Demografia: l'Italia non ha futuro
di Massimo Introvigne
La nuova Bussola Quotidiana, 15 settembre 2013
Alla
Settimana Sociale di Torino dedicata alla famiglia, che si conclude domenica 15 settembre, nel dibattito
dei gruppi di lavoro ha destato grande interesse la relazione del professor
Gian Carlo Blangiardo, ordinario di Scienze statistiche all’Università di
Milano-Bicocca, sui numeri delle famiglie in Italia. Il mio amico e maestro Rodney
Stark ama dire che in sociologia «chi non conta non conta»: chi non parte dai
numeri di rado dice cose rilevanti. E la sociologia ai suoi albori
ottocenteschi non si chiamava neppure sociologia: il nome usato era «statistica
morale», a indicare fin da subito quanto fossero importanti i numeri, cui pure
– certo – non bisogna fermarsi.
Oggi,
però, siamo di fronte piuttosto a statistiche immorali. I numeri di Blangiardo sono inesorabili. Il numero
di residenti in Italia aumenta, sia pure lentamente: dagli attuali sessanta
milioni viaggiamo verso i 62 milioni previsti per il 2036. Tuttavia questo
aumento è dovuto secondo Blangiardo «interamente» all’immigrazione: pur
calcolando la riduzione nel numero d’immigrati dovuta alla crisi economica, nei
prossimi cinquant’anni si prevede che essi salgano da quattro a tredici milioni
mentre gli italiani presenti sul territorio scenderebbero di nove milioni. Tra
qualche decennio un abitante della penisola su cinque sarà uno straniero senza
passaporto italiano, e molti detentori di passaporti italiani saranno immigrati
nati all’estero e che avranno ottenuto nel frattempo la cittadinanza.
Benché,
prosegue Blangiardo, il numero degli stranieri che nascono nei nostri ospedali sia «destinato a raddoppiarsi» nei prossimi cinquant’anni,
questo dato «non sarà sufficiente a compensare il forte calo delle nascite
italiane: -127mila tra il 2012 e il 2064 (-27%)», e già oggi il nostro tasso di
natalità è il più basso del mondo. I bambini italiani diventeranno una specie
in via di estinzione, ancorché nelle nostre strade vedremo ancora un certo
numero di bambini: stranieri.
In
compenso, vedremo tanti vecchi.
Già nel 2041 «la fascia di età più rappresentata nella struttura degli italiani
diventerà quella dei settantenni». Oggi ci sono in Italia più nonni che nipoti;
dal 2028 ci saranno più bisnonni – cioè italiani con più di ottant’anni – che
pronipoti, cioè bambini di età inferiore a dieci anni. La frazione di Pil
destinata alle pensioni dovrà anch’essa raddoppiare, non essendo ipotizzabili
senza determinare sconvolgimenti sociali e politici un ulteriore aumento
dell’età pensionabile o tagli alle pensioni di chi oggi già fatica a
sopravvivere. Blangiardo ritiene che le statistiche correnti rispetto alla
sempre maggiore difficoltà di sostenere le pensioni addirittura sottostimino il
problema, e che sia un’illusione ottica quella d’immaginare che le pensioni
dei nostri vecchi le pagheranno gli immigrati. Infatti non si considera che
anche gli immigrati invecchiano, e che esiste quello che lo studioso chiama
«invecchiamento importato». I primi immigrati cominciano ad arrivare alla
pensione. Tra poco saranno una massa di pensionati, che per di più «ha avuto un
lavoro regolare solo in età matura», spesso con salario basso, così che i loro
contributi certamente non pagheranno le loro pensioni, che dovranno essere
sostenute da altri.
A causa dell’«invecchiamento importato» il numero di pensionati raggiungerà il suo vertice nel 2030, quando andranno in pensione i figli del baby boom degli anni 1960, ma sorprendentemente questo vertice «non sarà seguito dal declino che ci si attenderebbe per via della caduta della natalità sviluppatasi dalla metà degli anni ‘60». Infatti legioni di pensionati immigrati compenseranno la riduzione nel numero di pensionati italiani, mantenendo il numero totale di chi fruisce di una pensione costante.
A causa dell’«invecchiamento importato» il numero di pensionati raggiungerà il suo vertice nel 2030, quando andranno in pensione i figli del baby boom degli anni 1960, ma sorprendentemente questo vertice «non sarà seguito dal declino che ci si attenderebbe per via della caduta della natalità sviluppatasi dalla metà degli anni ‘60». Infatti legioni di pensionati immigrati compenseranno la riduzione nel numero di pensionati italiani, mantenendo il numero totale di chi fruisce di una pensione costante.
Ma
le cattive notizie non finiscono qui.
Non bastasse la drastica riduzione, da record mondiale, del numero dei bambini
– che, ha rilevato Blangiardo nella sua conferenza stampa, benché sia
vietato dirlo deriva ampiamente dagli aborti – anche tra gli italiani che,
superando un vero percorso a ostacoli, sono riusciti a nascere, molti
rappresenteranno solo un costo per il sistema Paese – occorre mandarli a scuola
e curarli quando si ammalano prima di entrare nel mondo del lavoro – ma non
daranno poi alcun contributo al Pil perché se ne andranno all’estero. Non
si tratta di aneddoti – molti hanno un vicino il cui figlio è andato a lavorare
a Londra o in America – ma di centinaia di migliaia di giovani, in gran parte
laureati, che per mancanza di lavoro e soprattutto per sfiducia nell’Italia se
ne vanno, e non torneranno più. Tranne pochi ultraricchi, sono costretti a
rimanere in Italia invece i pensionati, di cui i figli – che non sono mai nati,
o sono pochi a causa del «modello del figlio unico» – si prendono sempre meno
cura, così che deve occuparsene lo Stato, con ulteriori costi per i
contribuenti. «Va altresì osservato – aggiunge Blangiardo – che la crescita
degli ultra85enni soli è più intensa per la componente maschile (+102% per gli
uomini rispetto a +62% per le donne), ossia proprio in corrispondenza di quei
soggetti che spesso hanno meno capacità, o semplicemente meno consuetudine, nel
vivere in autonomia».
Blangiardo
si rende conto che queste statistiche sono pericolose, perché possono fare venire in mente a qualcuno
«soluzioni non conformi alla dignità umana», cioè l’eutanasia, che proprio in
questi giorni è rilanciata a gran voce dai Radicali. Ci sono troppi vecchi? Ammazziamone
un certo numero. Ma, a parte ogni ovvia considerazione morale, la «soluzione»
sarebbe di breve periodo. Presto arriveranno alla pensione altri vecchi, e
altri ancora. Qualcuno proporrà di ucciderli tutti?
L’unica
soluzione razionale – e morale – è il rilancio della famiglia. Blangiardo invita a segnarsi la data del 2031,
quando in Italia il numero degli adulti che vivono da soli (8,7 milioni)
supererà il numero delle famiglie. E quando 6,4 milioni di coppie di coniugi
italiani non avranno figli, iniziando una pericolosa marcia di avvicinamento al
numero di coppie con figli.
Mi
capita spesso, in dibattiti pubblici, di spiegare che queste statistiche
c’entrano molto con il dibattito in corso sulle unioni omosessuali. Se si diffondono più modelli alternativi di famiglia
– non lo dico io ma i numeri – diminuisce il numero di famiglie. Se si
diffondono più modelli alternativi di matrimonio, la confusione sociale
sull’idea stessa del matrimonio fa diminuire i matrimoni. Meno matrimoni
significa meno figli. Trovo quasi sempre qualche cortese oppositore che si alza
e, con un sorrisetto ironico, mi fa notare che una donna non sposata è
altrettanto capace di fare figli di una donna sposata. Di norma ringrazio
l’interlocutore per la straordinaria rivelazione – senza di lui, gli dico, non
ci sarei mai arrivato – ma gli spiego anche che sto parlando d’altro. Le donne
non sposate hanno la stessa possibilità biologica di fecondità delle donne
sposate. Ma hanno un tasso di fecondità molto più basso. Lo dicono i numeri, in
tutto il mondo, e non c’è ideologia che riesca a cambiarli. E il dato
statistico non è poi così sorprendente. Fare un figlio non è un semplice fatto
biologico. Senza prospettive di stabilità e sicurezza per allevarlo ed
educarlo, è più difficile che una donna decida oggi d’intraprendere
quest’avventura, ed eventualmente resista alle sirene dell’aborto.
Se
non aumentano le nascite l’Italia muore.
Muore per tutti, cattolici e laicisti, credenti e non credenti, perché saranno
i portafogli di tutti a doversi aprire per mantenere legioni di pensionati,
italiani e immigrati, e fare fronte a tante crisi economiche determinate dalla
denatalità. Ma l’unico modo di far aumentare le nascite è scegliere – nella
politica, nella cultura e anche nella Chiesa – la famiglia. Quella fondata sul
matrimonio su un uomo e una donna. Altro che mettere in discussione il
matrimonio e pensare a introdurre modelli alternativi!
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