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mercoledì 4 aprile 2012

La forza rivoluzionaria di “Rivolta Contro il Mondo Moderno”




La forza rivoluzionaria di “Rivolta Contro il Mondo Moderno”
Pubblicato daAdmin il martedì, marzo 13, 2012

di Salvatore Marotta

Sono passati quasi ottant’anni dalla pubblicazione dell’opera fondamentale di Julius Evola :” Rivolta contro il mondo moderno’’. Il libro fu pubblicato per la prima volta nel 1934 ed ha conosciuto varie edizioni e ristampe, in Italia e all’estero. Anche se rispetto ad allora lo scenario geopolitico è radicalmente mutato, le pagine di “Rivolta’’ restano profetiche ed attualissime nella denuncia dell’involuzione del presente ciclo di civiltà che oggi ha raggiunto il massimo della degradazione e del subumano.

I valori di Verità, Giustizia, Onore, Ordine, Gerarchia sono completamente capovolti e ovunque regna il materialismo, la menzogna, la confusione, la sovversione di ogni normale ordinamento. Grazie alla lettura di quest’opera straordinaria, fenomeni come la globalizzazione ed il mondialismo possono essere compresi in tutta la loro portata e reale significato in quanto sbocco naturale di tutto un processo sovversivo iniziato molto tempo prima. Nei suoi aspetti essenziali, “Rivolta’’ non è un libro di ieri o di oggi, ma di sempre, perché basato sull’idea di Tradizione , che è rivoluzionaria nel senso etimologico del termine, re-volvere, “ritornare’’ alle origini dopo l’azione distruttiva operata dalla sovversione.

Secondo l’insegnamento di Evola e Guénon, la Tradizione si fonda su una Metafisica, su valori validi in ogni tempo, non opinioni effimere (mode) da cui “moderno”. Bisogna fare innanzitutto riferimento ad una Tradizione Primordiale di cui le varie tradizioni storiche particolari sono state il riflesso e l’adattamento.

Inoltre ci si riferisce a Civiltà di tipo organico, differenziato e gerarchico in cui tutte le attività hanno un orientamento dall’alto e verso l’alto, avendo ogni civiltà tradizionale come centro una Elite o un Capo che ne incarnano il corrispondente ordine di principi.

Nel cammino spirituale ed intellettuale di Evola, la sua principale opera segna il passaggio definitivo alla visione del mondo tradizionale – dopo il periodo filosofico e “magico’’ legato all’esperienza del Gruppo di UR – e servirà da base per tutte le successive opere. Importante, per non dire decisiva, fu per Evola la conoscenza dell’opera di René Guénon.

Nella sua autobiografia spirituale “Il cammino del cinabro” Evola ricostruisce l’influenza che ebbero le opere di Guénon sulla sua visione del mondo e quindi la fase “preparatoria” di “Rivolta”. ”La mia prima reazione di fronte a questo maestro senza pari della nostra epoca- scrive Evola nell’opera citata- fu piuttosto negativa, a causa delle nostre assai diverse “equazioni personali”, del suo orientamento essenzialmente “intellettuale” (egli è stato chiamato non a torto il Cartesio dell’esoterismo) ma anche del sussistere in me, allora, di prolungamenti del precedente orientamento idealistico-nietzschiano in connubio col tantrismo.

Ebbi perfino a scrivere una critica contro il libro del Guénon sul Vedanta (sulla rivista Idealismo realistico), alla quale Guénon replicò, entrambi muovendoci evidentemente su due piani diversi. Ma a poco a poco capii tutta la portata dell’opera del Guénon, la quale mi aiutò a centrare su di un piano più adeguato l’intero mondo delle mie idee.

Il Guénon dava anzitutto l’esempio di una valutazione seria, non divagante, di quelle che egli ha chiamato le “scienze tradizionali”, e altresì di una esegesi del mito e del simbolo che ne aveva in vista le dimensioni sovrarazionali e “intellettuali” tanto da distinguersi nettamente sia da quella della cosiddetta scienza comparata delle religioni, sia da quella dei romantici di ieri e dei psicanalisti e degli irrazionalisti di oggi.

Netto risalto veniva dato, dal Guénon, al carattere “non umano” di tale sapere, il che mi fu d’aiuto per staccarmi definitivamente dal piano della cultura profana e per riconoscere la futilità di trarre riferimenti o basi da un qualsiasi “pensiero moderno”.

La critica contro la civiltà moderna era, nel Guénon, potenziata, ma, a differenza di quella di vari autori contemporanei più o meno noti, in lui aveva una precisa controparte positiva: il mondo della Tradizione, considerato come il mondo normale in senso superiore.

Era di fronte al mondo della Tradizione che il mondo moderno appariva come una civiltà anomala e regressiva, nata da una crisi e da una deviazione profonda dell’umanità. Questo fu appunto il tema basilare che andò a completare il sistema delle mie idee: la Tradizione”.

Ed è infatti centrata su questo “tema basilare” la “Rivolta contro il mondo moderno” bandita da Evola, che si giustifica perché si considera la natura decadente di questo mondo, di questa civiltà. Il libro si divide in due parti:”Il mondo della Tradizione” e “Genesi e volto del mondo moderno”.

L’elemento propriamente storico entra in questione nella seconda parte dell’opera, dove si ripercorrono le tappe principali e gli sviluppi che hanno portato alla nascita del mondo moderno e se ne descrivono le sue caratteristiche.

La prima parte, invece, è di carattere sostanzialmente tipologico e morfologico. Anche qui ci sono precisi riferimenti storici riguardanti le civiltà d’Oriente e d’Occidente, per metterne però in luce il carattere universale, lo “spirito”. Infatti, Evola descrive una specie di “dottrina delle categorie dello spirito tradizionale”.

Per Evola, l’opposizione fra mondo tradizionale e mondo moderno, prima ancora che essere storica, è di natura metafisica. Tradizione e antitradizione possono essere considerate “due categorie aprioriche della civiltà”. Il principio è da vedersi nella dottrina delle “due nature”.

Scrive Evola in “Rivolta”:” Vi è un ordine fisico e vi è un ordine metafisico. Vi è la natura mortale e vi è la natura degli immortali. Vi è la regione superiore dell’ “essere” e vi è quella infera del “divenire”. Più in generale: vi è un visibile e un tangibile e, prima di là da esso, vi è un invisibile e un non tangibile quale sovramondo, principio e vita vera”.

Possiamo dunque comprendere la fondamentale differenza fra civiltà tradizionale e civiltà moderna: la prima si basa su un principio spirituale e metafisico; la seconda ignora completamente tale principio. La prima è una civiltà dell’Essere; la seconda una civiltà del divenire.

La civiltà tradizionale è divoratrice del Tempo; la civiltà moderna divora lo Spazio. La Tradizione si basa sulla qualità; la modernità è il regno della quantità. Evola descrive il vero significato di quelli che furono i pilastri della civiltà tradizionale: la Regalità Divina, l’Iniziazione e l’Ascesi, l’Azione eroica e la Contemplazione, il Rito e la Fedeltà, lo spirito della Cavalleria, la Gerarchia e le Caste, la Legge, lo Stato, l’Impero.

Tutto ciò trae valore e autorità dall’alto, dal principio che tutto ordina e informa. Allo stesso modo, la vita dell’uomo della Tradizione è rivolta verso l’alto e ogni aspetto della sua esistenza ha un carattere sacro e trasfigurante: così per l’arte, la guerra, il sesso, i ludi, le feste, ogni azione è nella sua essenza un rito di orientamento verso il sovramondo.

Nella seconda parte del libro, nel delineare “Genesi e volto del mondo moderno”, Evola ricostruisce non l’evoluzione dell’umanità, ma il contrario, cioè la sua involuzione. All’idea moderna del “progresso” egli oppone l’idea tradizionale della decadenza, cioè di un progressivo allontanamento dell’uomo da uno stato di originaria perfezione.

Si tratta della “dottrina delle quattro età”, una concezione che, con poche varianti, è possibile ritrovare nell’insegnamento di tutte le antiche civiltà. “Sostenere, come tradizionalmente si deve sostenere, che alle origini sia esistito non l’uomo animalesco delle caverne, ma un più che uomo e che già la più alta preistoria abbia veduto non pure una civiltà, ma anzi un’era degli dei –per molti, che in un modo o nell’altro credono alla buona novella del darwinismo, significa fare pura “mitologia”.

Tuttavia, siccome questa mitologia non siamo noi ad inventarla ora, così resterebbe da spiegare il fatto della sua esistenza, il fatto cioè che nelle testimonianze più remote dei miti e degli scritti dell’antichità non si trovi nessun ricordo che conforti l’ “evoluzionismo” e si trovi – invece ed appunto – l’opposto, la costante idea di un passato migliore, più luminoso, super-umano ( “ divino’’ ).
Attraverso l’analisi delle mitologie e delle fonti storiche, Evola ricostruisce il cammino che ha portato l’umanità dall’età dell’oro fino all’attuale “età oscura” o kali-yuga come viene chiamata nella tradizione indù, chiarendo ciò che nella storia ha agito in senso “tradizionale” e “antitradizionale”. L’analisi dettagliata di tale processo richiederebbe uno studio a parte.

Ai fini della sintesi del presente articolo è importante sottolineare il momento in cui la decadenza – attraverso il processo di “regressione delle caste” - subisce un’accelerazione: è la nascita del liberalismo, della democrazia, del socialismo e del marxismo che Evola presenta come gradi di uno stesso male, di una stessa corrente sovversiva contro il principio di Autorità, di Gerarchia e di Stato Organico.

Ecco che il ciclo si chiude: siamo al regno della quantità, delle masse, del puro numero, del dominio dell’economia e della finanza. In conclusione, la “forza rivoluzionaria” di “Rivolta” consiste nella superiore “visione del mondo” che trasmette, una visione capace di provocare nel lettore una trasformazione interiore.

L’essenza di questa Forza noi l’avvertiamo innanzitutto nell’etica del coraggio e della libertà, nel compito di non lasciarsi trascinare dalla “corrente della storia” e a non cedere alle opinioni (apparentemente) vincenti.

In secondo luogo, il “metodo tradizionale” ci offre una morfologia della storia e delle civiltà che rivaluta il Mito e il Simbolo, non solo come strumenti interpretativi, ma come espressioni della realtà delle origini, della dimensione dell’Essere. Il simbolo è un ponte tra l’umano e il divino.

In terzo luogo, la concezione organica dell’uomo, dello Stato e della società, in alternativa alla disintegrazione liberal-individualistica e al livellamento verso il basso, è quanto mai attuale e da essa non si potrà prescindere nell’opera di ricostruzione nazionale ed europea.

Salvatore Marotta

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