martedì 30 ottobre 2012
Fronte della Tradizione.
TRADIZIONE
La Tradizione, «è, nella sua essenza, qualcosa di metastorico e, in pari tempo, di dinamico: è una forza (…) che agisce lungo le generazioni, in continuità di spirito e di ispirazione, attraverso istituzioni, leggi, ordinamenti che possono anche presentare una notevole varietà e diversità».
La Tradizione è una “realtà” di ordine spirituale, attiva ed operante nel mondo ("trascendenza immanente"), non la collezione di usi e costumi di cui non si comprende più il significato. E’ una forza che si traduce nell’onore e nella fedeltà, nella giustizia e nella verità, nei principi universali resi visibili dall’azione e dall’esempio dell’uomo. Principi che non assumono un profilo politico, ma pre-politico, in quanto punti cardinali che stanno prima di tutto: di fronte ad ogni scelta o valutazione, non prevale l’agire secondo il mi piace/non mi piace dei propri interessi, ma vige il criterio del giusto e del vero. La Tradizione (dal latino tradere, trans= oltre e dare= consegnare), è anche un azione di passaggio, la trasmissione di un’eredità, la cui origine non è umana ma spirituale. Una trasmissione che presuppone un collegamento tra chi consegna e chi riceve, laddove quest’ultimo ha il dovere di continuare a far vivere, attraverso le sue azioni, l’eredità dei Padri. Un testimoniare che non è attardarsi a riesumare in maniera nostalgica il passato, fissandosi su formule anacronistiche legate alla storia, ma è la volontà di affermare e concretizzare nel presente i principi tradizionali, attraverso l’utilizzo di strumenti al passo coi tempi e secondo un progetto di breve e lungo periodo (funzione politica e sociale). La Tradizione vive nell’impegno di chi, al di là della vittoria e della sconfitta ed oltre la prospettiva di un personale guadagno, vuole sacrificarsi per l’Idea: nel mondo del profitto e dello sfruttamento il dono è un atto rivoluzionario.
FORMAZIONE
La crisi della società è il riflesso della crisi dell’uomo. Per questo, prima dei programmi politici, delle formule elettorali o delle ricette economiche, viene la formazione secondo i principi della Tradizione. Se l’elaborazione di progetti e soluzioni politiche è un’attività importante, è prima ancora fondamentale adoperarsi nella formazione di se stessi, nella riscoperta del carattere dell’uomo nobile di contro all’uomo volgare. La formazione, tuttavia, non è l’accademica lettura dei libri, l’inutile e sterile intellettualismo, il filosofeggiare sul nulla, ma è la conoscenza derivante dalla pratica della Virtù, è il “conoscere se stessi” per “essere se stessi”, è l’affermazione di uno stile di vita. E’ studiare la dottrina e vivere secondo i Principi della Tradizione, interiorizzarli e renderli operanti attraverso l’esempio, ventiquattro ore su ventiquattro, nonostante il contesto della società moderna sia ostile e contrario. Il confronto con le prove della vita, dal lavoro alla famiglia, dalla scuola ad ogni altra esperienza, sono occasioni di verifica per la propria tenuta interiore, per comprendere, senza alibi né scuse, quanto si è aderenti ai principi declamati. Per questo la vita est militia super terram, perché è un restare in piedi in un mondo di rovine, nel quale l’uomo nuovo combatte per l’affermazione della luce contro le tenebre. La formazione non è conservarsi, ma lottare in maniera inesorabile e senza tregua, seguire un metodo che coniuga lo studio della dottrina alla disciplina militante. La formazione, infine, non è gerarchismo, un clima da caserma alimentato da atteggiamenti prepotenti, boriosi e volgari, o la scala burocratica e meritocratica che si ascende dopo tanti anni di anzianità. La gerarchia è qualità ed aristocrazia (aristos >> aretè, la virtù: essere il migliore rispetto alla virtù), nobiltà d’animo e purezza di cuore, dovere nei confronti di se stesso (essere impeccabili) e dovere nei confronti degli altri: essere esempio.
RIVOLUZIONE
Esistono due tipi di rivoluzione. La rivoluzione esteriore, diretta al cambiamento della struttura politica e sociale di uno Stato e la rivoluzione interiore, quella generata dalla formazione secondo i principi tradizionali. Quest’ultima, è sempre un rivolgimento radicale, ma a differenza della prima, avviene nel cuore e nell’anima, è il risultato di un costante lavoro dell’uomo su se stesso. Rivoluzione, quindi, quale rivolta di chi non accetta questo mondo e, coerentemente, lo combatte nelle proprie azioni e modi di pensare: all’utilità e alla menzogna sostituisce la verità e la giustizia, all’ipocrita democrazia la gerarchia e l’autorità, all’insicurezza e alla superficialità il carattere e la disciplina, allo sterile sentimentalismo il senso della distanza e del rispetto. Per il rivoluzionario non c’è democrazia nelle scelte che si compiono: ciò che fa è ciò che deve essere fatto, senza inutili e politicanti dialettiche. Non vige il principio della falsa uguaglianza, ma quello gerarchico ed organico: ognuno si colloca in base alla propria qualificazione spirituale ed il superiore è colui che meglio di altri incarna la Virtù. Non esiste l’individualismo, perché egli non conosce l’io ma il noi: a disposizione dell’Idea (impersonalità dell’azione), per questa egli compie il suo dovere. Eccola la rivoluzione dell’uomo libero dai condizionamenti e dalle mode, di colui che rifiuta l’ideale borghese vile e pantofolaio, dell’anticonformista che non si livella alla società dei consumi e al modello assorbito passivamente. Non è la ribellione del delinquente o dello sbandato, dell’anarchico o dell’emarginato, ma è la rivoluzione del guerriero che, con onore dignità, coraggio e consapevolezza, affronta la vita. Sarà questo radicale cambiamento interiore a creare le basi per il cambiamento dello stato delle cose sociale e politico, perché l’uomo sano ed orientato spiritualmente è in grado di informare la realtà circostante, investire l’ambiente di quella forza invincibile per l’eternità di cui è divenuto strumento. Una rivoluzione tradizionale, quindi, in grado di coniugare il significato interiore ed esteriore della parola stessa. Con la menzogna e l’ingiustizia non ci sono compromessi, è il tempo delle affermazioni assolute e delle negazioni sovrane. Stare con la Tradizione non significa essere riformisti o nostalgici, ma rivoluzionari.
...FRONTE DELLA TRADIZIONE!
Un fronte, perché il riferimento alla Tradizione impone delle scelte per ristabilire i limiti tra chi appartiene ad un preciso schieramento e chi invece rappresenta il nemico. Un fronte, al quale si appartiene non in virtù di un’operazione mentale: non sono i libri letti o le tessere possedute, ma è l’azione, la qualità del comportamento, lo stile ad essere determinante. Un fronte, perché è necessario realizzare, indipendentemente dalle collocazioni territoriali, iniziative atte a diffondere, tramandare, rafforzare la visione tradizionale del mondo e della vita, il metodo di formazione secondo i principi della Tradizione. Un fronte, per il quale ricercare il collegamento di intenti, la collaborazione tra uomini, il cameratismo tra soldati. Un Fronte della Tradizione, coordinamento di realtà e singoli militanti che operano in Italia, un progetto esistente sin dal 1979 e di cui la Comunità Militante Raido è parte attiva sin dalla sua nascita.
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