lunedì 6 agosto 2012
"La Siria non si arrende al mondialismo" di Maurizio Blondet
La Siria non si arrende
Scritto da Maurizio Blondet e Réseau Voltaire
Venerdì 03 Agosto 2012 00:26
Duro colpo ad Al Qaeda. Panico a Washington
Tutti i siti cospirazionisti ormai hanno la notizia. La prendiamo dal Réseau Voltaire:
«Anche se non annunciata dalle autorità saudite, la morte del principe Bandar bin Sultan bin Abdulaziz al-Saud è stata confermata in via ufficiosa al Réseau Voltaire. Il principe Bandar era stato nominato capo dei servizi segreti sauditi il 24 luglio. Una promozione interpretata come ricompensa per aver organizzato l’attentato del 18 luglio a Damasco. I servizi sauditi, con il sostegno logistico della CIA, erano riusciti a far saltare in aria il quartier generale della sicurezza nazionale siriana durante una riunione della cellula di crisi: i generali, Assef Shawkat Daoud Rajha e Hassan Turkmani morirono nell’esplosione. Il generale Hisham Ikhtiar moriva poco dopo, per le ferite. Questa operazione, denominata ‘Vulcano di Damasco’, aveva dato il segnale di attacco alla capitale a un esercito di mercenari, in gran parte provenienti dalla Giordania.
Il principe Bandar è stato lui stesso vittima di un attentato dinamitardo il 26 luglio, come hanno annunciato i media yemeniti. Sarebbe deceduto per le ferite. Personalità brillante e cinica, il principe Bandar aveva 63 anni. Era figlio del principe Sultan (l’inamovibile ministro della Difesa dal 1963, fino alla morte nel 2011) e di una schiava. Confidente di re Fahd, è stato ambasciatore a Washington durante il suo regno (1983-2005). Si era poi legato a George H. Bush (allora vicepresidente degli Stati Uniti) ed era diventato per lui un ‘figlio adottivo’, ragione per cui la stampa statunitense l’aveva soprannominato ‘Bandar Bush’.
Un vero genio delle operazioni segrete, ha organizzato la vendita di armi al-Yamamah, riuscendo a intascare oltre un miliardo di sterline, secondo fonti ufficiali inglesi. Ha poi usato questo colpo di fortuna, e molti altri, per finanziare le attività dei gruppi jihadisti di tutto il mondo, tra cui al-Qaeda.
All’inizio del 2010, il principe Bandar aveva tentato di rovesciare re Abdullah per sostituirlo con suo padre Sultan. Il complotto fallì e fu bandito dal regno, ma col declino della salute del monarca, riuscì a tornare in Arabia Saudita l’anno dopo. Dopo la morte del principe Sultan, era diventato il leader de facto della casa dei Sudeiri, il clan di falchi nella famiglia reale.
La sua morte è un grave colpo per l’intero sistema occidentale delle operazioni segrete nel mondo musulmano. Alla Siria sarebbe bastata solo una settimana per avviare questa spettacolare operazione di rappresaglia».
Bandar era l’uomo chiave della corte saudita, il trait-d’union con il potere americano, era soprattutto il vero fondatore e finanziatore di «Al Qaeda nel mondo», quella che sta servendo così egregiamente l’imperialismo americano nel mondo islamico. Sicuramente è stato lui il mandante dell’attentato che, il 18 luglio, ha decimato la Direzione della Sicurezza siriana nel cuore di Damasco. È lui l’organizzatore dei «ribelli siriani» armatissimi che vogliono abbattere il potere degli Assad in Siria. Della sua morte in questo attentato parlano Russia Today, parla l’iraniana Press TV. Ne parla il sito libanese Middle East Strategic Perspective (per tentare di negarne la morte), ne parla l’israeliano DEBKA Files, attribuendo l’attentato ai servizi iraniani (il chiodo fisso sionista).
La cosa più sensazionale è che non ne parlano i media arabi sauditi. Passano le ore, e da Ryad, sulla morte del principe «figlio adottivo di Bush», non viene nè una smentita nè una conferma. Questo silenzio, come nota giustamente DEBKA, «significa che il panico ha invaso la Corte saudita».
Questi principi miliardari, con centinaia di miliardi di dollari al sicuro nei paradisi fiscali, credevano di poter impunemente portare morte e distruzione, coi loro jihadisti, all’interno della Siria, si sentivano al sicuro, senza alcun pericolo personale. Ora si accorgono di poter essere colpiti sanguinosamente nel loro guardatissimo centro di potere, e hanno paura. Una paura folle. E poi: se l’attentato all’uomo-chiave fosse una congiura di palazzo? Una frattura nella compagine dei prìncipi sauditi stessi? Sicuramente in queste ore si sta cercando di capirlo a Ryad, nel panico e nell’angoscia.
Ma ancor più clamoroso, se possibile, il silenzio di Washington. Passano le ore, passano i giorni, e il Dipartimento di Stato tace sulla morte di Bandar. Tacciono i «grandi» giornali americani. Salvo errore, tace persino la BBC, leggendaria per essere sempre sulla notizia.
È una botta per Al Qaeda, e l’America è in guerra con Al Qaeda; dovrebbe esultare. Oppure no?
Il sito Washington’s Blog evoca sardonico il 1984 di Orwell. Nel romanzo, la dittatura di Oceania è in guerra da innumerevoli anni con Eurasia. Di colpo, il regime di Oceania cambia alleanza: si allea con Eurasia, e insieme lottano in una guerra perpetua con Estasia. Lo Stato di Estasia diventa il mortale nemico. E la propaganda del regime convince il popolo che «Siamo sempre stati in guerra con Estasia»; ovviamente la popolazione, istupidita dalla propaganda del Grande Fratello, si mette ad inveire contro Estasia e ad applaudire il nuovo alleato Eurasia.
«Siamo sempre stati in guerra con Estasia». Gli americani sono pregati di dimenticare – e dimenticano subito, grazie a CNN e Fox News, al Washington Post e al New York Times – che ufficialmente erano da decenni in guerra con Al Qaeda su tutti i fronti possibili e immaginabili, perchè Al Qaeda appare dovunque, in Somalia, in –Nordafrica, in Iraq, in Siria, in Libano. Solo che stavolta, Al Qaeda combatte contro il regime laico di Assad in Siria, e l’Occidente dà una mano ai ribelli, ossia ad Al Qaeda.
Già in Libia, l’alleanza fra Al Qaeda (Bandar bin Sultan) e gli occidentali è apparsa evidente. Oggi «Al Qaeda» controlla la Libia, e manda combattenti in Siria, che commettono atrocità contro la popolazione civile.
È un’alleanza antica. Zbigniew Brzezinski, che fu il consigliere di Sicurezza Nazionale di Jimmy Carter, ha raccontato come l’America creò, sostenne e finanziò Bin Laden e gli altri fondatori di Al Qaeda per combattere i sovietici in Afghanistan. Lo stesso Brzezinski ha raccontato, in una audizione al Senato USA del 2007, che «la guerra al terrore islamico» (Al Qaeda) è «un mito storico, una narrativa». (SFRC Testimony - Zbigniew Brzezinski, February 1, 2007)
Al Qaeda servì agli USA per prendere piede in Bosnia ed addestrarvi terroristi jihadisti contro la Serbia. Varie testimonianze, fra cui quelle di commandos francesi che erano giunti a tiro di Bin Laden in Afghanistan, hanno testimoniato che i comandi americani lo lasciarono fuggire deliberatamente, per aver la scusa di continuare la «lunga lotta al terrore». (Afghan article says US Bin-Ladin hunt phoney).
Le Figaro rivelò che il capostazione della CIA nella zona aveva fatto visita e colloquiato con Bin Laden in una clinica di Dubai due mesi prima dell’11 settembre. (CIA agent alleged to have met Bin Laden in July)
Eccetera, eccetera. Ma «Siamo sempre stati in guerra con Estasia». Solo che il silenzio e lo sgomento di Washington per la morte del principe Bandar svela che qualcosa s’è rotto nella «narrativa».
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