giovedì 30 agosto 2012
"Berlusconi non ricandidarti"...
MA PERCHE’ NESSUNO DEI SUOI DICE A BERLUSCONI DI NON RICANDIDARSI? CI VUOLE DAVVERO COSI’ TANTO CORAGGIO? EPPURE SE CI RAGIONA …
29 agosto 2012 / In News
Ma veramente Silvio Berlusconi è così smanioso di “suicidarsi” – e forse danneggiare seriamente pure le sue aziende – per ributtarsi nel tritacarne della politica in prima persona? Ma chi glielo fa fare?
Davvero è tanto desideroso, a 76 anni, di ricandidarsi per la sesta volta alla premiership e così subire – come ha confidato a qualcuno – la ripresa dell’attivismo delle procure su di lui e soprattutto, di sicuro, il solito circo mediatico che quotidianamente lo viviseziona e lo massacra?
Si può credere che voglia proprio fare alla Sinistra l’immenso regalo di ricompattarla nella caccia al Mostro berlusconiano di sempre?
Io non credo proprio. Quello che è accaduto negli ultimi tre mesi dovrebbe far riflettere molto seriamente e a Berlusconi – che non è uno sprovveduto – non può sfuggire: i suoi avversari si stanno suicidando.
Ieri Marco Travaglio – sul “Fatto quotidiano” – notava che da quando Berlusconi “si è fatto, almeno per un po’, da parte, tutti possono vedere cos’è davvero la sinistra italiana. E capire chi ha regalato all’Italia 20 anni di fascismo, 40 di Democrazia cristiana e 20 di berlusconismo”.
In effetti è bastato che Berlusconi facesse un passo indietro, perché l’alleanza universale contro il Mostro si disintegrasse e la Sinistra esplodesse.
Lunedì il “Corriere della sera” apriva così: “Una grande rissa a sinistra”. Ogni giorno “Repubblica” e “Il Fatto” si scannano attorno alla vicenda Napolitano (che ora non è più il salvatore della patria, ma un bersaglio di feroci polemiche).
Bersani e Vendola si azzuffano contro Grillo e Di Pietro a colpi di “fascista” e “fallito, amico dei piduisti”. E poi ancora: “cadaveri, zombie” e altre carinerie del genere.
E’ il “tutti-contro-tutti”. Un caravanserraglio tragicomico.
Anche Casini, orfano dell’alibi berlusconiano, è in crisi: si barcamena infatti tra l’acritico inneggiare al governo dei tecnici (che automaticamente documenta l’inutilità dell’Udc) e l’appoggio al candidato comunista Crocetta in Sicilia, passando per le ambiguità Udc sulle “unioni gay” del Pd che ha minato la credibilità del partito di Casini agli occhi della Chiesa.
Infine il “no” di Vendola – e poi Bersani – all’Udc ha messo la pietra tombale sull’alleanza elettorale. E’ un tale suicidio collettivo che probabilmente prelude a una mancata vittoria di Bersani (il quale già pregustava il trionfo, come Occhetto nel 1994).
Questa situazione potrebbe portare pure a un recupero del Pdl nei sondaggi se presentasse un candidato nuovo, giovane e indiscusso come Alfano (se ce ne sono altri, ben vengano, ma per ora l’Angelino è l’unico su piazza).
Perché l’elettorato moderato non è andato a sinistra, ma si è parcheggiato nell’area del “non voto” o fra gli scontenti. Tuttavia resta perlopiù pronto a reinvestire su una proposta seria.
Lo spettacolo in corso a Sinistra e fra i giornali della Sinistra sta mandando in sollucchero tutti coloro che antipatizzano per loro e che già pregustano l’acutizzarsi di questa zuffa durante la campagna elettorale.
Ma proviamo invece a immaginare cosa accadrebbe se Berlusconi si ricandidasse alla premiership. Non è difficile.
Anzitutto il Cavaliere per primo sa che, diversamente dalle altre tornate elettorali, questa volta non ha nessuna possibilità di vittoria e l’uomo non è di quelli che ama uscire di scena con un sconfitta sepolcrale.
In secondo luogo tutta la campagna elettorale degli avversari verterebbe sul solito, insopportabile e indigeribile referendum “pro o contro Berlusconi”, ricompattando miracolosamente tutti, da Oscar Giannino a Vendola, dai tedeschi, gli Usa e la Ue alla Chiesa, da Casini e Fini a Bersani e Di Pietro, passando – secondo il timore di Berlusconi – dalle procure.
Cesserebbero miracolosamente tutte le risse fra “Repubblica” e “Il Fatto”, fra Bersani-Pd e Grillo-Di Pietro, calerebbe il sipario sul dibattito critico attorno a Napolitano che tornerebbe a essere, con Monti, il salvatore della patria.
Dall’Europa arriverebbero inviti pressanti – a colpi di spread – a mettere una pietra sul centrodestra berlusconiano. La Chiesa assumerebbe un deciso orientamento per Monti e Casini.
Una buona parte del Pdl se ne andrebbe con Casini e alla corte di una sorta di “lista Monti”. E il Pdl e Berlusconi sarebbero costretti a una campagna elettorale tutta sulla difensiva e sul passato (dalla “nipote di Mubarak” e la Minetti, alla “fuga” dal governo del 2011).
Inchiodati a molte complicate spiegazioni da dare e nessuna possibilità di proporre qualcosa per il futuro del Paese.
Gli italiani avrebbero la sensazione di tornare indietro e precisamente dentro un incubo, quello della guerra civile permanente e del possibile default.
E per Berlusconi sarebbe il modo peggiore di congedarsi dalla politica.
Il modo migliore invece è lanciare (convintamente) una nuova classe dirigente, giovane e con nuove idee, lasciando poi che siano gli storici – come dice Ferrara – a tirare il bilancio di questo ventennio passato di cui lui è stato protagonista. E nel quale ha molti più meriti di quanti sono disposti oggi a riconoscergliene i giornali.
So che – in alternativa ad Alfano – si prospettano altri nomi possibili, di outsider provenienti dalla cosiddetta “società civile”. Personalmente sono alquanto scettico, perché non ci si improvvisa statisti ed è difficile che chi ha fatto sempre altri mestieri possa vantare un’immagine, dei meriti, dei titoli, una competenza e una proposta per il Paese che siano veramente competitivi.
La storia non si ripete, il 1994 di Berlusconi è un caso particolare e – d’altronde – se qualcuno avesse in mente di proporre – poniamo – Montezemolo andrebbe incontro al disastro. Mille volte meglio Alfano, che oltretutto nei sondaggi è alla pari con Bersani e non va affatto male.
Avrebbe l’appoggio della Chiesa, del mondo delle imprese e delle professioni (timorosi del nuovo Pci di Vendola-Bersani e delle loro tasse), toglierebbe ogni alibi a Casini e al fronte giustizialista, costringerebbe tutti a confrontarsi sulle ricette per il futuro del Paese anziché sulle reciproche demonizzazioni.
Dice qualcuno che Alfano non ha il “quid”. Ma l’argomento non regge. Anzitutto perché il “quid” non ce l’ha nessuno prima di scendere in battaglia (ce l’avevano forse la Merkel e Hollande? E Prodi?).
In secondo luogo i tempi sono cambiati: oggi l’Italia non cerca l’amante, ma un marito, il “buon partito” per sistemarsi. Cittadini, contribuenti, imprese e risparmiatori sono preoccupati e vogliono essere rassicurati.
Non cercano l’avventura col trascinatore di folle, ma una faccia affidabile, una forza moderna e moderata con le idee chiare per portare il Paese fuori pericolo, verso una nuova prosperità.
E’ solo così – fra l’altro – che Berlusconi potrebbe veramente vedere i frutti migliori del suo impegno iniziato nel 1994.
Antonio Socci
Da “Libero”, 29 agosto 2012
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