domenica 16 settembre 2012
"Monti? Un delinquente bugiardo!"
Le bugie in politica non sono reati, altrimenti il signor Mario Monti dovrebbe essere spedito senza meno alle patrie galere. Però, quando vengono sbugiardate – in questo caso, volontariamente – consentono, almeno, di mettere bene a fuoco, per il bene comune, la situazione in cui versa il Paese. Dunque, il premier ha ammesso come i provvedimenti fin qui adottati abbiano aggravato la crisi. Tesi non nuova, sostenuta da un po’ tutta la poca opposizione in Parlamento e da quella più diffusa presente nella società. Bisogna fare attenzione, in questo passaggio: non è tanto importante il fatto che abbia ammesso la verità oggi; è grave che abbia mentito, Monti, fino a ieri. Parandosi le terga dietro l’autorità di premier, dietro l’aura di tecnico e, soprattutto, dietro la fama di grande economista, Monti non ha sempre e solo negato ciò che oggi ammette, ma messo in dubbio le parole dei suoi oppositori, facendo intendere come fossero persone che di economia non capivano niente, non in grado di cogliere l’essenza dei problemi italiani. Al contrario, aveva proprio ragione chi denunciava la follia di un governo imposto per risanare i conti del Paese e che, al contrario, soffoca l’Italia sotto un mare di tasse. E per il futuro? Peggio che andare di notte, altro che raccolta dei frutti dei sacrifici odierni, come dice il bugiardo capo di bugiardi Monti. Lo dicono i numeri, proprio quei fattori che il professor Monti dovrebbe conoscere meglio di chiunque altro. Pensare che le esportazioni possano – nel breve e medio periodo – compensare la caduta verticale del mercato interno non è un’illusione, ma una corbelleria che, detta da uno studente, meriterebbe non la bocciatura, ma l’espulsione diretta dalla Facoltà di Economia. Che possibilità reali ci sono, dunque, che l’economia e i consumi interni riprendano?
Oggettivamente, nessuna, se si avanti di questo passo. Tanti dei provvedimenti adottati dal governo ancora non hanno esaurito i loro effetti – come l’Imu – o non li hanno proprio concretizzati ancora – come la restituzione di 1/20 del debito pubblico –. Con la disoccupazione oltre il 10%; le pensioni bloccate; la necessità di far fronte con mezzi propri per pagare i servizi tagliati con la spending rewiew: dove troveranno, gli italiani, i soldi per “comprare cose” e alimentare, tramite i consumi, l’economia? Un dato su tutti: l’economia ha rallentato vertiginosamente, ma le entrate fiscali, nei primi sette mesi del 2012, sono cresciute del 4%. Un 4% in più e il governo non ha neanche incassato tutto quello che immaginava d’incassare. Com’è possibile, producendo di meno, pagare più tasse? Elementare: alzando le aliquote e recuperando l’evasione.
Già, ma, nel frattempo, il debito pubblico è aumentato – dati Bankitalia -, bruciando di fatto sacrifici e parsimonie dei cittadini. In altre parole, checché ne dica Monti – il bugiardo Monti, al quale sarebbe singolare continuare a dare credito -, l’Italia è messa molto peggio del 2011. Anche invertendo la rotta, ora sappiamo che 40 miliardi di euro – 80 mila miliardi delle vecchie lire, giusto qualcosa in meno della famigerata finanziaria da lacrime e sangue del ’92, quella di Amato – dovranno essere trovati e consegnati alle banche per ripianare una parte del debito. Nel 2013 e per i successivi 19 anni. Si tratta di soldi fin qui mai conteggiati, che dovranno saltare fuori da nuovi provvedimenti, visto che quelli che già versiamo e fanno dell’Italia il Paese più tassato del mondo, attualmente, non bastano a pagare neanche gli interessi già attivi. Altro giro di vite, allora: con taglio di ulteriori servizi o nuove tasse. E, questo punto, il gatto si morde la proverbiale coda: che gli italiani debbano pagarsi direttamente altri servizi, oppure che debbano pagare ancora più tasse, avranno comunque meno soldi da spendere per se stessi, abbattendo ancor di più l’economia. Di conseguenza, altre imprese chiuse e altri lavoratori a spasso, con aggravio ulteriore della
situazione, in quanto spariranno altri stipendi (cioè, soldi) dalla circolazione. Tutto questo mentre miliardi a palate vengono regalati al sistema bancario che, occupando sì e no qualche decina di migliaia di italiani e guadagnando anche sul nulla, vede i suoi profitti salire alle stelle. Profitti che non si riversano sulla società, anzi, ma vanno a coprire, semmai, buchi precedenti creati da operazioni finanziarie internazionali che si sono rivelate vere e proprie truffe. In altre parole, tutto il lavoro di Monti a questo è finalizzato: a permettere alle banche italiane di assorbire i buchi degli anni precedenti, senza, però, spiegare in che modo questi buchi si sono creati, chi ci ha guadagnato, dove sono finiti i soldi. Non in Italia, questo è sicuro.
Quel che è sicuro è che Monti sta scientemente – ormai non è una notizia, l’ha detto lui, ma un dato di fatto – mettendo le mani nelle tasche di tutti a esclusivo vantaggio di un settore, quello creditizio, di cui è stato esponente di primo piano a livello mondiale. Diversamente detto, è stata messa la volpe nel pollaio. E la politica? Incredibilmente, o tace o parla col frasario del connivente, anzi, del “picciotto”, di chi deve attendere alle esigenze del padrone. Un padrone generoso, però, dal momento che gli unici tagli che ancora
non si sono visti sono proprio quelli che riguardano la “casta”.
Massimiliano Mazzanti
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