giovedì 25 ottobre 2012
"Ritrovare le ragioni dell'unità" appello di Alberto Mariantoni alle "destra italiana".
Il testo che pubblico questa mattina è un breve saggio pedagogico, "esclusivamente scritto per B. e F", con l'invito esplicito dell'autore "a non mettere in circolazione, per nessun motivo" e la avvertenza, "serve soltanto per la vostra preparazione personale". In morte del maestro, uno dei destinatari della "lezione privata" si è sentito svincolato dalle istruzioni d'uso e me l'ha trasmesso con la preghiera di divulgarlo, in memoria dell'autore.
di Alberto B. Mariantoni
Il principale dramma societario del nostro tempo, è che – di fronte ad un sistema politico, economico, sociale e culturale, ormai completamente antiquato, fatiscente ed inoperante (un sistema, cioè, che - non solo, non è più in grado di modificarsi o di rinnovarsi per tentare, in qualche modo, di sopravvivere, ma - non è nemmeno in condizione di scomparire autonomamente… ) – le innumerevoli e variegate forze antagoniste che ufficialmente esistono all’interno delle nostre società e pretendono combattere il sistema che le opprime, non rappresentano, in definitiva, nessuna possibile o probabile alternativa.
Non la rappresentano, in quanto sono assolutamente incapaci di abbozzare una qualsiasi intesa strategica o un qualunque modus operandi tra di loro, per facilitare o favorire l’indispensabile trapasso del vecchio sistemae tentare di collaborare (oppure – dopo averlo spazzato via – competere o rivaleggiare tra di loro, per contribuire) all’urgente, imprescindibile e doverosa edificazione o realizzazione del nuovo.
Il perché di quella loro congenita incapacità, è da ricercarsi – in massima parte – nell’assurdo ed anacronisticoancoraggio ideologico, dottrinario e politico che queste ultime continuano a volere necessariamente mantenere con le mitologie, le tradizioni, gli schemi e la prassi dei secoli precedenti.
Basti pensare, ad esempio, che le suddette forze (come d’altronde quelle che, direttamente o indirettamente, contribuiscono a mantenere artificialmente in vita l’attuale sistema) – per essere politicamente in condizione di distinguersi, definirsi e/o rivaleggiare tra di loro – utilizzano, ancora oggi, dei parametri di identificazione, catalogazione e classificazione che risalgono al 28 Agosto del 1789: il giorno in cui, cioè, nella sala dellaPalla Corda della reggia di Versailles, i deputati dell’allora Assemblea Costituente francese, per meglio facilitare il conteggio dei loro voti (a favore o contro del diritto di veto che Luigi XVIº avrebbe voluto mantenere nel contesto di quel consesso), decisero rispettivamente di schierarsi alla sinistra ed alla destra del tavolo della Presidenza!
Non parliamo, poi, della “palla al piede” ideologica (anacronistico e condizionante retaggio di all’incirca 1700 anni di colonizzazione culturale) che ognuna di quelle forze continua illogicamente e penosamente a trascinarsi dietro… nella speranza – chissà? – di giungere più facilmente e speditamente al traguardo!
Non mi riferisco, naturalmente, all’Ideologia in senso tradizionale (quel corpus culturale, cioè, che tenta di giustificare post eventum quanto una qualsiasi Societas è già stata in grado di edificare o di realizzare), ma piuttosto a quelle “Ideologie” che – a partire da soggettive ed arbitrarie “costruzioni intellettuali” e/o daschemi (religiosi, politici, economici, sociali, culturali, ecc.) preconcetti, dogmatici e statici – non solo ribaltano diametralmente i termini dell’equazione umana e dell’assetto naturale del mondo, ma pretendono intervenire ed agire sulla realtà, suggerendo e/o imponendo una visione delle cose che lascia direttamente o indirettamente credere all’uomo della strada che il reale delle sue naturali percezioni, è sempre e comunqueirreale, e che l’irreale o l’immaginario di quelle soggettive ed arbitrarie descrizioni o costruzioni intellettuali, è la vera realtà.
Conosciamo il limite di quel genere di “Ideologie”…
Le costruzioni intellettuali e/o le rappresentazioni della realtà - che per natura sono sempre riduttive e limitative del reale - pretendono sistematicamente “descrivere”, “imbrigliare”, oppure “determinare”, “modificare”, “sconvolgere” e, qualche volta, perfino “predire”, “prevedere” o “precorrere” la realtà.
Nonostante gli sforzi, però, la realtà, come sappiamo, non si lascia mai interamente descrivere, né tanto menoimbrigliare; meno ancora determinare, sconvolgere o prevedere! E se anche qualcuno di noi, per pura ipotesi, riuscisse davvero a farlo, un miliardesimo di secondo dopo, ci accorgeremmo che la realtà che abbiamo preteso individuare, focalizzare e circoscrivere non corrisponde più alla descrizione o alla rappresentazione che avevamo creduto di avere realizzato.
Panta rei… (tutto scorre) e, “mai lo stesso uomo - ammoniva Eraclito di Efeso –(544/-484) - può bagnarsi nella stessa acqua”…
Una semplice foglia che cade da un albero; un uccello che sfreccia nel cielo; un bruco che ingurgita un briciolo di gelso; un essere che nasce o uno che muore... E la realtà che ci circonda, non corrisponde più alla “realtà” che un attimo prima abbiamo avuto la pretesa di fissare o di immortalare all’interno della nostra costruzione o della nostra rappresentazione.
Una volta espressa e formulata, inoltre, anche la più allettante, fascinosa, razionale, plausibile e credibile dellecostruzioni intellettuali, non può essere nient’altro che un’ingannevole e statica “istantanea” di un esclusivo e particolare momento della realtà: una “foto polaroid”, insomma, all’interno della quale, quel nostro particolare scorcio del presente, già invecchiato dal trascorrere dei secondi, tenta invano di dare delle risposte alle eventuali problematiche dell’avvenire, utilizzando delle chiavi di lettura che, in pratica, sono già svilite o superate dalla Storia e, di conseguenza, completamente illusorie ed inefficienti, sia dal punto di vista del loro possibile impatto sulla realtà che da quello della loro effettiva e concreta capacità di intervento.
Non dimentichiamo, oltre a ciò, che in qualunque costruzione intellettuale, il reale o l’irreale della nostra percezione di ieri, resta cristallizzato, per sempre, all’interno di quella nostra descrizione.
Sarebbe, quindi, un vano esercizio ed una fallace presunzione accademica pretendere di poterlo trasporre o proiettare nel tempo e nello spazio, per farlo, in qualche modo, intervenire dinamicamente e positivamente sugli avvenimenti o sulle circostanze dell’oggi o del domani.
Come è facile dedurlo, in fine, per una visione strettamente “ideologica” della realtà, il domani è sempre e comunque ieri. Dopodomani, è ancora ieri. E dopodomani l’altro, immutabilmente ed inalterabilmente ieri: unoieri virtuale, cioè, che non solo contribuisce a deformare costantemente la nostra percezione dell’oggi e del domani, ed a falsarne sistematicamente le basi di analisi e di giudizio, ma tende soprattutto a suscitare e ad intrattenere, nella nostra psiche, ogni sorta di inutili speranze d’avvenire (ogni volta, vanamente attese ed inutilmente rincorse…), in quanto queste ultime sono incessantemente agognate o concupite con l’occhio immobile ed inespressivo di un passato, mummificato ed inoperante, che in tutti i casi non “macina” più, né potrebbe, d’altronde, essere più in grado di “macinare”…
Per individuare e capire l’altro motivo di fondo, a causa del quale le suddette forze antagoniste non riescono ad unirsi ed a concentrare i loro sforzi su un obbiettivo comune, è sufficiente analizzare la principale conseguenza che deriva dall’adozione, per per i dirigenti ed i loro militanti, di qualsivoglia tipo di costruzione intellettuale e/o di rappresentazione della realtà.
Come sappiamo, infatti, qualsiasi costruzione intellettuale e/o rappresentazione della realtà essendo, allo stesso tempo, un input ed uno stimulus (quindi, una spinta/molla/motivazione ideale ed uno stimolo pratico), ha tendenza a sollecitare l’immaginario e/o la riflessione intellettuale e/o la sensibilità spirituale e/o la ricettività/reattività emotiva di ciascuno ed a suscitare – in coloro che vi si sentono attratti e/o sedotti – l’ambizione, il desiderio e/o il bisogno/necessità di aggregarsi e di riunirsi (ipoteticamente e/o concretamente) all’interno o nel contesto di una factio, factionis, un pars, partis o una secta, ae (cioè, una fazione, un partito o una setta): quel particolare “modello associativo extra-tradizionale” che Friedrich Georg Jünger (1898–1977), nel suo Der Aufmarsch des Nationalismus (1926), designa e qualifica con il nome di Geistgemeinschaft o “Comunità della mente”.
Una Geistgemeinschaft, infatti, è semplicemente una “Comunità ideologica”.
Che cos’è una “Comunità ideologica”?
E’ un modello di società che non ha nulla a che fare o a che vedere con quello di Blutgemeinschaft (Comunità del sangue), ugualmente evocato da Jünger, né con quelli, similmente tradizionali, di Volksgemeinschaft (Comunità di popolo) e/o di Schicksalsgemeinschaft (Comunità di destino).
Inoltre, come il nome stesso lo indica, una “Comunità ideologica” è un modello di ordine/assetto societario che – indipendentemente dalla lingua, la cultura, l’origine etnico-storica, i costumi e le tradizioni particolari dei suoi possibili o probabili affiliati – tende preminentemente a scaturire ed a realizzarsi/concretizzarsi, prendendo direttamente o indirettamente spunto, ispirazione, impulso e/o giustificazione dai contenuti ideologici e/o dallematrici concettuali che emergono o si sprigionano da una costruzione intellettuale.
Una “Comunità ideologica”, in fine – in aperta rottura, opposizione e contraddizione con i vari modelli di Innata Societas esistenti o esistiti – tende caratteristicamente ad organizzarsi e ad operare sotto forma di Simulata Societas.
Che cos’è una Innata Societas?
E’ un ‘modello di società’ che – con tutte le sue possibili ed immaginabili varianti politiche, economiche, sociali e culturali interne – tende naturalmente e spontaneamente a costituirsi e ad organizzarsi, senza l’ausilio di nessun artificio o, se si preferisce, di nessuna costruzione o elaborazione intellettuale, né di nessuna finzione ideologica, politica, giuridica o amministrativa.
Che cos’è una Simulata Societas?
E’ un’imitazione o un succedaneo di Societas naturale: un “sodalizio”, cioè, che cerca di riprodurre o di mimare (oppure, di riformare, migliorare, oltrepassare o sopravanzare) la “società naturale” o “tradizionale”. Un genere di società, insomma, che – per capire il senso che io gli sto dando – può senz’altro essere paragonato ad un “gruppo umano supra-nationale” o ad un “Partito” o ad una “Setta” o ad una “Congregazione” o ad una “Confraternita”.
Quella che io chiamo Simulata Societas, infatti – per potersi realmente costituire ed organizzare; essere in condizione di esistere, di agire o di operare; e, quindi, di durare nel tempo – ha necessariamente bisogno di tutta una serie di costruzioni o di elaborazioni intellettuali, di finzioni ideologiche e di artifizi politici,sociali e culturali che non hanno (anche quando, esteriormente e apparentemente, riescono ad imitare leSocietà tradizionali…) nessuna correlazione, né attinenza, con i motivi naturali e spontanei di aggregazione umana e di coesione civile e politica che invece caratterizzano le autentiche ‘società naturali’ o, se si preferisce, quelli che io chiamo gli originari ed inossidabili modelli di Innata Societas.
Come si forma o si costituisce una Simulata Societas?
Si forma o si costituisce, a partire dall’immagine soggettiva ed arbitraria che ogni singolo affiliato riesce personalmente a costruirsi, forgiarsi o elaborarsi nella sua psiche e/o nel suo animo, a proposito di un certo numero di punti fermi o di principi conduttori che ordinariamente costituiscono la base logica e/o il fondamento ideale dell’iniziale costruzione intellettuale e/o rappresentazione della realtà a cui si fa riferimento.
Per quale ragione, dunque, non c’è, né può mai esserci unità d’intenti, né all’interno, né all’esterno, di una qualsiasi “Comunità ideologica”? Tanto meno, tra “Comunità ideologiche” contrapposte? Meno ancora, tra “Comunità ideologiche” affini?
Per la semplice ragione che i fautori o i propugnatori di Geistgemeinschaft o “Comunità della mente” hanno solitamente tendenza a credere che l’intera umanità possa essere riconducibile ad un unico “modello ideale” di uomo e/o di società: quello stesso “modello”, cioè, che ognuno di loro – senza volerlo e senza saperlo (e probabilmente, senza nemmeno accorgersene!) – si è individualmente ed autonomamente costruito o strutturato nel suo cervello e/o nel suo cuore, a partire (come abbiamo visto…) dalla frazione di immagine, soggettiva ed arbitraria, che è riuscito a focalizzare, estrapolare ed assimilare dal “modello ideale” che è ordinariamente espresso o riassunto dai termini (ugualmente soggettivi ed arbitrari) della costruzione intellettuale che lo descrive, lo presenta o lo lascia intuire.
Quel “modello”, se vogliamo, può al massimo corrispondere alle tendenze, preferenze e/o predisposizioni di chi se lo è soggettivamente costruito o strutturato, e trovare esclusivamente riscontro presso coloro che sono stati illusoriamente persuasi o si sono intellettualmente e/o spiritualmente e/o emotivamente auto-convinti di potervi in qualche modo coincidere, collimare o concordare.
Essendo, però, ottenebrati e fuorviati da quella loro paradossale convinzione (Il fatto, cioè, di essere persuasi che l’intera umanità possa essere riconducibile ad un unico “modello ideale” di uomo e/o di società…), i suddetti fautori o propugnatori sono costantemente ed erroneamente portati a credere che sia più facile, opportuno e/o fecondo – per tentare di “salvare il mondo” o, semplicemente, per cercare di poterlo “cambiare” o “modificare”… – di associarsi unicamente (ciò che, in definitiva, è soltanto una grossolana e flagrante contraddizione in termini!) con i loro “uguali” o con delle persone che ufficialmente affermano di avere le loro “stesse convinzioni” o formalmente pretendono “pensarla allo stesso modo”.
Ora, siccome ogni essere umano è, e resta, unico, originale ed irripetibile – e per giunta quot homines, tot sententiae (tanti uomini, altrettante opinioni) – diventa praticamente inevitabile che all’interno di quelle particolari Comunitas – anche sforzandosi o facendo finta di credere che i possibili o prevedibili adepti della medesima concezione/ interpretazione/ rappresentazione possano realmente pensarla allo stesso modo – un’effettiva e concreta concordanza di opinioni, è quasi sempre improbabile o, quanto meno, estremamente difficile da ottenere o da realizzare.
Non tenendo in considerazione il fatto che ogni uomo è unico, originale ed irripetibile – quindi, potenzialmente complementare – i responsabili delle diverse e variegate forze antagoniste che esistono all’interno delle nostre società, pretendono puerilmente omologare il pensiero e l’azione dell’insieme dei loro adepti, forzandoli ad identificarsi al “modello” personale che essi stessi si sono soggettivamente ed arbitrariamente forgiato o strutturato.
Risultato: chi non la pensa ed agisce esattamente come il “Capo” e/o i suoi “tirapiedi”, è il nemico da avversare e da combattere. Quindi, in definitiva, da marginalizzare o da espellere. Insomma: da eliminare.
Inoltre, tenuto conto del fatto che nessuno al mondo, a causa dell’anzidetta peculiarità umana (il fatto, cioè, che ogni uomo è unico, originale ed irripetibile), può realmente ergersi a modello ideologico per altri suoi simili, né tanto meno riuscire effettivamente a coincidere, collimare o concordare con nessun tipo di “modello ideologico”, meno ancora arrivare intellettualmente e/o spiritualmente e/o emotivamente a corrispondere o a rassomigliare ad altri essere umani, il rapporto quotidiano tra correligionari di una medesima “Comunità ideologica” si riduce quasi sempre ad essere un’ipocrita e/o psico-drammatica relazione di illusoria o simulata collaborazione o cooperazione. E nel migliore dei casi: una continua, costante e snervante guerra di logoramento o un “muro contro muro” di rapporti di forza tra membri maggioritari e minoritari di una medesima, invivibile ed insostenibile conventio ad excludendum.
Che cos’è una conventio ad excludendum?
Letteralmente: è un’assemblea, un’adunanza o un raduno per escludere.
E’ un concetto di società, cioè, che è diametralmente antitetico e contrapposto a quello espresso o manifestato da qualsiasi genere di società tradizionale o Innata Societas, dove la tendenza è piuttosto alla conventio ad consociandum (assemblea, adunanza o raduno per consociare o riunire) o addirittura alla coniunctio oppositorum o alla coincidentia oppositorum (convergenza degli opposti o unione dei contrari; qualcosa, cioè, che mette in risalto la complementarità di ognuno). Qualcosa, cioè, che, per estensione, tende al “superamento degli opposti”, così come aveva fatto notare Nicolas de Cues o Nikolaus Krebs (1401-1464) e largamente approfondito e dimostrato, in seguito, Mircea Éliade (principalmente in: Méphistophélès et l'androgyne, Collection "Idées", No. 435, Gallimard, Paris, 1962).
E’ la ragione per la quale, i responsabili di “Comunità ideologiche” (nel nostro caso: i vari “capi” e “capetti”, “duci” e “ducetti” delle innumerevoli e variegate forze antagoniste che ufficialmente esistono all’interno delle nostre società) – per cercare di evitare, attenuare o contenere il continuo e costante frazionamento e/o l’ineluttabile atomizzazione/scomposizione centrifuga dei loro ranghi – tendono prioritariamente a concentrare l’attenzione dei loro affiliati sugli eventuali nemici interni o esterni (reali o immaginari) che potrebbero minacciare o rimettere in discussione le presupposte credenze comuni e/o la congetturata unità del gruppo.Ed invece di facilitare o di favorire un franco e spassionato dibattito sulle reali problematiche che affliggono le nostre società e trovare tutti insieme le più consone o adeguate soluzioni, preferiscono essenzialmente mettere l’accento su una serie di standard di identificazione esterna (un certo tipo di camicia, un certo tipo di saluto, di distintivo, di bandiera, ecc.) che – resi indispensabili ed imprescindibili – tendono a sostituire o a rimpiazzare quei legami naturali che, in linea di massima, gli ordinari adepti o membri di Geistgemeinschaft o “Comunità della mente” non posseggono, né sono o saranno mai in grado di auto-costituirsi o di auto-strutturarsi. ALBERTO MARIANTONI
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