lunedì 6 agosto 2012
Intervista a Massimo Fini.
Ereticamente Intervista Massimo Fini
venerdì, agosto 03, 2012 L'intervista No commenti
Massimo Fini è nato a Cremeno (Lecco) nel 1943. Figlio di padre toscano e madre ebrea russa, dopo una laurea in giurisprudenza all’Università Statale di Milano e un breve periodo come impiegato alla Pirelli di Milano, ha abbracciato la carriera giornalistica lavorando per i seguenti quotidiani e periodici: L’Avanti, L’Europeo, Linus, Il Borghese, L’Indipendente, Il Gazzettino di Venezia, Quotidiano Nazionale (Il Resto del Carlino, Il Giorno, La Nazione), Giudizio Universale, La Voce del Ribelle, Il Fatto Quotidiano. La sua produzione libraria spazia dalla saggistica, al teatro, al romanzo e include le seguenti opere: La Ragione aveva Torto? (1985) Elogio della guerra (1989), Il Conformista (1990), Nerone. 2000 anni di calunnie (1993), Catilina. Ritratto di un uomo in rivolta (1996), Il denaro, "sterco del demonio" (1998), Dizionario erotico. Manuale contro la donna a favore della femmina (2000), Nietzsche. L'apolide dell'esistenza (2002), Il vizio oscuro dell'Occidente. Manifesto dell'antimodernità (2003), Sudditi. Manifesto contro la democrazia (2004), Cyrano. Contro tutti i luoghi comuni (2005), Il Ribelle (2006), Ragazzo. Storia di una vecchiaia (2007), Il Dio Thoth (2009), Senz'anima, Italia 1980-2010 (2010), Il Mullah Omar (2011). Nel 2005 Massimo Fini ha dato vita al Movimento Zero, associazione politico-culturale che si propone di veicolare le idee elaborate da Massimo Fini in venti anni di analisi e interventi (critica della modernità e dell’idea di progresso, rivalutazione dello spirito del mondo precedente alla Rivoluzione Francese e alla Rivoluzione Industriale, valorizzazione delle comunità locali e della democrazia diretta, rifiuto della globalizzazione, del dominio dell’alta finanza e delle connesse “guerre democratiche”. EreticaMente è orgogliosa di ospitare la presente intervista a colui che considera uno dei più attenti e profondi osservatori dell’epoca e della società in cui viviamo.
(a cura di Eugenio Barraco e Luca Cancelliere)
Lei è lombardo di nascita, figlio di padre toscano e madre ebrea russa. In che misura le sue origini familiari, in particolare materne, hanno pesato sulla sua formazione di uomo e di intellettuale?
Essendo figlio di due culture diverse, vedo le cose da un’angolazione diversa da quella, per esempio, di un Italiano figlio di Italiani che è sempre vissuto in Italia. Insomma, questa mia origine “bastarda” mi ha reso in qualche modo diverso dagli altri.
Che traccia hanno lasciato su di Lei gli studi di giurisprudenza e per quale motivo decise di abbracciare il mestiere di giornalista anziché intraprendere una professione di carattere giuridico o amministrativo? E secondo Lei, quale deve essere il ruolo dell'informazione all'interno della Nazione?
Ho frequentato la Facoltà di Giurisprudenza, ma senza grandi intenzioni di fare il magistrato nè tanto meno l'avvocato. E' però vero che dopo aver fatto vari mestieri, mi recai a Roma per sostenere il concorso in magistratura. Ebbi modo di constatare che questo concorso, per l’appunto, era truccato e allora denunciai la cosa a diversi quotidiani. Nessuno mi diede retta, con l’eccezione del quotidiano L’Avanti ; mi chiesero di provare a scrivere un pezzo sull’argomento e così feci. L’articolo piacque e da lì nacque questo rapporto con L'Avanti. Ebbi molta fortuna perché da li a pochi mesi fui assunto dal giornale e dopo un anno e mezzo passai all'Europeo. Quindi è casuale che sia diventato giornalista. Il ruolo dell'informazione in linea di massima è in primo luogo quello di raccontare i fatti. In secondo luogo, a un livello più alto l’informazione deve, o meglio dovrebbe, fare cultura e cercare di interpretare ciò che avviene, approfondendo gli argomenti. Non mi pare che sia quello che l'informazione italiana faccia da molti anni: essa si schiera con le varie fazioni politiche e il risultato è quello che vediamo.
Cosa ha contribuito maggiormente a trasformare il giornalista progressista e filo-socialista degli anni '70 nell'autore di "La ragione aveva torto" e degli altri testi che demoliscono i miti dell'industrializzazione, della modernità, del progresso, della democrazia?
Per la verità, questa mia consapevolezza prese le mosse da un viaggio che feci in Africa intorno ai primi anni ‘70. Affittai un’automobile e andai in Tanzania ai confini con il Kenia. Constatai che i Masai vivevano in maniera molto primitiva: potrei raccontarle varie cose ma da buon illuminista rimasi abbastanza scandalizzato.
Nella Sua produzione libraria ci sono due testi molto interessanti su due "marginali", due sconfitti della storia romana, Catilina e Nerone, che Lei rivaluta come campioni delle istanze popolari. Qual è il suo giudizio complessivo sulla civiltà romana, sul suo retaggio e in quale misura avrebbe potuto essere migliore se i due personaggi oggetto dei suoi studi fossero riusciti vittoriosi?
La società romana già al tempo di Catilina è molto simile alla nostra: profondamente materialista e afflitta da quella doppia morale molto ben espressa da Cicerone. Esisteva, allora come oggi, una morale pubblica per i “gonzi” che ci vogliono credere e una morale privata per i privilegiati. Catilina si ribellerà a questo stato di cose e per questo verrà ucciso. Per quanto riguarda Nerone, egli sperimentò un tentativo molto in anticipo per i suoi tempi di limitare le incredibili sperequazioni economiche e sociali che c'erano all'interno del mondo romano. All’epoca esistevano un’aristocrazia senatoriale latifondista nullafacente e una plebe “frumentaria” che viveva di elargizioni da parte dello Stato. Non credo che Roma avrebbe potuto prendere una direzione diversa da quella che poi la Storia ci racconta: infatti i tentativi fatti da Catilina, Marco Antonio e Nerone stesso per rovesciare quello stato di cose fallirono.
Il potere degli Stati Uniti d'America, che Lei ha giustamente individuato quale braccio armato e principale motore ideologico-politico della globalizzazione, sta per morire divorato dallo stesso mostro alla cui ascesa ha contribuito? Il futuro vedrà un mondo multipolare fondato sulla coesistenza di potenze statali regionali (Cina, Russia, India, Brasile) o anche questi nuovi attori globali saranno soffocati dalla pervasività proteiforme del nuovo potere globale finanziario-mediatico?
Il destino anche dei cosiddetti “paesi emergenti” che sono entrati nel modello di sviluppo occidentale sarà lo stesso dell'Occidente. Verrà un momento, che non è molto lontano, in cui questo modello di sviluppo imploderà e crollerà su se stesso. Ciò non tanto una questione finanziaria, come si sostiene adesso, ma proprio per una questione inerente al modello di economia reale prescelto. Quello attuale è un modello che si basa sulla crescita infinita, che esiste astrattamente nella teoria matematica ma non in natura. Per il momento, che è abbastanza prossimo, in cui il sistema non potrà più crescere e imploderà su se stesso, vedo un futuro simile al periodo successivo al crollo dell'Impero Romano. Quello che diede origine al feudalesimo europeo. Con la differenza sostanziale che l'Impero Romano, per quanto importante, era una piccola area all'interno del grande e vasto mondo di allora. Invece questo sistema è planetario e pertanto la catastrofe sarà planetaria, quindi di dimensioni apocalittiche.
In questo quadro, l'Italia e gli altri Stati Nazionali europei umiliati e espropriati della loro sovranità dalla Banca Centrale Europea, dalla Commissione di Bruxelles, dai "mercati finanziari" e dalle "agenzie di rating" (leggasi speculatori internazionali), dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale hanno qualche possibilità di sopravvivenza o debbono rassegnarsi a lasciare il proscenio della Storia ad altri popoli più giovani e combattivi?
L’Europa è nata male, doveva nascere prima politicamente e solo dopo economicamente. Ma questo non era possibile perchè gli Americani non ce l'avrebbero permesso. Adesso la mia formula per l’Europa è questa: unita, neutrale, armata, nucleare e autarchica. In questa formula l’aggettivo più importante è autarchica: l’Europa avrebbe, volendo ragionare in questi termini, la popolazione, il mercato e il “know-how“ sufficienti per fare da sola. Naturalmente ciò comporterebbe una diminuzione dello sviluppo. Ma allo stesso tempo ci metterebbe al riparo dagli effetti più devastanti della globalizzazione. Questa è un'ipotesi possibile, nel senso che se ci fosse la volontà politica si potrebbe fare. Ma siccome continuiamo ad essere tributari degli Stati Uniti d’America, non mi sembra che in concreto sia possibile. Molto dipende dalla Germania e dal Regno Unito. Cioè, se il Regno Unito decide di abbandonare questo legame atavico con gli Stati Uniti d’America e si unisce all’Europa, allora si può fare un’Europa del tipo che dico io, in grado di difendersi. Dico che deve essere armata e nucleare non per aggredire nessuno, ma per non essere dipendente dalla difesa altrui che naturalmente viene pagata a caro prezzo, come abbiamo visto in questi 50 anni.
Lei ritiene che, in qualche misura, il "Movimento 5 Stelle" di Beppe Grillo possa farsi portavoce, almeno in parte, di qualcuna delle istanze cui Lei ha dato voce con i suoi libri e i suoi articoli e che ha cercato di organizzare politicamente con il "Movimento Zero"? Qual è il suo giudizio sui principali soggetti del panorama politico italiano?
Anche se molte cose mi dividono dal Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo è un mio amico personale da 30 anni. I rischi per Grillo verranno dopo, nel senso che il sistema ingloba e distrugge i suoi oppositori. Come è successo alla Lega, che alle origini era contro la partitocrazia, la globalizzazione e anche contro le lottizzazioni politiche, ma che nel giro di alcuni anni è diventata un partito come gli altri. Il rischio che corre il Movimento 5 Stelle è esattamente questo. Stiamo a vedere, per il momento è l'unico movimento che si distingue in modo netto dalla partitocrazia che abbiamo vissuto per 30 anni. Quanto alle altre forze politiche, io credo che verranno azzerate o quasi alle prossime elezioni, sia in conseguenza di un'astensione notevole sia per la crescita dello stesso movimento di Grillo. Le vecchie forze politiche, ciascuna per la propria quota, portano su di sé la responsabilità di 30 anni di malgoverno, malaffare, soprusi e abusi. Con Berlusconi c’è stata anche una devastante campagna di delegittimazione della magistratura. Forse Mani Pulite avrebbe potuto frenare ancora in tempo utile la frana che ci sta crollando addosso oggi. Ecco, quindi penso che i vecchi partiti verranno quasi azzerati, lo spero perlomeno.
Lei ritiene che l'immigrazione extraeuropea, in particolare islamica (ferma restando, da parte nostra, la più profonda repulsione per l'anti-islamismo "occidentalista" in voga in certi ambienti politici europei) possa essere una minaccia mortale per l'identità e la sopravvivenza dei popoli europei? Può l'identità etnica essere un punto fermo da cui ripartire per ricostruire un mondo migliore?
Io non credo ad una minaccia islamica, nella misura in cui noi la smettiamo di aggredire l'Islam. Se non vado errato, ci sono decine di migliaia di soldati occidentali sul suolo islamico. L’Afghanistan è l'esempio più evidente e clamoroso, poi c’è l'Iraq, adesso la Siria, poi si vuole aggredire il Mali perché è diventato islamico e quindi si dice che è controllato da Al Qaeda. Ma Al Qaeda non esiste, è un'invenzione occidentale. Quindi noi potremmo avere anche una buona convivenza con l'islam, se col nostro radicalismo non lo radicalizzassimo a sua volta. In quanto all'identità, possiamo dire che la questione in Italia è nata con la Lega, contro l'utopia illuminista e volterriana dell'uomo cittadino del mondo. Quella dell’identità è certo una questione che si affermerà sempre più, perché l'uomo ha bisogno di radici. Bisogna vedere come questo si può conciliare eventualmente con la società multietnica. Ma è anche vero che se smettiamo di invadere e depredare gli altri paesi le migrazioni cesseranno. Non si erano mai visti neri dell’Africa Centrale venire verso l’Europa e qui non parliamo di Islam. Eppure le navi qui esistevano anche prima. L'Africa è stata trasformata in un cimitero proprio dal nostro modello di sviluppo.
Secondo Lei il mondo nato dalla Rivoluzione Francese, dal pensiero scientifico moderno e dall'industrializzazione è l'antitesi o - come avrebbe sostenuto il suo amato Nietzsche - il completamento dell'Europa cristiana sorta sulle ceneri di quella pagana? E in questo senso, i movimenti religiosi e culturali identitari neo-pagani che affiorano in tutto il vecchio continente potrebbero essere un sintomo del ripudio dei valori che hanno caratterizzato l'Europa del XIX e del XX secolo?
Reazioni al mondo nato dalla Rivoluzione Industriale ce ne sono e si avvertono, nonostante siano ancora di nicchia e variegate al loro interno. E’ comunque certo che questo tipo di vita che facciamo è concepibile quando le cose economicamente vanno bene: comunque provoca disagio, stress, depressioni, nevrosi, e come tale viene percepito dalle persone. Però non credo che saremo noi a rovesciare il modello, ma sarà il modello a implodere da solo.
Come ha dimostrato la spietata e sincera introspezione di "Ragazzo. Storia di una vecchiaia", Lei non coltiva facili illusioni. Non pensa che oltre alla dimensione salvifico-consolatoria delle religioni rivelate, possa esistere una via magica e attiva alla conservazione e sublimazione della propria sostanza spirituale, come teorizzava un autore a Lei ben noto, Julius Evola?
Non credo a un futuro metafisico. Naturalmente questo è un dramma per tutti e secondo me le religioni sono nate per lenire l'angoscia di morte dell'uomo, che è l’unica creatura vivente che ha la lucida coscienza di avere una fine. Le illusioni sono importanti per la vita dell'essere umano, ma io credo che sempre illusioni restino. (fonte Ereticamente.net)
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