mercoledì 13 giugno 2012
Francesco Storace: "Famiglia, Nazione, Lavoro"!
IL DISCORSO DI STORACE A NAPOLI
La nostra traversata vede finalmente la terra all’orizzonte. E verso la meta è doveroso dire grazie a questo nostro popolo che non ha mancato di darci affetto, incoraggiamento, entusiasmo.
Qui a Napoli rinnoviamo il giuramento: la destra italiana non tradisce la sua gente!
Ci ritroviamo dopo lo splendido corteo del 3 marzo a Roma, quando abbiamo portato ventimila persone a sfilare contro Monti e tutti quelli che ancora stanno lì a sostenere un governo infame.
Abbiamo sfilato ordinatamente: c’erano uomini e donne, giovani e anziani, tante bandiere e nessuna banderuola! Con noi non ci sono i teppisti dei centri sociali e nemmeno i demagoghi che con la lingua dicono ora di non pagare l’odiosa tassa sulla casa che con la mano hanno approvato in Parlamento!
C’è con noi la gente di Destra, che ha amato Almirante, il popolo che non si scandalizza se sente parlare con rispetto del Ventennio, le persone che chiedono alla politica di non scannarsi su chi ha fatto più danni ieri o l’altro ieri, ma di farci sapere che cosa hanno intenzione di fare domani.
Con noi c’è il popolo che teniamo unito nel nome della sovranità, del diritto a decidere da soli, con la nostra testa e non eterodiretti da un computer a Wall Street.
Questo popolo ha sofferto per cinque lunghi anni, pagando l’ansia di vendette di un traditore che avevamo seguito ovunque.
Del resto, nascemmo nel 2007, proprio contro il tradimento, rifiutammo di definire il fascismo come il male assoluto. E combattemmo da soli alle politiche del 2008, ma l’Italia non ci ascoltò mentre gridavamo a Berlusconi che Gianfranco Fini avrebbe tradito pure lui.
L’Italia fu sorda al nostro richiamo anche alle europee del 2009, quando la mettemmo in guardia dal Trattato di Lisbona e dalle smanie antinazionali di Bruxelles.
Ci ritrovammo nel 2010, alle regionali, quando con i nostri lesionati accampamenti di fortuna determinammo la vittoria del centrodestra alle regionali. Ma troppa presunzione, arroganza, delirio di onnipotenza, sbranarono una coalizione che si autodistrusse nel novembre dello scorso anno mentre noi celebravamo uniti il secondo congresso nazionale della nostra giovane storia.
Oggi, giugno 2012, crolla tutto e loro stanno ancora lì, in Parlamento, senza rendersi conto di quello che bolle fuori dal Palazzo.
Signore, Ti ringrazio per averci dato la tempra morale, nel 2008, di rifiutare il posto facile e sicuro al Governo e in Parlamento!
Ti ringraziamo perché ora tocca a noi. A noi che da destra non ci rassegniamo al bipolarismo tra Bersani e Beppe Grillo, al dominio della BCE e di Equitalia, alla fine delle nostre speranze.
Parliamo a un’Italia disperata che i tecnici di Monti stanno facendo sprofondare nella miseria più cupa, massacrandoci di tasse senza fine. Tassassini, dovremmo gridare a questi ministri senza anima.
Non c’è uno solo, tra mille parlamentari, che si preoccupi di come campano e male milioni di italiani, le loro famiglie, i figli che mettono al mondo.
Quando facciamo il pieno di benzina, quanti deputati e senatori sanno quanti e quali accise paghiamo.? Sono quelle tasse speciali che fanno lievitare il costo del carburante alla pompa in occasione di un’emergenza, finita la quale non vengono però mai tolte.
Stanno torturando il nostro popolo, prova ne sia lo stesso atteggiamento di Equitalia non contro chi non vuole pagare le tasse ma contro chi non le può pagare.
Hanno fatto bene i militanti di Gioventù Italiana ad appendere manichini nelle città e ad inscenare il “cimiteuro” davanti alla sede del Parlamento Europeo: troppa gente preferisce morire piuttosto che combattere con lo strozzinaggio di stato. Diritto al futuro è quello che reclamiamo e passa anche attraverso proposte e atteggiamenti che non vedano lo Stato nei panni dell’estorsore: la rateizzazione dei debiti fiscali deve essere un diritto; i crediti dello Stato vanno controllati con rigore; la prima casa non può essere pignorata; azzerare gli interessi di mora e compensare i crediti vantati dal contribuente con lo Stato; chiudere la stagione della centrale rischi.
E chiudete anche questa stagione grigia, preoccupatevi piuttosto di riaprire i cuori alla speranza!
Per farlo bisogna avere coraggio: l’Europa che ci vuole strangolare deve essere allontanata dal nostro cammino di cittadini italiani. Le loro diavolerie messe al bando.
Da Bruxelles e Francoforte pretendono di trattare i popoli come schiavi: hanno inventato meccanismi diabolici che solo l’infamia di governanti inetti può pensare di far passare impunemente: dal meccanismo di stabilità europea al fiscal compact ci stanno per mettere le mani sul collo come delinquenti in una strada buia per rapinarci, razziarci, violentarci nelle tasche e nell’anima. E tutto questo lo dovrebbe ratificare un Parlamento popolato da mille anime morte che non sanno reagire e che non conoscono il significato della parola sovranità. Dobbiamo scatenare nelle piazze e poi nelle urne il movimento della dignità nazionale, pretendiamo un referendum sui trattati, il Parlamento approvi almeno una legge per autorizzare il popolo a decidere come stare in Europa. Se non ci fate votare adesso, allora sarà il prossimo anno il momento in cui alle politiche chiederemo al popolo italiano di dire addio assieme a noi a quest’Europa usuraia.
Bella ciao la canteremo noi, ma all’indirizzo della banca centrale europea…
Se non ci fanno votare è perché in Italia manca una classe dirigente degna di questo nome.
Persino un guru della finanza speculativa come George Soros è arrivato a denunciare che “la crisi dell’Euro è la tragedia di una serie di errori.
E’ ciò che accade quando, di fronte ad una decisione da prendere, si sceglie sempre di seguire la linea di minore resistenza”.
Eppure c’è bisogno di chi dica basta. Craxi mandò i carabinieri a Sigonella contro gli americani, noi dovremmo sguinzagliare la guardia di finanza a caccia di quei banchieri ladri che da tutto il mondo pretendono di affamare l’Italia.
Abbiamo 1946 miliardi di euro di debito pubblico. Improvvisamente, ci hanno ordinato di rientrare. Pretendiamo che si reagisca. Noi dobbiamo riconoscere il credito di poco più di 1000 miliardi maturati dai risparmiatori italiani che hanno dato fiducia al loro Paese.
Ma quasi 900 miliardi pretesi dalle banche mondiali devono restare a casa nostra: la BCE non può pretendere di dettare le leggi finanziarie dell’Italia nei prossimi 20 anni per arricchire Barclays Bank e J.P. Morgan; Deutsche Bank e BnP Paribas; Citigroup e Goldman Sachs; Merrill Lynch e Morgan Stanley; la finanza mondiale aspetti il suo turno, il popolo italiano viene prima di chiunque altro nel mondo, vi censiamo, vi individuiamo e non vi paghiamo più!
Per uscire dalla buca, devi smettere di scavare. Noi non siamo obbligati a pagare alcun debito, come sostengono fior di economisti tutt’altro che disponibili a inseguire il pensiero unico della finanza globale. Con due milioni di lire al mese campavamo, con mille euro si fa la fame: la realtà è che l’Euro ci ha reso schiavi dei poteri forti e incontrollati.
Se manca la classe dirigente è anche perché manca la destra della sovranità nazionale. La sovranità è un valore che difetta ad una sinistra a vocazione internazionalista; che è lontana dai principi di un centrodestra più attento a soddisfare bisogni di potere che sfuma che a realizzare i grandi sogni per cui s’era formato; è patrimonio esclusivo di una destra che ora spetta a noi far individuare. Si è sovrani perché si decide da sé e non si rinnega nulla di quel che si è scelto di essere. Anche perché siamo orgogliosi di essere quel che siamo.
E che cosa dovremmo rinnegare?
Rinnega facilmente chi non ha identità. Noi invece ne siamo orgogliosi custodi, a partire dalle nostre radici culturali. Penso all’urbanistica fascista e chiedo a tutti perché vengono a studiarla da ogni parte del mondo; guardo i codici del diritto e ammiro la preparazione di milioni di giovani che si sono formati sui testi sfornati con cura dai nostri padri; osservo le nostre terre e leggo ammirato le leggi a tutela dell’ambiente degli anni quaranta; la modernizzazione dell’Italia fra le due guerre non è un’invenzione apologetica, ma una realtà studiata da migliaia di testi di ogni orientamento politico e culturale.
Chi da questa parte del campo ha rinunciato a guardarla con rispetto, ha tradito quel che diceva di essere. E se tradisci il tuo essere, conta solo quello che hai. E se non sei più nulla e non hai più niente, è ovvio che poi ti resta solo Beppe Grillo!
Pensate che a Roma la frenesia di dismettere se stesso ha portato il Sindaco Alemanno a promettere ai partigiani una strada per Rosario Bentivegna e una al finanziere Barbarisi , che da Bentivegna fu ammazzato a pistolettate. Ovvero, nella più lugubre delle par condicio, la solennità dell’intitolazione di due strade ricorderà la vittima e il suo assassino. La storia diventa farsa e ridicolizza gli uomini che non credono!
Per noi la cultura viene prima della moneta. Se hai soldi, lasci a tuo figlio l’eredità; se non ne hai, almeno trasmettigli valori in cui credere!
E oggi c’è bisogno di cultura della sovranità, di affermare il potere di decidere nel lavoro, nel sapere, nella democrazia. Lo scriviamo nei dieci punti che da oggi rappresentano il nostro manuale della sovranità. Chi vorrà stare con noi dovrà leggerlo, apprezzarlo, condividerlo. E chi vorrà allearsi con noi, dovrà dirci i suoi sì e i suoi no che peseremo uno ad uno.
Politiche sociali per far acquistare casa anche al figlio di un precario e per consentire agli italiani poveri di usufruire dei servizi sociali prima degli stranieri; rifiuto dell’immigrazione clandestina come destino ineluttabile delle Nazioni; lavoro come grande questione etica e primato della partecipazione come alternativa al precariato e che lanceremo a Milano il prossimo 16 luglio nell’anniversario della scomparsa di Ivo Laghi, grande leader della Cisnal; presidenzialismo e senato del territorio; Italia sovrana con la propria moneta e la propria banca finalmente pubblica in attesa della realizzazione di una vera Europa dei popoli; lotta a tutte le caste.
Qui, sui contenuti, si gioca la partita della destra che manca: grazie a Marcello Veneziani per aver gettato il sasso nello stagno. A te, a Buttafuoco, a Sangiuliano e a tanti uomini di cultura di area chiedo di aiutarci a ricostruire. Ma una cosa nuova e non grigia. Noi non vogliamo mettere assieme cocci vecchi.
Questo paese ha bisogno di una destra che metta da parte vecchi rancori ma non nel nome del volemose bene. Il prossimo tempo della destra italiana non dovrà riguardare noi che siamo stati i protagonisti, ma leaders giovani ai quali dobbiamo lasciare spazio.
Noi li affiancheremo con un glorioso antico quotidiano che abbiamo rilevato da qualche settimana: con Roberto Buonasorte abbiamo acquistato la testata del Giornale d’Italia!
Anche da quel foglio dimostreremo che noi non dobbiamo inseguire formule politiche, a quelle si perde in queste ore e incredibilmente un PDL che pensa a Liste civiche. Noi non pensiamo a liste, ma a idee e a giovani che possano degnamente rappresentare la domanda di destra a cui dare risposta. Noi ci accontenteremo di dire ai nostri figli che non abbiamo accettato di veder morire la destra italiana, che il disegno omicida di Gianfranco Fini non è passato.
Ai nostri ragazzi chiediamo di restare meravigliosi come sono, di non imitare tanti loro coetanei carrieristi. Non dismettete mai la capacità di rappresentare l’indignazione.
Perché una famiglia non si distrugge.
Perché una vita non si elimina.
Perché il lavoro non si compra.
Perché la Nazione non si vende.
Perché l’Italia non si invade.
Perché, con La Destra, il futuro non si allontana.
A tanti fratelli separati non chiediamo l’argento del potere, ma solo ferro e fuoco per combattere!
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