“Mi ritrovai
ad ascoltare un suo comizio per caso” – Il primo appuntamento in una trattoria
romana, il racconto degli eventi dell’autogrill Cantagallo e la morte di Ugo
Venturini a Genova. Il ricordo indelebile di una vita al fianco di un uomo
“buono, gentile, un vero signore dall’animo nobile”, a venticinque anni dalla
scomparsa.
Erano gli
anni cinquanta, l’era dell’Italia in bianco e nero, quella in cui il Paese era
appena uscito dalle distruzioni del Secondo Conflitto Mondiale. Erano i giorni
della voglia di rinascere, l’epoca delle donne eleganti e sofisticate, curate,
attente alla moda. Era il momento dei colori, del “new look”, che restituiva al
mondo femminile quella raffinatezza che, con le brutture della guerra, sembrava
essere andata perduta.
Erano gli
anni in cui l’universo femminile assumeva nuova consapevolezza di sé.
Donna
Raffaella Stramandinoli, da tutti chiamata Assuntina, aveva 25 anni. Originaria
di Conflenti, una cittadina in provincia di Catanzaro, era una giovane e
bellissima donna dal carattere aperto e vivace.
Giorgio
Almirante la conobbe durante un comizio in Calabria e se ne innamorò
perdutamente.
“Non
appartenevo a nessun partito politico – racconta Donna Assunta, che oggi, a
dispetto dell’età, conserva quella stessa eleganza e vivacità di allora – Mi
ritrovai ad ascoltare un suo comizio per caso, ma non mi interessava, quindi,
mentre lui parlava, io tirai via dal mio cappellino uno spillone, e con quello
cominciai a punzecchiare gli altri giovani che erano lì. Loro cominciarono a
ridere. Giorgio cercava di concentrarsi, ma notava che c’erano degli elementi
di disturbo. Mi raccontò poi che si chiese: “ma perché ridono?”. Dopo il
comizio il caso volle che ci ritrovassimo a tavola insieme, ospiti della stessa
persona, che era un caro amico di famiglia”.
Donna
Assunta rievoca i primi incontri con Giorgio Almirante come se fossero accaduti
ieri, ricorda ogni dettaglio. “Una mia amica mi chiese un favore. Avrei dovuto
intercedere per lei presso un mio parente, politico importante. Le dissi che
avevo conosciuto uno che mi sembrava una persona affidabile, un uomo gentile e
cortese, serio. Le promisi che gliene avrei parlato. Così mi recai alla sede
del Partito, ma mi dissero che Almirante non c’era, era andato a Bolzano.
Lasciai il mio numero di telefono e me ne andai. Mi telefonò quella sera
stessa, tardissimo. Saranno state le 23,30. Gli dissi che ero appena rientrata,
che avevo ancora indosso la pelliccia e il cappello, e che sarebbe stato meglio
risentirci in un altro momento. Ma lui mi rispose: “beh, se è ancora in queste
condizioni potremmo anche vederci subito”. Così scesi e lo raggiunsi. Mi portò
a mangiare in una di quelle trattorie in cui lui di solito si recava. Non ero
abituata a quel tipo di ambiente, c’era una confusione incredibile, tutti
parlavano ad alta voce. Fu il nostro primo appuntamento. Dopo ci incontrammo
ancora, sempre più spesso. Nacque così quel nostro affetto che ci ha poi legati
per tutta la vita, fino a quando il buon Dio non pensò di portarselo
via”.
In casa
Almirante ancora oggi sembra che Giorgio sia vivo. Ogni angolo parla di lui,
del Movimento Sociale Italiano e dalla sua amata famiglia. Un grande ritratto
del Segretario campeggia nello studio, guardando nei suoi occhi sembra di
averlo lì, e sembra che stia per parlare. E’ vero quel che si dice, che chi
vive nei cuori di chi resta, in fondo, non muore mai.
“Amò i figli
del mio primo matrimonio come se fossero i suoi – continua a raccontare Donna
Assunta – si occupava lui di tutto: della scuola, per esempio. Io avevo delle
proprietà in Calabria e spesso ero costretta a viaggiare, dunque lui seguiva i
bambini in ogni loro necessità, e lo faceva con grande amore. Era profondamente
credente. E buono. Era un uomo nato per fare del bene agli altri, un vero
signore, di animo gentile. Ovunque fossimo, in giro per l’Italia, la domenica mattina
andavamo alla Messa”.
E’ donna di
carattere, Donna Assunta. E’ sempre stata così, determinata, gentile ma fiera,
e senza peli sulla lingua.
“Una volta
venne a prenderci Michele Marchio, Giorgio aveva un incontro importante con il
presidente Leone, così con Michele ci mettemmo in viaggio. Che grande persona,
Michele Marchio! – continua Donna Assunta - Dall’aspetto burbero ma buono come
il pane! Insomma lungo la strada da Bologna a Roma Michele dice di avere fame e
si ferma all’autogrill Cantagallo. Ordiniamo il primo e cominciamo a mangiare.
Ad un certo punto ci rendiamo conto che i lavoratori si sono messi tutti in
piedi con le braccia conserte. Allora Giorgio va dal direttore e gli dice:
“Scusi, tutto questo accade in mio onore?”. Il direttore, in difficoltà, gli fa
“si, Onorevole, mi dispiace…” Giorgio non si scompone, ci dice che dobbiamo
andare. Ma io non ci penso nemmeno! Mi alzo e mi prendo da sola un grande cesto
pieno di frutta, me lo porto a tavola e continuo a mangiare. Ma con calma,
senza nessuna fretta. Il direttore mi guarda, stupito. Io non mi scompongo
minimamente, anzi gli dico “è inutile che mi guarda, sa? Anzi, sa che le dico?
che se vuole sedersi può anche mangiare con noi!” Michele mi guardava stupito,
Giorgio era impassibile. Finisco di mangiare in tutta calma, Michele chiede il
conto. Un conto che riportava anche piatti che non avevamo mangiato. Michele
gliele canta a modo suo, insomma il direttore depenna le portate di cui non
avevamo usufruito, paghiamo ed usciamo per mettere benzina, ma anche il
distributore sta a braccia conserte. Io ero arrabbiatissima, Michele
bofonchiava, Giorgio rimaneva impassibile e sembrava che la cosa non lo
scalfisse minimamente. Insomma ripartiamo. La notizia di quello che era
successo a Cantagallo già si era diffusa, così quando arrivammo al distributore
successivo trovammo la gente fuori che acclamava Giorgio Almirante, era un coro
unanime: “venga, venga a mangiare, Onorevole!” Ma si era davvero fatto tardi
(si, perché a Cantagallo avevamo fatto tutto con molto comodo, proprio per
ripicca, e quindi avevamo perso molto tempo). Così mettemmo benzina e
ripartimmo”.
Erano anni
strani, quelli. La politica mieteva vittime in continuazione e gli attacchi,
anche spropositati, erano all’ordine del giorno.
I fatti di
Cantagallo sono soltanto il debole riflesso di un clima avvelenato in un’Italia
divisa e lacerata dagli scontri tra destra e sinistra. Donna Assunta se li
ricorda bene: “Vivevamo guardandoci le spalle in continuazione – dice – Quanti
ragazzi innocenti abbiamo visto morire! Giorgio Almirante cercò sempre di
aiutare le famiglie rimaste, ma il dolore era troppo grande”.
Il primo ad
essere sacrificato sull’altare insanguinato degli opposti estremismi si chiama
Ugo Venturini. E’ il 18 aprile del 1970, e Giorgio Almirante tiene un comizio a
Genova. Si scatena qualche scaramuccia all’inizio, del resto è prevedibile.
Genova è una città strana, e poi Almirante è abituato ai comizi infuocati. Ma
che una bottiglia piena di terra lanciata contro il palco sia intercettata da
un ragazzo innocente no, non è prevedibile. E nemmeno che Ugo Venturini possa
morire per un’infezione a causa di quell’impatto. Non se lo aspetta nessuno, in
realtà. Non se lo aspetta la moglie di Ugo, Rita, che ha solo 28 anni. Non se
lo aspetta Walter, il figlioletto, 5 anni appena. Non se lo aspetta nemmeno il
segretario Almirante, che per tutta la vita porterà un peso immane sulla coscienza
per quella morte assurda.
Undici
giorni di agonia separano Ugo Venturini dalla morte, undici giorni ed
undici notti in cui Almirante non si stacca dal suo capezzale.
Donna
Assunta ricorda quei fatti con dolore: “Portammo il bambino a casa nostra.
Rimase con noi per molti mesi. Povero piccolo, mi diceva sempre: “ma non era
meglio se moriva tuo marito, invece del mio papà?” ed io gli rispondevo: “hai
ragione, piccolino. Noi siamo grandi e tu sei piccolo piccolo … hai ragione,
era meglio, si.” Povero ragazzo. Lo abbiamo seguito sempre, Giorgio gli comprò
una casa a Genova. La intestò al ragazzo e dispose l’usufrutto per la moglie.
Era tanto giovane, povera donna! Quando Giorgio morì, sul conto trovai in tutto
quarantaquattromilalire. Si, perché cercò sempre di aiutarle tutte, quelle
povere famiglie rimaste a piangere i giovani morti. Anni brutti. Bruttissimi.”
Donna
Assunta in questi giorni è impegnatissima. Assediata dai giornalisti, per i
quali ha sempre una parola. Accerchiata dai giovani, per i quali ha sempre una
carezza. Sono la nuova generazione, quella che Almirante l’ha conosciuto solo
dai giornali, dalle foto, dai video e dai racconti di chi è rimasto. Sono i
giovani che appartengono ad una generazione più fortunata, forse, e che restano
legati alle origini di un’Idea che non è morta insieme allo storico Segretario.
Donna Assunta non si nega a nessuno, “Giorgio Almirante è patrimonio di tutti”,
dice. Non è gelosa dei suoi ricordi, consapevole che l’uomo che ha amato per
tutta la vita appartiene un po’ a ciascuno di noi. E a tutti dà appuntamento
alla commemorazione religiosa di questa sera alle 19,30 presso la Chiesa degli
Artisti di Piazza del Popolo a Roma per il 25esimo anniversario dalla
scomparsa.
Erano gli anni cinquanta, l’era
dell’Italia in bianco e nero, quella in cui il Paese era appena uscito dalle
distruzioni del Secondo Conflitto Mondiale. Erano i giorni della voglia di
rinascere, l’epoca delle donne eleganti e sofisticate, curate, attente alla
moda. Era il momento dei colori, del “new look”, che restituiva al mondo
femminile quella raffinatezza che, con le brutture della guerra, sembrava
essere andata perduta. Erano gli anni in cui l’universo femminile assumeva
nuova consapevolezza di sé.Donna Raffaella Stramandinoli, da tutti chiamata
Assuntina, aveva 25 anni. Originaria di Conflenti, una cittadina in provincia
di Catanzaro, era una giovane e bellissima donna dal carattere aperto e
vivace.Giorgio Almirante la conobbe durante un comizio in Calabria e se ne
innamorò perdutamente. “Non appartenevo a nessun partito politico –
racconta Donna Assunta, che oggi, a dispetto dell’età, conserva quella stessa
eleganza e vivacità di allora – Mi ritrovai ad ascoltare un suo comizio per
caso, ma non mi interessava, quindi, mentre lui parlava, io tirai via dal mio
cappellino uno spillone, e con quello cominciai a punzecchiare gli altri
giovani che erano lì. Loro cominciarono a ridere. Giorgio cercava di
concentrarsi, ma notava che c’erano degli elementi di disturbo. Mi raccontò poi
che si chiese: “ma perché ridono?”. Dopo il comizio il caso volle che ci
ritrovassimo a tavola insieme, ospiti della stessa persona, che era un caro
amico di famiglia”. Donna Assunta rievoca i primi incontri con Giorgio
Almirante come se fossero accaduti ieri, ricorda ogni dettaglio. “Una mia amica
mi chiese un favore. Avrei dovuto intercedere per lei presso un mio parente,
politico importante. Le dissi che avevo conosciuto uno che mi sembrava una
persona affidabile, un uomo gentile e cortese, serio. Le promisi che gliene
avrei parlato. Così mi recai alla sede del Partito, ma mi dissero che Almirante
non c’era, era andato a Bolzano. Lasciai il mio numero di telefono e me ne
andai. Mi telefonò quella sera stessa, tardissimo. Saranno state le 23,30. Gli
dissi che ero appena rientrata, che avevo ancora indosso la pelliccia e il
cappello, e che sarebbe stato meglio risentirci in un altro momento. Ma lui mi
rispose: “beh, se è ancora in queste condizioni potremmo anche vederci subito”.
Così scesi e lo raggiunsi. Mi portò a mangiare in una di quelle trattorie in
cui lui di solito si recava. Non ero abituata a quel tipo di ambiente, c’era
una confusione incredibile, tutti parlavano ad alta voce. Fu il nostro primo
appuntamento. Dopo ci incontrammo ancora, sempre più spesso. Nacque così quel
nostro affetto che ci ha poi legati per tutta la vita, fino a quando il buon
Dio non pensò di portarselo via”. In casa Almirante ancora oggi
sembra che Giorgio sia vivo. Ogni angolo parla di lui, del Movimento Sociale
Italiano e dalla sua amata famiglia. Un grande ritratto del Segretario
campeggia nello studio, guardando nei suoi occhi sembra di averlo lì, e sembra
che stia per parlare. E’ vero quel che si dice, che chi vive nei cuori di chi
resta, in fondo, non muore mai. “Amò i figli del mio primo matrimonio come
se fossero i suoi – continua a raccontare Donna Assunta – si occupava lui di
tutto: della scuola, per esempio. Io avevo delle proprietà in Calabria e spesso
ero costretta a viaggiare, dunque lui seguiva i bambini in ogni loro necessità,
e lo faceva con grande amore. Era profondamente credente. E buono. Era un uomo
nato per fare del bene agli altri, un vero signore, di animo gentile. Ovunque
fossimo, in giro per l’Italia, la domenica mattina andavamo alla
Messa”. E’ donna di carattere, Donna Assunta. E’ sempre stata così,
determinata, gentile ma fiera, e senza peli sulla lingua. “Una volta venne
a prenderci Michele Marchio, Giorgio aveva un incontro importante con il
presidente Leone, così con Michele ci mettemmo in viaggio. Che grande persona,
Michele Marchio! – continua Donna Assunta - Dall’aspetto burbero ma buono come
il pane! Insomma lungo la strada da Bologna a Roma Michele dice di avere fame e
si ferma all’autogrill Cantagallo. Ordiniamo il primo e cominciamo a mangiare.
Ad un certo punto ci rendiamo conto che i lavoratori si sono messi tutti in
piedi con le braccia conserte. Allora Giorgio va dal direttore e gli dice:
“Scusi, tutto questo accade in mio onore?”. Il direttore, in difficoltà, gli fa
“si, Onorevole, mi dispiace…” Giorgio non si scompone, ci dice che dobbiamo
andare. Ma io non ci penso nemmeno! Mi alzo e mi prendo da sola un grande cesto
pieno di frutta, me lo porto a tavola e continuo a mangiare. Ma con calma,
senza nessuna fretta. Il direttore mi guarda, stupito. Io non mi scompongo
minimamente, anzi gli dico “è inutile che mi guarda, sa? Anzi, sa che le dico?
che se vuole sedersi può anche mangiare con noi!” Michele mi guardava stupito,
Giorgio era impassibile. Finisco di mangiare in tutta calma, Michele chiede il
conto. Un conto che riportava anche piatti che non avevamo mangiato. Michele
gliele canta a modo suo, insomma il direttore depenna le portate di cui non
avevamo usufruito, paghiamo ed usciamo per mettere benzina, ma anche il
distributore sta a braccia conserte. Io ero arrabbiatissima, Michele
bofonchiava, Giorgio rimaneva impassibile e sembrava che la cosa non lo
scalfisse minimamente. Insomma ripartiamo. La notizia di quello che era
successo a Cantagallo già si era diffusa, così quando arrivammo al distributore
successivo trovammo la gente fuori che acclamava Giorgio Almirante, era un coro
unanime: “venga, venga a mangiare, Onorevole!” Ma si era davvero fatto tardi
(si, perché a Cantagallo avevamo fatto tutto con molto comodo, proprio per
ripicca, e quindi avevamo perso molto tempo). Così mettemmo benzina e
ripartimmo”.Erano anni strani, quelli. La politica mieteva vittime in
continuazione e gli attacchi, anche spropositati, erano all’ordine del giorno.I
fatti di Cantagallo sono soltanto il debole riflesso di un clima avvelenato in
un’Italia divisa e lacerata dagli scontri tra destra e sinistra. Donna Assunta
se li ricorda bene: “Vivevamo guardandoci le spalle in continuazione – dice –
Quanti ragazzi innocenti abbiamo visto morire! Giorgio Almirante cercò sempre di
aiutare le famiglie rimaste, ma il dolore era troppo grande”. Il primo ad
essere sacrificato sull’altare insanguinato degli opposti estremismi si chiama
Ugo Venturini. E’ il 18 aprile del 1970, e Giorgio Almirante tiene un comizio a
Genova. Si scatena qualche scaramuccia all’inizio, del resto è prevedibile.
Genova è una città strana, e poi Almirante è abituato ai comizi infuocati. Ma
che una bottiglia piena di terra lanciata contro il palco sia intercettata da
un ragazzo innocente no, non è prevedibile. E nemmeno che Ugo Venturini possa
morire per un’infezione a causa di quell’impatto. Non se lo aspetta nessuno, in
realtà. Non se lo aspetta la moglie di Ugo, Rita, che ha solo 28 anni. Non se
lo aspetta Walter, il figlioletto, 5 anni appena. Non se lo aspetta nemmeno il
segretario Almirante, che per tutta la vita porterà un peso immane sulla
coscienza per quella morte assurda. Undici giorni di agonia
separano Ugo Venturini dalla morte, undici giorni ed undici notti in cui
Almirante non si stacca dal suo capezzale. Donna Assunta ricorda quei
fatti con dolore: “Portammo il bambino a casa nostra. Rimase con noi per molti
mesi. Povero piccolo, mi diceva sempre: “ma non era meglio se moriva tuo
marito, invece del mio papà?” ed io gli rispondevo: “hai ragione, piccolino.
Noi siamo grandi e tu sei piccolo piccolo … hai ragione, era meglio, si.”
Povero ragazzo. Lo abbiamo seguito sempre, Giorgio gli comprò una casa a
Genova. La intestò al ragazzo e dispose l’usufrutto per la moglie. Era tanto
giovane, povera donna! Quando Giorgio morì, sul conto trovai in tutto
quarantaquattromilalire. Si, perché cercò sempre di aiutarle tutte, quelle
povere famiglie rimaste a piangere i giovani morti. Anni brutti.
Bruttissimi.”Donna Assunta in questi giorni è impegnatissima. Assediata dai
giornalisti, per i quali ha sempre una parola. Accerchiata dai giovani, per i
quali ha sempre una carezza. Sono la nuova generazione, quella che Almirante
l’ha conosciuto solo dai giornali, dalle foto, dai video e dai racconti di chi
è rimasto. Sono i giovani che appartengono ad una generazione più fortunata,
forse, e che restano legati alle origini di un’Idea che non è morta insieme
allo storico Segretario. Donna Assunta non si nega a nessuno, “Giorgio
Almirante è patrimonio di tutti”, dice. Non è gelosa dei suoi ricordi,
consapevole che l’uomo che ha amato per tutta la vita appartiene un po’ a
ciascuno di noi. E a tutti dà appuntamento alla commemorazione religiosa di
questa sera alle 19,30 presso la Chiesa degli Artisti di Piazza del Popolo a
Roma per il 25esimo anniversario dalla scomparsa.
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