lunedì 24 settembre 2012
Nè poltrone, nè privilegi ma una buona Politica!
Né POLTRONE Né PRIVILEGI, I GIOVANI VOGLIONO LA BUONA POLITICA
di Ruggero Razza
C’è un rischio sulla strada, anzi sulla rotta, verso Itaca. È il rischio, attuale e concreto (direbbero i giuristi) di interrompere la rotta (o neppure iniziarla) perché alcuni marinai paiono riottosi a spiegare le vele, vuoi per eccesso di disfattismo (o per l’abitudine, tutta italiana, a temporeggiare in attesa di non si sa bene cosa), vuoi per incapacità a cogliere il senso di questo viaggio.
Si tratta di due reazioni comprensibili e allo stesso tempo fuori contesto. L’una, quella che spinge al disfattismo temporeggiatore, è interpretata da una particolare species di marinaio, potremmo definirlo il marinaio-intellettuale, che talvolta compie tre passi avanti, riflette e torna (quando va bene) di uno indietro. Ben inteso: non si può iniziare la difficile rotta verso Itaca senza il marinaio-intellettuale, pena il compiere un percorso destinato ad apparire vuoto e a ‘Fini-re’ come quello che dai marosi del pensiero irrilevante si è ormai inabissato, dopo esser stato attirato dalle sirene della maga Circe.
Ha più di una ragione il marinaio-intellettuale per mostrare diffidenza. Per il mondo politico della Destra post-missina divenuta Alleanza nazionale il rapporto con l’universo culturale di riferimento ha segnato punti bassissimi (basterebbe passare zona Rai...). E se una ragione va ascritta alla paradossale irrilevanza della Destra al governo, essa sta proprio nell’assenza di un progetto culturale, e quindi politico, da realizzare nella riforma delle istituzioni e delle prassi di governo.
L’altra reazione, quella che fa perno sull’incapacità di compiere scelte coraggiose, è legata a un’altraspecies di marinaio, il marinaio-politico (o meglio mestierante della politica): più pernicioso del marinaio-intellettuale, giacchè mosso da motivi assai meno nobili, il marinaio-politico oggi è portato a temere iniziative altrui, sia perché non si sente nelle condizioni di determinarle, sia perché - abituato com’è a scegliere la logica del contingente e a preferirla alle sfide più ardue a realizzarsi - al momento sta lì sulla riva ad attendere i “tempi giusti”, che poi non coincidono con il senso del giusto, ma si limitano alla ricerca dell’opportuno.
Il rischio, insomma, è quello di veder perdere smalto a un’iniziativa che, oggi come non mai, sembra esser tanto attesa, quanto criticata.
Come uscirne?
Ad Ascoli Marcello Veneziani e Renato Besana hanno promosso una prima occasione d’incontro per manifestare opinioni e avanzare proposte.
Ma, al di là del dibattito in sé e fuori da ogni ‘tatticismo critico’ (e su Libero di oggi troviamo un buon esempio), prima ancora di analizzare il senso della proposta di Veneziani e ben prima di derubricarla a “provocazione intelligente e stralunata di un intellettuale meridionale” (è un’accusa la meridionalità? Tutti a dimenticare il valore di Roma e Sicilia, di Napoli e della Puglia e della Calabria nella sopravvivenza del Msi alle stagioni più difficili?), occorrerebbe chiedersi: chi rappresenta la Destra politica nelle istituzioni italiane? In concreto: chi nel parlamento italiano propugna l’idea di un’Europa non suddita delle banche? Chi il ritorno a una rappresentanza dei valori tradizionali della società italiana? Chi si oppone al governo d’occupazione che, sotto le mentite spoglie di un esecutivo tecnico, tiene gli interessi del popolo sottoposti alle logiche dell’economia finanziaria? Chi afferma la visione strategica del Mediterraneo come luogo geopolitico sul quale proiettare gli interessi nazionali? Chi invoca la sovranità italiana?
A fronte di questa evidente assenza di rappresentanza politica nelle sedi istituzionali, oggi trova difficoltà ad emergere una ‘grande Destra politica’ pronta a incontrare il consenso popolare.
In politica quando si determina un vuoto c’è sempre qualcuno o qualcosa pronto ad occuparne lo spazio. Nel caso della Destra, tormentata dalle sue divisioni, questo spazio è stato occupato un po’ da Berlusconi, un po’ da Bossi e anche da Di Pietro, ieri, e Grillo oggi. Per non parlare della Lega in molte zone del Nord...
Ecco perché l’invito di Veneziani non può cadere nel vuoto. Ed ecco perché la vera questione da affrontare non è «con chi?», ma «come?». Figuriamoci se, come pure mi è capitato di leggere, ci si può permettere di fermarsi al «cui prodest?».
Né si può minimizzare e buttarla in politica, chiedendosi se la riaggregazione di una forza di Destra possa esser scialuppa di salvataggio per qualcuno. Basterebbe guardare, nel tempo dei social network, come la lettera di Pietrangelo Buttafuoco all’assemblea di Assisi sia stata rilanciata da migliaia di persone. E lo stesso è accaduto per tutti i contributi pubblicati da Totalità, a partire dagli interventi di Veneziani e Besana.
Se migliaia di persone oggi manifestano attenzione e interesse verso un progetto dai contorni ancora non definiti è perché il progetto stesso è espressione di un’intuizione che sembra aver colto nel segno.
E se tentativo va compiuto non può esser nella direzione di dar vita a una fondazione nella quale – quasi autoassolvendosi – sarebbero inevitabilmente coinvolti anche coloro che non escludono di dar vita alla grande coalizione, magari sempre con Monti, nella prossima legislatura.
Serve all’Italia un movimento politico che cerchi consenso e si faccia portatore di idee nuove e antiche al tempo stesso.
Questo movimento può nascere (avendo già un nucleo organizzativo – se lo si riterrà – ne La Destra e potendosi aprire a ogni contributo, senza alcuna rendita di posizione, se necessario anche introducendo significativi elementi di novità) se non ci si incarterà nella logica dei veti, del «cui prodest?» paralizzante, dell’eterna attesa del momento giusto.
Ecco quindi la proposta, di cui potranno, se lo riterranno, farsi promotori Besana, Buttafuoco e Veneziani, e con loro quei tanti giovani impegnati nelle istituzioni (alcuni dei quali presenti ad Ascoli) che nel tempo, a prescindere dalla loro attuale collocazione, hanno mostrato di non esser casta e di guardare alla militanza e non alla poltrona: si fissi per il mese di settembre una data, una piazza, un luogo fisico d’incontro e si rivolga a tutti un appello ad esserci, numerosi e convinti.
Se Destra sarà che riparta dalla piazza, là dove da sempre c'è la nostra Itaca.
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