CCP

giovedì 14 giugno 2012

Torna di attualità il proclama del Prof. Alberto Mariantoni.

PROCLAMA ALLA NAZIONE 24 marzo 2011 Ora o mai più! La prova provata che l’Italia, da 66 anni, non è (né può essere, né – nelle sue attuali condizioni – potrà mai diventarlo!) uno Stato indipendente e sovrano – e che il suo Governo (di destra, sinistra, centro… sarebbe la stessa cosa!), non è (né può essere) in grado di fare liberamente e degnamente gli interessi dei suoi amministrati (in quanto, oltre ad essere chiaramente in sottordine a quello degli USA, è invariabilmente ed incessantemente sotto ricatto ed autorità di Washington che tende puntualmente, arrogantemente e sfacciatamente ad intimargli cosa si debba o non si debba fare…) – l’abbiamo definitivamente avuta in concomitanza con la Crisi libica, tuttora in corso. Questo, nonostante l’Italia avesse un preciso e vincolante trattato di non aggresione e di cooperazione con la Libia, e che i nostri interessi politici, economici ed energetici consigliassero, quanto meno, di restare neutrali. Tenuto conto di quanto sopra, e non potendo fare altrimenti, è pertanto indispensabile che, una volta per tutte, si possa fare chiarezza. E, per poterla realmente fare, è ugualmente vitale ed urgente che si possa – al di la delle idee di ciascuno e degli schieramenti ideologici, politici e partitici in cui ognuno si riconosce – tirare una precisa, indelebile ed invalicabile linea di demarcazione, tra tutti gli Italiani. Tra coloro, cioè, a cui, per un motivo o per un altro, sta bene la suddetta situazione, e quegli Italiani, invece, che tendono fermamente a rifiutarla, e vorrebbero, in qualche modo, rimetterla in discussione. Questa, dunque, da oggi, è la sola, possibile, linea di demarcazione: 1. chiunque, tra gli Italiani (di destra, di sinistra, di centro, di centro-destra, di centro-sinistra, di estrema destra o di estrema-sinistra), continuerà ad accettare il suddetto stato di flagrante ed umiliante sudditanza da Stati terzi (fosse pure, per banale ignoranza o noncuranza), sarà considerato un nemico (polemon/hostis) ed un traditore della nostra Patria; 2. chiunque altro (di destra, di sinistra, di centro, di centro-destra, di centro-sinistra, di estrema destra o di estrema-sinistra) tenderà, invece, a rifiutare il succitato stato di asservimento e di subordinazione, e vorrà, in qualche modo, riunirsi e lottare, per potere finalmente riuscire a liberare la nostra Patria Italia/Europa dalla colonizzazione politica, economica, culturale e militare che ci è stata subdolamente imposta negli ultimi 66 anni, sarà considerato un nostro amico (philos/amicus) ed un nostro alleato (etairos/sodalis). Libertà, Indipendenza, Autodeterminazione e Sovranità politica, economica, culturale e militare, per l’Italia, l’Europa ed il resto dei Popoli-Nazione del mondo.

mercoledì 13 giugno 2012

L'autobiografia di Stefano Delle Chiaie: "L'Aquila ed il Condor".

Ve li racconto io i misteri d’Italia... Antonio Pannullo - SECOLO D'ITALIA Il libro di Stefano Delle Chiaie L’aquila e il condor ha colmato un grosso vuoto nella storia politica italiana. E in particolare in quella dei movimenti alla destra del Msi (diremo “destra” per convenzione, perché sarebbe troppo complicato in questa sede avventurarci nello stabilire se il fascismo sia di sinistra o di destra). Avanguardia Nazionale è stato un gruppo politico che ha agito negli anni Sessanta e Settanta in Italia, e Stefano Delle Chiaie ne fu fondatore, insieme ad altri, e il leader. Il volume è uscito per una casa editrice importante, Sperling & Kupfer, nella collana “Le radici del presente” diretta da Luca Telese, che della storia politica recente italiana è un esperto e che ha voluto con forza questa opera. L’autore di “Cuori neri” nella sua postfazione si lamenta un po’ perché avrebbe voluto trovare di più nel racconto di Delle Chiaie. In certi anni Delle Chiaie era dipinto dai media come “la Primula nera”, l’uomo che sapeva tutto, che era a conoscenza di tutti i misteri - e le stragi d’Italia - Ma forse così non era, come del resto provano le sentenze e gli atti processuali. Non c’era chissà che da trovare. Avanguardia Nazionale, dice l’autore, era un gruppo extraparlamentare che faceva un certo tipo di attività politica. Almeno fino al momento in cui non si fece chiara quella che Delle Chiaie chiama una persistente campagna di “intossicazione” contro la runa di Odal, simbolo del movimento, tesa a far credere all’opinione pubblica che il gruppo e lo stesso Delle Chiaie avessero rapporti stretti e pericolosi con ambienti dei nostri servizi segreti. E fu questo che in realtà rovinò Avanguardia, screditata sulla base di costruzioni complesse e, secondo Delle Chiaie, non veritiere da parte del “sistema”, come lo chiamavano gli attivisti dell’epoca, che fecero rapidamente scendere Avanguardia nella considerazione che c’era stata sino allora. L’operazione del sistema riuscì, pur tra tanti drammatici errori: come dice il grande comunicatore canadese Marshall McLuhan, una menzogna per diventare realtà ha solo bisogno che sia propalata da un certo numero di media per un periodo di tempo sufficientemente lungo. E qualcosa del genere sosteneva anche Karl Marx, a proposito dell’infangare e diffamare l’avversario politico fino a che la bugia non diventi verità. E se ne sono visti tanti di questi esempi, e ancora in alcune circostanze si possono osservare, sia in ambito nazionale sia in ambito internazionale, nella distinzione manichea, ormai sistematica, tra “buoni” e “cattivi”. Ecco: Avanguardia Nazionale era cattiva, e Delle Chiaie era il capo dei cattivi. I meno giovani ricorderanno certamente che in un certo momento storico Delle Chiaie diventò il parafulmine e il capro espiatorio di ogni nefandezza che avveniva in Italia: dietro ogni strage, ogni attentato, ogni bomba, c’erano lui e la sua organizzazione; accusato di tutto e di più, le calunnie erano tanto più credibili in quanto lui era all’estero latitante. Il tempo ha fatto giustizia di tutto, ma sono dovuti passare i decenni: Avanguardia e Delle Chiaie non si macchiarono mai dei delitti atroci a loro ascritti, ma ancora oggi la percezione della gente è diversa. L’aquila e il condor ha numerosi meriti. Dà il suo contributo per far luce su episodi oscuri della storia della Repubblica: Piazza Fontana, Bologna, Ustica, piazza della Loggia e altri fatti. Delitti per i quali si è sempre seguita la pista nera e i colpevoli si cercavano in base a teoremi e pentiti, sistema che Delle Chiaie nel libro attacca duramente spiegando perché questi metodi non hanno mai condotto alla conquista della verità. Interessanti per gli addetti ai lavori la storia e la struttura di Avanguardia nazionale, galassia sconosciuta per i più: ma su questo Delle Chiaie non scende in profondità, non fa numeri, non fa cifre, non racconta episodi o strategie, limitandosi a far capire tra le righe che si trattava di un’organizzazione molto efficace, con una gerarchia precisa e con un servizio di autocontrollo interno. Che però non l’ha salvata dall’accusa di contiguità con gli onnipresenti servizi. E forse è proprio per questo che Delle Chiaie dopo tanti anni ha rotto il silenzio, consegnando alla storia un libro nel quale si difende da tutte le accuse respingendole al mittente e spiegando che i rapporti con i servizi, sì, ci furono, ma solo nella misura in cui i servizi stessi tentarono a più riprese di infiltrarsi, comprare, depistare, delegittimare il movimento perché considerato troppo eversivo. Dalla lettura dell’opera si esce con la convinzione che Delle Chiaie abbia fatto un onesto lavoro di controinformazione, resa molto più credibile dagli altri fatti oscuri avvenuti negli ultimi anni, sempre a spese della destra italiana. Se in quegli anni abbiamo bevuto come acqua la propaganda antifascista ossessivamente messa in onda per decenni dai media, perché oggi non dovremmo leggere la difesa di chi di quegli anni fu protagonista e testimone? Nel libro c’è anche un interesse umano sfuggito a molti critici: lo strettissimo rapporto dell’autore con il comandante Junio Valerio Borghese, davanti al quale Augusto Pinochet si mise sull’attenti in colloqui cui partecipò lo stesso Delle Chiaie; il ruolo fondamentale di Avanguardia nella rivolta di Reggio del 1970; la storia terribile, dimenticata in Italia anche perché all’epoca passata in sordina, dell’omicidio, nell’ottobre 1982, di Pierluigi Pagliai, di Avanguardia (colpevole in tutto di renitenza alla leva), al quale in Bolivia i servizi tesero un agguato per poi riportarlo morente in Italia a bordo dell’aereo Alitalia “Giotto”. In precedenza un piano di eliminazione chiamato “Pall Mall” nei confronti di Delle Chiaie era fallito, ma a Roma vi erano stati alcuni omicidi dalla dinamica mai chiarita, come quello della giovane Laura Rendina, uccisa nel gennaio del 1981 «per errore». I servizi erano in fibrillazione per la strage di Bologna, non ne riuscivano a venire a capo, anche perché la pista degli inquirenti fu subito orientata in una sola parte, mentre numerose altre piste, elencate e spiegate da Delle Chiaie, apparivano – e appaiono ancora – molto più consistenti. Ma tant’è. In pieno giorno, nella capitale boliviana, Pagliai venne attirato in una trappola e ferito a morte mentre stava parcheggiando. L’intera operazione è ben descritta da Delle Chiaie e non vogliamo anticipare nulla: vale la pena di leggerla. In seguito, per queste e altre vicende furono condannati uomini dei servizi per depistaggio ma, sottolinea ancora l’autore, non si indagò sul perché e per chi depistarono. Dal periodo sudamericano Delle Chiaie trae una riflessione importante soprattutto per i giovani: «...Mi sentii boliviano e capii cosa significasse in concreto che la mia Patria è là dove si combatte per la mia Idea». Il libro si conclude con il ritorno del leader di Avanguardia in Italia, i processi, il carcere, la libertà, il reinserimento. Il 20 febbraio del 1989. Bello anche l’episodio, pochi giorni dopo, dell’incontro con i “vecchi” camerati al “loro” bar, quello storico di piazza Tuscolo, zona dove tanti anni prima un adolescente aveva iniziato la sua avventura politica nella sezione del Msi di via Solunto (sezione? Era praticamente una grotta, racconta l’autore). Alla fine del libro Delle Chiaie rende un commosso omaggio a chi con lui condivise il sogno, ambizioso, di «cambiare il mondo». E conclude: «Molti, anche sul fronte opposto, sognarono. Quando siamo stati costretti al risveglio, ci siamo trovati in un deserto di idee e di emozioni. Ma allora non fu più nobile il nostro sogno della realtà che ci sconfisse?». Certo, ma il sogno ha avuto costi esistenziali altissimi per tutta una comunità umana. Solo la storia dirà se veramente ne sia valsa la pena. Era ben prevedibile che il sistema (oggi si direbbe «i poteri forti») si sarebbe difeso.

Centro Studi Polaris di Gabriele Adinolfi.

Movimento Nazionale Istria Fiume e Dalmazia.

Associazione Mille Giovani Idee per l'Italia.

Francesco Storace: "Famiglia, Nazione, Lavoro"!

IL DISCORSO DI STORACE A NAPOLI La nostra traversata vede finalmente la terra all’orizzonte. E verso la meta è doveroso dire grazie a questo nostro popolo che non ha mancato di darci affetto, incoraggiamento, entusiasmo. Qui a Napoli rinnoviamo il giuramento: la destra italiana non tradisce la sua gente! Ci ritroviamo dopo lo splendido corteo del 3 marzo a Roma, quando abbiamo portato ventimila persone a sfilare contro Monti e tutti quelli che ancora stanno lì a sostenere un governo infame. Abbiamo sfilato ordinatamente: c’erano uomini e donne, giovani e anziani, tante bandiere e nessuna banderuola! Con noi non ci sono i teppisti dei centri sociali e nemmeno i demagoghi che con la lingua dicono ora di non pagare l’odiosa tassa sulla casa che con la mano hanno approvato in Parlamento! C’è con noi la gente di Destra, che ha amato Almirante, il popolo che non si scandalizza se sente parlare con rispetto del Ventennio, le persone che chiedono alla politica di non scannarsi su chi ha fatto più danni ieri o l’altro ieri, ma di farci sapere che cosa hanno intenzione di fare domani. Con noi c’è il popolo che teniamo unito nel nome della sovranità, del diritto a decidere da soli, con la nostra testa e non eterodiretti da un computer a Wall Street. Questo popolo ha sofferto per cinque lunghi anni, pagando l’ansia di vendette di un traditore che avevamo seguito ovunque. Del resto, nascemmo nel 2007, proprio contro il tradimento, rifiutammo di definire il fascismo come il male assoluto. E combattemmo da soli alle politiche del 2008, ma l’Italia non ci ascoltò mentre gridavamo a Berlusconi che Gianfranco Fini avrebbe tradito pure lui. L’Italia fu sorda al nostro richiamo anche alle europee del 2009, quando la mettemmo in guardia dal Trattato di Lisbona e dalle smanie antinazionali di Bruxelles. Ci ritrovammo nel 2010, alle regionali, quando con i nostri lesionati accampamenti di fortuna determinammo la vittoria del centrodestra alle regionali. Ma troppa presunzione, arroganza, delirio di onnipotenza, sbranarono una coalizione che si autodistrusse nel novembre dello scorso anno mentre noi celebravamo uniti il secondo congresso nazionale della nostra giovane storia. Oggi, giugno 2012, crolla tutto e loro stanno ancora lì, in Parlamento, senza rendersi conto di quello che bolle fuori dal Palazzo. Signore, Ti ringrazio per averci dato la tempra morale, nel 2008, di rifiutare il posto facile e sicuro al Governo e in Parlamento! Ti ringraziamo perché ora tocca a noi. A noi che da destra non ci rassegniamo al bipolarismo tra Bersani e Beppe Grillo, al dominio della BCE e di Equitalia, alla fine delle nostre speranze. Parliamo a un’Italia disperata che i tecnici di Monti stanno facendo sprofondare nella miseria più cupa, massacrandoci di tasse senza fine. Tassassini, dovremmo gridare a questi ministri senza anima. Non c’è uno solo, tra mille parlamentari, che si preoccupi di come campano e male milioni di italiani, le loro famiglie, i figli che mettono al mondo. Quando facciamo il pieno di benzina, quanti deputati e senatori sanno quanti e quali accise paghiamo.? Sono quelle tasse speciali che fanno lievitare il costo del carburante alla pompa in occasione di un’emergenza, finita la quale non vengono però mai tolte. Stanno torturando il nostro popolo, prova ne sia lo stesso atteggiamento di Equitalia non contro chi non vuole pagare le tasse ma contro chi non le può pagare. Hanno fatto bene i militanti di Gioventù Italiana ad appendere manichini nelle città e ad inscenare il “cimiteuro” davanti alla sede del Parlamento Europeo: troppa gente preferisce morire piuttosto che combattere con lo strozzinaggio di stato. Diritto al futuro è quello che reclamiamo e passa anche attraverso proposte e atteggiamenti che non vedano lo Stato nei panni dell’estorsore: la rateizzazione dei debiti fiscali deve essere un diritto; i crediti dello Stato vanno controllati con rigore; la prima casa non può essere pignorata; azzerare gli interessi di mora e compensare i crediti vantati dal contribuente con lo Stato; chiudere la stagione della centrale rischi. E chiudete anche questa stagione grigia, preoccupatevi piuttosto di riaprire i cuori alla speranza! Per farlo bisogna avere coraggio: l’Europa che ci vuole strangolare deve essere allontanata dal nostro cammino di cittadini italiani. Le loro diavolerie messe al bando. Da Bruxelles e Francoforte pretendono di trattare i popoli come schiavi: hanno inventato meccanismi diabolici che solo l’infamia di governanti inetti può pensare di far passare impunemente: dal meccanismo di stabilità europea al fiscal compact ci stanno per mettere le mani sul collo come delinquenti in una strada buia per rapinarci, razziarci, violentarci nelle tasche e nell’anima. E tutto questo lo dovrebbe ratificare un Parlamento popolato da mille anime morte che non sanno reagire e che non conoscono il significato della parola sovranità. Dobbiamo scatenare nelle piazze e poi nelle urne il movimento della dignità nazionale, pretendiamo un referendum sui trattati, il Parlamento approvi almeno una legge per autorizzare il popolo a decidere come stare in Europa. Se non ci fate votare adesso, allora sarà il prossimo anno il momento in cui alle politiche chiederemo al popolo italiano di dire addio assieme a noi a quest’Europa usuraia. Bella ciao la canteremo noi, ma all’indirizzo della banca centrale europea… Se non ci fanno votare è perché in Italia manca una classe dirigente degna di questo nome. Persino un guru della finanza speculativa come George Soros è arrivato a denunciare che “la crisi dell’Euro è la tragedia di una serie di errori. E’ ciò che accade quando, di fronte ad una decisione da prendere, si sceglie sempre di seguire la linea di minore resistenza”. Eppure c’è bisogno di chi dica basta. Craxi mandò i carabinieri a Sigonella contro gli americani, noi dovremmo sguinzagliare la guardia di finanza a caccia di quei banchieri ladri che da tutto il mondo pretendono di affamare l’Italia. Abbiamo 1946 miliardi di euro di debito pubblico. Improvvisamente, ci hanno ordinato di rientrare. Pretendiamo che si reagisca. Noi dobbiamo riconoscere il credito di poco più di 1000 miliardi maturati dai risparmiatori italiani che hanno dato fiducia al loro Paese. Ma quasi 900 miliardi pretesi dalle banche mondiali devono restare a casa nostra: la BCE non può pretendere di dettare le leggi finanziarie dell’Italia nei prossimi 20 anni per arricchire Barclays Bank e J.P. Morgan; Deutsche Bank e BnP Paribas; Citigroup e Goldman Sachs; Merrill Lynch e Morgan Stanley; la finanza mondiale aspetti il suo turno, il popolo italiano viene prima di chiunque altro nel mondo, vi censiamo, vi individuiamo e non vi paghiamo più! Per uscire dalla buca, devi smettere di scavare. Noi non siamo obbligati a pagare alcun debito, come sostengono fior di economisti tutt’altro che disponibili a inseguire il pensiero unico della finanza globale. Con due milioni di lire al mese campavamo, con mille euro si fa la fame: la realtà è che l’Euro ci ha reso schiavi dei poteri forti e incontrollati. Se manca la classe dirigente è anche perché manca la destra della sovranità nazionale. La sovranità è un valore che difetta ad una sinistra a vocazione internazionalista; che è lontana dai principi di un centrodestra più attento a soddisfare bisogni di potere che sfuma che a realizzare i grandi sogni per cui s’era formato; è patrimonio esclusivo di una destra che ora spetta a noi far individuare. Si è sovrani perché si decide da sé e non si rinnega nulla di quel che si è scelto di essere. Anche perché siamo orgogliosi di essere quel che siamo. E che cosa dovremmo rinnegare? Rinnega facilmente chi non ha identità. Noi invece ne siamo orgogliosi custodi, a partire dalle nostre radici culturali. Penso all’urbanistica fascista e chiedo a tutti perché vengono a studiarla da ogni parte del mondo; guardo i codici del diritto e ammiro la preparazione di milioni di giovani che si sono formati sui testi sfornati con cura dai nostri padri; osservo le nostre terre e leggo ammirato le leggi a tutela dell’ambiente degli anni quaranta; la modernizzazione dell’Italia fra le due guerre non è un’invenzione apologetica, ma una realtà studiata da migliaia di testi di ogni orientamento politico e culturale. Chi da questa parte del campo ha rinunciato a guardarla con rispetto, ha tradito quel che diceva di essere. E se tradisci il tuo essere, conta solo quello che hai. E se non sei più nulla e non hai più niente, è ovvio che poi ti resta solo Beppe Grillo! Pensate che a Roma la frenesia di dismettere se stesso ha portato il Sindaco Alemanno a promettere ai partigiani una strada per Rosario Bentivegna e una al finanziere Barbarisi , che da Bentivegna fu ammazzato a pistolettate. Ovvero, nella più lugubre delle par condicio, la solennità dell’intitolazione di due strade ricorderà la vittima e il suo assassino. La storia diventa farsa e ridicolizza gli uomini che non credono! Per noi la cultura viene prima della moneta. Se hai soldi, lasci a tuo figlio l’eredità; se non ne hai, almeno trasmettigli valori in cui credere! E oggi c’è bisogno di cultura della sovranità, di affermare il potere di decidere nel lavoro, nel sapere, nella democrazia. Lo scriviamo nei dieci punti che da oggi rappresentano il nostro manuale della sovranità. Chi vorrà stare con noi dovrà leggerlo, apprezzarlo, condividerlo. E chi vorrà allearsi con noi, dovrà dirci i suoi sì e i suoi no che peseremo uno ad uno. Politiche sociali per far acquistare casa anche al figlio di un precario e per consentire agli italiani poveri di usufruire dei servizi sociali prima degli stranieri; rifiuto dell’immigrazione clandestina come destino ineluttabile delle Nazioni; lavoro come grande questione etica e primato della partecipazione come alternativa al precariato e che lanceremo a Milano il prossimo 16 luglio nell’anniversario della scomparsa di Ivo Laghi, grande leader della Cisnal; presidenzialismo e senato del territorio; Italia sovrana con la propria moneta e la propria banca finalmente pubblica in attesa della realizzazione di una vera Europa dei popoli; lotta a tutte le caste. Qui, sui contenuti, si gioca la partita della destra che manca: grazie a Marcello Veneziani per aver gettato il sasso nello stagno. A te, a Buttafuoco, a Sangiuliano e a tanti uomini di cultura di area chiedo di aiutarci a ricostruire. Ma una cosa nuova e non grigia. Noi non vogliamo mettere assieme cocci vecchi. Questo paese ha bisogno di una destra che metta da parte vecchi rancori ma non nel nome del volemose bene. Il prossimo tempo della destra italiana non dovrà riguardare noi che siamo stati i protagonisti, ma leaders giovani ai quali dobbiamo lasciare spazio. Noi li affiancheremo con un glorioso antico quotidiano che abbiamo rilevato da qualche settimana: con Roberto Buonasorte abbiamo acquistato la testata del Giornale d’Italia! Anche da quel foglio dimostreremo che noi non dobbiamo inseguire formule politiche, a quelle si perde in queste ore e incredibilmente un PDL che pensa a Liste civiche. Noi non pensiamo a liste, ma a idee e a giovani che possano degnamente rappresentare la domanda di destra a cui dare risposta. Noi ci accontenteremo di dire ai nostri figli che non abbiamo accettato di veder morire la destra italiana, che il disegno omicida di Gianfranco Fini non è passato. Ai nostri ragazzi chiediamo di restare meravigliosi come sono, di non imitare tanti loro coetanei carrieristi. Non dismettete mai la capacità di rappresentare l’indignazione. Perché una famiglia non si distrugge. Perché una vita non si elimina. Perché il lavoro non si compra. Perché la Nazione non si vende. Perché l’Italia non si invade. Perché, con La Destra, il futuro non si allontana. A tanti fratelli separati non chiediamo l’argento del potere, ma solo ferro e fuoco per combattere!

Luca Romagnoli (Fiamma Tricolore): «Avanti, coerenti e puliti»

Romagnoli (Fiamma Tricolore): «Avanti Fiamma, con ideologia e con le mani pulite» Senza ideali, ci hanno insegnato “deideologizzando” pervicacemente la politica italiana nell’ultimo ventennio, si amministra; anzi si governa bene, perché gli uomini e le comunità hanno necessità, oggi, di risposte concrete. La “gente” non ha alcuna necessità delle filosofie, delle ideologie e di tutto l’armamentario ontologico della politica dell’ Ottocento e del ‘Novecento. Quest’ultima ha prodotto solo orrori, delibando umanità condita dall’ideologia e dall’etica. Una classe politica di rinnovatori e riformatori è sorta in nome della “deideologizzazione”. Questa dapprima ha mostrato come la politica potesse fare benissimo a meno delle ideologie (e passi pure), poi tutta la politica italiana è diventata un fare a meno delle Idee e dei Valori. Questo ovviamente per molti. Non per Noi, certamente, ma è bene ricapitolare i processi logici seguiti da altri, perché sono quelli che la stragrande maggioranza degli Italiani hanno fino a poco tempo fa seguito. E Noi, quelli dell’etica della polis, non possiamo comunque ignorarlo. Si può in nome di una “politica del fare” cambiare idee e, stili, progetti, si può “voltare gabbana” con disinvoltura, rinnegare Padri, zii e figuriamoci i nonni. Si può giustificare qualsiasi scelta purché si mantenga il potere, che primo nutre il consenso, che a sua volta -in un ciclo quasi catartico continuo-, rigenera potere e così via. E questo lo hanno fatto tanti nostri ex-compagni di strada (dovrei scrivere camerati, ma mi dispiace per loro, offuscare tanto lavoro fatto per l’oblio). Molti non li rivedremo. Non li rivedremo sindaci della Capitale, non li rivedremo ministri (almeno “per un pezzo”), non li rivedremo amministrare male, peggio, degli avversari di sempre che avevano pomposamente sostituito; vorremmo anche non rivederli pietire consensi in nome di un’identità che hanno ampiamente mollato nei fatti più che nelle parole. Il problema è che questo modo di fare politica “consenso-potere-consenso” non ha nulla a che vedere con una visione ciclica, “vichiana”, della storia, oltre che non avere nulla a che vedere con gente che si presta alla politica come lo siamo noi. Infatti, venendo meno alle leggi della ciclica il giocattolo dei Partiti delle “democrazie e della libertà” si è rotto. La credibilità è sotto le suole. E non si sa se sono più gli Italiani o più le Banche che vogliono sostituire una classe di politici professionisti e rapaci, senza etiche da insegnare e senza morali da poter dimostrare, con nuovi esponenti da “opera buffa”, lasciando alla commedia comica il compito di stemperare le tragedie nazionali e alla Magistratura quello di dare una superficiale pulitina. Si perché di tragedie nazionali si deve parlare quando osserviamo lo sfascio della cosa pubblica, quando registriamo, come accade in questi giorni, che la gente si suicida per i debiti, per l’esosità e le modalità di riscossione fiscale (alla quale, è bene ricordare, non fa mai seguito un’erogazione decente di servizi). Di dramma italiano si deve parlare quando, di giorno in giorno, veniamo a conoscenza di prestazioni sanitarie che ci fa distinguere per sprechi, clientele ed inadeguatezze. Di tragedia dobbiamo parlare se prendiamo seriamente coscienza di quanto Grande potrebbe essere la nostra Italia di quanto genio ci sia nella nostra stirpe e, purtroppo, di quanto invece la nostra Nazione sia depressa. Di dramma epocale dobbiamo parlare quando ci accorgiamo del perdurante dileggio internazionale di cui godiamo, come mai prima, dal Cermis in poi. Noi non amiamo pessimismi e avvilimenti, e a questa situazione sapremmo rispondere con immediata serietà e concretezza: si proprio la concretezza in nome della quale altri hanno tentato di rottamare le Idee,e speriamo finiscano invece per rottamare se stessi, Noi “senza se e senza ma” sapremmo anche impugnare la concretezza. Noi, ai buchi di bilancio avremmo opposto serio taglio degli sprechi, ad esempio con l’eliminazione di moltissima parte delle competenze Regionali, con il riaccorporo del frammentato tessuto delle amministrazioni locali, insieme alla reale attribuzione a queste ultime delle politiche di governance territoriale. Noi alla demagogia sulle pensioni di “politici” e di amministratori della cosa pubblica (quindi anche delle Banche e delle grandi imprese cui il pubblico in qualche modo concorre), risponderemmo con l’immediata trasformazione del regime pensionistico in contributivo (anche per i cosiddetti “diritti acquisiti”). Noi alla mancanza di onestà e di giustizia non avremmo dubbi su misure stringenti ed inasprimento delle pene. Noi non avremmo dubbi sull’immediata urgenza di “tornare sui proprio passi” in tema di servizio militare/civile obbligatorio al compimento della maggiore età (sì, proprio come fanno, ad esempio, in Israele), insieme all’istituzione di un salario sociale. Noi non avremmo dubbi sulla stringente necessità di controriformare la scuola e l’istruzione pubblica, liberandola dalle demagogie e dalla zavorra di essere da decenni rifugium peccatorum di lauree prese con troppa disinvoltura. Noi non avremmo dubbi sulla necessità di riordinare l’economia imponendo alla finanza regole invalicabili, esaltando il capitale prodotto dal lavoro e mortificando quello prodotto da speculazione. Noi non avremmo dubbi nell’imporre il rispetto delle regole e le pari opportunità a chi italiano lo è per sangue e a chi lo diventa per lavoro. Noi non avremmo dubbi su come riordinare in termini meritocratici la nostra società. Non abbiamo dubbi su tutto questo perché non vogliamo vedere (meglio, non vogliamo pensare in futuro) i nostri nipoti lavare i vetri ai semafori delle città delle “tigri asiatiche”. Noi non abbiamo dubbi sulla necessità che la Fiamma possa dimostrare agli Italiani (tutti, sicuramente, ma ai delusi di centrodestra in particolare modo), che la nostra gente è quella dell’eccellenza, che le nostre idee e progetti sono quelli della “gente per bene” e che questa è la qualità più rivoluzionaria di cui ha bisogno l’Italia di domani. Questa qualità la può, finora, vantare solo Fiamma Tricolore; molti, troppi altri, devono, nella migliore delle ipotesi, evitare di parlarne. E allora Avanti Fiamma! Avanti, cerchiamo di costruire qualsiasi percorso utile a portare ai prossimi appuntamenti elettorali la nostra Fiamma, i nostri campioni dell’onestà e di una coerenza intelligente: “senza se e senza ma” in tema di valori, ma anche senza rivendicazioni e scempiaggini esibizionistiche nel metodo. Questo è purtroppo l’unico modo per far sapere che esistiamo, di che pasta siamo e cosa proponiamo. Avanti Fiamma, con il coraggio delle idee e la trasparente onestà, avanti per esercì con il nostro simbolo. Luca Romagnoli Fiamma Tricolore

giovedì 7 giugno 2012

Adriano Tilgher propone un fronte dei ribelli...

IL FRONTE DEI RIBELLI I fatti ci danno ragione. I partiti del consociativismo, del liberismo e degli affari sono stati sconfitti. Lo dicevamo tanti anni fa quando parlavamo di crisi della partitocrazia, ma inventarono delle contromosse criminali: prima le stragi, dopo la lotta armata, dopo l’emergenza terrorismo con la conseguente repressione, dopo ancora l’emergenza criminalità organizzata che all’improvviso si scopre stragista, poi l’apatia, il riflusso. In questo clima il potere finanziario, il nuovo padrone del mondo, è venuto allo scoperto, ha cercato di instaurare il nuovo ordine mondiale, basato sui soldi, sul mercato azionario e sui rapporti economici. L’etica, i valori umani, la solidarietà diventano impicci di cui liberarsi al più presto. I partiti, guidati da fedeli servitori di questi signori, pensano solo agli affari, alle loro fortune personali, senza curare minimamente l’interesse pubblico, che doveva essere, invece, il loro unico obiettivo. Finalmente la gente l’ha capito: ce n’è voluta, sono passati più di 50 anni, ma l’ha capito. Una pressante richiesta di riferimenti politici viene da tutti: da chi non va a votare, da chi vota Grillo, da chi vota le liste civiche, da chi cerca di cambiare. Solo a Palermo tutto resta come era. Vince un vecchio politicante di sinistra, che raccoglie maggioranze bulgare, che fino a pochi mesi prima toccavano alla destra. Ci viene da fare una piccola osservazione: le precedenti maggioranze bulgare avevano fatto parlare di implicazioni mafiose, oggi o la mafia ha cambiato indicazioni, o è stata debellata per merito di chi aveva governato, ma che oggi è stato sconfitto. Ed ecco che veramente da oggi tutto può cambiare, non esiste più la destra, non esiste più la sinistra, non ci sono più le ideologie, non c’è più il comunismo, il capitalismo è sconfitto, il socialismo arranca, il liberismo sta implodendo nel suo mercatismo. Oggi esistono, da una parte, un potere disumano e alienante, dall’altra la gente, quei popoli che si sbattono, traditi dai falsi politici, tra la sopravvivenza materiale delle conquiste sociali e la ricchezza tutta spirituale del grande patrimonio culturale e storico dei secoli passati. In questo sta la scommessa del futuro, da questi presupposti nasce il grande malessere che sta affossando le coscienze dei cittadini dell’Europa, nella ripresa dei valori della grande tradizione europea c’è la speranza per tutti i cittadini del mondo. I partiti del passato, PD, PDL, UDC…, sono sconfitti, il commissario liquidatore dell’Italia, Monti, deve prenderne atto e deve andare al voto: non importa con quale legge elettorale, purché si voti. Qua nasce il problema da risolvere in pochi mesi: serve il partito del popolo, che contrasti i partiti delle oligarchie finanziarie, quelli che ci hanno regalato Monti e che continuano a sostenerlo. Un partito che non sia di destra, non sia di centro e non sia di sinistra, ma che sappia interpretare il malessere generale degli Italiani tutti e rispedisca a casa una classe di falsi politici, che hanno occupato lo spazio di destra, di sinistra e di centro. Da una parte i Bersani, gli Alfano, i Casini, i Fini, …,difensori dei propri personalissimi privilegi, che hanno abbandonato gli Italiani nelle grinfie dei potentati internazionali, dall’altra gli uomini di buona volontà, che vogliono rimboccarsi le maniche e vogliono costruire l’alternativa sociale e popolare. Oggi lo scontro non è più tra destra e sinistra, ma tra i servi del potere e la gente. Diventa importante non cadere nella trappola delle false diversificazioni, che servono soltanto a frantumare IL FRONTE DEI RIBELLI, il fronte di tutti gli Italiani che hanno capito l’inganno e vogliono ritornare a decidere del loro destino, sottraendolo ai diktat delle banche, delle società di rating e dei fondi d’investimento. Mettiamocela tutta e camminiamo uniti verso l’obiettivo.

L'appello di Marcello Veneziani alla unità ed al rilancio della destra italiana.

Il mio appello a tutte le destre (e non solo) - di Marcello Veneziani Rivolgo questo appello esplicitamente, anche se non esclusivamente, a chi proviene da destra. Un appello personale, di cui mi assumo intera la responsabilità, non concordato con nessuno. Mi rivolgo a chi proviene da Alleanza nazionale, dal vecchio Msi, dalle esperienze varie e anche non politiche di destra nazionale, sociale e i non allineati. E mi rivolgo apertamente e direttamente a chi attualmente esprime su posizioni diverse il desiderio di ricominciare daccapo. Dico dunque alla componente destra del Popolo delle Libertà, dico alla Destra di Storace, dico a Futuro e Libertà, dico alla galassia di nascenti movimenti, come gli azzeratori di Giorgia Meloni, i patrioti di Elena Donazzan, il Fuori di Galeazzo Bignami, RinascItalia di Elisabetta Foschi, e tutti coloro che in questo momento stanno dando vita a esperimenti, incontri, tentativi di ripartire. Senza escludere la galassia giovanile dispersa o ritrovatasi in comunità e circoli, case e movimenti. Infine considero chi, come me, viene dalla destra sfusa, pensa da anni in libertà e in solitudine, o non è impegnato in nessuna realtà vagamente politica. È ora di ricostruire un soggetto civile, prima che politico e culturale. È ora che si torni ad Itaca, come scrive in un appello che sottoscrivo, Renato Besana. È ora che si tenti, dico almeno si tenti, di ritrovare un motivo comune per rilanciare l’iniziativa politica. Accogliamo come dato di fatto il disarmo bilaterale: Berlusconi e Fini costituiscono inevitabilmente un ciclo concluso. La loro parabola di leader è finita, differiscono i nostri giudizi su di loro, ma non possono essere più motivo di unione né di divisione. Si deve fare un passo oltre. Si chiede un passo indietro anche a coloro che hanno rappresentato in questi vent’anni la destra e si selezionino giovani, donne e outsider per costituire il nucleo costituente. Non volevamo morire democristiani, ma non ci piace nemmeno finire grillini o montezemoliani. Si può agire all’interno del quadro bipolare, dunque collocandosi sul versante alternativo alla sinistra, ma occorre recuperare una propria linea d’azione e di pensiero. Anche perché nel paese esiste, come dimostra la nostra storia e il presente nel resto d’Europa, un’area che oscilla tra il dieci e il venti per cento, che aspetta un discorso serio di rinascita italiana. La Lega è ormai semidistrutta, il Pdl è dimezzato nei consensi e spappolato nelle sue interne spinte centrifughe, Futuro e Libertà vive con disagio all’ombra di Casini che peraltro gioca in autonomia e dichiara concluso il Terzo polo. Sintetizzando in una boutade sostengo che il Pdl, per accrescere l’offerta politica, deve spacchettarsi in P, D e L, ovvero Popolari, Destra e Liberali. C’è un potenziale bacino di consensi per chi con tempismo e attraverso volti e temi giusti riesce a interpretare il disagio presente, la voglia di futuro ma anche la memoria storica. Come mi è capitato di dire e di scrivere, è il momento giusto, per far nascere un’Altra Storia. Un movimento rigoroso e forte, duttile ai fianchi ma duro al centro, onesto e animato da passione civile, etica e ideale, un amor patrio di quelli che non odorano di stucco e rimmel ma vero e severo, che fa tornare il gusto della politica. Stavolta non si lascia il monopolio dell’etica alla retorica partigiana della sinistra, non si lascia l’esclusiva della sobrietà ai tecnici, non si lascia ai giudici stabilire l’onestà, non si lascia la rabbia popolare ai grillini. Si fa sul serio. Si chiamano i migliori, si usano i tecnici per raddrizzar la barca ma senza dar loro il comando: devono risponderne, e non alle banche o ai poteri esteri ma alla politica e al popolo italiano. Il primo atto è la selezione, la cerca dei dieci, e dai dieci dei cento e dai cento dei mille, per costituire una nuova élite, con fresche energie, scegliendo il meglio che c’è nel paese; il minimo indispensabile tra chi c’era prima, gli altri a casa o in fila senza priorità d’imbarco. E poi un programma essenziale e popolare in una decina di punti per rilanciare su basi effettive una nuova rivoluzione conservatrice italiana, conservatrice sul piano dei principi e dei beni, rivoluzionaria sul piano delle innovazioni pubbliche e sociali. L’alternativa è fingere che nulla sia accaduto, accodarsi ai vecchi capi, assistere inermi alla scomparsa, affondare indecorosamente per non osare. C’è un’estate intera per fondare il nuovo o finire nel nulla. Chi mi legge sa quanto sia lontano ormai da anni, dalla politica; ma, senza mutare indirizzo e soprattutto indole, è tempo di innescare un movimento vitale come quello che sorse, giusto vent’anni fa, con L’Italia settimanale, che fu battistrada di molti eventi e coalizioni. Deponete i rancori, incontratevi, cercate la linea comune. Da soli non ce la fate, andrete al rimorchio se non al guinzaglio o finite fuori dal gioco. Abbiate il coraggio di sacrificare qualcosa e qualcuno per far nascere un vero soggetto politico, in grado di splendere da solo e di allearsi ma in funzione trainante e non passiva, capace di egemonizzare e non di accodarsi. Lo dico per l’Italia, per noi e per chi ha nostalgia del futuro. (Secolo d'Italia)

mercoledì 6 giugno 2012

La situazione della destra italiana.

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/anche-i-fascisti-inseguono-grillo/2183550/8 Questo interessante articolo fa il punto sulla situazione politica della “destra radicale”, con importanti interviste e dichiarazioni ufficiali degli esponenti dei quattro principali gruppi. LA DESTRA di Francesco Storace (in forte crescita nei sondaggi elettorali) e la FIAMMA TRICOLORE di Luca Romagnoli (legittima rappresentante della tradizione missina), sembrerebbero in procinto, finalmente, di unirsi, intanto in una federazione e nel futuro, si spera, in un solo movimento. Al contrario FORZA NUOVA di Roberto Fiore e CASA POUND di Gianluca Iannone, su posizioni diverse e fra loro concorrenziali, si sono ulteriormente isolati, assumendo posizioni velleitarie e sognando impossibili convergenze con gli antifascisti Beppe Grillo e Giulietto Chiesa. Il dato sicuro è che, con la profonda ed irreversibile crisi del Popolo della Libertà e della Lega Nord, vi è circa un 10% di elettori di destra in cerca di una nuova e degna rappresentanza politica. Riusciremo a costruire, anche noi in Italia, un grande Fronte Nazionale, popolare e sociale, antimondialista come quello francese di Jean Marie e Marine Le Pen? Negli anni abbiamo avuto tante delusioni ma la speranza è sempre l’ultima a morire ed il nostro impegno continuerà, coerentemente, in questa direzione. (DESTRA PER MILANO)

Convegno di Destrafuturo

La Cambusa della X MAS.

"LA CAMBUSA" organo ufficiale della Associaizone Nazionale Combattenti della Decima Flottiglia Mas del Comandante Medaglia d'Oro Principe Junio Valerio Borghese.

lunedì 4 giugno 2012

Conferenza sulla Protezione Civile.

Associazione Combattenti della Decima Flottiglia Mas.

L’Associazione Nazionale Combattenti della Decima Flottiglia Mas, fondata dal Comandante M.O. Principe Junio Valerio Borghese, invita tutti gli associati e simpatizzanti a presenziare al Rancio per il 60° Anniversario di Fondazione della Associazione. Sabato 16 Giugno 2012, alle ore 12.00 presso il Ristorante "La Tana del lupo", in Viale Vittorio Veneto 30 a Milano (Zona Porta Venezia). Intervento del Presidente, Marò Avv. Fabio Masciadri (Btg. Barbarigo, Croce al V.M. sul Fronte di Nettuno), consegne delle tessere e delle onorificenze. A seguire, alle ore 13.00: rancio cameratesco (quota di partecipazione 35,00€). Interverranno autorità civili e militari e gli ex Combattenti: Iwan Bianchini (Marò Btg. Nuotatori Paracadutisti, Encomio Solenne Battaglia di Tarnova), Sergio Messore (Marò Btg. Nuotatori Paracadutisti, Croce al V.M. sul Campo), Giancarlo Panighini (Sottocapo Pilota Mezzi d'Assalto). Adesioni ed informazioni: Sergio Pogliani, vice Presidente Nazionale Tel.0226142615 - segreteria@associazionedecimaflottigliamas.it www.associazionedecimaflottigliamas.it

Fedeli alla Tradizione!

"FRONTE DELLA TRADIZIONE": Fedeli alle nostre Tradizioni ed agli eterni Valori spirituali di Giustizia, Cavalleria, Aristocrazia ed Impero della nostra Europa Latina, Gemanica e Cristiana. Il Fronte della Tradizione è anche su Facebook: http://www.facebook.com/media/set/?set=a.111183122327304.16385.111176002328016&type=3#!/fronte.tradizione

Marine Le Pen invita Roberto Jonghi al Congresso del Fronte Nazionale.

Marine Le Pen ha ufficialmente invitato Roberto Jonghi Lavarini al Congresso Nazionale del Fronte Nazionale, evento storico che segnerà la nascita di una nuova grande destra francese ed europea.

giovedì 31 maggio 2012

Condoglianze a Stefano Di Martino

Roberto Jonghi Lavarini, Francesco Filippo Marotta e Mario Mazzocchi Palmieri con i collaboratori e sostenitori di "Destra per Milano", i tradizionalisti, i monarchici ed i patrioti riuniti nel Fronte della Tradizione, insieme alle Dame ed ai Cavalieri degli Ordini Dinastici della Real Casa, esprimono la propria affettuosa vicinanza al caro amico STEFANO DI MARTINO per l'improvvisa dipartita terrena di suo padre, Grand'Uff. Dott. FRANCESCO DI MARTINO. I funerali si terranno domani, venerdì 1 giugno 2012, alle ore 14.45, presso la Chiesa del Sacro Volto, in Via Sebenico a Milano (Zona Piazzale Lagosta).

martedì 29 maggio 2012

NO IMU!

"Piazza del Popolo"

PATRIOTTISMO

SOLIDARIETA'

"Uniti in difesa della sovranità"

STORACE: DA NAPOLI LA SFIDA DELLA SOVRANITA’ Usciamo da questi due giorni di direzione nazionale tutti finalmente consapevoli delle nostre potenzialità. Diamo al partito una dozzina di temi su cui orientare con le nostre forti parole d’ordine l’azione su tutto il territorio. Al grande tema della sovranità aggiungeremo alcuni passaggi, a partire dal sapere come elemento di merito per la nostra gioventù e la rappresentanza di quelle imprese massacrate dalle politiche economiche, a partire da quelle agricole. Offriamo all’Italia una destra di valori e di programma, che dobbiamo verificare, senza infingimenti e con sincerita’, se riusciremo ad allargare, puntando a superare i dissensi dei tempi passati, alla Fiamma Tricolore di Luca Romagnoli, con obbiettivi chiari per ciascuno. Spettera’ ai gruppi dirigenti delle due formazioni politiche provarci. È una destra che lancia al paese il grande tema della sovranità, che dovrà campeggiare nella importante manifestazione di Napoli il prossimo 9 giugno. Lì dovremo dire con chiarezza no al ricatto di chi paventa l’uscita dall’euro come disastro, e che pero’ omise di dire la stessa cosa quando adottammo la moneta unica senza neppure pretendere un’Europa finalmente capace di politiche non soggette alla finanza globale. A Napoli lanceremo la petizione per sottoscrivere un appello al Parlamento di indizione di un referendum sul fiscal compact. E lo faremo in piazza e nei gazebo, con una semplice frase: vuoi decidere tu il tuo futuro o vuoi che lo decidano gli uomini della banca centrale europea? Se il Parlamento ci risponde no, allora diremo basta a questa Europa. La sovranità è del popolo, e il popolo ha diritto di sapere chi detiene i 2000 miliardi dei nostri debiti nei mercati internazionali, e non ovviamente tra i risparmiatori di casa nostra. Non si paghino più: dobbiamo pretendere che si dica questo, con orgoglio, agli speculatori globali. Per farlo, ci vorrebbe un Craxi modello Sigonella. Abbiamo il dovere di vincolare ogni nostro passo all’obiettivo di programma, perché il centrodestra di oggi non è in grado di lanciare una battaglia di sovranità. Voglio dire di stare attenti a stare aggrappati a questo centrodestra. Se restiamo immobili assistiamo al bipolarismo tra Bersani e Grillo, e io non ci sto a portare la bara al funerale dell’alternativa alla sinistra. I nostri obiettivi programmatici li presenteremo proprio a Napoli, e dovrà essere chiaro che per le elezioni politiche non ci si potra’ chiedere di inseguire alleanze se non si butta giù Monti, se non ci si dirige verso politiche sociali serie, se non si punta al recupero della sovranità. Non c’è alleanza possibile se non si individuano obiettivi di programma. E dove siamo in coalizione non dico di rompere il patto con gli elettori, ma non dobbiamo restare silenti. Se restiamo la destra del centrodestra avremo un destino triste. Per allearci dobbiamo avere un gruzzolo di sì alle proposte che lanceremo a Napoli. Non è difficile, basta volerlo. FRANCESCO STORACE SEGR. NAZ. LA DESTRA

"Uniamo la destra italiana!"

Iacobelli (Fiamma Tricolore): «Uniamo le destre italiane!» Credo che sia giusto iniziare a riflettere sul momento storico politico che stiamo vivendo, oggi siamo tutti chiamati a comprendere le difficoltà in cui versa il nostro ambiente continuamente frammentato in mille movimentini più o meno identitari più o meno in buona fede più o meno utili al sistema ma sicuramente inutili a tenere alti i nostri valori a dare continuità al progetto missino, l’unico in grado di ricostruire una destra capace di intercettare il consenso degli Italiani . Con grande senso di responsabilità impegniamoci tutti ad evidenziare punti di convergenza piuttosto che elementi, spesso dettati da manie di protagonismo, che ci dividono. Dobbiamo essere punto di riferimento e di aggregazione intorno ad un progetto che sia oggettivamente REALIZZABILE e SOSTENIBILE basta con ipotesi prive delle condizioni necessarie alla loro realistica affermazione. Il nostro popolo vuole tornare a combattere potendo guardare un meta da raggiungere in una dimensione reale e non astratta. Il nostro popolo vuole concretezza e necessita di soluzioni che producono azione politica e non castelli costruiti sulle nuvole , il nostro popolo vuole seguirci in una marcia trionfale che avvolga la nostra nazione con un’interminabile tricolore . LAMBERTO IACOBELI FIAMMA TRICOLORE

Noi stiamo con il Papa!