CCP

martedì 30 ottobre 2012

Marine Le Pen per l'Europa dei Popoli.

Discorso di Marine Le Pen il 1° Maggio Festa Dei Lavoratori 2011 «Signore, Signori, miei cari compatrioti, Mi sia permesso dirvi quanto mi tocca la vostra presenza numerosa, gioiosa e fraterna. Grazie a tutti quelli che seguono questa tradizione che ci permette di ritrovarci ogni anno per la commemorazione di quella meravigliosa ed incomparabile figura della nostra storia nazionale che è Giovanna d’Arco. Un benvenuto a tutti coloro che – e sono molto numerosi lo so – per la prima volta si uniscono a noi in questo incontro primaverile; spero abbiano colto il calore dell’amicizia che ci unisce. Un saluto amichevole a tutti i telespettatori e soprattutto ai nostri simpatizzanti che, grazie alla messa in onda di questo discorso, ci fanno l’onore di ascoltarci. Un pensiero ai nostri compatrioti d’oltremare, in particolare a quelli della Martinica, messi alla prova da gravi inondazioni; sappiano che pur lontani dai nostri occhi sono sempre vicini ai nostri cuori. Non voglio dimenticarmi, testimoniando pubblicamente la mia gratitudine, l’impegno dei volontari e quello delle amministrazioni locali e centrali che hanno garantito lo svolgersi ed il successo di questa splendida manifestazione. Infine, a nome di tutti gli aderenti al Fronte Nazionale, mi permetterete di rendere un omaggio particolare al nostro Presidente onorario, che come sempre ha mantenuto la parola ed è riuscito in condizioni difficilissime a portare a buon fine la vendita del nostro paquebot (la vecchia sede sociale del FN situata a Saint-Cloud venduta per 10 milioni di euro, ndr), risanando così le finanze del nostro movimento e permettendoci di guardare al futuro con fiducia. All’inizio di questo terzo millennio, ad un anno dalla celebrazione del sesto centenario dalla sua nascita, può sembrare anacronistico il celebrare Giovanna d’Arco. Ma questa celebrazione è – ve lo ricordo – una festa nazionale repubblicana in quanto Giovanna d’Arco è sia una santa cattolica che un’eroina nazionale. Sarebbe stato doveroso che Jean Marie Le Pen ridesse vita e vigore a questa festa nazionale. Riteniamo infatti di essere gli anelli di una catena che ci ricollega al passato per via della nostra storia, ed al futuro per la nostra volontà di crearci il destino. Quindi, lungi dal ripudiarla, noi rivendichiamo l’eredità dei nostri eroi, eroi nei quali la gloria non ha macchie da cancellare, la cui vita è fatta di purezza di sentimenti, di vittorie e di martirio. Questi esempi ci arricchiscono per quanto radicano il nostro coinvolgimento nella storia, ma che dico storia, con l’anima del nostro popolo. E dato che la storia qualche volta vuole farci delle strizzate d’occhio maliziose, noi terremo presente che il padre spirituale della piccola Giovanna di Domrémy – colui che si occupò di elevarne anima e spirito preparandola così al suo glorioso destino – si chiamava Guillaume Front. Ma cosa più importante è il messaggio che ereditiamo dalla vicenda di Giovanna, vicenda di cui voglio mostrarvi la sorprendente modernità. A parte la gloriosa parentesi dell’eroico Bertrand du Guesclin – il più francese dei Bretoni – la Francia si impantana in questa Guerra dei Cento Anni che vede il suo suolo invaso dagli inglesi ed il suo popolo, in preda alla guerra civile, dividersi in due fazioni. I Burgundi (mi dispiace per quelli di loro che ci ascoltano), favorevoli all’annessione all’Inghilterra, volevano far diventare il re d’Inghilterra il “Re di Inghilterra e di Francia”, all’epoca erano chiamati «francesi rinnegati», e oggi li si chiamerebbe collaborazionisti. I partigiani di questa doppia corona, appoggiati a livello intellettuale dalla Sorbona, suggellarono la propria resa nel trattato di Troyes con la pseudo-buona intenzione di metter fine alla Guerra dei Cento Anni e di costruire (e non è una novità ), «l’Europa della pace». Facciamo presente, dato che spesso la storia si ripete, che dopo la sconfitta nella Francia del 1940, è ancora il pacifismo, è ancora l’illusione di una pace al costo della servitù – in pratica una inquietante rinuncia – a condurre alcuni francesi ad un indegno collaborazionismo con gli invasori. Comunque, in quell’anno (1429), il partito della Francia, quello degli Armagnacs, è raccolto attorno ad un povero e pallido delfino, il piccolo re di Borges. Isolato e tradito, minato dall’indecisione ed accerchiato dalla cortigianeria più vigliacca. Malgrado la resistenza dei patrioti francesi nella zona di occupazione, malgrado il sorgere di movimenti spontanei armati di ribellione contro l’occupante, per mano di partigiani fra i quali ricordiamo Mont-Saint-Michel, Reims o Tournai in Vallonia, l’esito sembrava già scritto. La Francia era destinata a scomparire, annegata nella nuova Europa dell’epoca, come la chiamavano già a gran voce le supposte elite. Il seguito lo conosciamo. Quella giovane ragazza del popolo capace di tanto coraggio quanto di dolcezza, tanta nobiltà quanta semplicità, tanto ardore quanta modestia, tanta disinvoltura quanta pietà, riesce a dissipare con la luce della sua presenza e con l’intensità della sua fede patriottica i dubbi che tenevano imbavagliate le nostre migliori risorse. Il suo coraggio, potenziato da una santa innocenza, fa ritrovare subito, anche ai soldati più brutali, la strada della virtù ed agli alti gradi la strada del dovere e dell’onore. Ai più vili, l’onta della codardia o del tradimento. Lei, che piange davanti al sangue che scorre, dall’alto dei suoi diciotto anni brandisce lo stendardo della riconquista, libera Orléans e restaura, con l’unzione del santo di Reims, la legittimità reale. Diremo oggi: la legittimità dello Stato. Così, in un’atmosfera di sconfitta morale, di scoraggiamento, di rinuncia e di tradimento perpetrato da un’elite venduta all’occupante, questa piccola contadina che si definisce «francese per nascita e per affetto» impersona il soprassalto patriotico del popolo in un Paese in preda alla spartizione, impersona la lealtà verso questo Paese, lealtà che si oppone al tradimento perpetrato da parte delle autoproclamatesi autorità morali del tempo. In lei si incarna lo spirito che si oppone alla schiavitù, all’oppressione ed alla collaborazione con i nemici della sovranità – cosa che avrà in sé un’eco terribilmente attuale – e la sua favolosa epopea porta ugualmente in sé il marchio inequivocabile dell’aspirazione del nostro popolo a questa sovranità. Miei cari amici, che cosa è la sovranità se non la libertà dei popoli? Che cosa è la sovranità francese se non la libertà della Francia e del popolo francese? Possiamo noi rimproverarci di render gloria e di batterci per una Francia libera, per LA Francia libera? Credo di no. Certo, i trattati di Maastricht e di Schengen, come dicono i nomi stessi, non sono stati firmati a Troyes. Ma avrebbero potuto esserlo benissimo. Del resto, come non fare oggi il paragone con l’azione antirepubblicana con la quale i nostri governanti di sinistra e di destra hanno consentito la rapina e l’abbattimento della sovranità francese ai danni del nostro popolo? La sovranità è prima di tutto la libertà di determinare le proprie leggi. La sovranità è quanto dichiarato nella Costituzione della nostra Repubblica: «Il governo del popolo, esercitato dal popolo, a favore del popolo». È un fatto che non deteniamo più la matrice della nostra sovranità perché tutto quello che è il lavoro legislativo consiste ormai in una servile trascrizione delle direttive europee. Il parlamento non fa che seguire pedissequamente il cammino che gli viene indicato dal suo nuovo padrone. Dove è la democrazia quando non abbiamo più né libertà legislativa, né libertà giuridica, né libertà monetaria, né libertà di bilancio? Oggi, milioni di francesi – operai, impiegati, disoccupati, agricoltori, artigiani, commercianti e pensionati – si rivolgono a noi per dire: «Liberateci dalla schiavitù, rompete le nostre catene, liberateci!». Amici miei, la Francia deve liberarsi da una Unione Europea che non ha smesso di indebolirla e di ridurne le libertà. Le istituzioni sovranazionali che hanno fatto tanto male al mondo, la prima delle quali è il Fondo Monetario Internazionale, non detteranno più legge in Francia. L’era dei tecnocrati, dei gruppi di pressione, della potenza corruttrice, dei giudici anonimi, degli esperti venduti e dei recidivi del conflitto di interesse, quell’era avrà fine. Non c’è cessione di sovranità più pericolosa della cessione di sovranità territoriale, perché mette il Paese alla mercé degli occupanti, delle esazioni e delle invasioni. Oggi non abbiamo più il controllo delle nostre frontiere perché, dopo aver soppresso le nostre frontiere nazionali, abbiamo ceduto l’integrità territoriale francese ed europea ad un organismo europeo denominato Frontex. E siccome ho appena parlato di anonimato, faccio una domanda : I francesi sanno cosa sia il ’Frontex’? No, non lo sanno di certo. La casa è aperta e noi abbiamo dato le chiavi del giardino ad uno sconosciuto, un incapace, un assente per giunta verosimilmente desideroso di vedere altri installarsi in casa a nostra insaputa. Come Fantomas, Frontex è invisibile. Vengono distribuiti dei permessi di soggiorno provvisori che di fatto diventeranno definitivi perché immediatamente prevengono qualsiasi ritorno nel Paese d’origine. Chiunque può scomparire nel territorio europeo, facendo rotta per la Francia, la nazione più attraente di tutte per le sue politiche sociali. Questa perdita di sovranità, cioè questa perdita di libertà, non è solo a livello legislativo o territoriale. Essa infesta tutti i settori dato che la nostra classe dirigente vuole avere il potere solo per gli onori e non per gli oneri né per le responsabilità legate alle loro prerogative. Il servilismo garantisce un certo tipo di tranquillità che la libertà non permette. Il servilismo è spesso tranquillità, la libertà è sempre esigente. Che cosa non mi sono sentita dire per aver sostenuto che bisognava anticipare, e non subire, l’uscita dall’euro, l’uscita da una moneta, scusatemi… da un dogma, che porta dentro di sé troppe contraddizioni per essere fattibile e che è fallito ormai anche agli occhi dell’intero pianeta e di economisti sempre più numerosi. Di volta in volta, sono stata accusata dai sapientoni, dai professoroni della morale pubblica, dagli espertoni che si sono sempre sbagliati, sono stata accusata di debolezza, avventurismo, incoscienza nel scegliere la libertà, la libertà di avere una moneta nazionale. Forse le nostre élites sono così sovvertite, subordinate od in malafede da non poter ipotizzare quella stessa sovranità monetaria che Svizzera, Inghilterra – e con loro il 95% delle nazioni del mondo – vivono con soddisfazione? La verità è che oggi la zona euro vive completamente isolata dal mondo, discostata dalla crescita mondiale, essendosi bloccata in una politica assurda, una politica suicida. La Francia rientrerà nel novero delle nazioni grazie alla libertà monetaria! Questi bei signori, per così dire illuminati, si sono forse dimenticati che la Francia è stata definita nella sua storia la «grande nazione» e che il genio del suo popolo l’ha fatta risplendere nel mondo intero? Bisogna forse ricordare loro che durante i secoli, il nostro Paese ha gestito l’intera emissione della propria moneta nazionale con il più grande beneficio per la sua economia e la sua prosperità? Si sono forse dimenticati che alla fine della guerra, c’è stata l’indipendente determinazione del Generale de Gaulle di rifiutare di vedersi imporre una valuta USA che i liberatori americani avevano importato insieme ai loro mezzi militari? Scommetterei per certo che gli odierni euromaniaci avrebbero applaudito una tale paternalistica colonizzazione monetaria del nostro Paese. Come in campo militare, dove la Francia è stata dotata, per la propria indipendenza, dell’arma nucleare ed aveva preso le distanze dalla NATO, il rifondatore della Francia moderna ha così testimoniato in ogni momento la propria sana ed esigente determinazione all’indipendenza nazionale. La tranquillità della schiavitù la si ritrova in ogni epoca ed è giunta a noi fin dai tempi di Giovanna d’Arco. Da parte mia, traggo inspirazione da quelli che hanno osato, perché lungi dall’aver dubbi, credo nel genio francese ed ho fiducia in una Francia legittimamente fiera di se stessa ed orientata verso il proprio futuro. Mi metto nel novero degli storici combattenti per la libertà, dei milioni di combattenti anonimi morti per essa, da Bouvines a Chemin des Dames, le battaglie del grande destino repubblicano, da Victor Schoelcher a Charles de Gaulle, le battaglie di tutti quelli che hanno difeso la libertà a dispetto delle pressioni, a dispetto degli inviti suadenti a rinunciare! Credo nella predisposizione del nostro popolo, nella nostra capacità collettiva di farsi carico del proprio destino e, ad un livello più ampio, nella vocazione dei popoli – di tutti i popoli del mondo – di disporre di se stessi. Miei cari amici, oggi ve lo dico con un tono grave: la libertà dei popoli non è collocata nella testata di un missile NATO! Si trova nel genio nazionale, nell’educazione e nella diplomazia! Inoltre, io non vedo chi meglio di noi, che siamo il popolo francese, possa sapere cosa sia buono, utile e giusto per noi stessi. Non vedo chi ami i nostri figli più di noi, chi possa trasmettere loro con maggior premura – e senza manometterlo – lo straordinario patrimonio che abbiamo ricevuto. In una parola, non se ne abbiano a male il signor Von Rompuy od il signor Barroso, ma tocca a noi decidere di noi stessi! Ecco perché, con una tale perseveranza, il Fronte Nazionale difende da decenni un sistema elettorale totalmente proporzionale, un sistema che permetta a tutti i francesi e ad ognuno di voi, di essere ascoltato e rappresentato. È la ragione per la quale noi reclamiamo da sempre, con lo scopo di una democrazia ritrovata, una repubblica referendaria che si rivolga al popolo ogni volta che sono in gioco aspetti essenziali. Perché a differenza della sprezzante casta al potere da oltre 30 anni, io credo nell’intuizione e nell’intelligenza del popolo ed alla sua vocazione ad innalzarsi un po’ ogni giorno. Questa intelligenza, questa intuizione, questo buon senso, io li ritengo infinitamente superiori a quelli delle élites autoproclamatesi, le quali non abitano nella stessa nazione nella quale abitiamo noi! Ecco perché, quando sarò eletta, io chiederò ai francesi, per via referendaria, quale impostazione vorranno dare alla nostra politica di libertà in Europa. Un tema che non permetteremo, agli altri partiti, che sia messo a tacere. La sovranità – cioè la nostra libertà collettiva – sarà, io credo, una delle grandi scommesse delle presidenziali. Voglio ricordarvi subito i grandi insegnamenti della vicenda militare epica di Giovanna d’Arco. Questa epopea, che ha cambiato la faccia dell’Europa, Europa che per l’epoca equivaleva al mondo, fu breve: un anno. Un anno durò anche il martirio di questa giovinetta diciannovenne venduta agli inglesi, incarcerata, controllata da dei codardi, e giudicata in un processo nel quale, sola contro una muta di bestie, impressionerà ancora di più per la sua opposizione ad ogni arbitrio. Dunque, un periodo così breve, tumultuoso e di sofferenze, che precedette il terribile supplizio del rogo, è un’ode magnifica e terribile alla libertà: la libertà di un popolo in lotta per la propria sovranità, per la libertà dell’uomo contro ogni oppressione. Noi soli possiamo restituire al popolo francese la sua sovranità e quindi la sua dignità e fierezza. Noi siamo anche i difensori delle libertà pubbliche ed individuali meno visibili! Perché le nostre libertà non sono un’acquisizione certa, non basta inorgoglirsi per l’essere la patria della libertà perché ciò resti vero per l’eternità. La realtà è che la difesa della libertà è un combattimento impegnativo e quotidiano! Infatti è nel vissuto quotidiano dei francesi che le nostre libertà si sono spente, affievolite e sono state barattate dalle élites autoproclamatesi con lo scopo di consolidare il proprio potere e di difendere gli interessi personali e le proprie prebende». Marine Le Pen

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