domenica 7 ottobre 2012

La destra si rinnova con la cultura.

Da cinque anni sono fuori del Parlamento per non avere accettato di sciogliere la destra italiana. Ora chi si ritrova ad ammettere quel fallimento deve stare fermo un turno, e non si può permettere addirittura di dettare le regole. Leggo in giro sul tema del rinnovamento, infatti, molta ipocrisia nei progetti politici che si susseguono. Si sono accorti oggi quello che noi diciamo da anni, ovvero da quando c’è stato il crollo della destra come ho imparato ad amarla, tutto da imputare a Gianfranco Fini: quando l’identità non conta più nulla ma ci si interessa solo della governabilità, è lì che viene a cadere tutto. La destra italiana per 40 anni ha voluto rappresentare; quando ha voluto governare, invece, si è contaminata col potere. L’esempio della casa Montecarlo è lampante: fu donata per la buona battaglia dalla contessa Colleoni, invece Fini se ne è appropriato per darla, attraverso una serie di passaggi, al cognato. Così facendo ha tradito la fiducia di milioni di persone che hanno creduto in quella buona battaglia. E lo stesso ragionamento vale per Fiorito e il suo comportamento. Io, da presidente della Regione, con i soldi dei cittadini ho aperto ospedali come il S. Andrea, qui invece c’è chi ha pensato solamente all’arricchimento personale. Ecco perché è doveroso rigenerare la destra, magari con altri protagonisti, con forze nuove e giovani, uomini di cultura. Ho acquistato poco tempo fa, e da mercoledì 10 sarà online, Il giornale d’Italia: e sarò felice di mettere questo strumento a disposizione di un nuovo progetto politico di destra. Ritengo, infatti, ci sia bisogno di persone di spessore e cultura per rilanciare la destra italiana. E se questa fosse rappresentata in Parlamento da uomini come Marcello Veneziani sarei orgoglioso di votarlo. Un passaggio fondamentale, però, è quello riguardante il sistema elettorale: a quello vigente, se restasse, aggiungerei solo la possibilità di inserire le preferenze. Le alleanze verranno dopo, ma dovranno essere incentrate sui programmi, che saranno scelti con oculatezza, anche se da noi i ladri non vengono perché della legalità abbiamo fatto la nostra bandiera. Ma gli eventuali alleati saranno disposti a parlare di sovranità, euro e servizi sociali? In questo momento dobbiamo dare certezze ai cittadini in questo senso. Se restasse il Porcellum mi piacerebbe presentare una lista coalizzata, o meno, in base ai contenuti e se ci fosse tale possibilità non e' nemmeno detto che mi debba candidare. Per quanto riguarda la Regione Lazio, poi, dove è accaduto che un presidente non indagato si sia dimesso per colpe non sue, e che consiglieri che si sono comportati con rettitudine paghino per colpa di uno, è naturale che si terrà una campagna elettorale molto sobria. Ho detto alle altre forze di parlare del candidato alla presidenza dopo le regionali siciliane del 28 ottobre, dove il nostro Nello Musumeci sta portando avanti una campagna di elevato spessore per offrire una nuova speranza alla Sicilia. A livello nazionale, invece, consiglierei a Berlusconi di chiamare tutti quelli che parlano di azzeramento e chiedere cosa c'entrano le primarie con l'azzeramento. Se si toglie il simbolo, ma le facce sono sempre quelle, non e' che cambia molto. In carcere ci e' andato Fiorito, mica il simbolo. E non ha senso che possano partecipare tutti quelli che hanno assistito silenti a un fallimento di un progetto. Non si rovini la possibilità di offrire una speranza di alternativa alla sinistra in questo Paese. E si dia una spinta da destra al recupero della sovranità per buttare giù Mario Monti. Il premier deve capire che se vuole governare deve sottoporsi al voto popolare. Francesco Storace

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