CCP

giovedì 20 settembre 2012

Tutta colpa della democrazia.

Uno dei tratti salienti che hanno caratterizzato l’ultimo decennio é senza dubbio l’esportazione della democrazia occidentale, omologata secondo il modello americano e veicolata ovunque sia stato possibile, spesso in maniera coatta e con l’ausilio delle bombe. Dopo la “democraticizzazione” dell’Europa dell’Est, intervenuta come corollario del crollo dell’Unione Sovietica e del mito del comunismo, per realizzare la quale é stata necessaria solamente qualche “spinta” data al momento giusto nel luogo più consono (da Ceausescu a Milosevic sarebbero molte le storie da raccontare e sulle quali riflettere) da parte dell’amministrazione USA, dei suoi padroni e dei suoi servi é maturato il convincimento che si dovesse proseguire sulla strada intrapresa raddoppiando gli sforzi e sostituendo le spintarelle con veri e propri schiaffoni. Prima é toccato all’Afghanistan di Bin Ladin, reo di essere stato scelto come caprio espiatorio degli auto attentati dell’11 settembre, assaporare il dolce gusto delle bombe e della democrazia…. Poi all’Iraq di Saddam Hussein, reo di possedere armi di distruzione di massa tanto ferali quanto inesistenti, venire investito da una tale dose di democrazia quale era sufficiente a riportare indietro il paese di almeo un secolo. Poi alla Libia di Gheddafi, accusato di sterminare il proprio popolo, come accuratamente documentato nei filmati girati ad Hollyvood e nel Qatar, subire una democratica caccia all’uomo, portata con l’ausilio dei missili Tomahawk che hanno distribuito la democrazia in maniera equanime radendo al suolo buona parte del paese. Infine alla Siria di Assad, dove fortunatamente la democrazia fatica ad affermarsi e per ora alligna solamente fra le orde di mercenari che massacrano donne e bambini, aiutati nel proprio lavoro dagli uomini dei corpi speciali dei paesi occidentali e dall’arsenale di armi di distruzione di massa che l’Occidente distribuisce loro in maniera più o meno ufficiale. Mentre nel frattempo la democrazia sbocciava anche nella Tunisia di Ben Ali e nell’Egitto di Mubarak, fortuntamente in maniera meno impetuosa, grazie alla disponibilità dimostrata dai due “dittatori” a lasciarsi deporre senza combattere, nell’ambito di quelle che sono state veicolate nell’immaginario collettivo come rivolte popolari. Oggi nell’Afghanistan democratico si vota come negli USA (e come negli USA occorre qualche mese per portare a termine lo spoglio delle schede), ma le donne, sia quelle che non hanno più il burka sia quelle che ancora lo portano, vengono regolarmente sterminate dai droni statunitensi mentre vanno a fare la legna o quando partecipano ad un matrimonio o quando devono recarsi all’ospedale a partorire. In Afghanistan la democrazia si specchia quotidianamente nella guerra permanente, nelle stragi di civili, in un paese ancora più devastato di quanto non lo fosse prima, dove l’unica novità sono i centri commerciali nuovi fiammanti dedicati agli operatori occidentali e all’elitè al servizio degli USA ed il rifiorire delle coltivazioni di oppio che gli anti democratici talebani avevano eliminato. Oggi nell’Iraq democratico, che si é ormai lasciato alle spalle gli “anni bui” di Saddam Hussein, quando il paese era all’avanguardia nella regione, sia sotto il profilo tecnologico ed economico, sia sotto quello dei diritti umani e delle donne, come testimoniato dagli stessi rapporti dell’ONU, si vive in una sorta di polveriera senza senso nè costrutto. Composta da città stato dominate da bande tribali e da un governo fantoccio eletto dall’amministrazione a stelle e strisce. Senza che esistano più un tessuto industriale e una capacità produttiva degne di questo nome. Senza che il paese abbia più un qualche peso economico, con la popolazione costretta a vivere fra le macerie di un tempo che fu ed a morire alla disperata ricerca di cibo all’interno di qualche mercato dove quotidiamente deflagrano autobomba prive di pietà ma sempre molto ricche di democrazia. Nella Libia democratica e libera non c’é più il petrolio “di Gheddafi” a sostenere una politica socialista attraverso la quale garantire una vita dignitosa alla gran parte dei cittadini. Ci sono solo macerie condite con l’uranio impoverito, intorno alle quali aggirarsi con la speranza di riuscire a mettere insieme il pranzo con la cena, lotte intestine, morti ammazzati ed un futuro da declinare nel segno della miseria. Come si può evincere da una semplice osservazione della realtà, depurata dalla mistificazione dei media mainstream che inseriscono ogni paese “liberato” all’interno di una bolla di oblio mediatico dalla quale nulla filtra più, la democrazia é allo stato attuale delle cose l’unica vera arma di distruzione di massa, della quale l’Occidente fa un uso smodato, ben conoscendone le devastanti potenzialità. PASQUALE SOMMA

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