venerdì 31 agosto 2012
Con i minatori sardi del Sulcis.
I MINATORI DEL SULCIS
Non credo che ai lavoratori del Sulcis, barricati a 373 metri di profondità nel ventre della terra in difesa del loro diritto al lavoro, importi molto delle elezioni siciliane, né della nuova legge elettorale, né del valzer e delle “slinguazzate” tra la Merkel e Monti in quel di Berlino.
Sono tutte opere dei pupi che si svolgono a beneficio di quella genia di beoti Italiani che credono ancora che nulla sia cambiato o che niente stia cambiando e che pensano che siano gli altri a doverli salvare, e che sono convinti della lucidità ed obbiettività degli analisti dei vari quotidiani nazionali o delle televisioni di stato e non.
Non sarà Monti, ma neanche Bersani, nemmeno Berlusconi e meno che mai Grillo a salvare l’Italia; la nostra bella nazione può essere salvata solo dagli Italiani, ma da quelli veri, come i minatori del Sulcis, che lavorano, in un lavoro duro e usurante, e che per il lavoro sono pronti a forme di protesta dure, decise ma intelligenti, come hanno fatto quando si sono buttati in mare per impedire l’attracco dei traghetti o come stanno facendo adesso, chiusi spontaneamente a 373 metri di profondità. Gente che crede nella dignità del lavoro e nella sua potente funzione sociale.
Non basta applaudire alla loro protesta ma bisogna capirne il significato profondo e soprattutto trarne i sottostanti insegnamenti. Bisogna capire che dobbiamo rimboccarci le maniche e rimetterci a lavorare e duramente, la nostra mente deve essere quotidianamente impegnata al raggiungimento della maggior efficienza sul posto del lavoro, che il guadagno economico non è l’unico scopo del lavoro ma ne è solo una parte, essenziale sicuramente per la crescita dell’essere umano, della sua famiglia e della comunità nazionale di cui fa parte,ma non sufficiente in quanto è altrettanto importante la soddisfazione per aver fatto fino in fondo il proprio dovere, che il profitto individuale va commisurato al profitto che deriva alla comunità intera e quindi l’obiettivo dell’impresa e del lavoro non deve essere il massimo profitto, come insegnano le mai troppo aborrite leggi del mercato, ma la massima efficienza sociale.
Chi in comoda poltrona, dopo una giornata di finto lavoro, in un ministero o in una scuola, passata soprattutto a parlar di calcio, di donne o di altre amenità del genere, davanti ad un telegiornale esprime un pensiero di solidarietà per i minatori, deve capire che il giorno dopo deve impegnarsi e seriamente nel proprio lavoro e lo stesso deve pretendere dai propri colleghi, dai propri figli, dai propri familiari, ribellandosi a chi si nasconde, a chi evita di impegnarsi ed aiutando chi lavora male a lavorare meglio.
Lo stesso impegno va trasferito in politica, quella vera, quella che cerca di disegnare una società più equa ed a dimensione umana, certo non rappresentata dai vari personaggi della partitocrazia, ma neanche dai politici inventati o prestati dallo spettacolo e che delle giaculatorie sugli abusi delle caste hanno fatto un affare estremamente lucroso.
Bisogna allora che tutti insieme andiamo a cercare chi, in questi anni, nel silenzio, fuori dai grandi circuiti di comunicazione, ha dato buona prova di sé e lo scegliamo per la sua dirittura morale, per la sua concreta capacità di realizzazione, per la sua passione e per le cose che si prefigge, che sono più importanti di qualsiasi programma scritto che poi non viene mai realizzato.
In questo caso anche i minatori del Sulcis potrebbero fare il tifo, perché parliamo di uomini animati dallo stesso spirito e dalla stessa volontà dei minatori in rivolta, con identica concezione del lavoro, sicuri tasselli per costruire l’Italia del futuro.
Adriano Tilgher
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