lunedì 9 febbraio 2015

Veneziani intervista Jonghi su Libero.


 
 

 
Figura al quarto posto nel sondaggio di Libero «Vota il tuo sindaco» con il 12,1%, preceduto da Giulio Gallera (30,7%), Matteo Salvini (23,6%) e Riccardo De Corato (15,8%). Roberto Jonghi Lavarini, un passato nel Msi e nella Fiamma Tricolore, oggi esponente di Progetto Nazionale «Grande Milano», conta di poter mantenere quel consenso anche alle primarie.
Jonghi Lavarini, allora ha deciso: si candida?
«So già che sarei un ottimo sindaco e che, se si svolgessero le primarie del centrodestra, prenderei almeno il 10%, ossia circa 30mila voti. Detto questo, sono consapevole di non avere i consensi necessari a vincere».
Chi sosterrebbe dunque, dopo le primarie?
«Il mio laboratorio politico, Progetto Nazionale, è da sempre vicino alla Lega. Salvini rappresenta un buon candidato ma, se a me manca il consenso, a lui manca il buon senso di parlare ai moderati milanesi. Per questo, credo che Giulio Gallera sia la figura migliore, anche se non mi dispiacerebbe la candidatura di Carlo Sangalli della Confcommercio».
Ci dica tre idee forti del suo programma.
«Sicurezza, sicurezza, sicurezza. Premesso che intendo assicurare solidarietà ai ceti deboli sia italiani che stranieri, allo stesso tempo sono convinto che ci voglia tolleranza zero verso criminalità organizzata e abusivismo. Bisogna sgomberare al più presto campi, case e locali occupati. Al posto del Leoncavallo, per capirci, voglio costruire asili nido».
Lei è soprannominato «il Barone Nero». Quanto le giova e quanto le nuoce questa fama?
«Quel nomignolo risale alle origini nobiliari di mio nonno. Ma io sono convinto che la vera nobiltà non stia nel sangue, ma nello stile».
E l’aggettivo «nero», invece?  
«Si riferisce alla mia militanza in partiti post-fascisti. I “compagni” utilizzano spesso quella storia per accusarmi di xenofobia. Io in realtà sarei disposto anche a candidare uno di colore per il Consiglio comunale, visti i miei ottimi rapporti con le comunità somala ed eritrea, integrate e regolarmente residenti a Milano».
«Se la sinistra italiana guarda all’Atene di Tsipras», lei ha detto, «la destra dovrebbe guardare a Itaca». Cosa intende?
«Mi riferisco al progetto “Itaca” lanciato da Renato Besana e Marcello Veneziani, che intende porre come valori cardine la Tradizione, il Sacro, la Patria e la Famiglia. Se vuole andare avanti, la destra deve fare come Ulisse: tornare all’Origine».
 
Gianluca Veneziani (Libero Quotidiano, 5 febbraio 2015)

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