CCP

giovedì 23 maggio 2013

Intervista a Donna Assunta Almirante.

 
“Mi ritrovai ad ascoltare un suo comizio per caso” – Il primo appuntamento in una trattoria romana, il racconto degli eventi dell’autogrill Cantagallo e la morte di Ugo Venturini a Genova. Il ricordo indelebile di una vita al fianco di un uomo “buono, gentile, un vero signore dall’animo nobile”, a venticinque anni dalla scomparsa.
Erano gli anni cinquanta, l’era dell’Italia in bianco e nero, quella in cui il Paese era appena uscito dalle distruzioni del Secondo Conflitto Mondiale. Erano i giorni della voglia di rinascere, l’epoca delle donne eleganti e sofisticate, curate, attente alla moda. Era il momento dei colori, del “new look”, che restituiva al mondo femminile quella raffinatezza che, con le brutture della guerra, sembrava essere andata perduta. 
Erano gli anni in cui l’universo femminile assumeva nuova consapevolezza di sé.
Donna Raffaella Stramandinoli, da tutti chiamata Assuntina, aveva 25 anni. Originaria di Conflenti, una cittadina in provincia di Catanzaro, era una giovane e bellissima donna dal carattere aperto e vivace.
Giorgio Almirante la conobbe durante un comizio in Calabria e se ne innamorò perdutamente. 
“Non appartenevo a nessun partito politico – racconta Donna Assunta, che oggi, a dispetto dell’età, conserva quella stessa eleganza e vivacità di allora – Mi ritrovai ad ascoltare un suo comizio per caso, ma non mi interessava, quindi, mentre lui parlava, io tirai via dal mio cappellino uno spillone, e con quello cominciai a punzecchiare gli altri giovani che erano lì. Loro cominciarono a ridere. Giorgio cercava di concentrarsi, ma notava che c’erano degli elementi di disturbo. Mi raccontò poi che si chiese: “ma perché ridono?”. Dopo il comizio il caso volle che ci ritrovassimo a tavola insieme, ospiti della stessa persona, che era un caro amico di famiglia”. 
Donna Assunta rievoca i primi incontri con Giorgio Almirante come se fossero accaduti ieri, ricorda ogni dettaglio. “Una mia amica mi chiese un favore. Avrei dovuto intercedere per lei presso un mio parente, politico importante. Le dissi che avevo conosciuto uno che mi sembrava una persona affidabile, un uomo gentile e cortese, serio. Le promisi che gliene avrei parlato. Così mi recai alla sede del Partito, ma mi dissero che Almirante non c’era, era andato a Bolzano. Lasciai il mio numero di telefono e me ne andai. Mi telefonò quella sera stessa, tardissimo. Saranno state le 23,30. Gli dissi che ero appena rientrata, che avevo ancora indosso la pelliccia e il cappello, e che sarebbe stato meglio risentirci in un altro momento. Ma lui mi rispose: “beh, se è ancora in queste condizioni potremmo anche vederci subito”. Così scesi e lo raggiunsi. Mi portò a mangiare in una di quelle trattorie in cui lui di solito si recava. Non ero abituata a quel tipo di ambiente, c’era una confusione incredibile, tutti parlavano ad alta voce. Fu il nostro primo appuntamento. Dopo ci incontrammo ancora, sempre più spesso. Nacque così quel nostro affetto che ci ha poi legati per tutta la vita, fino a quando il buon Dio non pensò di portarselo via”. 
In casa Almirante  ancora oggi sembra che Giorgio sia vivo. Ogni angolo parla di lui, del Movimento Sociale Italiano e dalla sua amata famiglia. Un grande ritratto del Segretario campeggia nello studio, guardando nei suoi occhi sembra di averlo lì, e sembra che stia per parlare. E’ vero quel che si dice, che chi vive nei cuori di chi resta, in fondo, non muore mai. 
“Amò i figli del mio primo matrimonio come se fossero i suoi – continua a raccontare Donna Assunta – si occupava lui di tutto: della scuola, per esempio. Io avevo delle proprietà in Calabria e spesso ero costretta a viaggiare, dunque lui seguiva i bambini in ogni loro necessità, e lo faceva con grande amore. Era profondamente credente. E buono. Era un uomo nato per fare del bene agli altri, un vero signore, di animo gentile. Ovunque fossimo, in giro per l’Italia, la domenica mattina andavamo alla Messa”. 
E’ donna di carattere, Donna Assunta. E’ sempre stata così, determinata, gentile ma fiera, e senza peli sulla lingua. 
“Una volta venne a prenderci Michele Marchio, Giorgio aveva un incontro importante con il presidente Leone, così con Michele ci mettemmo in viaggio. Che grande persona, Michele Marchio! – continua Donna Assunta - Dall’aspetto burbero ma buono come il pane! Insomma lungo la strada da Bologna a Roma Michele dice di avere fame e si ferma all’autogrill Cantagallo. Ordiniamo il primo e cominciamo a mangiare. Ad un certo punto ci rendiamo conto che i lavoratori si sono messi tutti in piedi con le braccia conserte. Allora Giorgio va dal direttore e gli dice: “Scusi, tutto questo accade in mio onore?”. Il direttore, in difficoltà, gli fa “si, Onorevole, mi dispiace…” Giorgio non si scompone, ci dice che dobbiamo andare. Ma io non ci penso nemmeno! Mi alzo e mi prendo da sola un grande cesto pieno di frutta, me lo porto a tavola e continuo a mangiare. Ma con calma, senza nessuna fretta. Il direttore mi guarda, stupito. Io non mi scompongo minimamente, anzi gli dico “è inutile che mi guarda, sa? Anzi, sa che le dico? che se vuole sedersi può anche mangiare con noi!” Michele mi guardava stupito, Giorgio era impassibile. Finisco di mangiare in tutta calma, Michele chiede il conto. Un conto che riportava anche piatti che non avevamo mangiato. Michele gliele canta a modo suo, insomma il direttore depenna le portate di cui non avevamo usufruito, paghiamo ed usciamo per mettere benzina, ma anche il distributore sta a braccia conserte. Io ero arrabbiatissima, Michele bofonchiava, Giorgio rimaneva impassibile e sembrava che la cosa non lo scalfisse minimamente. Insomma ripartiamo. La notizia di quello che era successo a Cantagallo già si era diffusa, così quando arrivammo al distributore successivo trovammo la gente fuori che acclamava Giorgio Almirante, era un coro unanime: “venga, venga a mangiare, Onorevole!” Ma si era davvero fatto tardi (si, perché a Cantagallo avevamo fatto tutto con molto comodo, proprio per ripicca, e quindi avevamo perso molto tempo). Così mettemmo benzina e ripartimmo”.
Erano anni strani, quelli. La politica mieteva vittime in continuazione e gli attacchi, anche spropositati, erano all’ordine del giorno.
I fatti di Cantagallo sono soltanto il debole riflesso di un clima avvelenato in un’Italia divisa e lacerata dagli scontri tra destra e sinistra. Donna Assunta se li ricorda bene: “Vivevamo guardandoci le spalle in continuazione – dice – Quanti ragazzi innocenti abbiamo visto morire! Giorgio Almirante cercò sempre di aiutare le famiglie rimaste, ma il dolore era troppo grande”. 
Il primo ad essere sacrificato sull’altare insanguinato degli opposti estremismi si chiama Ugo Venturini. E’ il 18 aprile del 1970, e Giorgio Almirante tiene un comizio a Genova. Si scatena qualche scaramuccia all’inizio, del resto è prevedibile. Genova è una città strana, e poi Almirante è abituato ai comizi infuocati. Ma che una bottiglia piena di terra lanciata contro il palco sia intercettata da un ragazzo innocente no, non è prevedibile. E nemmeno che Ugo Venturini possa morire per un’infezione a causa di quell’impatto. Non se lo aspetta nessuno, in realtà. Non se lo aspetta la moglie di Ugo, Rita, che ha solo 28 anni. Non se lo aspetta Walter, il figlioletto, 5 anni appena. Non se lo aspetta nemmeno il segretario Almirante, che per tutta la vita porterà un peso immane sulla coscienza per quella morte assurda. 
Undici giorni   di agonia separano Ugo Venturini dalla morte, undici giorni ed undici notti in cui Almirante non si stacca dal suo capezzale. 
Donna Assunta ricorda quei fatti con dolore: “Portammo il bambino a casa nostra. Rimase con noi per molti mesi. Povero piccolo, mi diceva sempre: “ma non era meglio se moriva tuo marito, invece del mio papà?” ed io gli rispondevo: “hai ragione, piccolino. Noi siamo grandi e tu sei piccolo piccolo … hai ragione, era meglio, si.” Povero ragazzo. Lo abbiamo seguito sempre, Giorgio gli comprò una casa a Genova. La intestò al ragazzo e dispose l’usufrutto per la moglie. Era tanto giovane, povera donna! Quando Giorgio morì, sul conto trovai in tutto quarantaquattromilalire. Si, perché cercò sempre di aiutarle tutte, quelle povere famiglie rimaste a piangere i giovani morti. Anni brutti. Bruttissimi.”
Donna Assunta in questi giorni è impegnatissima. Assediata dai giornalisti, per i quali ha sempre una parola. Accerchiata dai giovani, per i quali ha sempre una carezza. Sono la nuova generazione, quella che Almirante l’ha conosciuto solo dai giornali, dalle foto, dai video e dai racconti di chi è rimasto. Sono i giovani che appartengono ad una generazione più fortunata, forse, e che restano legati alle origini di un’Idea che non è morta insieme allo storico Segretario. Donna Assunta non si nega a nessuno, “Giorgio Almirante è patrimonio di tutti”, dice. Non è gelosa dei suoi ricordi, consapevole che l’uomo che ha amato per tutta la vita appartiene un po’ a ciascuno di noi. E a tutti dà appuntamento alla commemorazione religiosa di questa sera alle 19,30 presso la Chiesa degli Artisti di Piazza del Popolo a Roma per il 25esimo anniversario dalla scomparsa.
Erano gli anni cinquanta, l’era dell’Italia in bianco e nero, quella in cui il Paese era appena uscito dalle distruzioni del Secondo Conflitto Mondiale. Erano i giorni della voglia di rinascere, l’epoca delle donne eleganti e sofisticate, curate, attente alla moda. Era il momento dei colori, del “new look”, che restituiva al mondo femminile quella raffinatezza che, con le brutture della guerra, sembrava essere andata perduta. Erano gli anni in cui l’universo femminile assumeva nuova consapevolezza di sé.Donna Raffaella Stramandinoli, da tutti chiamata Assuntina, aveva 25 anni. Originaria di Conflenti, una cittadina in provincia di Catanzaro, era una giovane e bellissima donna dal carattere aperto e vivace.Giorgio Almirante la conobbe durante un comizio in Calabria e se ne innamorò perdutamente. “Non appartenevo a nessun partito politico – racconta Donna Assunta, che oggi, a dispetto dell’età, conserva quella stessa eleganza e vivacità di allora – Mi ritrovai ad ascoltare un suo comizio per caso, ma non mi interessava, quindi, mentre lui parlava, io tirai via dal mio cappellino uno spillone, e con quello cominciai a punzecchiare gli altri giovani che erano lì. Loro cominciarono a ridere. Giorgio cercava di concentrarsi, ma notava che c’erano degli elementi di disturbo. Mi raccontò poi che si chiese: “ma perché ridono?”. Dopo il comizio il caso volle che ci ritrovassimo a tavola insieme, ospiti della stessa persona, che era un caro amico di famiglia”. Donna Assunta rievoca i primi incontri con Giorgio Almirante come se fossero accaduti ieri, ricorda ogni dettaglio. “Una mia amica mi chiese un favore. Avrei dovuto intercedere per lei presso un mio parente, politico importante. Le dissi che avevo conosciuto uno che mi sembrava una persona affidabile, un uomo gentile e cortese, serio. Le promisi che gliene avrei parlato. Così mi recai alla sede del Partito, ma mi dissero che Almirante non c’era, era andato a Bolzano. Lasciai il mio numero di telefono e me ne andai. Mi telefonò quella sera stessa, tardissimo. Saranno state le 23,30. Gli dissi che ero appena rientrata, che avevo ancora indosso la pelliccia e il cappello, e che sarebbe stato meglio risentirci in un altro momento. Ma lui mi rispose: “beh, se è ancora in queste condizioni potremmo anche vederci subito”. Così scesi e lo raggiunsi. Mi portò a mangiare in una di quelle trattorie in cui lui di solito si recava. Non ero abituata a quel tipo di ambiente, c’era una confusione incredibile, tutti parlavano ad alta voce. Fu il nostro primo appuntamento. Dopo ci incontrammo ancora, sempre più spesso. Nacque così quel nostro affetto che ci ha poi legati per tutta la vita, fino a quando il buon Dio non pensò di portarselo via”. In casa Almirante  ancora oggi sembra che Giorgio sia vivo. Ogni angolo parla di lui, del Movimento Sociale Italiano e dalla sua amata famiglia. Un grande ritratto del Segretario campeggia nello studio, guardando nei suoi occhi sembra di averlo lì, e sembra che stia per parlare. E’ vero quel che si dice, che chi vive nei cuori di chi resta, in fondo, non muore mai. “Amò i figli del mio primo matrimonio come se fossero i suoi – continua a raccontare Donna Assunta – si occupava lui di tutto: della scuola, per esempio. Io avevo delle proprietà in Calabria e spesso ero costretta a viaggiare, dunque lui seguiva i bambini in ogni loro necessità, e lo faceva con grande amore. Era profondamente credente. E buono. Era un uomo nato per fare del bene agli altri, un vero signore, di animo gentile. Ovunque fossimo, in giro per l’Italia, la domenica mattina andavamo alla Messa”. E’ donna di carattere, Donna Assunta. E’ sempre stata così, determinata, gentile ma fiera, e senza peli sulla lingua. “Una volta venne a prenderci Michele Marchio, Giorgio aveva un incontro importante con il presidente Leone, così con Michele ci mettemmo in viaggio. Che grande persona, Michele Marchio! – continua Donna Assunta - Dall’aspetto burbero ma buono come il pane! Insomma lungo la strada da Bologna a Roma Michele dice di avere fame e si ferma all’autogrill Cantagallo. Ordiniamo il primo e cominciamo a mangiare. Ad un certo punto ci rendiamo conto che i lavoratori si sono messi tutti in piedi con le braccia conserte. Allora Giorgio va dal direttore e gli dice: “Scusi, tutto questo accade in mio onore?”. Il direttore, in difficoltà, gli fa “si, Onorevole, mi dispiace…” Giorgio non si scompone, ci dice che dobbiamo andare. Ma io non ci penso nemmeno! Mi alzo e mi prendo da sola un grande cesto pieno di frutta, me lo porto a tavola e continuo a mangiare. Ma con calma, senza nessuna fretta. Il direttore mi guarda, stupito. Io non mi scompongo minimamente, anzi gli dico “è inutile che mi guarda, sa? Anzi, sa che le dico? che se vuole sedersi può anche mangiare con noi!” Michele mi guardava stupito, Giorgio era impassibile. Finisco di mangiare in tutta calma, Michele chiede il conto. Un conto che riportava anche piatti che non avevamo mangiato. Michele gliele canta a modo suo, insomma il direttore depenna le portate di cui non avevamo usufruito, paghiamo ed usciamo per mettere benzina, ma anche il distributore sta a braccia conserte. Io ero arrabbiatissima, Michele bofonchiava, Giorgio rimaneva impassibile e sembrava che la cosa non lo scalfisse minimamente. Insomma ripartiamo. La notizia di quello che era successo a Cantagallo già si era diffusa, così quando arrivammo al distributore successivo trovammo la gente fuori che acclamava Giorgio Almirante, era un coro unanime: “venga, venga a mangiare, Onorevole!” Ma si era davvero fatto tardi (si, perché a Cantagallo avevamo fatto tutto con molto comodo, proprio per ripicca, e quindi avevamo perso molto tempo). Così mettemmo benzina e ripartimmo”.Erano anni strani, quelli. La politica mieteva vittime in continuazione e gli attacchi, anche spropositati, erano all’ordine del giorno.I fatti di Cantagallo sono soltanto il debole riflesso di un clima avvelenato in un’Italia divisa e lacerata dagli scontri tra destra e sinistra. Donna Assunta se li ricorda bene: “Vivevamo guardandoci le spalle in continuazione – dice – Quanti ragazzi innocenti abbiamo visto morire! Giorgio Almirante cercò sempre di aiutare le famiglie rimaste, ma il dolore era troppo grande”. Il primo ad essere sacrificato sull’altare insanguinato degli opposti estremismi si chiama Ugo Venturini. E’ il 18 aprile del 1970, e Giorgio Almirante tiene un comizio a Genova. Si scatena qualche scaramuccia all’inizio, del resto è prevedibile. Genova è una città strana, e poi Almirante è abituato ai comizi infuocati. Ma che una bottiglia piena di terra lanciata contro il palco sia intercettata da un ragazzo innocente no, non è prevedibile. E nemmeno che Ugo Venturini possa morire per un’infezione a causa di quell’impatto. Non se lo aspetta nessuno, in realtà. Non se lo aspetta la moglie di Ugo, Rita, che ha solo 28 anni. Non se lo aspetta Walter, il figlioletto, 5 anni appena. Non se lo aspetta nemmeno il segretario Almirante, che per tutta la vita porterà un peso immane sulla coscienza per quella morte assurda. Undici giorni   di agonia separano Ugo Venturini dalla morte, undici giorni ed undici notti in cui Almirante non si stacca dal suo capezzale. Donna Assunta ricorda quei fatti con dolore: “Portammo il bambino a casa nostra. Rimase con noi per molti mesi. Povero piccolo, mi diceva sempre: “ma non era meglio se moriva tuo marito, invece del mio papà?” ed io gli rispondevo: “hai ragione, piccolino. Noi siamo grandi e tu sei piccolo piccolo … hai ragione, era meglio, si.” Povero ragazzo. Lo abbiamo seguito sempre, Giorgio gli comprò una casa a Genova. La intestò al ragazzo e dispose l’usufrutto per la moglie. Era tanto giovane, povera donna! Quando Giorgio morì, sul conto trovai in tutto quarantaquattromilalire. Si, perché cercò sempre di aiutarle tutte, quelle povere famiglie rimaste a piangere i giovani morti. Anni brutti. Bruttissimi.”Donna Assunta in questi giorni è impegnatissima. Assediata dai giornalisti, per i quali ha sempre una parola. Accerchiata dai giovani, per i quali ha sempre una carezza. Sono la nuova generazione, quella che Almirante l’ha conosciuto solo dai giornali, dalle foto, dai video e dai racconti di chi è rimasto. Sono i giovani che appartengono ad una generazione più fortunata, forse, e che restano legati alle origini di un’Idea che non è morta insieme allo storico Segretario. Donna Assunta non si nega a nessuno, “Giorgio Almirante è patrimonio di tutti”, dice. Non è gelosa dei suoi ricordi, consapevole che l’uomo che ha amato per tutta la vita appartiene un po’ a ciascuno di noi. E a tutti dà appuntamento alla commemorazione religiosa di questa sera alle 19,30 presso la Chiesa degli Artisti di Piazza del Popolo a Roma per il 25esimo anniversario dalla scomparsa.

 

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