CCP

giovedì 21 febbraio 2013

Per una grande destra.

Roberto Jonghi Lavarini e Marcello Veneziani, con La Destra di Francesco Storace, per la convocazione di un congresso costituente per creare una nuova grande destra italiana.
E Fini, "il capitan Schettino della destra italiana" è bene che resti a casa, "ai domiciliari"
A quattro giorni dal voto, con tutti i politici impegnati nella corsa elettorale, a caccia anche di un singolo voto in più, “Il Giornale d’Italia” ha voluto intervistare Marcello Veneziani che, appena l’altro ieri, aveva lanciato, dalla prima pagina de “il Giornale”, un appello all’unità di tutti i partiti che compongono l’oramai frastagliatissima area di destra. Dopo aver sentito anche il parere di Pietrangelo Buttafuoco, era giusto cercare di comprendere meglio l’idea che Veneziani ha di una destra unita e coesa.

D. Veneziani, lei nel suo articolo guarda con nostalgia al passato, al MSI per intenderci, con un filo di disgusto alle divisioni odierne e auspica, per il futuro, una nuova destra unita. Ma in che mondo pensa che un’area così frastagliata possa ricompattarsi?
R. Sì, le biografie e l'esperienza dicono che non si compatteranno, ma io sostengo una cosa semplice: o lo fanno o la destra sparisce. Tertium non datur. Nessun frammento è in grado da solo di rilanciare il progetto politico di una destra. Quindi o tentano di ricomporre l'ambiente che ha animato la destra in Italia cercando di integrare la maggior parte di coloro che da quell’area provengono, oppure meglio finire in clandestinità.
D. Lei è il padre del progetto “Itaca”. Per lei il punto di partenza è un dialogo fra le varie correnti di intellettuali, o si deve partire –concretamente- dai programmi dei vari partiti e movimenti?
R. No, gli intellettuali non c'entrano o perlomeno non sono loro che devono far partito, gli intellettuali pensano e scrivono in solitudine. Gli intellettuali possono essere ostetrici, ma non leader di partito. Il progetto che io ho lanciato e che definii come un progetto prepolitico, era un invito accorato a chi vuol far politica a destra di ripartire dai punti in comune per rifondare un nuova destra.
D. Buttafuoco, nella sua intervista a “il Giornale d’Italia” ha parlato di una “casa comune” che vada da Casapound a una parte del PDL, passando perfino per la Lega. Lei crede che sarebbe realizzabile un’unione di “anime” così distanti?
R. Non credo che si possa fare una fusione generale, ci sarebbero troppe incompatibilità e crisi allergiche, ma credo che si debba tentare di integrare quanti più soggetti e movimenti possibili che accettino una comune piattaforma ideale.
D. Concretamente, da dove si dovrebbe partire per costruire un nuovo partito che rappresenti tutta la destra?
R. Da un tentativo di negoziato esteso a tutti, compreso chi ha seguito Fini, pentendosene. Si fa un tavolo, si indice un conclave, si cercano figure che possano almeno nella prima fase garantire un ruolo se non super partes almewno extra partes e si comincia. Poi se il discorso procede si genera un agile manifesto e si fanno gli stati generali della destra, ma chiamati in altro modo. Una bella cospirazione nazionale alla luce del sole, della Grande Destra per un'Italia rinata.
D. In questo marasma di sigle e movimenti, è innegabile che “La Destra” di Storace sia l’unica realtà ancora strutturata come un partito, almeno così la vede Buttafuoco. Lei si trova d’accordo?
R. Sono d'accordo nel ritenere la Destra di Storace il punto di partenza e riconosco alla destra di Storace la coerenza e la priorità cronologica rispetto agli altri. Ma attenti al gioco di chi vuol sminuzzare la destra, ridurla in frattaglie, e poi trattare caso per caso.
D. La convince il progetto messo in piedi da “Fratelli d’Italia”?
R. Se fosse partita un anno prima, diciamo alla fine del governo Berlusconi o perlomeno quando lanciammo con Besana l'appello da Itaca, e se fosse riuscita a riunirsi con le altre destre, a cominciare da La Destra, sarebbe stata una gran bella cosa. La Meloni e Crosetto mi sembrano un buon tandem. Ma rischiando la frammentazione e la battaglia dei prefissi telefonici, li aspetto al varco, cioè dopo il voto per riprendere il discorso interrotto. Con un invito: lasciate stare il centro-destra che dovrebbe essere un'aggregazione larga tra forze diverse, accontentatevi di mettere insieme i cocci della destra, sarebbe già una gran cosa, e poi dialogate con i moderati, i popolari e i liberali di centro.
D. In questa sua idea di una nuova destra, dove collocherebbe Gianfranco Fini?
R. A casa, non necessariamente nel Principato di Monaco. Al “capitan schettino” della destra italiana, che ha affondato ben quattro navi in forma di partito, si addicono almeno i domiciliari....
Micol Paglia



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