giovedì 3 gennaio 2013

Il mistero della Rosa dei Venti e la ingiusta persecuzione di Amos Spiazzi. (articolo di Pucci Cipriani).

IL MISTERO DELLA “ROSA DEI VENTI” E LA PERSECUZIONE DI AMOS SPIAZZI di Pucci Cipriani Prima delle feste natalizie ho chiamato un'amica per farmi "rendere”, per l'ennesima volta ,il numero di telefono del Generale Amos Spiazzi di Corte Regia che, ricordo ancora, abitava a Verona in via Biondella e, solo allora, ho appreso che Spiazzi se n'era andato, per sempre, da pochi mesi...non ha saputo darmi altre informazioni Serena. Ma il nome di questo personaggio è importante per chi, un giorno, vorrà fare seriamente la storia della nostra non amata repubblica dal Sessantotto in poi quando il regime, per coprire le faide interne, per cercare di sopravvivere, ha cercato di approfittare di una situazione di vera e propria "guerra civile" alimentando lotte e divisioni o inviando agenti provocatori dei così detti "servizi segreti deviati “per criminalizzare le persone... Negli anni Settanta cadde nella rete Amos Spiazzi di Corte Regia, allora Tenente di Artiglieria e Capo della Struttura dell'Esercito de "La Rosa dei Venti",, creata per effettuare un "controspionaggio" tra i soldati , dunque struttura non certo golpista ma di sicurezza per l'Esercito. Spiazzi fu allora incarcerato e accusato di "golpe" e da allora fino a metà anni Novanta gli è stata tolta la vita. Ha trascorso quasi trent'anni tra un arresto e l'altro, tra un carcere e l'altro, tra una perquisizione e l'altra...trent'anni di dura persecuzione e di tortura tra una carcerazione e un'assoluzione fino a quella finale con la quale Amos Spiazzi di Corte Regia è stato riconosciuto estraneo ad ogni accusa e reintegrato nel grado e nello stipendio dell'esercito:" ...per queste convinzioni che mi sono costate tutti questi anni di persecuzione, io sono ancora il medesimo Uomo, il medesimo Soldato che il 13 gennaio 1974 il Giudice Tamburino ha arrestato, fedele alla mia Bandiera per la quale intendo lottare sinché avrò vita" aveva dichiarato al momento della sua assoluzione definitiva. Già, "reintegrato nel grado e nello stipendio", ma chi gli avrebbe reso trent'anni di vita? I racconti della sua vita, della sua prigionia sono raccolti in due libi "La Rosa dei Venti" e "La Patria degli Onesti”, due volumi "stampati alla macchia" per vendere e sopravvivere, in quell'immane tragedia familiare che seguì alla sua persecuzione: la morte del padre Ufficiale dell'Esercito ed eroe della Resistenza veronese, della cara mamma ,dell'amata moglie...la tragedia dei figli in "balìa" dei marosi, i debiti accumulati in tutti quegli anni quando il povero spiazzi, una volta uscito di carcere, tirava avanti con qualche lezione , in Istituti privati, pagata poche lire...a questo si aggiunge la sua relegazione nel ghetto degli intoccabili, quel ghetto nel quale negli "Anni di Piombo" venivano rinchiusi tutti coloro che venivano classificati di Destra...figuriamoci coloro che venivano accusati di golpe...e a quei tempi essere accusati di golpe non era difficile, specie quando agivano gli agenti provocatori. Io ho conosciuto Amos Spiazzi negli Anni Settanta, poco prima del suo arresto, a Firenze ,(ambedue eravamo "confratelli", in quanto insigniti, dal Granduca di Toscana ,dell'Ordine di San Giuseppe) e ci voleva poco per mettere la mano sul fuoco sull'estraneità a qualsiasi "trama" di questo ingenuo e generoso Don Chisciotte. Anche dopo ho incontrato nuovamente, a Verona , in occasioni di nostre manifestazioni , il Generale Spiazzi e mi sono commosso alla lettura dei suoi libri che ti mettono addosso l'angoscia. Non c'era bisogno delle pagliacciate di Marco Pannella per le quali si muovono le alte cariche dello Stato per sapere la situazione tragica in cui si trovano le nostre carceri e, conseguentemente, i nostri carcerati e carcerieri...lo aveva testimoniato sulla propria pelle per oltre vent'anni il Generale Amos Spiazzi ma nessuno aveva preso in considerazione quelle denunzie grondanti di lacrime e sangue. Allora non c'era (e se c'era dormiva!)Luigi Amicone e i Quisling piagnoni di Comunione e Liberazione che si accodano ai digiuni pannelliani fatti con brioches e cappuccini...Così va il mondo, specie quando a subire persecuzioni era qualcuno di Destra o di estrema Destra. La terra ti sia lieve caro Amos Piazzi, signore e cavalieri d'altri tempi che il regime "democratico" ha cercato invano di piegare. GALLERIA DI IMMAGINI (archivio Pucci Cipriani) Amos Spiazzi di Corte Regia nasce a Trieste il 4 dicembre 1933 da Eugenio e Angela Corbella. Frequenta il Liceo Classico "Scipione Maffei" di Verona e il 4 novembre 1952 entra all'Accademia Militare di Modena. Oltre alla Scuola di Applicazione di Artiglieria di Torino frequenta i corsi di controguerriglia e di Ufficiale alla sicurezza. Presta servizio nei vari gradi presso il 35° Reggimento di Artiglieria contraerei, il Raggruppamento antiguerriglia "Bolzano". Con segue la laurea in filosofia presso l'Università di Padova. Scrive alcuni saggi su Aristotele e Vico e si dedica poi a un saggio di "Filosofia della Milizia" che analizza l'aspetto psicologico del combattente nelle varie epoche, regimi e stati e pone mano, dopo la prigionia, ad un piccolo saggio sulla psicologia delle varie categorie di detenuti nelle carceri comuni che rimarrà, naturalmente, come tutti gli altri, inedito. Collabora in maniera continuativa con la rivista "La Torre" di Giovanni Volpe sino alla scomparsa dell'Editore. Fonda il Centro Studi tradizionalista "Carlo Magno”. Milita in molte organizzazioni monarchiche e aderisce , nel 1989 ,all'ANTI 89 Italia. Arrestato nel 1974 in margine alle indagini per il così detto "Golpe Borghese" ha subito 6 anni di carcerazione preventiva e diciotto di sospensione precauzionale dall'impiego venendo assolto "perché il fatto non sussiste"..."E se non piangi di che pianger suoli?" In questa immagine sgranata e poco visibile il cap. Amos Spiazzi di Corte Regia ,fine anni Sessanta , a San Marcello Pistoiese, scorta la Bandiera dell'11° Regt. Art. da Campagna. I giorni belli prima della persecuzione. "La porta metallica si chiuse alle mie spalle ed il sinistro rumore delle chiavi doveva essere l'inizio di una interminabile serie di giorni senza tempo...La cella misurava(riuscii in seguito a farlo) m.3,18 X 1,80,altezza m.1,80: per la cronaca io sono alto 1,91! La porta di ferro era stretta e bassa, di fronte ad essa una sorta di finestrino di cm40X40 di mica opaca, dietro il quale era accesa, probabilmente, una lampadina che faceva trapelare una luce spettrale come di tomba. Sul lato destro era imbullonata sul pavimento una branda di ferro. Vi era poi, uno sgabello di legno massiccio del tipo di quelli in uso nell'Esercito e un "bugliolo", l'orripilante contenitore di feci e urina usato abbondantemente...Non c'era riscaldamento e dai bocchettoni sporgenti dal muro si poteva dedurre che era stato tolto di proposito...scopersi in seguito che la cella n.2 ospitava il "letto di contenzione". Questo moderno strumento di tortura era costituito da un pancone di legno a bordi rialzati come un tavolo da bigliardo, sul quale il malcapitato veniva assicurato, nudo, con apposite cinghie. Un foro centrale consentiva di orinare e defecare; sotto il pancone una lurida tinozza. Il muro era schizzato di sangue e di feci. Il malcapitato veniva nutrito a forza mediante un grosso imbuto che giaceva sporco in un angolo con evidenti tracce di vomito...Il Maresciallo dopo avermi assegnato...un lercio pagliericcio, mi diede tre coperte luride e imbrattate di qualche cosa che ottimisticamente si poteva immaginare chiara di uovo. Il giorno seguente disse di aver avuto l'ordine di togliermene una...senza orologio perdetti presto la cognizione del tempo. costruirmi un tempo fittizio...per fortuna nell'angolo superiore destro della cella, vi era un piccolo ragno che periodicamente si spostava all’estremità di un lungo filo che aveva teso tra la sua tana e la fonte luminosa. Calcolai come giorno fittizio quattro delle sue escursioni e dopo tale periodo mi coricavo...ogni tanto sentivo morsi del freddo...mi imposi di fare ginnastica..."pedalando “steso sulla branda consumando i pasti che erano, in alternativa, o una gamella di pasta in bianco o un uovo sodo o due formaggini...quando si è in carcere, pian piano, il cervello si svuota e vaga, a un certo punto, nel nulla senza punti di riferimento. Con il passare del tempo si fanno sempre più sbiaditi e anche meno dolorosi i ricordi della vita normale, della libertà...un brigadiere sempre ligio, fino a quel momento, alla consegna del silenzio ,venne a dirmi che aveva un caso umano che lo angustiava. Nella cella n.2,vi era rinchiuso un detenuto molto giovane che aveva tentato più volte il suicidio nel giro di qualche ora: lo aveva tolto dal letto di contenzione perché pareva rischiare l'infarto e non accennava a calmarsi. Il Brigadiere era un padre di famiglia e non se la sentiva di fargli praticare una di quelle iniezioni calmanti talmente potenti da addormentare un cavallo, ma che alle volte hanno effetti letali...Chiamandomi rispettosamente "Signor Colonnello" mi pregò di intervenire con la mia esperienza militare...Fu così che entrai nella cella n.2 e vidi (il ragazzo)...accucciato a terra: come mi vide in uniforme e con i gradi, si buttò in ginocchio pregandomi di rimetterlo in liberta'...gli spiegai che ero detenuto anch'io e lo esortai a esser uomo, a comportarsi da tale e ad avere pazienza. Mi raccontò la sua storia: era stato arrestato da poche ore, aveva preso senza autorizzazione la vettura del padre per recarsi in un paese vicino a trovare la fidanzata. Si era accorto che aveva una luce dello stop che non funzionava...ed aveva "rubato" una lampadina. Aveva dovuto rimuovere il copribanda di plastica colorata, commettendo in tal modo "furto con scasso". Scoperto...era stato picchiato a sangue e portato in Questura. Piangeva disperato e mi prometteva, se lo avessi liberato, di non appropriarsi nemmeno dei un miliardo se lo avesse trovato per terra! Faticai molto a convincerlo che il giorno successivo(forse era davvero sera)il Giudice lo avrebbe interrogato e liberato, data l’esiguità del fatto...il padre lo avrebbe perdonato e la fidanzata non lo avrebbe lasciato...Ci lasciammo che singhiozzava sommessamente con il suo viso da ragazzo onesto che aveva commesso una leggerezza e il Brigadiere me ne fu grato. Purtroppo rividi quel ragazzo molto tempo dopo, mentre nell'ufficio matricola, attendevo la scorta per essere accompagnato al mio ultimo interrogatorio di Padova...una luce sinistra e cattiva brillava nei suoi occhi: mi ringraziò, con un sogghigno, di quel mio lontano intervento...ora aveva altri orizzonti...Erano passati sei mesi e il Giudice, tutto preso da più importanti indagini, non lo aveva nemmeno interrogato...Per tutto il tempo era stato ristretto con rapinatori incalliti che ne avevano trasformato la personalità...Gli dissi che preferivo ricordare il ragazzo onesto che avevo conosciuto...Uscì in libertà e trovò la morte nell'unica rapina tentata sino allora a Vicenza in una gioielleria(che)si concluse tragicamente con la morte di una giovane donna presa in ostaggio. La giustizia "repubblicana" era riuscita a fare di un giovane onesto che aveva bisogno solo di una notte di "guardina" un rapinatore assassino" (Cfr. Amos Spiazzi di Corte Regia: “La Rosa dei Venti"pagg.179-182)....Una domanda ci viene alla mente: dove stavano allora Pannella, Amicone, Monti, Schifani e il Circo Barnum del radicalume nostrano?

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