giovedì 10 gennaio 2013
In ricordo di Nico Azzi.
10 Gennaio 2007 – In ricordo di Nico Azzi
L’amore fra la destra e San Babila, una Piazza di Milano collegata alla centralissima Piazza Duomo, scoppiò alla fine degli anni sessanta. Una sorta di sede aggiuntiva dei locali della Giovane Italia, organizzazione studentesca legata al Movimento Sociale Italiano, e del raggruppamento giovanile di Corso Monforte. In quel periodo fu inventato da alcuni cronisti milanesi il termine “Sanbabilino” per definire i neofascisti che stazionavano la Piazza. Una nuova generazione di militanti di estrema destra che decise di seguire la strada della piazza. Dalle sedi di partito si spostarono nei bar. I più noti furono “Motta”, sotto i portici all’angolo con Corso Vittorio Emanuele, “Borgogna” e “Padrinis” dalla parte del Corso Matteotti. Lo zoccolo duro era composto da Maurizio Murelli, Gianni Nardi, Giancarlo Esposti, Davide Petrini, Vittorio Loi, Riccardo Manfredi, Giovanni Ferorelli, Alessandro D’Intino, Rodolfo Crovace e Nico Azzi. Quest’ultimo nacque in un piccolo paese in provincia di Mantova, Serravalle a Po, il 31 luglio del 1951. Sin da giovane aderì alle Sam, Squadre d’Azione Mussolini, avvicinandosi poi, come collaboratore del periodico La Fenice, ad Ordine Nuovo. I vertici del Movimento Sociale Italiano e del Fronte della Gioventù organizzarono per il 12 aprile del 1973 una manifestazione, a Milano, con un comizio di Ciccio Franco, leader dei Moti di Reggio Calabria. Lo scopo della manifestazione era “dimostrare contro la violenza rossa”. La Questura pose il veto all’evento poco prima dell’inizio della sfilata per motivi di ordine pubblico vista anche la partecipazione dei militanti più duri appartenenti ad Avanguardia Nazionale, Ordine Nuovo e Lotta di Popolo provenienti da tutta Italia. La tensione era altissima. Pochi giorni prima, il 7 aprile, alcuni militanti tentarono di effettuare un attentato sul direttissimo Torino – Genova – Roma. Proprio Nico Azzi rimase ferito, e successivamente arrestato, nel maldestro tentativo di installare un ordigno sul treno, dopo che si era volontariamente fatto notare con una copia del giornale Lotta Continua in tasca, al fine di operare un’azione di depistaggio preventivo. Mezzo chilogrammo di tritolo, innescato erroneamente, era in parte esploso. Nonostante il divieto, i manifestanti si radunarono intorno alle diciassette e trenta marciando verso la Questura, per protestare contro il divieto. In assetto antisommossa fu schierato il terzo reparto Celere. Durante la parata vi furono diversi atti di violenza e assaltata la Casa dello Studente di viale Romagna ritenuto un luogo legato alla sinistra milanese. Dalla folla furono lanciate due bombe a mano contro i celerini. La prima, colpì un passante e un agente di pubblica sicurezza ferendoli non gravemente. La seconda, invece, colpì l’agente Antonio Marino, ventidue anni di origine casertane, uccidendolo sul colpo. Centocinquanta militanti furono arrestati e iscritti nel registro degli indagati dal Sostituto Procuratore della Repubblica Guido Viola. Ottanta furono subito rilasciati, mentre per gli altri settanta si proseguirono le indagini. Gli arrestati furono incriminati per ricostituzione del Partito Fascista ma le condanne furono poche e di leggera entità. Il 9 marzo del 1977 due giovani neofascisti, Maurizio Murelli e Vittorio Loi, figlio del popolare campione di pugilato Dulio Loi, furono riconosciuti colpevoli e condannati a rispettivamente a diciannove e diciotto anni di reclusione, mentre Nico Azzi fu condannato, poi rinviato a giudizio l’11 aprile del 1995, per l’attentato al treno e il possesso di materiale esplosivo, a quindici anni di carcere oltre al danno fisico permanente. Saldato il debito con la giustizia, Nico Azzi, rimase sempre legato alla destra estrema ricoprendo ruoli marginali. Poco dopo si unì in matrimonio con Maria Luisa con la nascita della figlia Matilde. Nel 1997 fu nuovamente arrestato per false dichiarazioni nell’ambito dell’inchiesta di Piazza Fontana. Il provvedimento fu chiesto dal Pubblico Ministero ed emesso dal Gip al termine di un drammatico interrogatorio con oggetto legami tra esponenti di Ordine Nuovo e Agenti dei Servizi Segreti. Nico Azzi si oppose fortemente nel fornire i nomi affermando di non riconoscersi in quello Stato. Da alcuni anni si era avvicinato al movimento Forza Nuova di Roberto Fiore. A causa di un improvviso attacco cardiaco, Nico Azzi, si spense, all’età di cinquantacinque anni, la sera del 10 gennaio del 2007. I solenni funerali furono celebrati due giorni dopo nella Basilica di Sant’Ambrogio, dove la figlia Matilde frequentava assiduamente l’oratorio accompagnata dal padre. Tante polemiche sulla concessione della Chiesa da parte dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia e della sinistra più estrema. All’esterno della Cattedrale, tanti giovani ma anche vecchi amici ormai con i capelli bianchi. Saluti fascisti e bandiere nere e rosse con la croce celtica. All’interno, invece, le prime due file di banchi erano occupate da bambini, compagni di scuola della piccola Matilde a ricordare che Nico Azzi fu un padre affettuoso e premuroso. Sulla bara, un cuscino di margherite bianche e il tricolore con, al centro, l’aquila rampante sul fascio littorio. Intorno un picchetto di quattro giovani con bomber, anfibi e testa rasata. Tra la folla alcuni volti noti come Ignazio e Romano la Russa e il leader della curva rossonera Gianfranco Capelli. Due anni dopo, il Centro Studi Storici e Politici Internazionali “Patria e Libertà” di Milano, inaugurò la “Biblioteca – Nico Azzi” costituita dai libri che il camerata donò in eredità alla sezione.
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