenti a quel ceto medio che in questa perdurante recessione sta pesantemente regredendo.
La svolta degli anni '80 ha comportato la rinuncia a politiche di pieno impiego; gli anni '90 hanno portato una crescita della flessibilità (cioè della precarietà...) che si è scaricata suoi nuovi occupati, giovani ed extracomunitari; ora è partito l'attacco alle garanzie contrattuali conquistate in un secolo e mezzo di lotte condivise. Il patto postbellico è revocato: i lavoratori si devono assumere di nuovo tutta l'incertezza dell'andamento dei mercati in termini di quantità e di stabilità del lavoro. Ma non basta: finora lo Stato sociale, protezione dall'incertezza della vita (malattie, anzianità, eventi eccezionali) era stato intaccato solo marginalmente. Ora invece è sotto attacco.
Nell'Inghilterra dell'800 l'aumento di diritti sul posto di lavoro era andato di pari passo con l'espansione della democrazia: e non è stato un caso. Ridurre la vita a una lotta costante per la sopravvivenza ferisce la democrazia. Chi non è libero dal bisogno, non è libero politicamente. La forma democratica e le sue istituzioni si svuotano, limitate e scavalcate dalle scelte fatte in altre sedi che non ammettono contraddittorio e alternative. Tantomeno difesa. Avrebbe anche senso, infatti, prospettare la necessità di sacrifici purché la popolazione li possa scientemente accettare. Di nuovo, stupisce che nessuno si preoccupi delle conseguenze di questa compressione dei diritti democratici formali tra vari paesi e sostanziali all'interno degli Stati.
Dopo la Grande Depressione era stato stilato un patto che riduceva l'incertezza; questo patto è stato sottoposto a revoche sempre più incisive. Se allora la democrazia era stata allargata, adesso la si restringe.
Perché? Probabilmente perché i gruppi dirigenti non hanno più paura. Nel 1991 cadde l'Unione Sovietica; negli anni '90 fu revocata la riforma dei sistemi bancari attuata dopo la Grande Depressione. L'ideologia del liberismo estremo afferma che i mercati sono in grado di regolarsi da soli; ma questo è il catechismo per l'opinione pubblica e per gli economisti in carriera.
La vera ragione di quell'entusiasmo di parte è altra. Non importava che i mercati fossero davvero capaci di autoregolarsi; anche in caso contrario, la situazione era cambiata in modo tale che le élites dominanti non avrebbero pagato pegno per gli eventuali fallimenti.
E qualora venga meno un po' di consenso per le usuali forme democratiche, basta revocarle.
Meno democrazia è dunque la parola d'ordine (degli economisti finanziari) per l'uscita da questa crisi, perché è cessata la grande paura che la mala gestione dell'economia e della vita delle popolazioni possa innescare la rivoluzione.
I ceti medi non fanno le rivoluzioni: e le élites, purtroppo, lo sanno...
F.to ONG
"Lepenisti di tutta Italia unitevi..."
Borghezio: «Impossibile una Le Pen in Italia, meglio Bossi e la Lega»
ALESSANDRO DA ROLD
POLITICA - LINKIESTA
23 aprile 2012 - 16:46
Il 20% della Le Pen in Francia rilancia la destra italiana, ma tra Fiamma Tricolore e Destra le percentuali di voto sono al minimo. La Mussolini e la Santanchè non sono Marine. E Borghezio, vicino al Front National, si riprende la tessera della Lega. «Qui ci sono solo duciotti che non vanno da nessuna parte: meglio Bossi».
Le percentuali elettorali sono tra lo 0 e lo 0,8 alle ultime europee. Restano uniti nella nostalgia per il Msi di Giorgio Almirante. Ma sono più che mai spaccati tra loro, con Francesco Storace della La Destra e Luca Romagnoli della Fiamma Tricolore che non sono ancora riusciti a trovare un punto di convergenza per un progetto unitario: la costituente dura da ormai un anno. Il resto del voto dell'antica destra missina si sbriciola poi tra i seguaci della pidiellina Daniela Santanchè e quelli della nipote del Duce Alessandra Mussolini. «Più Loren, nel senso di Sofia, che Mussolini», spiegano i nostalgici del ventennio. Mentre i giovani in Italia preferiscono votare Beppe Grillo e il Movimento 5 Stelle, come voto antisistema.
Il 20% di Marine Le Pen alle presidenziali in Francia con il Front National rilancia e rinvigorisce la destra italiana, ma appare più come un fuoco di paglia che un progetto politico di lungo periodo. Entusiasta è Storace che annuncia sul suo blog «Viva Marine Le Pen», mentre Romagnoli si limita a ricordare che fu incoronato da Marie «il nuovo Almirante» al posto Gianfranco Fini. Del resto, la speranza di riunificare Destra e Fiamma alle prossime politiche del 2013 è ormai diventata un’utopia, per screzi e mal di pancia costanti: impossibile trovare un punto di incontro tra chi continua a corteggiare Silvio Berlusconi e chi invece rivendica la propria identità. Più realizzabile, forse, è l’obiettivo di lanciare un Fronte Europeo delle Nazioni nel 2014.
«Ma una destra come quella francese noi non l’avremo mai. Qui ci sono solo duci e duciotti che rappresentano piccole percentuali elettorali. E poi ci sono ancora vecchie e inutili sacche di antisemitismo: non abbiamo una destra moderna in Italia con un programma chiaro», spiega l’europarlamentare Mario Borghezio, da sempre vicino alle posizioni del Front Nacional. Sospeso nelle scorse settimane dalla Lega, «Mario Padania libera» riavrà la tessera dopo le polemiche degli ultimi giorni. «Mi hanno convocato in Bellerio e me la ridaranno presto: io glielo avevo detto a Bossi che me sarei andato in Francia a lavorare con la Le Pen. Avevo già trovato la casa a Nizza: lì c’è anche il mare. Ma del resto solo Bossi è riuscito a unire realtà politiche regionali e locali dal Veneto al Piemonte fino alla Lombardia».
Come Borghezio sono in tanti gli esponenti politici italiani che in questi anni hanno corteggiato la bionda francese. Dalla Santanchè, che ha ospitato la «Marianna francese» (copyright Borghezio) persino nella sua casa di Corso Vercelli a Milano, fino allo stesso Romagnoli, che fu incoronato erede di Almirante nel 2007 a Palermo proprio da papà Jean Marie. Un tempo tra i corteggiatori c’era pure Fini, ora fondatore di Futuro e Libertà, che quando fu eletto segretario del Msi, invitò proprio il leader della destra francese alla kermesse missina. Ma pure tra gli uomini del leghista Flavio Tosi a Verona c'è chi non disdegna la destra di Marie Le Pen.
Al momento è la Fiamma Tricolore l’unico vero partito che ha mantenuto negli ultimi anni un filo di dialogo con il Fronte Nazionale Francese. Romagnoli, segretario, ex europarlamentare, ha conosciuto la Le Pen durante la scorsa legislatura a Strasburgo e ha tracciato con lei le fondamenta del movimento in Italia. Entrambi i partiti hanno la fiamma nel simbolo e si presentano sotto certe aspetti con lo stesso programma politico, soprattutto dal punto di vista socio economico, contro lo «strapotere delle banche» e contro «l'invazione islamista». Sono collegati poi agli altri partiti di destra europei, dagli ungheresi agli olandesi fino ai rumeni e greci: il sogno è quello di creare una federazione da portare alle prossime europee nel 2014.
«Un grande 'fronte nazionale' che si batta per la nostra sovranità politica, economica e monetaria, in difesa dei nostri diritti e delle nostre libertà, delle nostre tradizioni ed dei nostri legittimi interessi nazionali», dice Roberto Jonghi Lavarini, lepenista della prima ora, da sempre considerato nella destra italiana come l'esponente più vicino al Fronte Nazionale Francese. «Presto, dopo le elezioni presidenziali francesi, la nostra amica Marine Le Pen tornerà in Italia a sugellare l'unificazione de La Destra di Storace con la Fiamma Tricolore di Romagnoli e la nascita di un Fronte Europeo delle Nazioni che si opporrà duramente a questa Europa delle banche e della burocrazia». Possibile?
«Vince la Francia profonda. Vince con la marcia trionfale di Marine Le Pen, che è arrivata attorno alla barriera del 20 per cento grazie al vasto consenso con cui il Front National è riuscito a penetrare ovunque. Sarkozy deve leccarsi le ferite: nella storia di Parigi, è il primo presidente della Repubblica che deve scontare l'umiliazione di arrivare secondo al ballottaggio». Scrive Storace, segretario nazionale de La Destra sul suo blog, ma il 20% d'oltralpe sembra, al momento, un miraggio sia in Padania sia nelle regioni del Sud.
http://www.linkiesta.it/Le-Pen-Italia-Borghezio-Destra-Fronte-Nazionale-Fiamma-Tricolore-Mussolini#ixzz1swHKEIYj
lunedì 23 aprile 2012
Anche l'Olanda si ribella al mondialismo!
Grazie alla "estrema destra", l'Europa si risveglia: dopo Ungheria e Francia, anche l'Olanda si ribella al mondialismo ed alla plutocrazia!
"Faccio gli interessi del mio popolo, non quelli della finanza internazionale. I sacrifici economici e sociali imposti all'Olanda sono inaccettabili, per questo usciamo dal governo"
Geert Wilders (Partito della Libertà, destra radicale, nulla a che vedere con il PDL!)
MILANO ONORA i CADUTI della RSI.
Domenica scorsa, 22 aprile, Milano haricordato, con una sentita e partecipata cerimonia militare e religiosa, icaduti militari e civili della Repubblica Sociale Italiana, sepolti presso ilCampo X del Cimitero Maggiore di Milano.
La manifestazione è stata organizzatadalla Unione Nazionale Combattenti della Repubblica Sociale Italiana di Milano(presieduta dal Comandante Armando Santoro, già Volontario della LegioneAutonoma Ettore Muti), in collaborazione con l’Associazione Nazionale Arditi d’Italia(presente il Comandante del Reparto di Milano, Leonardo Romano) e l’AssociazioneCombattenti della Decima Flottiglia Mas del Comandante Junio Valerio Borghese(rappresentata dal vice-Presidente Nazionale, Sergio Pogliani).
La Santa MessaTradizionale in Latino è stata celebrata da Padre Giulio Tam, della FraternitàSacerdotale San Pio X (fondata da S.E. Mons. Marcel Lefevbre). La cerimonia è terminatacon l’intervento storico del poeta Mario Varesi, la preghiera declamata dalla Ausiliaria Velia Mirri, il silenzio di ordinanza inOnore dei Caduti ed il tradizionale saluto finale di Marò e Parà.
Sono intervenuti: exCombattenti di tutte le Forze Armate ed Ausiliarie della RSI (Alpini dellaMonterosa, Arditi delle Brigate Nere e della Muti, Ausiliarie del ServizioFemminile, Avieri, Bersaglieri, Giovani Volontari delle Fiamme Bianche, Marinaie Marò della X MAS, Militi della Guardia Nazionale Repubblicana, Paracadutistidella Folgore, Volontari della Divisione SS Italiane, Volontari di Guerra), iparacadutisti di Milano (guidati da Dario Macchi e dal Conte Alessandro RomeiLonghena) e diverse rappresentanze politiche (Destrafuturo con FrancescoMarotta e Michele Puccinelli, Destra per Milano con Roberto Jonghi Lavarini,Fiamma Tricolore con Attilio Carelli e Gabriele Leccisi, Forza Nuova con DuilioCanu, Lealtà e Azione ed Unione Patriottica).
Fra gli oltre quattrocentopatrioti, dio ogni età e ceto sociale, sono intervenuti numerosi militanti della destra milanese e lombarda: Ago(“ideologo” del gruppo musicale DDT), Marco Battara (delle Edizioni Ritter), RemoCasagrande, il Prof. Luca Gallesi (giornalista), Carlo Lasi, Stefano Maricelli,Antonio Spadavecchia, Pierangelo Pavesi (ricercatore storico), RobertoPerticone (rappresentante ufficiale di Marine Le Pen in Italia).
Un ringraziamento particolare è dovuto aDonna Marisa, "Madrina del Campo X" ed a tutti i giovani volontari, organizzatida Francesco “Doppio Malto” Cappuccio (Circolo Letterario Ritter) e da GuidoGiraudo (Associazione Culturale Lorien), che hanno perfettamente pulito,ordinato e adornato di tricolori il Campo dell’Onore.
Con Marine Le Pen per un Fronte Europeo delle Nazioni!
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http://www.marinelepen2012.fr/ - http://www.frontnational.com/
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La fiamma tricolore del Front National francese arde potente al 19%, risultato straordinario ottenuto, ieri, alle elezioni presidenziali, da Marine Le Pen, figlia d'arte del mitico Jean Mary, storico capo carismatico della "estrema destra" europea e fraterno amico di Giorgio Almirante. Ora, anche in Italia, è necessario creare un grande movimento unitario della destra popolare, sociale, radicale ed identitaria: un grande "fronte nazionale" che si batta per la nostra sovranità politica, economica e monetaria, in difesa dei nostri diritti e delle nostre libertà, delle nostre tradizioni ed dei nostri legittimi interessi nazionali. Presto, dopo le elezioni presidenziali francesi, la nostra amica Marine Le Pen tornerà in Italia a sugellare l'unificazione de La Destra di Storace con la Fiamma Tricolore di Romagnoli e la nascita di un Fronte Europeo delle Nazioni che si opporrà duramente a questa Europa delle banche e della burocrazia.
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Roberto Jonghi Lavarini
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http://destrapermilano.blogspot.it/ - http://www.progettonazionale.it/
mercoledì 18 aprile 2012
Ma quale crisi: sono i banchieri che ci stanno derubando!
Non è crisi, è truffa! Come i banchieri ci stanno derubando
Questo illuminante libro ci spiega con parole semplici e alla portata di tutti, accompagnate sempre da esempi pratici, il linguaggio ostico ed ingannevole della moderna economia che ci viene quotidianamente propinato dai media. I cittadini non informati non fanno che ripetere meccanicamente termini come PIL, debito pubblico, inflazione, borsa, eurozone, spred, e chi più ne ha più ne metta, senza capirne mai il vero significato celato da giornalisti e politici servi del vero potere: le banche.
Un cittadino acculturato e cosciente è invece in grado di leggere la realtà in cui vive, di analizzare l’economia come strumento che influenza direttamente la propria vita, e quindi smascherare cosa e chi si nasconde dietro questi teatrini preparati ad hoc per mantenerlo schiavo di un sistema antidemocratico e corrotto che pensa al vantaggio dei pochi. È per questo che tutti dovrebbero leggere Non è crisi, è truffa! – Come i banchieri ci stanno derubando (Edizioni Sì) di Salvatore Tamburro, un testo che accompagna il lettore nel complesso ed intricato quadro della situazione politica ed economica attuale in modo chiaro e diretto fornendo al lettore strumenti di analisi e di comprensione.
Tracciando una vera e propria mappatura che connette i punti salienti che compongono gli ingranaggi dell’economia moderna gestita da grandi banchieri e da potentissime agenzie di rating, Tamburro ci mostra come attraverso il loro denaro vengono controllate le economie nazionali e mantenuti sotto scacco i popoli: quello che in gergo viene definito come signoraggio bancario.
Come ci dice l’autore “quella che viene fatta passare agli occhi della gente come ‘crisi’, in realtà non è altro che la conseguenza di operazioni compiute dall’oligarchia al potere, ossia banche e corporation; in realtà si tratta di una truffa, le cui conseguenze gravano sulle spalle della collettività, chiamata a sostenere sacrifici, a subire misure di ‘austerità’ imposte proprio dagli stessi autori di questa grande truffa”.
Ma egli si spinge oltre. Non solo infatti ci dipinge dettagliatamente il quadro del mondo odierno in cui siamo immersi – la distruzione degli stati sovrani e della democrazia da parte di un’oligarchia di super-potenti attraverso giochi finanziari e il controllo monetario, le guerre per il controllo delle risorse, la truffa dell’euro, etc. – ma ci indica anche quali potrebbero essere le vie d’uscita da questo circolo vizioso in cui ci hanno imprigionati.
fonte: http://www.ilcambiamento.it/recensioni/recensione_non_e_crisi_e_truffa.html
martedì 17 aprile 2012
CAMPO X: ONORE e FEDELTA'
Cerimonia Militare e Religiosa al CAMPO X
in Memoria e Suffragio di BENITO MUSSOLINI
e dei Caduti (militari e civili) della REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA
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DOMENICA 22 APRILE 2012 - ORE 10.00 - CIMITERO MAGGIORE di MILANO
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Unione Nazionale Combattenti della Repubblica Sociale Italiana (UNC-RSI)
Associazione Combattenti della Decima Flottiglia Mas
Associazione Nazionale Arditi d'Italia (ANAI)
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lunedì 16 aprile 2012
Uniti per un FRONTE NAZIONALE Europeo
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Ieri, Il Popolo di Roma – Destra Sociale, insieme a La Destra di Storace e al Front National di Marine Le Pen, ha dato vita al FRONTE DELLE NAZIONI EUROPEE, movimento delle destre d’Europa contro la Bce, l’Euro, l’usura, la finanza, il mercatismo, il liberalprogressismo e la dittatura del pensiero unico! Altro segno tanginbile nel nostro cammino nazionalrivoluzionario! Noi… nella storia. La storia che avanza!
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http://www.youtube.com/watch?v=o6hph3nGzs8&feature=player_embedded
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http://www.youtube.com/watch?v=iosg4C0AnmQ&feature=relmfu
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«Dopo le elezioni presidenziali francesi, La Destra e il Front National lavoreranno a un documento comune per la costruzione di un fronte delle nazioni europee». Ne dà notizia Francesco Storace al termine del colloquio con Marine Le Pen che ha invitato a un grande evento da organizzare a Roma dopo le elezioni. Nel cordialissimo incontro, si legge in una nota, si è discusso dell’idea di un referendum europeo sul fiscal compact, sul contrasto alle politiche monetarie imposte dalla Bce, sui rischi provocati dal fondamentalismo islamico. (Pol-Leb/Ct/Adnkronos)
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Grande cordialità, parecchi sorrisi e un’intesa che sarà sancita da un incontro a Roma tra Francesco Storace e Marine Le Pen: «l’ho invitata a Roma dopo le elezioni francesi. A meno che, come le auguro, non venga eletta presidente…». Il segretario de La Destra e la candidata del Fronte nazionale alle presidenziali hanno trovato diversi punti in comune nei rispettivi programmi, durante il loro primo incontro a Nanterre, la sede del Fn alle porte di Parigi. Soprattutto, come ha annunciato Storace al termine dell’incontro nello studio della Le Pen, durato mezz’ora, sono state gettate le basi per la creazione di un ‘Fronte europeo delle nazionì, una «formazione politica europea finalizzata a contrastare il pensiero unico, il Fiscal compact». Un progetto che vedrà la luce se lo «scambio di documenti» che avverrà a Roma darà i suoi frutti. Ma alla Le Pen «non dispiace» – ha riferito Storace – neanche «la proposta di un referendum europeo» sul Patto di stabilità. Tra dichiarazioni di principio e qualche intenso scambio di battute, Storace e la Le Pen hanno dato vita a una fitta chiacchierata che è sfociata nell’invito a Roma dopo le elezioni. Storace ha raccolto la battuta di qualche giorno fa della leader del Fronte nazionale, secondo la quale in Italia «c’è stato un colpo di stato della Goldman Sachs»: «io dico – ha rincarato Storace – che se lo fanno i militari è un colpo di stato, se lo fanno le banche è un governo tecnico. Il governo Berlusconi è stato buttato giù senza un voto di sfiducia, per la pressione internazionale e credo che non sia democratico». Marine Le Pen ha ribadito all’ospite italiano la sua contrarietà a modelli come quello del governo Monti che impongano «un’austerità massiccia al popolo allo scopo esclusivo di rimborsare i mercati finanziari creando ulteriore debito». «La ventata favorevole all’Europa sta calando – le ha risposto Storace – e c’è grande spazio per politiche che rimettano in discussione l’Europa. Su questo abbiamo molti punti di consonanza pensiero con il Fronte nazionale, penso ai rapporti fra stati e BCE, alla messa in discussione del Fiscal Compact, il meccanismo che strangolerà i popoli. In Italia abbiamo chiesto che il Parlamento autorizzi un referendum sul Patto di bilancio, ma l’idea è di lanciare referendum europeo, far decidere i popoli e non i parlamenti». Il motivo principale della prima visita di un candidato de La Destra nella sede del Front National – ha spiegato Storace – è dare «il sostegno alla Le Pen in questo paese dove vivono 4 milioni di persone con ascendenza italiana, il 7% della popolazione». Tanti i temi in discussione, soprattutto quelli «caldi» della campagna elettorale francese: «sull’immigrazione e sul rischio del fondamentalismo la Le Pen ha messo il dito nella piaga – ha detto Storace – sull’Europa, c’è da dire che il nostro paese ha vissuto male questa fase, siamo passati dal tempo in cui con 2 milioni di lire si campava, ad oggi che con mille euro si sopravvive malamente». «Si sta affermando in tutta Europa – ha concluso Storace lasciando Nanterre – un vento che contrasta con il pensiero unico. Oggi il valore della persona viene soffocato dalla moneta, dalle politiche imposte dalla BCE. Recuperare spazio per la persona, per le nazioni, ritrovare la sovranità sono questioni fondamentali». (ANSA).
giovedì 12 aprile 2012
Politicanti: irresponsabili traditori!
Irresponsabili traditori
Pubblicato lunedì, aprile 09, 2012
Categoria: Economia, Interni
Con l’arrivo di Monti a Palazzo Chigi, la classe politica italiana ha perso ogni parvenza di dignità, di valore e di idealità. Lo ha certificato lo stesso Monti, a parole e nei fatti. Prima chiarendo fin da subito che il suo governo doveva rispondere ai mercati internazionali (mica ai cittadini, al popolo, alla nazione, allo Stato…), poi con una raffica di misure contro le famiglie (pagamenti “di plastica” obbligatori per transazioni superiori ai 1˙000 euro, aumenti di 2 punti dell’Iva, della benzina, dei biglietti di treni, autostrade, trasporti urbani, parcheggi, delle tariffe elettriche, annichilimento delle aspettative previdenziali e retributive, reintroduzione dell’Ici, ora Imu, con relativa rivalutazione catastale, senza scordar la “perla” della requisizione per decreto di 2˙600 miliardi di lire circolanti e non ancora convertite) che a tutto servono tranne che a finanziare nuove iniziative di crescita, ma giusto giusto per ripagare gli interessi maggiorati degli speculatori che hanno spinto alle stelle il rendimento dei titoli italiani.
Anche il meno economicamente alfabetizzato capisce che tutte le misure sin qui imposte avrebbero portato dritte dritte alla recessione (ed infatti, ora che ci siamo, qualcuno a denti stretti lo ammette, ma senza far troppo rumore…) e che imporre nuove prevedibili stangate (anche se Monti nega la necessità di misure finanziarie aggiuntive) in fase recessiva non è certo il modo migliore per garantire ripresa, rilancio e sviluppo.
Non sono “sacrifici indispensabili” per l’Italia, ma per i fondi internazionali e per le banche.
Il direttivo della Banca Centrale Europea ha messo a disposizione delle banche 1˙000 miliardi di euro in due distinte fasi, a dicembre e a fine febbraio, prestiti triennali al tasso d’interesse dell'1%. Intorno ai 140 miliardi di euro la quota che si sono arraffate le banche italiane. Ma di quei soldi le imprese e i cittadini italiani non ne hanno visti, se non le briciole delle briciole, gravate tra l’altro, nei sempre più rari casi d’accesso al credito, di interesse che vanno dal 4 al 9%: quei soldi in realtà le banche li hanno utilizzati per ripatrimonializzarsi e rifarsi delle perdite subite negli ultimi anni in conseguenza di speculazioni e di operazioni andate a male.
Non ci è sfuggito il fatto che nei primi giorni di gennaio, il governo, attraverso il Ministero del Tesoro, ha «estinto una posizioni in derivati che aveva con una delle grandi investment bank americane»: si tratta della potente Morgan & Stanley. Ovviamente né dalla super-banca d’investimenti americana né dal Tesoro alcuna precisazione sull’operazione, che ha movimentato verso le casse del colosso finanziario qualcosa come due miliari e mezzo di euro. Nessun chiarimento sul perché sia stata favorita Morgan & Stanley a fronte del fatto che anche Goldman & Sachs, Bank of America, Citigroup e JP Morgan Chase hanno una enorme esposizione sui derivati nei confronti dell’Italia (vantano un totale di 19,5 miliardi di dollari, cifra che arriva a 31 miliardi se si sommano anche i crediti vantati dalle banche europee). Chissà qual è la posizione italiana verso la finanza mondiale nel rischioso mercato dei derivati? Sarebbe lecito saperlo!
Tra le altre curiosità spicca il fatto, certamente fortuito, che all’epoca della stipula dell’accordo, a capo dello staff tecnico del Ministero c’era Mario Draghi, era il lontano 1994. Prima del 2009, il figlio dell’attuale premier, Giovanni Monti, è transitato proprio da Morgan & Stanley, dove s’è occupato in particolare di transazioni economico-finanziarie sui mercati di Europa, Medio Oriente e Africa. Conflitti d’interesse? Manco a parlarne.
Il commissariamento dell’Italia è palese, così com’è palese la sospensione della “democrazia” (proprio Monti, incalzato in un duro faccia a faccia dal deputato europeo Nigel Farage, ha risposto «la democrazia deve essere sospesa» per risolvere la grave crisi che scuote l’Europa).
Curiosamente quelli che di solito vanno in estasi al solo sentire il termine democrazia, quelli che la portano in palmo di mano tanto da averne aggettivato anche il proprio contenitore politico, dopo avere plaudito e brindato il 9 Novembre 2011 alla caduta di Berlusconi-pericolo-per-la-democrazia sulle note di “Bella ciao”, oggi non battono ciglio, anzi, sostengono il governo delle banche e dei grandi speculatori.
Un governo di “professori” dell’appropriazione (del risparmio privato), degli espedienti (contabili) e della svendita (dei settori strategici), nel solco della miglior tradizione dei Prodi e dei Ciampi.
Commissari eletti da nessuno, e quindi rappresentanti di nessun cittadino italiano, ci impongono tasse, con l’avvallo di una pletora di cortigiani che si vorrebbero politici!
Quelli che “per senso di responsabilità” appoggiano questo “colpo di Stato” di basso profilo!
Questi rappresentanti del peggior cupio servendi italiota che nei secoli ci ha reso più volte servi e zimbelli dello straniero! Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello…per dirla con le parole del Sommo Poeta, che qualche zelante professionista dell’antirazzismo vorrebbe addirittura censurare nel segno della dittatura dei “diritti umani”…
No taxation without rappresentation, nessuna tassazione senza rappresentanza, fu lo slogan che infiammò la rivolta delle colonie britanniche d’oltreoceano che portò alla Guerra d’Indipendenza americana. Strano non se ne ricordino questi centro-destri/centro-sinistri tutti devotamente proni all’icona democratica a stelle e strisce! Troppo impegnati a sostenere lo sceriffo di Montingham, per “responsabilità” ovviamente, tradendo così il loro mandato, i loro elettori e i cittadini italiani. Ma tradire è un verbo mai fuori moda per una classe politica allevata nella Repubblica “democratica e antifascista”.
"Guy Fawkes"
http://www.progettonazionale.it/2012/04/irresponsabili-traditori.html
Storico appuntamento politico: Francesco Storace (La Destra italiana) incontra Marine Le Pen (Fronte Nazionale francese).
Domani saro’ a Parigi per incontrare, presso il suo quartier generale, Marine Le Pen, candidata alle elezioni presidenziali francesi del prossimo 22 aprile. Ci vedremo dopo mezzogiorno, con lo scambio delle bandiere e una conversazione sulle prospettive politiche europee.
E’ la prima volta che incontro la leader del Front National e credo che sia importante alla vigilia dell’appuntamento per l’Eliseo. Ne ho voluto informare ieri i dirigenti dell’ufficio politico, anche in vista di un’importante sessione della direzione nazionale del partito che terremo martedi alle 13 a Roma.
L’incontro con Marine Le Pen puo’ segnare un salto di qualita’ nella costruzione di un percorso comune a livello continentale. Leggo le sue interviste, annoto le sue prese di posizione, registro il suo enorme consenso attorno a temi che ci vedono assolutamente sensibili.
Mi ha molto colpito la sua definizione negativa (“e’ stato un colpo di stato”) attorno alla nascita del governo Monti in Italia; e’ importante anche per la leader francese il contrasto a politiche dettate dalle centrali finanziarie mondiali; chissa’ che non si possa mettere in discussione insieme quel fiscal compact, il patto di bilancio, che rischia di soffocare tante decine di milioni di cittadini europei sotto i colpi della burocrazia di Bruxelles.
Occorre lavorare con serieta’ anche alla costruzione di un partito della destra europea, ci sono molti interlocutori da raggiungere in tutto il continente; e questo restituira’ anche maggiore legittimita’ al grande processo messo in campo dall’unica destra italiana degna di chiamarsi cosi’.
Ma ne riparleremo nel bilancio del viaggio parigino. Martedi in direzione dovremo verificare la disponibilita’ dei centri del nord e del sud del Paese a ospitare manifestazioni che affermino lo spirito dei ventimila del 3 marzo in ogni parte d’Italia; daremo forza e vigore alla campagna per il tesseramento che dovra’ essere quanto mai massiccia rispetto agli scorsi anni; rilanceremo i temi che vogliamo portare al centro della nostra azione politica: lotta alle caste, contrasto allo strapotere bancario, discussione attorno al tema della presenza italiana in Europa, impegno sulle politiche sociali, freno alle politiche migratorie incontrollate.
Questa nostra destra, a quasi cinque anni dalla fondazione, ha dimostrato di avere le carte in regole con il sacrificio dei suoi dirigenti e dei suoi militanti, e ora e’ pronta a battersi per la vittoria. Sta ad ognuno di noi crederci fino in fondo mentre falliscono i progetti altrui, che sembravano imbattibili.
Francesco Storace
mercoledì 11 aprile 2012
"I partiti sono il cancro della democrazia"
I PARTITI SONO IL CANCRO DELLA DEMOCRAZIA
di Gianfredo Ruggiero
Provate a fermare una qualsiasi persona per strada e domandategli cosa ne pensa dei politici. Vi risponderà peste e corna. Però la stessa persona alle prossime elezioni andrà diligentemente a votare e quindi a legittimarli, pur sapendo che sono in massima parte degli incapaci e spesso ladri e corrotti.
In passato li avremmo inseguiti con i forconi, ora invece non solo li tolleriamo e li manteniamo, ma li votiamo pure e, cosa ancora più grave, gli ascoltiamo senza renderci conto che quando aprono bocca parlano senza dire nulla. A parte le solite frasi fatte e scontate che dette da una normale persona sarebbero bollate come banalità.
Cosa significa che siamo diventati dei masochisti, oppure è il sistema che hanno architettato i padri costituenti a non lasciarci scampo e ad indurci alla più totale rassegnazione?
Per rispondere a questa domanda dobbiamo prima capire come funziona questo perverso meccanismo che loro chiamano democrazia.
Lo stipendio di un parlamentare è alto, scandalosamente alto, e tale rimarrà perché serve a creare quel bacino elettorale necessario ad assicurargli la rielezione e non correre il rischio di tornare a lavorare alla scadenza del mandato.
La rete di consensi una volta creata va alimentata. Lo stipendio da parlamentare non basta a pagare le cene ai militanti, i regali per le assunzioni degli amici, i finanziamenti alle cooperative che poi lo sosterranno, ecc. In più vorrebbe anche godersi un po’ di quel bello stipendio che ogni mese gli viene puntualmente accreditato: la macchina di lusso, la seconda casa al mare e, magari, anche l’escort o il trans (dipende dai gusti) per alleviare la fatica... Ecco allora che si passa alla fase 2, quella dei finanziamenti occulti da cui deriva il cosiddetto “costo della politica”.
Le grosse società di costruzioni o di servizi per garantirsi gli appalti devono “oliare il meccanismo“ che consiste nella elargizione di prebende e tangenti al nostro politico, assessore o sindaco che sia. E qui il cerchio si chiude: l’imprenditore si aggiudica l’appalto e il prezzo comprende i denari che il nostro uomo incassa per sostenere il suo mandato.
La commistione tra mafia e politica e l’intreccio tra politica e affari nasce proprio da questo presupposto, dalla necessità del politico di allargare sempre più il suo bacino elettorale e di incrementare i suoi introiti per mantenerlo. Questa è la sua priorità, il Parlamento può attendere.
Il malcostume riguarda tutti i partiti, nessuno escluso. Lo conferma il lungo e colorato elenco di uomini politici inquisiti per mazzette, voti di scambio e utilizzo distorto dei finanziamenti pubblici che il notiziario ci scodella quotidianamente.
La corruzione della politica non è una degenerazione del sistema o il caso sporadico di qualche mela marcia - come vogliono farci credere - bensì la base della democrazia, di questa democrazia gestita e soffocata dai partiti.
In più i partiti, essendo associazioni private al pari delle Onlus e dei sindacati, sono esclusi dalla compilazione della denuncia dei redditi e i loro bilanci, nonostante le enormi cifre che ricevono dallo Stato, non sono consegnati alla Agenzia delle Entrate per essere passati al setaccio e resi consultabili come avviene con i cittadini e le Imprese, ma sono semplicemente depositati in Parlamento dove le verifiche sono puramente formali. Così vuole Costituzione. Non a caso tutti gli scandali recenti è passati che hanno investito i tesorieri di partito sono scaturiti da indagini delle Guardia di Finanza e mai dagli organi di controllo del Parlamento.
La cosiddetta prima repubblica è crollata sotto il peso della corruzione, la seconda è stata edificata allo stesso modo. Chi parla di terza non è molto distante, in linea di pensiero, dalle precedenti.
Come mai, allora, ad ogni elezione andiamo puntualmente a votarli? Siamo forse stati colpiti dalla sindrome di Stoccolma, quella che porta la vittima di un sequestro ad infatuarsi del proprio carceriere? Per comprendere quale capolavoro i padri di questa repubblica nata dalla resistenza sono stati capaci di realizzare, è sufficiente domandarci perché ogni anno siamo chiamati a votare per le varie elezioni politiche, comunali, provinciali, regionali, europee, per i referendum, ecc. quando sarebbe più semplice ed economico raggrupparle in una unica scadenza. La risposta è facile: le continue votazioni servono a tenere alta l’attenzione verso la politica e a distrarre la nostra mente. Il perenne dibattito che ne scaturisce e la contrapposizione tra partiti servono a creare quella sorta di clima da stadio che coinvolge e accalora gli elettori e li porta a non capire che i problemi che i partiti si propongono di risolvere con il loro consenso in realtà li hanno creati proprio loro.
Non è finita: la decisione di chi dovrà sedere in Parlamento spetta in apparenza al cittadino elettore, in realtà è il capo partito che dispone. Infatti la composizione delle liste elettorali - e dei candidati alle primarie, altra presa in giro - è definita dalla segreteria di partito sulla base dei consensi (il cosiddetto “pacchetto di voti”) che ogni candidato può garantire. Le capacità e le competenze dell’aspirante deputato sono utili, ma non determinanti (questo spiega la presenza nelle liste elettorali di sportivi, attori e personaggi televisivi).
In pratica l’elettore è chiamato a ratificare decisioni prese dall’alto, nelle buie stanze dei partiti e senza alcun coinvolgimento popolare. Nella migliore delle ipotesi può scegliere all’interno di una rosa di candidati, le cosiddette preferenze, sempre calate dall’alto.
Questa è quella che loro chiamano democrazia.
Tra partiti, poi, non vi sono differenze sostanziali, cambiano solo i cavalli di battaglia e gli slogan elettorali: federalismo per la Lega, giustizialismo per Di Pietro, mito americano per Berlusconi, pugno duro e tolleranza zero per le Destre, socialismo scolorito e ambientalismo annacquato per le sinistre… in realtà i loro programmi sono modi diversi di intendere lo stesso sistema imperniato sull’ideologia liberal-capitalista e basato sul potere assoluto e soffocante dei partiti.
La capacità dialettica, l’uso sapiente degli aggettivi (libertà, democrazia, tolleranza, pluralismo, solidarietà, ecc.) con cui i politici si riempiono la bocca e infarciscono i loro vuoti discorsi ci affascina. A sentirli parlare ci verrebbe voglia di votarli tutti.
A ciò si aggiunge l’asservimento della “libera stampa” sempre pronta a denunciare gli scandali dei politici e gli sprechi di denaro pubblico (vedi i quotidiani servizi di striscia la notizia), ma che a mettere in discussione il sistema e a prospettare alternative al regime dei partiti neanche ci pensa.
Esattamente come avviene nella cinematografia hollywoodiana che può tranquillamente proiettare le violenze, la corruzione, l’arroganza e la forza bruta del potere, le ingiustizie e le nefandezze del sistema tanto nessuno metterà mai in discussione in modello americano. Infatti alla fine del film la libertà, la giustizia e la democrazia trionfano sempre.
I politologhi che affollano i salotti alla Bruno Vespa ammettono che il sistema è perennemente malato però —questa e la loro tesi — il sistema possiede gli anticorpo necessari per superare le ricorrenti crisi, non c’è quindi bisogno di cambiarlo, è sufficiente l’alternanza di governo o tuttalpiù, quando i mercati si inquietano e l’Europa si allarma, nominare qualche esecutivo tecnico per massacrarci di tasse e ridare fiducia ai mercati. Morale: abbiate fiducia nei partiti e continuate a votarli.
I signori del potere possono quindi dormire sonni tranquilli, ci pensano i mass media ad ammansirci. Al riguardo è stato profetico Orwell che nel suo libro “1984” (scritto quasi quarant’anni prima, nel 1948) ha descritto esattamente la nostra attuale società che trae il suo consenso dalla falsificazione della memoria storica e dal condizionamento dei mezzi d’informazione. Fate caso ai titoli di quotidiani e notiziari e gli argomenti trattati: sono sempre gli stessi, un caso? No, è il gioco delle parti!
Torniamo al politico di turno. Una qualunque persona animata di sincero idealismo che volesse impegnarsi in politica per il bene comune o è straricco, in grado come Berlusconi di costruirsi un partito su misura, oppure deve aderire ad un partito esistente.
E qui inizia la trafila che lo porterà a fare e ricevere favori, a promettere elargizioni a questa e quella associazione di volontariato, a prospettare appalti alla cooperativa di turno e a farsi sostenere da qualche potente lobby.
E se non accetta il sistema e vuole continuare a fare l’idealista? Nessun problema rimarrà un semplice e innocuo consigliere comunale, senza futuro politico, guardato con diffidenza dai suoi compagni di partito e silurato alla prima occasione.
Veniamo ora alla questione chiave, quella riguardante la differenza tra democrazia e libertà che volutamente sono usati a sproposito come sinonimi, quando invece sono due concetti ben distinti.
La Democrazia è una forma di Stato che affida l’esercizio della volontà popolare ad una sua rappresentanza. Sulla definizione di rappresentanza popolare passa l’enorme differenza tra la Democrazia Parlamentare, quella attuale filtrata dai partiti, e la Democrazia Diretta, il nostro ideale, che si basa sull’ingresso in Parlamento dei rappresentanti, liberamente eletti, delle categorie produttive e civili, attraverso un processo selettivo che parte dal basso e coinvolge fin dalle prime fasi tutte le espressioni della società.
La Democrazia di oggi, inoltre, si esprime e si esaurisce attraverso un semplice gesto: una croce su una scheda per eleggere un parlamentale che molto spesso manco conosciamo (sfido chiunque a indicarmi qual è stato il deputato o senatore che ha contribuito ad eleggere alle ultime elezioni). Rilasciata questa delega in bianco la nostra democrazia si conclude.
La stessa filosofia è applicata al concetto di libertà. Siamo un Paese libero perché chiunque può manifestare il suo pensiero, scrivere ai giornali, protestare in piazza e perfino scioperare e poi… tutto come prima. «si, si protestate pure tanto poi alla fine decidiamo noi... per il vostro bene, naturalmente» questo è quello pensano i nostri politici. La loro ostentata sicurezza deriva dalla certezza che nessuno li smuoverà mai.
Per libertà io invece intendo non solo quelle politica e di espressione, ma soprattutto quelle civili: libertà di prospettare un futuro ai nostri figli, libertà di avere un lavoro sicuro, una casa in proprietà e una pensione degna di questo nome, un’assistenza sanitaria garantita e una scuola pubblica seria; libertà di dormire con le finestre spalancate e di passeggiare a tarda sera senza il timore di essere aggrediti….questa è la libertà, la vera libertà che solo uno Stato serio e svincolato dai partiti può garantire.
L’esaltazione della Resistenza elevata a mito fondante, la demonizzazione del Fascismo definito il male assoluto e la continua e ossessiva riproposizione dell’Olocausto ebraico sono fattori determinanti per indurre in noi la convinzione che oltre la democrazia c’è solo la dittatura e il ritorno ad un passato di sopraffazione, morte e distruzione.
Lo scopo è chiaro: scoraggiare e bloccare sul nascere qualunque tentativo, anche involontario, di messa in discussione del regime dei partiti. Possiamo parlarne male, denunciare le loro schifezze, il loro asservimento ideologico, ma guai a toccarli perché “i partiti sono il baluardo della democrazia”.
Dobbiamo invece ribellarci a questa dittatura del pensiero ed avere il coraggio di opporci a chi, in nome di una democrazia fasulla e di una libertà formale, vuole in realtà perpetuare il suo smisurato potere e i suoi enormi privilegi.
I partiti sanno che mettere mano alla Costituzione, a questa Costituzione vecchia e superata, concepita in un periodo storico completamente diverso da quello attuale, resa sacra e inviolabile, sarebbe la loro fine...e la nostra salvezza.
Gianfredo Ruggiero
Presidente
Circolo Culturale Excalibur
Varese
Mercati finanziari: come funzionano e chi comanda.
Come funzionano i mercati finanziari? Chi sono i protagonisti? La speculazione ha un nome e un volto?
In questi tempi di crisi i mercati si sono sostituiti ai Parlamenti e soprattutto all’elettorato nel decretare la fine di un Governo e nell’imporre importanti scelte politiche. Ci si può dunque interrogare su chi siano effettivamente questi mercati e come mai siano riusciti ad assumere questo ruolo chiave. Ma soprattutto ci si può chiedere: chi comanda veramente?
Negli ultimi decenni si è diffusa la convinzione che i mercati sono efficienti e in grado di autoregolarsi. In pratica le decisioni di milioni di investitori determinerebbero i prezzi di azioni, obbligazioni, materie prime e tassi di cambio delle valute in base alle informazioni disponibili. Questi milioni di scelte individuerebbero correttamente i prezzi che varierebbero in seguito solo in base ad informazioni nuove. Inoltre, queste scelte determinerebbero anche quella che gli economisti chiamano la migliore allocazione delle risorse, ossia premierebbero gli investimenti e le attività che hanno le migliori prospettive e non incorerebbero in clamorosi sprechi, come invece accadrebbe alle scelte di investimento effettuate dai Governi e quindi dalla politica. Queste teorie, sostenute da autorevoli personaggi come l’ex presidente della Federal Reserve, Alan Greenspan, hanno determinato non solo le scelte del mondo della finanza, ma anche di quello della politica fino all’inizio di questo secolo. Insomma, sono assurte a paradigma indiscusso ed indiscutibile. Il crollo della bolla dei titoli tecnologici nel 2000, la crisi dei mutui americani subprime nel 2007/2008, la crisi del sistema bancario del 2008 e l’attuale crisi dei debiti sovrani hanno mostrato l’inconsistenza di queste convinzioni che di fatto servivano unicamente a giustificare l’operato della grande speculazione finanziaria.
Restano dunque aperte le domande fondamentali: come funzionano i mercati finanziari? Chi sono gli attori principali di questi mercati? La risposta non è assolutamente facile e scontata. Effettivamente ogni giorno sui mercati finanziari operano milioni di persone e, quindi, questa indiscutibile realtà serve da tuta mimetica che nasconde i veri e determinanti attori (oppure manipolatori) dei mercati. I mercati finanziari si comportano in realtà come greggi. Si tratta dunque di individuare i caproni che guidano il gregge. Questa teoria del gregge è addirittura formalizzata dalla scuola della cosiddetta finanza comportamentale (“behaviour finance”) che cerca correttamente di individuare i meccanismi psicologici che inducono i milioni di attori a reagire e a comportarsi in modo uniforme. Questa uniformità di comportamenti è ulteriormente esaltata dai meccanismi di valutazione dei risultati della gestione degli investitori istituzionali, ossia dei gestori dei capitali delle casse pensioni, dei grandi fondi di investimento, ecc. Questi ultimi non vengono tanto valutati annualmente in base ai guadagni conseguiti, ma rispetto a parametri di confronto (benchmark). Ad esempio, la gestione di un fondo azionario svizzero viene confrontata con l’andamento della Borsa svizzera. Quindi è importante non perdere molto più dell’indice della Borsa svizzera, quando quest’ultima chiude l’anno in ribasso, e non guadagnare molto meno dell’indice, quando chiude in rialzo. La prima conclusione da trarre è che i risparmiatori pagano la gestione dei loro soldi a persone che spesso non fanno altro che imitare (copiare) con variazioni di scarsa rilevanza l’andamento dei mercati.
Ma chi determina il loro andamento? In realtà un pugno di uomini o meglio di grandi banche di investimento e di grandi società multinazionali. Questi istituti sono in realtà più organi di propaganda che vere e proprie banche. Infatti attraverso analisi, ricerche, studi e raccomandazioni di investimento riescono a determinare l’andamento dei mercati. Per essere più chiari, negli anni Novanta hanno esaltato il fenomeno delle nuove tecnologie informatiche, creando una mania che ha spinto milioni di persone ad investire nelle azioni delle società di telecomunicazione, in quelle Internet e via dicendo, creando una bolla che è poi scoppiata nel 2000, dando il via alla crisi dalla quale non siamo ancora usciti. Un altro esempio: sono le analisi sulla scarsità delle derrate alimentari, rafforzate dai disastri provocati dalla siccità o dalle alluvioni in varie parti del mondo, che hanno provocato grandi ondate di acquisti nei Paesi occidentali e la fame nei Paesi poveri. Oppure ancora, le analisi sull’aumento del consumo di petrolio provocato dai nuovi grandi Paesi emergenti (Cina e India) che ha fatto impennare il prezzo del greggio. Queste analisi, che si fondano sempre su dati reali e soprattutto facilmente comprensibili, vengono diffuse in tutto il mondo e vengono sostenute da queste stesse banche con massicci acquisti da parte dei fondi che gestiscono direttamente e da parte delle loro sale di trading (sale di compravendita delle più diverse attività finanziarie). Infatti negli ultimi decenni il grosso degli utili delle grandi banche di investimento è generato dalla speculazione effettuata con il capitale proprio. Per capirci è generata da quel tipo di attività che talvolta è afflitta da incidenti, come quello che ha provocato perdite miliardarie ad UBS a Londra.
La speculazione ha dunque un nome e un volto. Sono le grandi banche di investimento che si indebitano per moltiplicare le loro scommesse sui mercati (la cosiddetta leva), affiancate dai grandi Hedge Fund (che dipendono dalle banche per le linee di credito e per l’operatività) e dalle grandi società multinazionali, la cui attività sui mercati finanziari è spesso più redditizia e più importante di quella industriale. Molto probabilmente chi ha avuto l’ardire di giungere fino a questo punto nella lettura di questo articolo, potrebbe dire che queste affermazioni non sono suffragate da prove. Ebbene un recente studio dell’Università di Zurigo mette in luce la concentrazione delle strutture proprietarie e delle strutture di controllo dell’attuale sistema economico. In pratica, esiste una rete, che si potrebbe definire “invisibile”, formata da una cinquantina di società multinazionali (prevalentemente istituti finanziari), che attraverso un complicato meccanismo di relazioni di proprietà, controlla il 40% del valore economico e finanziario di 43’060 società multinazionali. Possiamo sostenere, senza timore di poter essere smentiti, che questo è il cuore (o la plancia di comando) dell’economia occidentale.
Oggi è in crisi questo cuore del sistema, che ha giocato per anni ad ingrossare la propria redditività scommettendo su un continuo aumento del debito. Ora il meccanismo gli si è rotto in mano e gli uomini della plancia di comando non sanno come uscire dall’attuale crisi. Sanno però che bisogna a tutti i costi tenere in piedi il castello di debiti costruito negli anni. Quindi, obbligano i Governi a salvare le banche, le banche centrali a rifornirle di liquidità a costo pressoché zero e alla politica di estrarre dall’economia reale le risorse ancora esistenti per tentare di rinviare il momento della verità. L’aspetto maggiormente preoccupante è che anche sulla plancia di comando non vi è alcuna strategia pacifica e non eccessivamente dolorosa per uscire dall’attuale crisi. Insomma, non si sa quale rotta seguire. Non si può escludere quindi che queste persone, di fronte al precipitare della situazione, scelgano vie pericolose per l’intera umanità.
In conclusione, i mercati finanziari dove milioni di persone operano sono in realtà una bella tuta mimetica, che serve a far credere a tutti di essere coinvolti e corresponsabili di quanto succede e che serve soprattutto a celare la plancia di comando, dalla quale uomini e società gestiscono il nostro mondo.
http://www.ticinonews.ch/articolo.aspx?id=254983&rubrica=46231
Segnalato da www.centrostudifederici.org
Vergogna: le banche non pagheranno l'IMU !
Niente IMU per la razza protetta
Pubblicato venerdì, aprile 06, 2012
Le Commissioni Bilancio e Finanze del Senato hanno deciso che le fondazioni bancarie non pagheranno l’Imu, la tassa sugli immobili. Il Decreto Fiscale infatti è stato votato da 241 senatori contro i 29 contrari e i due astenuti.
La motivazione ha dell’incredibile in quanto il Governo afferma che l’esenzione è dovuta perché “le fondazioni bancarie sono associazioni benefiche” quindi Enti di beneficenza.
Ricordando che in Italia gran parte degli Istituti di credito sono di proprietà delle Fondazioni bancarie appare evidente che i funzionari di banca che siedono al Governo non hanno fatto altro che curare i propri interessi.
Soddisfatto dell'approvazione del testo il viceministro all'Economia, Vittorio Grilli che afferma: il Decreto contiene diverse misure che: permetteranno ulteriori passi avanti verso l'equità e il controllo mirato degli illeciti, insieme a norme per la razionalizzazione delle spese di gestione degli enti territoriali e provinciali.
Ovviamente la differenza tra una stalla, un pollaio, una piccionaia e via dicendo sono diverse da una “Banca che fa del bene” forse perché polli, vacche e maiali si possono vendere al mercato mentre,
nonostante i medesimi vivano all’interno delle fondazioni bancarie, devono restare una “razza protetta”.
Piero Puschiavo
martedì 10 aprile 2012
Destra in Toscana
Pasquetta 2012 della destra in Toscana. Nella prima foto, da sx: l'Ing. Michele Puccinelli (coordinatore del movimento Destrafuturo) con il figlio Guido, Roberto Tenerani (da sempre militante della destra pisana, già segretario della storica sezione del Movimento Sociale Italiano di Palaia) e Roberto Jonghi Lavarini. Nella seconda foto: Jonghi ed i Puccinelli con il mitico Camerata Demistore Marconcini (Paracadutista, Combattente Volontario nella Repubblica Sociale Italiana) che partecipò alla missione per liberare Mussolini dalla prigionia sul Gran Sasso.
giovedì 5 aprile 2012
Patto Berlusconi-Monti per il grande centro: fuori la Lega e gli ex AN, dentro Terzo Polo e Montezemolo...
AFFARI ITALIANI - POLITICA
Berlusconi lancia Monti anche nel 2013
Mercoledì, 4 aprile 2012 - 16:15:00
Mercoledì 4 aprile, intervista di Mario Monti a 'La Stampa'. A un certo il premier parla di Berlusconi e ai più sembra una frase buttata lì. Ma non lo è affatto. "Sulle grandi questioni internazionali lo tengo informato e partecipe e gli chiedo suggerimenti". Non solo: "Rapporto importante" e "continuo sostegno". Un elogio gratuito al Cav? Niente affatto. Il presidente del Consiglio si muove dentro uno schema ben preciso e continua a tessere le lodi di Silvio con un obiettivo ben preciso: farsi riconoscere come il leader ideale dei moderati, vedi riforma sul lavoro e non solo.
In sostanza - secondo quanto risulta ad Affaritaliani.it - il Professore e Berlusconi stanno preparando lo scenario per il 2013. Ovvero un rassemblement di Centrodestra, riformista ed europeista, che includa l'attuale Popolo della Libertà senza gli ex An La Russa e Gasparri (fuori anche Tremonti, direzione Lega), il Terzo Polo di Casini e, colpo di scena, Italia Futura di Montezemolo.
Il numero uno della Ferrari - spiegano da Palazzo Grazioli - si è mosso con circospezione verso il Cavaliere e la sua 'macchina' preparata negli anni, e ormai pronta, sarebbe lo strumento di Monti per ricandidarsi a Palazzo Chigi. Con il sostegno di Berlusconi, padre nobile dell'operazione, dello stesso presidente della Rossa (che potrebbe entrare nel prossimo esecutivo) e con l'avallo di Udc e Fli.
Per convincere Casini a mollare Bersani, l'ex premier avrebbe pronta l'offerta del Quirinale per il leader centrista che, a sua volta, convergerebbe verso la formazione del nuovo Partito Popolare Italiano, sulla scia del PPE, dimenticando così gli attacchi di Silvio e il rapporto non idilliaco con Montezemolo. Berlusconi non è affatto convinto di Alfano e, ormai certo della fine del Carroccio e soprattutto della leadership di Bossi, si è ormai deciso a sposare l'ipotesi del Monti-bis, visto anche l'occhio di riguardo del governo dei tecnici per Mediaset.
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