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martedì 20 novembre 2012

Giorgia Meloni si candida alle primarie del PDL.

Noi non siamo più iscritti al PDL di Silvio Berlusconi, un partito che ci ha profondamente deluso e che ha tradito il suo patto con gli elettori, finendo con il sostenere il governo tecnocratico, plutocratico e mondialista di Mario Monti. Giorgia Meloni ci piace, è veramente una di noi, una giovane e brava militante di destra che ha fatto carriera, senza dimenticarsi da dove è venuta. Ci piacerebbe anche sostenerla (sarebbe la nostra "Renzi") ma queste elezioni primarie dovrebbero allargarsi alla coalizione, a tutto il centro-destra, e non limitarsi ad una semplice conta congressuale interna al PDL, partito in crisi irreversibile, oramai ridotto al 17%.
Ecco perchè mi candido alle primarie del Pdl 19 novembre 2012 Ho depositato anche io la disponibilità alla candidatura delle primarie del Popolo della Libertà. Entro il 25 bisogna portare, quindi entro questa domenica, le firme per la candidatura formale. Credo che valga la pena offrire il proprio contributo per cercare di riportare il Popolo della Libertà e il centrodestra italiano il più vicino possibile a quel 38 per cento con il quale è nato, mentre oggi i sondaggi lo attestano a percentuali molto più basse. Mi piacerebbe che si potesse rappresentare un po’ i delusi, cioè quell’oltre 20 per cento di italiani che oggi non si sentono più rappresentati da noi. E credo di poterlo fare in parte perché delle volte il centro destra e il Popolo della Libertà hanno deluso anche me. Credo che valga la pena di dire che bisogna difendere il bipolarismo anche da chi pensa che si possano fare delle leggi elettorali che sono veri e propri complotti ai danni del popolo italiano, che sono studiate per garantire ingovernabilità e per riportare a Palazzo Chigi Mario Monti. Credo che bisogna dire che l’esperienza di Monti è stata un’esperienza fallimentare e che in nessun modo può essere reiterata in Italia, che bisogna restituire agli italiani il diritto di scegliersi i governi dai quali farsi rappresentare e non farseli dettare dalla Casa Bianca, dalle cancellerie europee e da nessun altro. Credo che valga anche la pena di dire che la politica rimane una straordinaria forma di impegno civile, che non è vero che i politici sono tutti uguali, che ci sono brave persone e ci sono persone pessime. E se noi non sappiamo distinguere saranno i migliori che molleranno. Io mi aspetto il sostegno di quelli che vogliono cambiare. Sono una persona che ha molto chiaro da dove viene, sono fiera della mia storia ma ho anche molto chiaro dove voglio andare. Vorrei andare verso il futuro e quel futuro è fatto di idee nuove, di persone nuove e di tutti quelle che pensano che la politica debba essere rimessa in mano al popolo italiano e debba essere tolta dal predominio degli apparati. Tutti quelli che pensano che bisogna tornare alla partecipazione, alla meritocrazia, al consenso, all’onestà e a una grande domanda civile che ci viene dagli italiani e che ci piacerebbe poter rappresentare. Angelino è ostaggio degli apparati, se vinco rottamo tutti e spazio a facce nuove 20 novembre 2012 “Eravamo al 38% ora siamo al 15. Il gruppo dirigente non rappresenta più gli elettori” L’intervista a La Repubblica di Francesco Bei Tutti i colonnelli di An, da La Russa a Gasparri, da Matteoli ad Alemanno, sostengono Alfano alle primarie del Pdl. Tutti tranne Giorgia Meloni, 35 anni, che ha deciso di «sfidare l’apparato» e candidarsi in prima persona. Uno strappo con la sua vecchia area, perché? «Perché il Pdl era al 38 e oggi sta al 15%. E questo vuol dire che oltre il 20% dei nostri elettori non si sente più rappresentato da questa classe dirigente. Sono delusi dalla mancanza di rinnovamento, di onestà, di credibilità e di proposta. E tra questi delusi ci sono anche io». Alfano non l’avrà presa bene… «Dice? Secondo me invece una competizione vera può rappresentare un’occasione anche per Alfano per smarcarsi dall’immagine di leader ostaggio dell’apparato. Per lui può essere l’occasione per tirare fuori quel coraggio che molti di noi hanno sperato trovasse in questo anno e mezzo da segretario». Cos’altro la divide dal segretario? «Mi pare che Alfano abbia detto che Monti, se vuol fare di nuovo il premier, si deve prima candidare e ha detto che il Pdl non andrà mai più al governo con la sinistra». E allora? «A me questo non basta». E quali altri “caveat” aggiungerebbe? «Io voglio capire una cosa: se Monti si candida e se, al posto della sinistra, noi lo sosteniamo in alleanza con Montezemolo, questo ad Alfano va bene? A me no. II governo italiano non lo scelgono i capi di Stato esteri, né il Quirinale, né le banche. Lo devono decidere gli italiani». Corre per vincere o per farsi vedere? «Corro per rappresentare delle idee, se saranno maggioritarie vincerò». Berlusconi l’ha chiamata? «No». E i colonnelli? «Nemmeno». La sua candidatura è anche contro di loro? «Gliel’ho detto, l’attuale apparato rappresenta un partito ridotto al 15%. Per questo chi ha incarichi nazionali nel Pdl dovrebbe farsi da parte e lasciare spazio a una nuova generazione». Anche lei rottamatrice? «Non è solo un problema di persone. Dobbiamo rottamare anche i comportamenti. Spesso la logica è stata: è un cretino ma è un mio amico, quindi lo nomino. Io invece dico: è un mio amico ma è un cretino, quindi ne nomino un altro». Se vince come farà le liste? «Molti parlamentari del Pdl stanno lì dal ‘94 o persino da prima. Chi oggi vota per la prima volta non ha mai visto altre facce. Tra il tutti a casa e la palude c’è spazio per un ricambio fondato sul merito. Criterio finora non sempre osservato». La Mussolini, quando ha saputo della sua candidatura, ha commentato: “Salutame a’ mammeta”… «Uno dei lucidi commenti politici della Mussolini». Si candida anche l’imprenditore Gianpiero Samorì. «Potrei dire che non tutto si può comprare. Diciamo che non si sente il bisogno di altri banchieri alla guida dell’Italia». Lei un teleconfronto con Alfano e gli altri lo farebbe? «Magari aspetterei che gli undici attuali si sfoltiscano un po’ dopo la presentazione delle firme. Con tutti questi candidati rischiamo di fare Telethon». L’apparato non mi vuole? La base sì Ecco perché correrò alle primarie 20 novembre 2012 L’intervista rilasciata a Pubblico a firma di Stefania Podda E alla fine disse sì. Un sì meditato, persino tormentato. Perché nonostante mastichi politica da quando era una ragazzina e abbia bruciato le tappe di un paese a misura di vecchi e padri più o meno nobili – sino a diventare il più giovane ministro della storia repubblicana – , Giorgia Meloni non ama granché l’esposizione della primissima fila. Sino a questo momento. Perché ieri ha annunciato via Twitter la sua candidatura alle primarie del centrodestra, con tanto di foto di lei che mette la sofferta firma in calce al documento. Una candidatura che si aggiunge ad altre dieci in quella che si preannuncia come una sfida piuttosto affollata. In ordine sparso, ci sono Angelino Alfano, Daniela Santanchè, Micaela Biancofiore, Alessandro Cattaneo, Giancarlo Galan, Giampiero Samorì, Alessandra Mussolini, Guido Crosetto, Vittorio Sgarbi e Alfonso Luigi Marra. Resta in ballo Giulio Tremonti che ancora non scioglie la riserva, ma che ci sta pensando. Quanto alla Meloni, ci ha pensato parecchio in queste settimane che hanno visto implodere il Pdl. Meloni, il salto è di quelli che fan paura. Se vincerà le primarie, e se dovesse vincere le politiche, sarebbe lei il prossimo premier. A 35 anni. Ci ha pensato bene? (Sospira e ride) “E ci ho pensato sì. Sapesse quanto. Guardi che io ho il senso della misura. Perché crede che abbia aspettato tanto prima di questo salto come lo chiama lei?”. Già, perché? Il suo nome circola da settimane, anzi da mesi, come una sorta di exit strategy dalla crisi di credibilità del Pdl. Ma lei sinora ha nicchiato. Che cosa la tratteneva? “Appunto il senso della misura. Perché qui c’è in ballo la guida del paese, non altro. Io non do mica per certa la nostra sconfitta alle politiche come sotto sotto fanno gli altri. Io corro per vincere. Le primarie e le elezioni”. Non avrà l’appoggio degli ex colonnelli di An, però. Gasparri e La Russa blindano Alfano e non hanno gradito che lei abbia deciso di ballare da sola. Le vostre strade si dividono. (Allarga le braccia tra lo sconsolato e il divertito, fa una discreta pausa di riflessione e scandisce bene la risposta) “Mettiamola così. Sono molto dispiaciuta, ma io non ho fatto vent’anni di politica solo per finire a gestire una sconfitta già messa in preventivo. Perché di questo parliamo. Vogliono far convergere i consensi su Alfano? Legittimo, ma a che ci serve far vincere ad Alfano le primarie col 90 per cento e poi perdere le politiche con il 14 per cento dei voti? Perché questo succederebbe. Ci salviamo solo se mettiamo in moto energie, idee, se ci confrontiamo davvero, se dimostriamo di essere un partito vivo”. E’ comunque uno strappo. Peserà sulle sue possibilità di vittoria? “Mah, io so solo che alla chiusura dell’apparato nei miei confronti ha risposto un’incredibile apertura della base. Sono state le mille richieste e pressioni che mi sono arrivate, a convincermi che era giunto il momento di metterci la faccia”. Metterà la faccia anche nel dire no a Monti visto che l’ha sempre subìto più che scelto? “Guardi che io dico in pubblico, e a gran voce pure, le cose che altri sussurrano nei corridoi. Io penso che qualunque governo politico che avesse avuto quella maggioranza, e soprattutto quella solidarietà istituzionale, avrebbe fatto meglio del governo Monti. I tecnici ci hanno dato una politica economica fallimentare, zero crescita, e quanto all’equità, quella ce l’abbiamo messa noi in parlamento. Questo per dire con molta chiarezza che a me non basta che Alfano dica si a Monti a patto che non ci sia la sinistra. Vorrei ben vedere. Anche se ci fossero Fini, Casini e Montezemolo, il mio resta un no. E questo lo dico anche a chi, con una faccia dice no a Monti, e con l’altra lavora ad una legge elettorale che sta spianando la strada ad un suo ritorno. Se c’è una conquista che non dobbiamo perdere, è il bipolarismo. Qui invece stanno cercando di riportarci dritti nella Prima Repubblica”. Farà una battaglia generazionale come il suo coetaneo Renzi? “C’è almeno un 20 per cento di elettori del Pdl delusi e arrabbiati, io parlo a loro. Ma che ci sia un asset generazionale è fuor di dubbio. Ma scusi, le sembra normale che questo paese possa essere guidato solo da ultrasettantenni? Cioè da una generazione che, insieme a quelle immediatamente successive, è la responsabile di questo sfascio? Per il resto, a differenza di quelle del centrosinistra, alle nostre primarie voteranno anche i sedicenni. Di questo sono orgogliosa”. Ma alla fine riuscirete a farle davvero queste primarie? “Bella domanda. C’è un problema di organizzazione, è vero, ma non si torna indietro”. Anche senza la benedizione di Berlusconi? “Non penso che Berlusconi non voglia le primarie. E comunque lo ripeto: ormai non si torna indietro. Ci giochiamo la nostra sopravvivenza”.

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