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lunedì 12 novembre 2012

Sempre pronti a "Marciare su Roma"...

LA MARCIA SU ROMA: ELEMENTI DI ATTUALITA’ E CONTINUITA’ Perugia, 28.10.2012 E’ significativo che, a 90 anni da un evento che ebbe tanta importanza nella storia d’Italia, ancora non si riesca ad affrontarlo in un clima di seria partecipazione e di leale confronto culturale. Comunque la si voglia giudicare, la Marcia su Roma del 1922 rappresentò una svolta epocale nella storia politica della nostra nazione e nei processi di modernizzazione sia della struttura sociale che delle istituzioni oltre che della concezione stessa dell’uomo. Devo premettere che mi sento un pesce fuor d’acqua in questo contesto perché non sono uno storico, non mi sento in grado di avere l’imparziale lucidità necessaria a storicizzare gli eventi di un’epopea che, anche se si allontana sempre più nel tempo, riesce ancora a suscitare e sollevare passioni e risentimenti. Io sono un politico, uno di quelli di cui si è persa la traccia in questo spettacolo indecoroso che i “sedicenti politici” nostrani stanno dando di loro stessi. Mi sento di far parte di una genia in via di estinzione e di cui oggi ci sarebbe enorme bisogno. Proprio da politico mi sento di affermare che non è possibile storicizzare, e quindi chiudere nella bacheca del passato, bello o brutto che sia stato, il Fascismo e tutti gli eventi significativi ad esso collegati. Il Fascismo è una dottrina e proprio in quanto tale non è possibile racchiuderlo negli scaffali della storia. Leggiamo nel breve testo di Dottrina del Fascismo, scritto da Mussolini, “L’Uomo del Fascismo è individuo che è Nazione e Patria, legge morale che stringe insieme individui e generazioni in una tradizione ed in una missione, che sopprime l’istinto della vita chiusa nel breve giro del piacere per instaurare nel dovere una vita superiore libera da limiti di tempo e di spazio: una vita in cui l’individuo, attraverso l’abnegazione di sé, il sacrificio dei suoi interessi particolari, la stessa morte, realizza quell’esistenza tutta spirituale in cui è il suo valore di uomo.” Come si possono storicizzare queste parole, queste indicazioni, necessarie oggi più di ieri? Sono proprio questo tipo di Uomo e una società organizzata su questo spirito e su tali valori perenni che possono far superare la grave crisi etica, morale e sociale che la comunità nazionale vive oggi in modo ancor più drammatico e sofferto del passato. Forse, sono proprio i tentativi di storicizzazione delle dottrine spiritualiste che stanno facendo sprofondare la società contemporanea nel materialismo economista, liberista ed edonista. Non è, però, possibile storicizzare neanche il periodo storico e le varie fasi che lo hanno contraddistinto, dalla Marcia su Roma alla Repubblica Sociale, perché sono tutti eventi che fanno parte di un unico ciclo che non è ancora arrivato a conclusione come dimostra la virulenza dell’antifascismo come collante e legittimazione degli assurdi connubi che hanno contraddistinto la vita politica italiana dal 1945 ai giorni nostri. E’ grazie all’antifascismo ed alla retorica resistenziale che si sono potuti portare gli epigoni del comunismo al governo dell’Italia; è sempre grazie a questi due fattori che ha preso vita la contraddizione in termini del catto-comunismo; sempre da quella logica sono partoriti fenomeni aberranti come il terrorismo e la lotta armata, ed è proprio in quella chiave di assoluta antidemocraticità e di violazione della volontà popolare che oggi dobbiamo subire un governo cosiddetto tecnico. Anche la Costituzione Italiana, che tanti spunti ha tratto dalle norme giuridiche del Fascismo, conferma l’attualità di quella dottrina e della sua estrinsecazione politica. Infatti, nonostante siano trascorsi quasi sessantacinque anni dalla sua pubblicazione ufficiale, continua a restare in vigore quella norma, definita provvisoria e finale, che prevede il divieto di ricostituzione, sotto qualsiasi forma, del disciolto Partito Fascista. Inoltre, la propagazione continua e quotidiana di falsità e menzogne su quella dottrina e quella storia, ne dimostrano l’attualità e l’impossibilità di racchiudere quell’esperienza nel calderone dell’esperienza storica: il ricorrente uso di luoghi comuni , quali la “violenza” e “le libertà conculcate” sono l’ulteriore riprova del nostro asserto. Il Fascismo nella sua estrinsecazione storica non fu sicuramente dedito alla violenza e meno che mai “conculcò le libertà”, visto che proprio durante il ventennio furono attuate le più audaci e moderne riforme sociali e si diede vita a riforme istituzionali tendenti a dare ai cittadini il massimo della partecipazione attiva alla vita sociale e politica della Nazione (Carta del Lavoro, Magistratura del lavoro, corporativismo, socializzazione….). Infine le dichiarazioni di alcune autorità di questa città e le manifestazioni tendenti ad ottenere che fosse vietato il regolare svolgimento dell’odierno convegno, sono la testimonianza più viva di quanto sia impossibile storicizzare un fenomeno capace di suscitare tante passioni, positive o negative che siano, ma pur sempre attuali. Infatti proprio dell’attualità della Marcia su Roma e della continuità storica che da quell’evento giunge ai giorni nostri dobbiamo occuparci, per trarre gli spunti oggi utili e necessari per la rinascita d’Italia. Una considerazione dobbiamo rilevare nella sua drammatica attualità: il Fascismo introdusse e potenziò la presenza dei giovani nella società e nei posti di responsabilità; Mussolini stesso divenne presidente del consiglio prima di aver compiuto i 39 anni; la classe politica fu rapidamente ringiovanita ed in tutti i settori fu dato spazio e responsabilità ai giovani. Oggi al contrario, la politica, la burocrazia, l’amministrazione pubblica sono rappresentati da vecchi, che non solo, per conservare i propri personali privilegi, non consentono la crescita dei giovani, ma selezionano, come giovani da far crescere, gli arrivisti ed i “lecchini” che, con il loro infimo livello morale, fanno credere che non è possibile modificare “le regole del gioco”. La Marcia su Roma ci insegna che un folto gruppo di giovani, scarsamente armato e sicuramente pieno di entusiasmo e di voglia di cambiare, se ben guidato può giungere ovunque, senza violenza, ma con la consapevolezza della propria volontà di incidere e di cambiare la società. E’ bene entrare più direttamente nel tema e sottolineare alcune notazioni che possono avere il sapore dell’attualità. Intanto va preliminarmente osservato che le forze di sinistra, eccetto alcuni casi sporadici, non fecero nulla per fermare la Marcia su Roma, non ostante fosse realizzata da uomini armati in modo approssimativo. E’ questa la prova principale dell’assoluta incapacità di quegli ambienti di sinistra che ostentavano propositi rivoluzionari e barricadieri, e che cianciavano di lotta alla società borghese ed all’ordine costituito. La sinistra predicò ed attuò la violenza solo quando doveva confrontarsi con l’ordine costituito, ma quando si è dovuta scontrare con chi intendeva la lotta politica in termini autenticamente rivoluzionari si è rifugiata nel vittimismo. Lo stesso vittimismo che, negli anni 70 ed 80, ha fruttato loro passi giganteschi verso l’area di governo, quando una destra, generosa ed isolata politicamente, reagiva alle provocazioni della sinistra che si rifugiava sotto l’ala protettiva della repressione di stato. Inoltre dobbiamo ricordare che il fallimento del tentativo di occupare le fabbriche da parte della sinistra ne ha sancito il definitivo inserimento nel mondo giolittiano. Questa situazione fu una premessa politica alla Marcia su Roma. Il parallelo tentativo di strumentalizzazione, da parte del giolittismo, del Fascismo, che doveva essere utilizzato come strumento per il ristabilimento dell’ordine, sfruttando lo squadrismo, cozza con la vitalità di questo movimento che scavalca le manovre di Giolitti, vince e va al potere. Va ancora rilevato che la Marcia su Roma fu un atto di lotta politica interno all’Italia, mentre le vicende, che dettero vita ai fatti successivi al 1945 da parte degli antifascisti, furono dovute alle armate straniere “liberatrici” e quindi non possono essere considerate come lotta politica interna. E’ infine da notare che l’antifascismo, come abbiamo visto, è ancora oggi al potere e si manifesta continuamente con i suoi miti e le sue ritualità dopo quasi 70 anni. E’ ovvio che questo problema, tutto italiano, ci deve fare interrogare su come tutto questo sia potuto accadere e ci pone dei seri spunti di riflessione. L’isolamento politico, cui le forze cosiddette di destra sono state costrette dal regime politico nato nel secondo dopoguerra , ha fatto sorgere un complesso del “ghetto” che ha portato quell’ambiente a fare delle analisi superficiali. Infatti abbiamo considerato il secondo dopoguerra simile al primo, senza tener conto che i reduci del ’18 erano pieni di energia positiva derivante dal prestigio di una guerra vinta. Erano uomini vitali e capaci di assorbire i fermenti sociali che, all’epoca, si manifestavano in modo anche violento. In parallelo le Istituzioni statali godevano di identica vitalità e prestigio. Nel secondo dopoguerra, al contrario, le tristi vicende dell’8 settembre del ’43 e della guerra civile ci hanno restituito dei reduci sconfitti, delusi, amareggiati e carichi di odio fratricida e delle Istituzioni, le più rappresentative, completamente frantumate. Infatti non dobbiamo considerare i disordini di piazza, che, tra l’altro, sono durati poco tempo, ma il più grave disordine delle Istituzioni ormai incapaci, nella loro cronica disfunzionalità, a dare risposte ai quotidiani problemi degli Italiani e di cui oggi percepiamo i gravi sintomi dell’agonia: nella scuola, incapace ormai di formare e di informare, nella sanità, priva di qualsiasi possibilità di prevenire e talvolta anche di curare, nella politica, il cui spettacolo indecente è davanti agli occhi di tutti, nel mondo del lavoro, diventato una vera chimera per i più giovani, per di più con meno tutele, che erano l’orgoglio della nostra cultura del lavoro, insomma nella società tutta. Il disordine ed il disorientamento odierni hanno origine dall’ordine costituito. Infatti i cittadini italiani quando entrano in contatto con i pubblici poteri ne rimangono, il più delle volte, umiliati e senza risposte, o con risposte insoddisfacenti. Tutto questo spinge ad un malessere verso le Istituzioni ed alla rassegnazione nella sudditanza rinunciando ad assumere la responsabilità del proprio ruolo di cittadino. Il comunismo, quindi, che ai tempi della Marcia su Roma fallì nell’operazione per la vitalità e forza dei reduci, ci ha deviati dal reale obiettivo, costringendoci ad uno sterile anticomunismo, che, negli anni, ci ha impedito di svolgere analisi lucide sulle reali condizioni dell’Italia. Noi nella realtà, come la Marcia su Roma e gli eventi successivi ci insegnano, avremmo dovuto, da subito, costruire l’alternativa al regime sul piano morale e politico; ancora oggi siamo in tempo, anche perché il comunismo si è autodissolto. La validità di tale alternativa dipende dal modo in cui vengono affrontati i temi di attualità; ovvero bisogna richiamare alla propria responsabilità tutti gli uomini e le forze politiche di qualsiasi parte che continuano a tenere l’Italia bloccata in questa situazione di stallo e di dipendenza da un sistema di potere basato sulla finanza che ci prepara un triste futuro. Il clima spirituale di oggi è sicuramente diverso da quello del ’22, ma come allora non dobbiamo soltanto ricostruire l’organizzazione sociale, economica e politica dello stato in un rivitalizzato quadro etico ed in una visione moderna dei problemi, ma dobbiamo affrontare, integralmente e con coscienza, i temi autentici della crisi della civiltà contemporanea e cercare, nella stessa sofferta esperienza di questi ultimi 90 anni, la strada giusta per costruire e crescere. Il vero problema politico odierno consiste nell’individuare delle nuove forze capaci di affrontare con un sincero senso di responsabilità, con rinnovata tensione morale, con un’autentica passione nei confronti della Nazione, la sfida per costruire un nuovo modo per la gestione dello stato e dei rapporti con l’estero, capace di tener conto dei problemi posti dalla storia e di affrontare la grave situazione dell’Italia. Il Fascismo, comunque lo si voglia giudicare, ha lasciato una grande responsabilità consistente in tutto ciò che di non compiuto ed irrealizzato ci ha lasciato. Per meritare la grande eredità di opere realizzate,di riforme compiute, di innovazioni sociali ed istituzionali introdotte dobbiamo andare avanti e proseguire l’opera di ricostruzione morale delle nostre genti, di ripristino e rinnovamento delle strutture, sociali, economiche e politiche dell’Italia, adeguando il tutto ad una nuova concezione della vita e visione della storia. Chi si riallaccia alla tradizione del Fascismo, ha questa enorme responsabilità, aggravata dal modo in cui hanno agito coloro che si dicevano eredi di quella storia in questi ultimi venti anni. Il modo in cui saremo capaci di agire nel presente e negli anni a venire determinerà, in gran parte, il futuro d’Italia e, scusate la presunzione, del mondo intero. Bisogna rivitalizzare le forze vere del nostro popolo, suscitare l’ansia di ricerca del nuovo per recuperare il senso della lotta e la capacità creativa, in modo da riuscire a ricostruire, in questa società in via di dissoluzione, l’uomo nella sua integrità morale e spirituale come artefice ed interprete di una nuova visione del mondo. Adriano Tilgher

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