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giovedì 23 maggio 2013

Cesare Ferri e Gabriele Adinolfi rendono onore a Dominique Venner.


 
L'omaggio di Cesare Ferri
Di Mishima, Alberto Moravia ebbe a scrivere che era uno psicopatico, di Venner Barbara Spinelli ci dice che in fondo il francese aveva al suo attivo solo qualche opuscolo. Quanta bava alla bocca! Mi domando: cosa hanno lasciato e cosa lasceranno dietro di sé persone come queste, se non una lunga, sottile striscia appunto di bava? Dalle loro case di Parigi - ogni intellettuale radical-chic che si rispetti tiene casa a Parigi - la Spinelli et similia si impegnano per svilire il gesto di Venner magari aggrottando la fronte in segno di disgusto: era più che prevedibile. Per loro i La Rochelle, i Mishima, i Palach, i Venner (mi scuso se al momento mi sfuggono altri nomi) sono dei frustrati incapaci di affrontare la vita, non capendo che questi "frustrati" si sono sacrificati per un'idea che hanno incarnato con fierezza. Ma che ne sanno questi intellettuali che si guardano allo specchio ogni due per tre e che considerano la cultura come una bella valigia da far vedere, che ne sanno di sacrificio (inteso come sacrum facere), di idea incarnata e di morte come ultimo atto di una vita vissuta eroicamente? Non ne sanno niente, ma ciononostante parlano, parlano, parlano. Che noia!
L'omaggio di Gabriele Adinolfi
Quando si uccise Mishima, sarà perché ancora non esisteva internet che ha incoraggiato la diarrea delle opinioni, sarà perché la gente era più educata, non sentimmo le bestialità di questi giorni.
Abituati ai vari forum tv (i processi pomeridiani) e ai forum dei blog, incanagliti e autoproclamatisi giudici di tutto e tutti, gli utenti non perdono occasione per delirare e per sbracarsi, dando pessima prova di sé mentre sentenziano anche su chi è mille piedi sopra le loro teste enon raggiungeranno mai.
A questi si uniscono poi i nemici ideologici, i detrattori, le vestali borghesi, che cercano almeno scientemente, loro, di togliere credibilità e rispetto a chiunque si faccia esempio.
L'Harakiri di Notre Dame
 
Pure in questo quadro, malgrado il fuoco incrociato dei bastardi e degli imbecilli, l'atto stoico del Samurai d'oltralpe, Dominique Venner, ha prodotto soprattutto rispetto, ammirazione e sbalordimento.
Sentimenti che prevalgono, giustamente,sulle piccolezze umane e sulle quisquilie del razionalismo.
Sicché anche chi non ha capito, fatti salvi pochi presuntuosi, ha preferito rendere tacito omaggio all'Harakiri in Notre Dame piuttosto che delirare squallidamente.
E qui ci potremmo fermare.
Non è necessario essere d'accordo con un Uomo per riconoscere la sua eccezionalità, la sua singolarità, la sua NORMAlità: basta essere persone semplici e non troppo storte.
Chiarisco che per quel che mi riguarda non sono andato mai troppo d'accordo con le posizioni di Venner.
Egli riteneva, giustamente, che la civiltà europea fosse sotto attacco, soprattutto dall'interno e riteneva, giustamente, che si dovesse militare nei ranghi della Tradizione contro quelli della Sovversione. Tradizione che, come si esplicita dalla sua ultima lettera, non ha mai confuso con una forma tradizionale o religiosa (e tralasciamo qui il dibattito su quanto di sovversivo ci sia in quella forma).
Sono però convinto che larisposta alla decadenza è sempre racchiusa in una sfida che possa rompere i cicli (quello che Evola spiega parlando dei cicli eroici);in poche parole credo che la Sovversione vada combattuta con la Rivoluzione controsovversiva.
Insomma c'è sempre stata una differenza di orientamento, più junkeriana la sua, più nazionalrivoluzionaria la mia.
Come ai tempi di Dreyfuss
 
Dico questo per poter chiarire megliol'equivoco, contribuendo a sgombrare il campo da alcune perplessità, dette o taciute. La principale è la domanda: ma valeva proprio la pena di uccidersi per opporsi ai matrimoni omosessuali?
Ritengo che si debba capire cosa sta accadendo in Francia. Qualcosa che non c'entra più di tanto con il sesso e men che meno con l'omofobia.
Ci sono diversi militanti nazionalisti francesi, cattolici come pagani, che sono omosessuali, eppure militano contro l'omomatrimonio.
Forse hanno capito che questo gioco al massacro determinato dai diritti delle minoranze e dallo scontro tra i sessi è un progetto per distruggere definitivamente la società, forse hanno capito che la sfera privata non ha bisogno di vetrine se non la si vuole semplicemente mercificare.
Forse sono abituati da tempo immemore ad una società che non è omofoba e non sentono quindi la necessità che diventi omofila od omocratica.
Oppure, più semplicemente, seguono l'ondata premettendo la loro appartenenza ideale a quella sessuale.
Fatto sta che, per ragioni che forse nessuno riuscirà a spiegare, in Francia è accaduto ultimamente qualcosa di ampia portata.
Dopo decenni di attacchi alla lingua,alla cultura, alla demografia, mezza Francia ha fatto quadrato contro i matrimoni gay perché sente minacciato l'ultimo quadrato della società, la famiglia.
Era meglio reagire prima? Era meglio reagire su altri temi? Sono domande retoriche. Sono forti pulsioni psicologiche improvvise e mobilizzatrici che determinano con forza irrazionale e profonda i tornanti storici.
Oggi sul tema si contrappongono due France come ai tempi di Dreyfuss.
Ed è sull'altare di quello scontro che Venner ha deciso di compiere il suo gesto sacrificale, facendo bene attenzione nel mettere l'accento su elementi molto più importanti del mariage pour tous e parlando di genocidio, di morte culturale, di sbandamento metafisico, di sostituzione di popolazione.
Guerra e guerriero
 
Credo sia oramai chiaro a tutti che non mi nascondo dietro un dito, che non mi vergogno delle posizioni forti, che non cerco alcun lasciapassare dagli intellettuali o dai politicamente corretti.
Fossi omofobo non mi vergognerei di affermarlo. Fosse l'omofobia a sospingere mezza Francia control'altra non cercherei di farla passare per qualcos'altro. Me ne fregherei nel più classico, e purtroppo desueto, stile fascista.
Di fatto invece è una guerra – proprio una guerra – per la sopravvivenza.
Quella che a rapide falcate le minoranze terroristiche celate in gangli vitali stanno per scatenare anche da noi.
Ed è in quella guerra che un guerriero, giunto ad un'età in cui ci si può ancora dare la morte invece di lasciarsi andare al disfacimento organico, ha deciso di compiere un atto sacro e un gesto violento: un elettrochoc.
Noi e i francesi

Ecco ripartiamo di qui: dal guerriero.
Un guerriero d'Oltralpe, di quella Francia di cui noi tanto spesso ci prendiamo gioco stupidamente.
Il fascismo loro lo hanno messo in incubazione e noi lo abbiamo realizzato, loro sono rimasti ai margini e noi abbiamo preso il potere e fatto la rivoluzione.
E ci vantiamo a ragione della nostra creatività latina, della nostra elastica duttilità.
Ma dovremmo anche osservare un po'meglio quella loro corazza che rallenta le improvvisazioni, che frenai salti in avanti.
Ci accorgeremmo che furono dei francesi ad impedire a Stalin di prendere Berlino il 1 maggio. Ci accorgeremmo che oltre il dieci per cento dei francesi continuano a votare da trent'anni un partito che il sistema tiene fuori dal parlamento: ma non rinunciano perché “non serve a niente”.
E vedremmo che a compiere suicidi rituali e di risveglio in occidente troviamo sempre dei francesi:Pierre Drieu La Rochelle, Alain Escoffier, Dominique Venner.
Noi invece, più vicini alle mamme e ai confessionali, non ci uccidiamo mai per dare un esempio.
Noi giudichiamo i suicidi altrui.
E intanto mentre la Francia si appresta a combattere l'ultimabattaglia, noi ci facciamo smantellare dall'alto, pezzo pezzo, eneppure ce ne accorgiamo.
Ci sono momenti in cui, nell'impeto, premia la leggerezza italica ed altri in cui, nell'angolo, serve il carattere gaulois.
Essere Europa. Così come lo richiede Venner!


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