lunedì 23 luglio 2012
Ritorno ad Itaca: formiamo l'equipaggio...
Editoriale
Ascoli: è iniziato il viaggio per Itaca
Non sarà facile, la rotta è appena abbozzata e l'equipaggio deve essere ancora raccolto, ma intanto...
di Sandro Giovannini
n una ambientazione del tutto evocativa e con un supporto sobrio ed efficiente abbiamo partecipato a questo primo incontro ascoltando con attenzione tutte le comunicazioni, da quelle introduttive di Besana e Veneziani a quelle dei molti intervenuti, infine al programmato resoconto-comunicato stampa conclusivo di Veneziani al termine della giornata.
In un quadro di potenzialità prepolitica che verifichi un definitivo superamento dei decenni di subalternità e riconforti un’eredità inequivoca ed attualmente dispersa in varie tribù delle ‘destre e non solo’ assieme ad una tensione generativa di nuove auspicate sintesi, le ipotesi prospettate dal proemio per i destinatari-partecipanti all’appello erano tre: fondazione, movimento, partito.
Il quadro problematico si complica ulteriormente rispetto all’eventualità della terza scelta: salda e/o isolata testimonianza, strumento di accordi condizionati/nti, reale primato se non di potere almeno di rappresentanza. Gli interventi si sono tutti sostanzialmente confrontati poi entro tale cornice alternando considerazioni più decisamente culturali ad altre più strettamente politiche, tutte però, a mio avviso, ormai sostanzialmente consapevoli, ad di là dei prevedibili accenti personali dovuti alle relative scie esistenziali, dell’irrecuperabilità - secondo gli schemi correnti - di una storia recente costellata di molti errori di strategia e tattica e di ingiustificabili irresponsabilità personali.
Anche il nostro amico Francesco Sacconi è intervenuto efficacemente con una concentrata serie di domande sempre affacciate da Nuova Oggettività. Complessivamente si auspica la formazione – comunque poi realmente si strutturi – di un movimento che favorisca la nascita poi di un nuovo reale referente politico che sappia tenere i fili di una eredità storica e nello stesso tempo possa determinare una nuova trainante presenza di valori e comportamenti.
Fin qui un quadro che ho cercato di rappresentare con una sintesi il più oggettiva possibile. Quali invece le mie impressioni personali, dopo un attento ascolto senza intervento alcuno?
1) In un certo senso sono stato stupito della velocità con la quale un progetto del genere (di tale ambizione sia pur responsabilmente ed intelligentemente presentato su di un orizzonte metodologico del tutto problematico) possa essere varato. Rispetto ai temi ed ai tempi che mi sono sembrati necessari, ad esempio, per avviare processi similari, (la Nuova Destra... la Nuova Oggettività, a puro titolo di esempio, senza minimamente considerare elementi di merito) tutto ciò mi è parso segnato da una necessità stringente. La qualcosa non è detto che sia, però, in tale momento di drammatica emergenza, in sé una cosa negativa. Ci sono addirittura ormai molti segnali in partenza da vari luoghi della sofferenza non solo politica ma più latamente civile e sociale, che non riescono più ad ascoltare se non comunicazioni estremamente concentrate e direttamente legate alla concretezza operativa... Capirete che tale perplessità si lega ad molte possibili riflessioni di metodo e merito.
2) Altra cosa che mi ha stupito è la facilità estrema con la quale molti liquidano come esteriore e con fastidio, la diatriba “destra-non destra-al di là della destra e della sinistra”. Infatti, pur comprendendo in pieno la nausea, ormai procurata per lo più però dall’insistere gazzettiero ultratrentennale sul problema senza una vera possibile soluzione di sintesi che non sia l’aureo richiamo ad un ossimoro storico pieno di drammaticità e nello stesso tempo di comprovata valenza creativa (e potenzialità future in mutate condizioni), resta il fatto che qui un vero approfondimento concettuale almeno dei termini della questione, non si è avuto modo e tempo mai di farlo veramente, nelle sedi più opportune che avessero poi però un collegamento ampio con le sensibilità più estese, e quindi poter far partecipare la maggior parte possibile, senza irosità e senza dileggio alcuno, e senza eccessivi facilismi, il tutto in vista di un risultato produttivo. Per quanto mi riguarda dato il riferimento aureo di cui sopra è chiara la mia posizione personale: essere di vera destra e di vera sinistra, nel medesimo tempo, non è una contraddizione negativa od una furbesca soluzione ma una potenzialità positiva di tensione dialettica espressa dalla potenzialità partecipativa in chiave di volta (e di svolta) non solo tecnica ma primieramente spirituale. Pertanto la scelta comunitarista, differenzialista, anticapitalista, antiglobalista, è irrinunciabile. Ciò nel segno di una continuità storica ed in favore di sempre nuove possibili auspicate sintesi, senza farsi travolgere dal sospetto dei falsi amici e dai semplificatori di turno, dalla malafede di validamente ineliminabili ed autentici avversari, dallo scetticismo sempre feroce dei moderati e dal giudizio comunque ingenerosamente stitico o perdutamente malevolo sempre in agguato...
Per il resto (ma queste due perplessità non sono né di poco conto né di poca rilevanza sia per le implicanze di metodo che di merito), per quanto posso capire sia a livello intuitivo che più riflesso, tale percorso lo accolgo con piena e fiduciosa speranza e so che questo creerà anche sconcerto tra alcuni amici che io autenticamente e non solo formalmente stimo per forza, dignità, coerenza. In tale scelta metto a rischio, sappiamo bene senza alcun tipo di paracadute e ne sono pienamente consapevole, un lavoro comunitario di anni, ma oltre alla speranza di essere pienamente compreso, reputo che il primo dovere di ciascuno è di essere autenticamente responsabile.
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