CCP

martedì 12 ottobre 2010

I NOSTRI ALPINI TORNANO IN PATRIA


I nostri soldati tornano in Patria. Ancora una volta opinioni discordanti, fili di seta prossimi alla rottura, maledettamente legati all’unico filo conduttore: “L’Afganistan imbelle”, legato alle vicissitudini ancestrali di una guerra per sempre, voluta o non, poco importa. Tranne il fine dei “buoni”. C’e’ ancora qualcuno che rammenta. Viene in mente una data che per molti, nella propria mente, è ormai solo un lontano riverbero. Per molti, non per l’Unione Sovietica la quale ebbe all’epoca il suo Vietnam, la sua palude. L’URRS di Breznev non subì una semplice “ sonora lezione,” per quanto egli maledì per tutta la sua vita quel fatidico 14 dicembre del 1979, non riuscì certo ad inimicarsi una buona parte del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Ma questo e’ un discorso che meriterebbe forse un maggior approfondimento. In sintesi un chiarimento necessario per comprendere nella sua interezza il periodo storico in questione. Tornando ai giorni nostri, per così dire, riecheggia ancora nella Regione Afgana il grido di Massud. L’emblema della lotta del popolo afgano contro l’invasore sovietico. C’e’ chi ancora ode nella Valle del Panjshir un crepitio familiare simile alla sua voce. Una voce che ancora incanta, non per malinconia ma per eredità. Di ciò si discorre, di uno spirito ancora vivo oggi, restio anche a piegarsi ad ogni “invasione pacifica,”ad ogni sussulto esterno, contrario agli istinti congeniti di libertà del popolo afgano. I medesimi impulsi naturali dei nostri quattro alpini caduti in guerra . Si ha la netta sensazione che il termine “missione di pace” possa uscire ormai solo dalla bocca di pochi “nostalgici delle Crociate”. Pare invece più vicina la data del rientro dei nostri soldati; il 2013 sembra l’anno del “buon rientro”, per rispetto di un accordo, per gli indolenti che si aspettano e che si augurano una rivisitazione irrealizzabile di un simile 8 Settembre in campo internazionale. Per ora si onorano i caduti. Lo fanno gli “alleati” ( dovremmo ricordarci di far parte dell’UE non degli stati confederati) per bocca del Generale David Petraeus, il quale il 18 di settembre enunciò parole di gratitudine per i nostri soldati, denotando il valore nel combattimento e l’ottimo approccio funzionale nei distretti assegnati. Lode a Petraeus? Neppure per sogno. Non si discute di valore, ne di approcci, tanto meno di “strategie di vicinato” da spiattellare all’opinione pubblica. L’intero popolo italiano ben conosce il valore dei nostri soldati, senza però comprendere ancora una volta, il senso specifico di una guerra invece dell’andare in guerra. Tra le due espressioni c’e’ una netta distinzione, non da poco, conosciuta solo a chi combatte ed ha combattuto con fierezza servendo come i nostri alpini la Nazione. Dunque, inconvenevoli da poco? Giusto riappropriarci del valore e del termine libertà, dell’innato senso che la nostra Nazione possiede sin dai 150 anni di Unità e di sacrifici, per non soccombere ai diffamatori e ai “giustizieri delle libertà di comodo”.

F F M

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