giovedì 8 novembre 2012
"Amos Spiazzi, patriota tradito dalla sua patria..."
Si è spento Amos Spiazzi, difensore dell’Italia oltraggiato dall’Italia. di GILBERTO ONETO
Giorni fa è scomparso Amos Spiazzi di Corte Regia. Il suo nome è noto solo a chi non è proprio più un ragazzino: il colonnello Spiazzi negli anni ’70 era stato accusato praticamente di ogni nequizia (o di ogni progetto di nequizia) che ha interessato la penisola. È stato considerato uno dei capi della misteriosa Rosa dei Venti (organizzazione golpista), è stato tirato in ballo per il Golpe Borghese, per tutte le stragi attribuite ai fascisti, fino – non poteva mancare – alla Gladio. Spiazzi si è fatto 6 anni e mezzo di galera, ha avuto la vita e la carriera militare (a 40 anni era il più giovane tenente colonnello dell’esercito) completamente devastata: per le vicende connesse alla sua persecuzione ha perso la madre e la moglie, si è rovinato economicamente ed è morto in dignitosissima povertà.
Spiazzi era stato inquisito e processato 19 volte e ogni volta assolto con formula piena. Dopo ogni assoluzione gli è arrivata puntuale una nuova incriminazione, con il solito doloroso corollario di carcere, processi, umiliazioni e additamenti alla pubblica esecrazione. Spiazzi è stato per anni il primo, più pericoloso ed esecrabile mostro da sbattere in prima pagina, il pericolo pubblico da additare all’odio di chiunque amasse con tenerezza la democrazia. Alla fine, dopo 32 anni di calvario, nel 2005, Spiazzi era stato definitivamente assolto in Cassazione da ogni accusa. Era stato reintegrato nel grado (ma subito congedato), e salutato senza neppure una lettera di scuse. Si è rivolto alla Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo che ha ovviamente condannato la Repubblica italiana a una multa per le vergognose lungaggini con cui Spiazzi è stato finalmente prosciolto. Lo stesso Tribunale è stato coinvolto per costringere lo Stato a un risarcimento che fino alla fine ha rifiutato di riconoscergli sulla base di odiosi cavilli procedurali.
Il calvario di Spiazzi era iniziato quando, ufficiale in servizio in Sud Tirolo, aveva colto sul fatto un paio di attentatori separatisti che – portati in caserma – si sono rivelati essere degli italianissimi agenti provocatori. Caldamente consigliato di “lasciar perdere” e di girarsi dall’altra parte, Spiazzi aveva voluto fare fino in fondo quello che gli dettava il suo onore di soldato. I suoi guai giudiziari sono cominciati dopo poco.
Dello Stato italiano aveva un’idea romantica di onestà, rettitudine e senso del dovere: per rispettare ordini e gerarchie non ha mai voluto rivelare dettagli che forse gli avrebbero risparmiato un po’ di sofferenze. La sua patria ha ripagato la sua fedeltà in maniera vergognosa: ciò nonostante non ha mai voluto rinunciare ai suoi ideali. La sua italianità orgogliosa lo poneva su posizioni assai distanti dalle nostre ma la sua onestà e coerenza ci impongono oggi di ricordarlo con grande rispetto. Se ne è andato uno straordinario galantuomo davanti a cui si devono inchinare tutte le persone per bene. Di sicuro non lo onoreranno tutti quelli che usano il suo stesso tricolore per coprire le loro nefandezze. Quelle vere
(GILBERTO ONETO)
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