lunedì 16 luglio 2012
Intervista a Diego Volpe Pasini.
Le dispiace se ascoltano anche i miei amici, così formiamo un cerchio?”. I cerchi, magici o no, sono un brand della politica. Anche Diego Volpe Pasini non resiste a questa tentazione. Imprenditore friuliano nonché ideologo del neoberlusconismo. Primo piano di Palazzo Ferrajoli, a Roma. Vittorio Sgarbi presenta il Partito della Rivoluzione. Volpe Pasini si siede. Il nuovo guru del Cavaliere è un Sandro Bondi meno triste e più berlusconiano d’aspetto: cravatta Marinella (“è un regalo del presidente”), abito scuro anche di sabato, gemelli ai polsini, braccialetto d’oro. Al bavero, la spilla della Rosa Tricolore.
Quante spille ha dato?
Per il momento un centinaio, ma ne ho ordinate altre mille.
La Rosa che ha punto il cuore di B.
Ho solo impedito che la sua rivoluzione si spegnesse incompleta. Ho tirato fuori il leone che era in lui. Sono un amico, non un consulente.
L’amico del leone.
Se sono stato io a movimentare il centrodestra vuol dire che c’era davvero il vuoto assoluto.
Un amico umile.
Non sono un millantatore, sono un imprenditore che dialoga con il presidente e gli porta tante persone, a differenza di altri che lo hanno isolato dal Paese reale.
Incontri di passione politica.
Porto da lui tanti imprenditori come me, abituati a parlare con tutti senza problemi. Ma quando il presidente arriva si bloccano.
Un blocco emotivo.
È il carisma del presidente. I primi tempi mi andava via la voce.
Un amore afono.
Il nostro rapporto è cominciato negli studi della Rai, quando Vittorio (Sgarbi, ndr) preparava il programma.
Lei è il nuovo Bondi. Il cuore è lo stesso.
Non ho la cultura di Bondi. In confronto sono un ignorante.
Ma lei ha rianimato il leone deluso.
Era turbato fortemente, ossessionato dalla sentenza Cir a favore di De Benedetti, dal calo della raccolta pubblicitaria di Mediaset.
Beni privati e bene pubblico. Una somma scandalosa per un imprenditore che rivuole fare il premier.
Chi non ha almeno un conflitto d’interessi? Almeno lui lo risolve nel consenso popolare.
Però la Rosa Tricolore voleva impalmare l’avversario Matteo Renzi.
Proprio perché il leone era turbato e non voleva candidarsi. Ho passato mesi a convincerlo senza riuscirci. Quando gli ho fatto il nome di Renzi lui non mi ha mandato a quel paese.
Non c’erano alternative?
Al limite Passera o Montezemolo.
Nessuno del Pdl.
Il Pdl è un gorgo, un vortice che manderà a fondo anche Berlusconi se rimane nel partito.
Il Pdl come male assoluto. Ma vola l’aquilone tricolore, nuovo simbolo.
Sono felice. Berlusconi ha sempre voluto togliere di mezzo il Pdl. Troppo pesante e vecchio.
Gasparri e Cicchitto la odiano.
E io continuo a essere felice. Ho dato un consiglio a Berlusconi: di ricandidare solo i parlamentari meno noti e che lavorano. Il resto non fa un cazzo.
Parlamento inane.
Uno spettacolo avvilente.
Lei ha raccolto persino le lacrime di Alfano, tumulato dal ritorno di B.
Un anno fa ero lì, al consiglio nazionale che lo ha acclamato segretario e successore.
Un anno di illusioni.
Alfano si è fatto risucchiare dagli avversari interni di Berlusconi. Dopo un anno si è accorto che non era più lui il successore.
Angelino ha pianto.
Ho detto che una situazione così lo ha scosso emotivamente.
E ora l’aquilone che assomiglia a un perizoma.
Anche il perizoma ha il suo fascino. Sostenere che un perizoma ben posizionato non piaccia è difficile.
Però è pericoloso quando ci sono di mezzo il bunga bunga e Forza Gnocca.
Io ho partecipato a tantissime cene ad Arcore, Villa Certosa, Palazzo Grazioli. Sono cene eleganti. Le abitazioni del presidente non sono postriboli.
Cene sobrie.
Il risultato lo sa qual è? Che adesso il centrodestra non può più candidare donne belle. Solo dei cessi.
Nicole Minetti sacrificata.
Nicole è una mia amica, ma ha un difetto: non ha voglia di lavorare. Se però si applicasse, con la testa che ha.
Solo la testa? E il cuore?
Nicole è una statua impressionante. Basta veline, a furor di popolo. Il presidente deve rifare Forza Italia e lasciare il Pdl ai vecchi.
Poi?
Fare liste a tema, allearsi con la destra di Storace e Romagnoli (Luca Romagnoli, segretario del Movimento sociale-Fiamma Tricolore, ndr), riprendersi i Pensionati.
L’aquilone-perizoma?
È uno dei simboli alla sua attenzione, non quello definitivo. Io preferirei Forza Italia. Si risparmierebbe tanto in materia di comunicazione.
La Rosa Tricolore?
È un network concettuale. È un filo d’Arianna che unisce tutto.
Niente lista nel 2013?
Ci stiamo pensando. Ma la Rosa è un’idea per rifondare il centrodestra.
Il fiore preferito di Berlusconi.
Le sue residenze sono piene di rose. E Rosa si chiamava la sua mamma.
Un altro atto d’amore.
Il consenso del presidente è ancora altissimo. Se penso che a gennaio non si voleva ricandidare.
L’intervista è finita. Passa Carlo Taormina: “Diego fammi sapere”. Poi arriva Sgarbi, reduce da un monologo di due ore: “Diego, mi ha telefonato Silvio. Mi ha detto che non si vuole candidare. Tutto falso quello che scrivono”.
Da Il Fatto Quotidiano del 15 luglio 2012
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