CCP

lunedì 4 marzo 2013

In ricordo di Alessandro Alvarez.

 
 
Iscritto all’Università Cattolica di Milano presso la facoltà di Scienze Politiche, Alessandro Alvarez era in procinto di laurearsi. Dopo aver aderito nel 1995 al Movimento Sociale – Fiamma Tricolore, aveva dato vita, insieme ad altri militanti, ad Alleanza Studentesca e contemporaneamente frequentando il Fronte Sociale Nazionale. Proprio il Segretario, Adriano Tilgher, dichiarò alla stampa, qualche giorno dopo l’omicidio, “Conoscevo personalmente Alessandro Alvarez.: era un bravo Camerata”. Durante i solenni funerali erano presenti più di trecento giovani, provenienti da diverse parti dell’Italia, oltre che molti Dirigenti della estrema destra milanese. La bara, accompagnata dal saluto romano, era stata ricoperta con una bandiera raffigurante una runa celtica nera su uno sfondo bianco e rosso. Alla fine, in cerchio attorno al feretro si era levato l’ultimo saluto: «Camerata Alessandro Alvarez: Presente … Presente … Presente!». La sera del 3 marzo 2000 a Cologno Monzese, alle porte di Milano, poco prima di mezzanotte, in una strada poco illuminata e di scarso passaggio nella periferia industriale, tra due capannoni di una fabbrica, ormai dismessa, e ricoperta di graffiti, veniva ritrovato il corpo senza vita di Alessandro Alvarez. Assassinato da alcuni colpi di arma da fuoco. Cosa strana a terra nessun bossolo. L’esame autoptico evidenziava che l’assassino, probabilmente, aveva impugnato una pistola calibro trentotto e che il giovane militante di destra era stato colpito, prima al torace, mentre era ancora in sella al suo motorino, e poi due volte alla testa, mentre tentava di fuggire a piedi. In un primo momento fu subito esclusa la pista politica, nonostante il nome di Alessandro Alvarez fosse già noto da anni per la sua militanza nelle organizzazioni milanesi della destra più radicale. Ma il colpo di scena arrivò subito dopo. A cinque giorni dall’assassinio, veniva fermato Alessandro Troccoli, ventisei anni, anch’esso di Cologno Monzese. Interrogato dagli inquirenti, come amico della vittima, e messo alle strette, dichiarava di aver in realtà assistito all’omicidio. Aveva accompagnato Alessandro Alvarez ad un incontro per trattare una partita di armi. All’improvviso, nel più totale buio della strada, uno sconosciuto aveva pronunciato il nome di Alessandro, ossia il nome di entrambi., e Troccoli si era voltato per capire chi fosse. Secondo le sue dichiarazioni, a sparare era stato un extracomunitario di origine slave, descritto come mezzo calvo, con due baffetti e di media statura. Alessandro Troccoli a quel punto fuggiva impaurito perdendo di vista l’amico Alvarez. Ma le analisi stabilirono che sul giubbotto, indossato da Alessandro Troccoli, si erano depositate diverse tracce di polvere da sparo. In almeno dodici punti comparivano particelle di piombo, bario e antimonio. Anche Alessandro Troccoli, dunque, aveva sparato. Non solo, risultava anche difficile credere, che qualcuno poteva fuggire dal vicolo dove era stata tesa la trappola, un budello strettissimo, senza essere colpito. Da teste, Alessandro Troccoli si trasformava in indagato, e il Giudice per le indagini preliminare, sulla base dell’acquisizione di nuovi elementi, lo incriminava non solo per traffico di armi ma anche per l’ assassinio dell’amico Alessandro Alvarez.

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