giovedì 24 gennaio 2013
NO al signoraggio bancario e monetario.
L’ORIGINE MISTERIOSA DEL DEBITO PUBBLICO.
All’origine del debito pubblico, che ha generato nei conti dello Stato una voragine in continuo aumento, vi è un meccanismo ben congeniato definito “Signoraggio”. Un termine non a caso, come vedremo in seguito, di estrazione medioevale.
Partiamo dalla Banca d’Italia che non è la Banca dello Stato Italiano, bensì un consorzio di banche private(1). Lo Stato è presente attraverso l’INPS e l’INAIL con un minuscolo 5,6%, questo per giustificare la definizione di Ente di Diritto Pubblico.
La Banca d’Italia - ora filiale della Banca Centrale Europea, anch’essa privata(2) - svolge sostanzialmente due compiti. Il primo è quello di organo di controllo sull’operato degli Istituti di credito (in pratica le banche controllano se stesse). Il secondo gli viene attribuito dallo Stato che concede loro il diritto esclusivo di stampare banconote, poi cedute al governo in cambio dei titoli di debito pubblico (BOT, CCT, CTZ, ecc.). Queste “cambiali” sono a loro volta piazzate dalle banche sui mercati finanziari internazionali a tassi stabiliti dagli stessi mercati. In pratica l’entità del debito pubblico, da cui deriva la politica finanziaria di una Nazione, non la decidono i governi bensì gli onnipotenti mercati. Ossia una dozzina di banche e società finanziarie che attraverso potentissimi software, con un clic del loro mouse fanno crollare intere economie al solo scopo di incrementare a dismisura i loro guadagni e preparare il terreno per il successivo indebitamento degli stati, e rattrista assistere al timore reverenziale espresso nei loro confronti dai nostri politici ed economisti.
Allo Stato rimane la proprietà delle sole monete metalliche coniate dalla Zecca, senza interessi e costi aggiuntivi, che valgono però solo il 2% della massa monetaria circolante.
Il meccanismo in sintesi è questo: la Banca d’Italia, che in questo caso si comporta come una semplice tipografia, stampa una banconota, ad esempio da 500 euro, il cui costo di produzione è di circa 30 centesimi tra filigrana e inchiostro e la cede alla Stato, non al costo di produzione maggiorato del suo guadagno, come logica vorrebbe, bensì al valore nominale della banconota stessa: 500 euro. E’ come se il tipografo, cui è stata commissionata la stampa dei biglietti d’ingresso di un cinema, si facesse pagare l’importo scritto sul biglietto.
Non è finita: questo foglietto di carta colorata non è venduto allo Stato, seppur ad un prezzo assurdo, bensì dato in affitto e, cosa ancora più scandalosa, senza alcuna possibilità di riscatto. Lo Stato per tutta la sua esistenza pagherà alle banche private gli interessi su delle monete che in teoria gli dovrebbero appartenere.
Riassumendo: la nostra banconota da 500 euro (lo stesso vale per qualunque taglio) alla BCE è costata pochi centesimi di euro, mentre al popolo italiano quel pezzetto di carta colorata senza alcun valore reale costa 500 euro più gli interessi perenni. Un gran bell’affare, con c’è che dire…
Questa è l’origine del debito pubblico su cui, volutamente, non vi è alcuna informazione e dibattito.
La sottostante tabella, riferita al periodo 1990/2008 e ricavata da dati ISTAT(3), riporta i valori del debito pubblico e il relativo costo degli interessi che lo Stato riconosce alle Banche attraverso l’emissione dei titoli di stato.
Nel 2012, con il governo dei tecnici, il debito pubblico ha superato la soglia dei 2.000 milari di euro.
Come si può notare il debito pubblico è costituito nella sua totalità da interessi.
Se lo Stato si riappropriasse del diritto di stampare moneta. L’Italia non avrebbe debiti.
Chi ha tentato di interrompere questo perverso meccanismo che concede al mondo finanziario un potere enorme, ben maggiore di quello che possiamo immaginare, ha fatto una brutta fine. I presidenti americani che hanno iniziato o annunciato di voler stampare cartamoneta di Stato sono morti assassinati. Nazioni come Italia e Germania che negli anni trenta hanno visto esplodere la loro economia riappropriandosi della sovranità monetaria nazionalizzando o ponendo sotto il controllo statale le rispettive Banche centrali, hanno dovuto vedersela con le potenze capitalistiche ben felici di porre fine a questi pericolosi precedenti.
Tornando alla Banca d’Italia, gli immensi introiti che essa incamera stampando cartamoneta, in teoria li dovrebbe girare alla Stato italiano nella misura oscillante tra il 70 e il 90%, in realtà rimangono a Bankitalia in quanto le banconote emesse sono iscritte a bilancio al passivo, per cui i banchieri non versano allo Stato italiano neppure un centesimo.
Le banconote emesse dalla privata Banca Centrale Europea, come del resto i dollari stampati dalla privata Federal Reserve americana, sono – come detto – dei semplici pezzi di carta, privi di alcun valore intrinseco. Questo perché dal 1971 l’America ha abolito l’obbligo della corrispondenza in oro per ogni banconota emessa.
In precedenza il valore effettivo della moneta era contenuto nella moneta stessa (oro, argento e rame), successivamente con l’avvento della moneta cartacea vi era, per ogni banconota stampata, il corrispondente valore in oro custodito nei caveau delle banche centrali.
Nel 1944 i grandi della terra decisero a Bretton Woods(4) che per le transazioni internazionali il dollaro fosse l’unica moneta utilizzabile per i pagamenti fra Paesi aventi valute diverse, il valore del dollaro fu a sua volta ancorato a quello dell’oro (sistema aureo). Nixon accortosi che a Fort Knox di oro ve n’era rimasto ben poco(5), il 15 agosto del 1971 a Camp David annunciò, con decisione unilaterale, di sospendere la convertibilità del dollaro in oro. Da allora le Banche centrali continuano, come se nulla fosse, a stampare moneta anche se prive di controvalore. (nelle nuove banconote infatti non compare più la scritta “Pagabile a vista al portatore”, proprio perché non si attinge più alla riserva aurea per creare moneta, e di conseguenza non può essere convertita in oro). In definitiva le Banche centrali emettono assegni a vuoto, cioè titoli privi di copertura, che però noi accettiamo come buoni.
Come dicevamo la definizione di signoraggio bancario ha origini medioevali. A quei tempi, quando era ancora in vigore il baratto per i piccoli scambi, chi possedeva del metallo prezioso per attribuirne un valore ufficiale spendibile come moneta poteva portarlo presso la corte del Signore dove veniva impressa l’effige del sovrano in cambio di una percentuale sul valore della moneta. Da qui la definizione di signoraggio a cui in tempi recenti è stato aggiunto il termine bancario per indicare che il beneficiario di questa graziosa concessione non è più il principe medioevale, ma le moderne banche. La differenza è che allora chi batteva moneta lo facevo su oro e argento e il beneficiario era lo Stato, oggi chi batte moneta (le banche) lo fa su semplici foglietti di carta colorata a cui non corrisponde alcun controvalore effettivo e i beneficiari sono le banche stesse. In definitiva le banche creano denaro dal nulla, oltretutto senza alcun costo di produzione essendo il 98% della massa monetaria circolante di tipo scritturale (vale a dire virtuale come assegni, bancomat, carta di credito etc.).
Questo perverso meccanismo che indebita i popoli e arricchisce i banchieri inizia a perfezionarsi in Inghilterra nel lontano 1694 con la nascita della privata Bank of England, la prima autorizzata dal governo a battere moneta da prestare a interesse al governo stesso. Karl Marx nel suo celebre testo “Das Kapital” nel 1885 anticipò, con queste parole, la situazione attuale:
«Fin dalla nascita le grandi banche agghindate di denominazioni nazionali non sono state che società di speculatori privati che si affiancavano ai governi e, grazie ai privilegi ottenuti, erano in grado di anticipare loro denaro. Quindi l’accumularsi del debito pubblico non ha misura più infallibile del progressivo salire delle azioni di queste banche…».
Emblematica è anche la frase detta nel 1773 dal capostipite della nota famiglia di banchieri tedeschi A.M. Rothschild:
«la nostra politica è quella di fomentare le guerre, ma dirigendo conferenze di pace, in modo che nessuna delle parti in conflitto possa avere benefici. Le guerre devono essere dirette in modo tale che entrambi gli schieramenti sprofondino sempre più nel loro debito e quindi, sempre di più sotto il nostro potere».
Venendo ai giorni nostri lapidaria è l’affermazione del premio Nobel per l’economia Maurice Allais che nel 1988 disse:
«l’attuale creazione di denaro creata ex nihilo (dal nulla) dal sistema bancario è identica alla creazione di moneta da parte dei falsari, i risultati sono gli stessi. La sola differenza è che sono diversi coloro che ne traggono profitto».
Ancora più esplicito, con una punta di cinismo, è Henry Ford, il fondatore dell’omonina casa autombilistica americana:
«è un bene che il popolo non comprenda il funzionamento del nostro sistema bancario e monetario perché, se accadesse, credo che scoppierebbe una rivoluzione prima di domani mattina».
Chi tocca il Signoraggio muore. Così pare se pensiamo a quello che è accaduto a ben quattro Presidenti degli USA: Abramo Lincoln, James Garfield, William McKinley e John Fitzgerald Kennedy, tutti, durante il loro mandato presidenziale, si proponevano di cambiare il sistema monetario americano estromettendo la Banca Centrale, la privata Federal Reserve Bank, dalla esclusiva emissione monetaria. I primi tre avevano cominciato a pensarlo, Kennedy lo stava mettendo in atto. Tutti e quattro furono assassinati.
Il 4 giugno 1963, il presidente John Fitzgerald Kennedy firmò l’ordine esecutivo numero 11110 che ridava al governo USA il potere di emettere moneta senza passare attraverso la Federal Reserve.
Il provvedimento conferiva al Ministero del Tesoro americano il potere di stampare direttamente nuova moneta garantita dall’argento depositato nelle casseforti del Tesoro. In totale furono emessi oltre 4 miliardi di dollari. Kennedy stava per mettere fuori gioco la Federal Reserve Bank quando l’ 11 Novembre dello stesso anno a Dallas, venne assassinato.
Cinque mesi dopo finì l’emissione della moneta di stato e le “banconote Kennedy” ritirate. Una coincidenza? Può darsi. Io sono restio a dare credito alle teorie complottistiche in questo caso però, vista la posta in gioco, il dubbio rimane.
Anche l’Italia tentò in tempi recenti di riappropriarsi della sovranità monetaria emettendo direttamente banconote senza passare dalla Banca d’Italia, ne è prova l’emissione delle 500 lire di carta che si affiancarono alle 500 lire d’argento. Anche in questo caso la banconota di stato ebbe vita breve.
In piena crisi economica, negli anni trenta, vi furono due sole economia che seppero non solo assorbire i colpi devastanti della crisi di Wall Street del 1929, ma addirittura rilanciare il proprio tessuto economico grazie soprattutto alla riappropriata sovranità monetaria nazionalizzando o ponendo sotto il controllo pubblico le rispettive Banche centrali. Stiamo parlando del miracolo economico di Italia e Germania contro le quali si organizzò la più grande e spuria coalizione bellica mai vista in precedenza. Nazioni (dalla capitalista America alla comunista Russia) accumunate dalla ferma volontà di porre fine ad un esperimento che in campo sociale ed economico ottenne dei risultati da nessuno mai più eguagliati(6).
Ancora più sorprendente e sfacciato è il meccanismo della cosiddetta “riserva frazionari” che consente a qualunque banca di creare ulteriore denaro dal nulla, trasformandola in una fabbrica di debiti su cui lucrare interessi.
La riserva frazionaria corrisponde alla percentuale (attualmente il 2%) che a fronte di un versamento la banca è obbligata a tenere disponibile sotto forma di contante o attività facilmente svincolabili. Su un deposito di cento euro, la banca è tenuta per legge a trattenere come riserva 2 euro, i restanti 98 li può prestare. Questa somma, accreditata nella stessa o in altra banca, può a sua volta essere nuovamente prestata trattenendo il solito 2% e cosi via fino alla estinzione della somma di partenza. Con questa progressione i 100 euro depositati sono prestati fino a 50 volte e alla fine diventano, di fatto, 5000 mila su cui le banche realizzano interessi. Tale lucroso meccanismo (moltiplicatore monetario, come lo ha definito il Nobel Paul Samuelson) è reso possibile dal fatto che i denari escono da una banca per entrare in un’altra, se non addirittura nella stessa banca su un conto diverso. In pratica rimango sempre all’interno del sistema bancario, un circuito chiuso in cui le banche prestano soldi virtuali e incassano soldi veri.
Con la prossima scomparsa della moneta fisica soppiantata dalla moneta elettronica la nostra dipendenza dal sistema bancario-finanziario sarà totale, come totale sarà il loro potere.
Su questi argomenti a livello politico non vi è alcuna informazione e dibattito, neppure ora che siamo in piena campagna elettorale. Tutti zitti, vuoi per ignoranza, vuoi per condivisione ideologica nessuno ne parla(7). I politici si accapigliano sull’opportunità o meno di eliminare l’IMU o di aumentare l’IVA quando basterebbe riappropriarci della nostra sovranità monetaria per scrollarci di dosso il pesante fardello del debito pubblico.
Con rammarico non posso quindi che confermare il grande poeta economista Ezra Pound(8) quando afferma che i politici sono “camerieri al servizio dei banchieri”.
Gianfredo Ruggiero, presidente Circolo Excalibur
Note:
(1) I principali azionisti sono: Intesa San Paolo (30,3%), Unicredito (15,7%), Banco di Sicilia (6,3%), Assicurazioni Generali (6,3%), Cassa di Risparmio di Bologna (6,2%), Banca Carige (4%), Banca Nazionale del Lavoro (2,8%), Banca dei Monti dei Paschi di Siena (2,5%), Fondiaria-SAI (1,3%), Allianz (1,3) ed altre banche e società assicurative, tutte rigorosamente private.
(2) Gli azionisti della BCE sono le banche centrali (private) europee tra cui l’Italia con il 14,57%. Fatto paradossale è la presenza tra i maggiori azionisti (e beneficiari del signoraggio) con il 15,98% della Banca d’Inghilterra che non fa parte dell’Euro, oltretutto con una percentuale superiore di quella italiana. Ne fanno parte altre due Nazioni estranee al sistema monetario europeo: Danimarca con l’1,72% e la Svezia con il 2,66%.
(3) Fonte: http://leprechaun.altervista.org/debito_pubblico_italiano.shtml – http://www.cobraf.com/forum/coolpost.php?reply_id=123468613 – http://www.portaldiritto.com/debito-pubblico-e-signoraggio-il-problema-delle-banche-centrali.htm
(4) Nel 1944, nell’ambito della conferenza di Bretton Woods (USA), i ministri delle finanze delle future potenze vincitrici della seconda guerra mondiale decisero le politiche da seguire in materia
di ricostruzione, finanza ed economia. Per la loro attuazione furono fondate la Banca mondiale, (BIRS) e il Fondo monetario internazionale (FMI). Al dollaro fu attribuito il ruolo di moneta di riferimento per gli scambi internazionali. La conseguente emissione incontrollata di moneta da parte degli USA, contestata inutilmente da Germania e Francia, permise all’America di esportare la loro inflazione, impoverendo così il resto del mondo. Gli accordi di Bretton Woods furono in seguito affossati da Nixon nel 1971 a causa dell’enorme spesa pubblica, derivante dalla guerra del Vietnam, che aveva assottigliato le riserve in oro americane. Anche in questa circostanza l’America, a causa della sudditanza europea, ha dimostrato di saper piegare le economie mondiali ai suoi esclusivi interessi economici.
(5) Nel 1970 l’OPEC, il cartello dei produttori di petrolio, non solo aumentò il prezzo del greggio, ma pretese il pagamento in oro e non in dollari. Gli Stati che avevano riserve in dollari cercarono di cambiarli in oro, oro che si sarebbe dovuto trovare nei forzieri di Fort Knox, ma scoprirono che la quantità di oro custodito negli USA non corrispondeva minimamente alla massa monetaria stampata e messa in circolazione dalla Banca centrale americana. Una stima effettuata nel 1975 valutò in 200 mila tonnellate le riserve auree nel mondo, mentre per coprire tutti i dollari circolanti ne sarebbero accorse 75 milioni di tonnellate, il che vuol dire che ogni moneta aveva una copertura del suo valore pari allo 0,3% in oro, cioè carta straccia. Salvatore Tamburo, La Via Del Denaro, Nexus Edizioni, 2010.
(6) Quando Hitler andò al potere nel 1933 oltre 6 milioni di persone (il 20% della forza lavoro) erano disoccupate ed al limite della soglia della malnutrizione mentre la Germania era gravata da debiti esteri schiaccianti con delle riserve monetarie ridotte quasi a zero. Ma, tra il 1933 e il 1936, si realizzò uno dei più grandi miracoli economici della storia moderna e non furono le industrie d’armamento ad assorbire la manodopera; i settori trainanti furono quello dell’edilizia, dell’automobile e della metallurgia.
L’edilizia,grazie ai grandi progetti sui lavori pubblici e alla costruzione della rete autostradale, creò la maggiore occupazione (+209%), seguita dall’industria dell’automobile (+117%) e dalla metallurgia (+83%). Così Hitler raggiunse il suo scopo primario: il riassorbimento della disoccupazione e la crescita dei salari del popolo tedesco senza alimentare l’inflazione. I risultati sono spettacolari per ampiezza e rapidità: nel gennaio 1933, quando Hitler sale al potere, i disoccupati sono oltre 6 milioni; a gennaio 1934, si sono quasi dimezzati e a giugno sono ormai 2,5 milioni; nel 1936 calano ancora, a 1,6 milioni e nel 1938 non sono più di 400 mila.
(7) Tra i pochi movimenti politici che hanno inserito nel proprio programma elettorale la sovranità monetaria segnaliamo Casa Pound Italia (al primo punto) e Forza Nuova. La sinistra, neppure quella che si considera antagonista, su questo argomento è del tutto assente.
(8) Ezra Pound, non avendo commesso alcun reato, per il suo sostegno alla Repubblica Sociale Italiana e per i suoi scritti contro l’usura bancaria, alla fine della seconda guerra mondiale fu incarcerato dagli americani in un manicomio criminale dopo essere stato esposto per settimane in una gabbia all’aperto a Pisa alla maniera medioevale, nonostante avesse 60 anni. - https://excaliburitalia.wordpress.com/2012/12/28/signoraggio-bancario/
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